Questo “racconto di sventura” (tradotto in italiano anche come “Il canto dell’impresa di Igor”; in antico slavo “Слово о плъку Игоревѣ”, in russo: “Слово о полку Игореве”; Slóvo o polkú Ígoreve) sulla fallita campagna del principe Igor contro i cumani (pólovtsy in russo), un popolo nomade di lingua turca, è una delle più antiche opere sopravvissute della letteratura russa, che si crede sia stata scritta intorno al 1185. L’opera, che ha una struttura molto complessa, comprende diversi generi: racconto eroico, canzone ed epica. Secondo Dmitrij Likhachjov, un eminente medievalista e linguista russo del XX secolo, lo scopo del racconto non era quello di mostrare in dettaglio la campagna del principe in sé, ma di esporre i difetti della frammentazione feudale in Russia. L’opera ha influenzato molti scrittori, è stata molto amata da Pushkin, e dal XIX secolo i poeti russi ne hanno proposto “traduzioni” sempre più moderne. Qui trovate l’opera in italiano, con testo originale a fronte. In libreria si trova nella versione delle Edizioni SE (2021), con la storica traduzione di Eridano Bazzarelli, già pubblicata in passato da Rizzoli.
È con il genere dell’agiografia che inizia essenzialmente tutta la letteratura russa antica. I monaci cronisti descrivevano canonicamente le vite virtuose dei santi e i miracoli che compivano. La “Vita di Avvakum” differisce in quanto fu compilata durante la sua vita e da lui stesso. Il testo è pieno di riferimenti a persone specifiche, nomi di luoghi e dettagli della sua vita. Avvakum menziona anche miracoli, elencando casi in cui ha guarito persone o le ha salvate dai demoni. Detto questo, il tema principale sono le riforme ecclesiastiche del patriarca Nikon (che egli etichettò come apostata) e la nascita dei Vecchi Credenti. Come leader dello scisma, Avvakum alla fine fu giustiziato. La sua biografia fu bandita per quasi 200 anni, e quando finalmente fu pubblicata, nel 1861, fece scalpore. Ha influenzato Tolstoj, Dostoevskij e molti altri scrittori. Per saperne di più su Avvakum leggete qui. In Italia è pubblicata da Adelphi (1986).
I racconti popolari venivano tramandati oralmente di generazione in generazione, e anche gli adulti li ascoltavano la sera mentre tessevano o cucivano o facevano altri lavori domestici. Erano storie quotidiane con una morale, favole su animali e creature fantastiche, fiabe su principesse e principi. Hanno essenzialmente formato il carattere nazionale e il codice culturale russo.
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Tutti gli scrittori e i poeti russi sono stati cresciuti con le fiabe popolari; molti le hanno riproposte o adattate per utilizzarle nelle loro opere. Alcune delle loro creazioni sono diventate così radicate nella mente della gente che non tutti ricordano quali siano di tradizione popolare e quali il prodotto dell’immaginazione di uno specifico autore. Un grande contributo alla conservazione del patrimonio folkloristico russo fu dato da Aleksander Afanasjev, che scrisse fiabe e pubblicò la raccolta più completa, intitolata “Fiabe popolari russe” (1855-63).
In Italia si trovano in vendita la monumentale edizione Einaudi “Antiche fiabe russe” di Afanasjev (1953), e poi selezioni varie come “Fiabe russe proibite” (Garzanti, 2019); “Fiabe Russe” (Rizzoli, 2000); “Masha e Orso e altre fiabe russe” con le illustrazioni di Ivan Bilibin (Rizzoli, 2015).
Come funzionario pubblico, Radishchev viaggiò molte volte tra le due capitali della Russia e osservò l’esistenza dei contadini lungo la strada. Scrisse un rapporto cupo e veritiero sulla vita nelle campagne russe, ed espresse opinioni molto coraggiose sulla servitù della gleba e sulle ingiustizie dell’ordine sociale dell’epoca. Avendo letto l’opera, Caterina la Grande si infuriò, ne ordinò la messa al bando (fu poi pubblicata solo nel 1905) e bollò l’autore come “un ribelle peggiore di Pugachjov”. Radishchev fu imprigionato e condannato a morte, ma la sentenza fu commutata poi nell’esilio in Siberia. Fu uno dei primi autori russi a soffrire per aver detto la verità. In Italia è edito da Voland (2006), nella traduzione di Bianca Sulpasso.
È una storia strappalacrime su come un nobile seduce una contadina e la abbandona dopo una notte d’amore. L’opera è considerata un modello del racconto sentimentale russo, ma contiene anche una delle sette scene erotiche più hot della letteratura russa. “La povera Lisa” ha affascinato generazioni di lettori con la sua trama insolita e il suo tragico epilogo. Inoltre, Karamzin evitò il linguaggio altisonante, diventando uno dei primi scrittori a usare uno stile semplice e una lingua quotidiana. In italiano, con testo russo a fronte, si trova nella “Trilogia di letteratura russa” di Laura M. Venniro (Kaleidon editore, 2019).
Questa commedia in versi segnò una vera rivoluzione nel dramma russo: scritta in un linguaggio semplice, ruppe tutti i canoni del classicismo settecentesco e divenne la prima commedia realista. “Che disgrazia l’ingegno!” (che in passato in Italia è stato tradotto anche come “L’ingegno, che guaio!” E “Che disgrazia l’intelligenza!”) è ancora un appuntamento fisso nei teatri di tutta la Russia, e i nomi dei personaggi sono diventati parole di uso comune. L’azione si svolge a Mosca, dieci anni dopo la Guerra patriottica del 1812 contro Napoleone.
Un giovane di idee progressiste, Aleksandr Chatskij, rientra a casa dall’estero. Va a visitare la sua giovane fidanzata Sofia, con l’intenzione di chiedere la sua mano al padre di lei. Tuttavia, si scopre che Sofia si è innamorata di un altro uomo, davvero poco piacevole, che sta cercando di ingraziarsi tutti. Chatskij si sente un estraneo in patria e litiga con tutti… In Italia è pubblicato con testo a fronte da Marchese editore (2017) nella magistrale traduzione di Marco Caratozzolo, di cui potete leggere qui un estratto.
Questo romanzo in versi è considerato non solo il culmine dell’opera di Pushkin, ma una vera “enciclopedia della vita russa”. L’autore tinteggia il quadro di una tenuta di provincia e della vita di campagna, con rappresentazioni della mondana Pietroburgo e della vecchia Mosca.
Onegin, un giovane aristocratico della capitale, arriva nel villaggio. Si annoia rapidamente e cerca qualche divertimento, ma si trova coinvolto in un vero dramma: la figlia di un vicino, Tatjana, gli confessa il suo amore, e un altro vicino, Lenskij, che è il suo migliore amico, sfida Onegin a duello per la sorella civettuola di Tatjana…
L’opera è quasi impossibile da tradurre a causa della magia poetica di Pushkin e dell’invenzione della “stanza dell’Onegin”, con la sua precisa struttura (quattordici tetrametri giambici) e rima (con l’inusuale schema “AbAbCCddEffEgg”). Fuori dalla Russia, è apprezzata più come opera lirica; quella di Pjotr Chajkovskij del 1877-78. Nel corso del Novecento si sono esercitati sulla sua traduzione alcuni dei più grandi slavisti italiani: Ettore Lo Gatto (in endecasillabi), Eridano Bazzarelli (in prosa), Giovanni Giudici (in versi), Pia Pera (in versi liberi). Attualmente in commercio sono presenti varie edizioni: Mondadori (2021), Quodlibet (2008, traduzione di Lo Gatto), Marsilio (2005, Pera), Rizzoli (1985, Bazzarelli).
È un’altra delle fatiche di Pushkin che è stata trasformata in opera lirica, questa volta da Modest Musorgskij. Il dramma è stato poi messo in scena innumerevoli volte in prosa e adattato per lo schermo. Ispirandosi a Shakespeare, Pushkin racconta uno degli episodi più misteriosi della storia russa: l’assassinio dello zar Dmitrij, il secondo figlio di Ivan il Terribile, il Periodo dei Torbidi e la comparsa di un impostore che voleva farsi passare per l’ucciso, il Falso Dimitri I. Proprio a causa di Pushkin, Boris Godunov è ricordato nella coscienza pubblica russa come l’istigatore dell’omicidio dello zar Dmitrij, crimine per il quale fu punito dal destino.
In italiano potete trovarlo nella raccolta di testi pushkiniani “Teatro e favole” edita da Adelphi (2005; traduzione di Tommaso Landolfi).
Pushkin è apprezzato nella letteratura russa soprattutto come poeta, ma eccelleva anche come drammaturgo e scrittore di prosa, come dimostra questo avvincente ciclo di cinque racconti, noto in Italia anche come “I racconti di Belkin” o “Le novelle del defunto Ivan Petrovich Belkin” . Tra questi racconti c’è una storia sentimentale su una nobildonna che si traveste da contadina per fare conoscenza con un bel vicino, mentre i loro padri sono nemici (“La signorina-contadina”). E una storia romantica su un duello in cui uno dei partecipanti ha deciso di posticipare il suo tiro e invita il suo avversario a tornare a duello qualche anno dopo (“Il colpo di pistola”). E una storia incredibile (“La tormenta”) su un ufficiale che si sposò per errore… In italiano le trovate nella raccolta “Umili prose” (Feltrinelli, 2014 nella traduzione di Paolo Nori) ed edite da Rizzoli (1993, traduzione di Alfredo Polledro) e da Kogoi (2016, nella storica traduzione di Leone Ginzburg).
Questo poema narrativo in tetrametro giambico è un vero inno a San Pietroburgo. “Ti amo, creazione di Pietro” è una delle citazioni più famose. Il titolo ha dato il soprannome al monumento equestre a Pietro il Grande di Étienne Falconet, divenuto il simbolo cittadino.
Anche se l’opera elogia l’eleganza architettonica della città, la linea narrativa principale ruota attorno a un tragico evento reale: la grande inondazione del 1824, che decimò la popolazione. Il protagonista, che anche qui si chiama Evgenij, scopre che la casa della sua sposa è stata spazzata via dalla furia delle acque e che lei è morta. Impazzisce e vaga per la città, osservando la devastazione e maledicendo il fondatore della città, Pietro il Grande… In italiano lo trovate per i tipi di Raffaelli editore (2003).
Un’altra storia di follia, questa volta come risultato del gioco d’azzardo. Per scoprire il segreto del successo a carte di una vecchia contessa, il giovane Hermann entra nella sua camera da letto e la minaccia, e lei muore di paura. Più tardi incontra il suo fantasma, che gli detta la sequenza vincente di carte che deve giocare: “Tre, sette, asso…” Il tre e il sette sono vincenti, ma l’asso si trasforma magicamente nella regina di picche con il volto della vecchia contessa, che sembra strizzargli l’occhio in modo beffardo. Il racconto ebbe un successo strepitoso in Europa, e ispirò Chajkovskij a scrivere la musica dell’opera lirica monima, su libretto del fratello Modest. In libreria la trovate all’interno del già citato “Umili prose” (Feltrinelli) e come “La dama di picche e altri racconti” (Adelphi, 1998; traduzione di Tommaso Landolfi).
“La figlia del capitano” è un romanzo storico sulla rivolta dei contadini guidata da Emeljan Pugachjov che scosse la Russia nel XVIII secolo. Ma più di questo, è una storia di onore, dovere e amore.
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Il giovane Petja Grinev va a prestare servizio militare in una remota fortezza di confine. Lungo il percorso, uno strano tipo lo aiuta a trovare la strada durante una terribile tempesta di neve. In segno di gratitudine, Grinev gli regala il suo cappotto di pelle di pecora, un atto che più tardi gli salverà la vita, perché l’estraneo si rivelerà essere nientemeno che Pugachjov in persona. Il romanzo vale la pena di essere letto anche solo per la frase profetica: “Dio non ci faccia vedere la rivolta russa, insensata e spietata!”. È un libro adatto “per vivere avventure senza alzarsi dal divano”. Oltre che in “Umili prose” (Feltrinelli), la trovate nelle edizioni di Einaudi (2016), Foschi (2019), Rusconi (2019) e altri.
Lermontov è considerato il secondo poeta russo (dopo Pushkin), ed è apprezzato per le sue numerose e belle poesie e i versi romantici, che contrappongono il bene e il male, il sublime e il sordido, la libertà e la prigionia. E, proprio come Pushkin, ebbe una vita intensa e una fine tragica.
“Un eroe del nostro tempo” è l’unico romanzo in prosa di Lermontov. Il protagonista, Pechorin, ricorda un po’ l’Onegin di Pushkin: freddo, incapace di amare, rischia la vita per amore del divertimento. Insomma, un vero farabutto. Il romanzo è composto da diversi capitoli, ognuno dei quali descrive singoli episodi della vita di Pechorin. All’inizio, leggiamo dell’eroe in terza persona, ma, man mano che il romanzo procede, l’ottica si restringe, culminando in una confessione in prima persona. In libreria lo trovate edito da Mondadori (2021, nella traduzione di Pia Pera) e da Rizzoli (2004, Luigi Vittorio Nadai).
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Queste storie sono ambientate in un piccolo villaggio nell’odierna Ucraina, allora ai confini dell’Impero russo. Gogol fa un ampio uso di parole ucraine, fornendo anche un suo glossario, così come immagini di tradizioni locali. Nelle storie, descrive le usanze e lo stile di vita popolare “piccolo russo” (ucraino). Le storie sono estremamente diverse, e vanno dall’allegra “La notte prima di Natale” all’agghiacciante “La terribile vendetta”. Spiriti maligni, demoni e streghe sono tutti personaggi ben delineati, ognuno con la propria personalità. La raccolta fu accolta calorosamente dai contemporanei: Pushkin, per esempio, esaltò il linguaggio vivace e le immagini vivide di Gogol. È anche stato trasformato dal regista Aleksandr Rou in un film di quelli che non possono mancare in Russia per le feste natalizie. L’intera raccolta in italiano è pubblicata da Rizzoli (1993) nella traduzione di Emanuela Guercetti. Il solo racconto “La notte prima di Natale” è edito da Garzanti (2019) nella traduzione di Paolo Nori.
Questa raccolta è considerata una sorta di sequel delle “Veglie alla fattoria presso Dikanka”. Le trame non sono collegate, ma sono similmente basate sul folklore ucraino. Dei quattro racconti, due sono famosi e sono stati trasformati in film: “Taras Bulba” racconta di un cosacco dello Zaporozhe e dei suoi due figli, mentre “Vij” è con ogni probabilità l’opera più terrificante della letteratura russa, un vero horror ante litteram. È stato trasformato in film, lo trovate in posizione 45 nella nostra lista dei “100 migliori film russi e sovietici della storia del cinema” e in cartone animato. In italiano lo trovate in libreria per i tipi di Garzanti (2009) come “Taras Bul’ba e gli altri racconti di Mirgorod”. Il solo “Taras Bul’ba” è pubblicato da Ensemble (2019) e il solo “Vij” da ABEditore (2021) nella traduzione del Kollektiv Ulyanov.
Sebbene sia stato scritto in prosa, Gogol stesso ha descritto quest’opera come un poema; nel senso antico di un viaggio dantesco attraverso i “cerchi dell’inferno”, con lunghe digressioni liriche sulla Russia e il suo popolo sofferente. L’opera è considerata l’apice dell’arte di Gogol e una delle chiavi per comprendere l’anima russa.
La trama ruota attorno al piccolo nobile Pavel Chichikov, che, arrivando in una città di provincia, finge di essere un ricco proprietario terriero per guadagnare prestigio. L’unico intoppo è che non possiede una sola “anima”, cioè un servo della gleba. Così ricorre alla truffa, aiutato dalla stessa burocrazia russa, che a quel tempo permetteva di comprare “anime morte” dai proprietari terrieri locali, ossia contadini deceduti ancora registrati come vivi nel registro di Stato (i censimenti della popolazione a quei tempi erano rari e approssimativi). I proprietari terrieri, ognuno più comicamente grottesco del precedente, reagiscono in modo diverso alla proposta di Chichikov… In italiano sono in commercio le edizioni di Einaudi (2019, traduzione di Agostino Villa); Mondadori (2018, Serena Prina); Garzanti (2014, Emanuela Guercetti), Feltrinelli, come “Anime morte” (2013, Paolo Nori) e altre.
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È una delle più celebri commedie satiriche russe sulla corruzione, la piaggeria e l’atteggiamento dell’amministrazione nei confronti della gente comune. Questa commedia è ancora regolarmente messa in scena nei teatri di tutta la Russia e del mondo. In una piccola città di provincia si aspetta la visita in incognito di un ispettore governativo di San Pietroburgo. Tuttavia, un funzionario minore che si trova per caso in città viene erroneamente scambiato per l’ospite importante. Decide di sfruttare l’occasione, imbrogliando il sindaco leccapiedi e i suoi subordinati, accettando tangenti e persino la figlia del sindaco come sposa… In libreria in italiano lo trovate nelle edizioni Feltrinelli (2018, Serena Prina) o Garzanti (2003, Cristina Moroni, Luca Doninelli).
Il titolo del romanzo “Кто виноват?”, mai tradotto in italiano, è una domanda perenne per la Russia: “Chi è il colpevole?”; “Di chi è la colpa?”. Scritta dal filosofo e rivoluzionario Herzen, l’opera è considerata uno dei primi esempi di realismo russo. L’autore esplora l’influenza dell’educazione sulla formazione del carattere e della personalità di un individuo Chi va biasimato per il fatto che le persone sono infelici? Inoltre, Herzen contrappone nettamente le persone pensanti e istruite a quelle che conducono uno stile di vita ozioso. Allo stesso tempo, questo è un romanzo sull’amore e sull’importanza della comprensione reciproca.
Questo romanzo sulla pigrizia tipicamente russa ha fatto entrare il concetto di “oblomovismo” nel linguaggio colloquiale russo e nel vocabolario di molte lingue (tra cui l’italiano). L’antieroe di Goncharov, Ilja Oblomov, non fa altro che oziare. È un nobile terriero, il che significa che non ha bisogno di lavorare… Il suo amico d’infanzia e opposto, l’intraprendente Andrej Stolz, fa tutto per lui. L’unico momento della vita in cui Oblomov emerge brevemente dal suo torpore è quando si innamora. Ma un uomo del genere può davvero impegnarsi nel matrimonio? È interessante notare che l’autore rimane imparziale, e non si schiera né con l’indolente Oblomov, né con il razionalista Stolz. La pellicola di Nikita Mikhalkov che ne è stata tratta è uno di quei casi in cui il film è bello come il libro, se non di più. In italiano lo trovate ora in vendita in varie edizioni: Einaudi (2017), Mondadori (2017), Feltrinelli (2014), Garzanti (2008), Rizzoli (2006).
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Questi racconti di Turgenev sono basati su episodi reali accaduti nella tenuta di famiglia. Lo scrittore introduce una serie di personaggi e personalità della campagna russa con i loro travagli quotidiani. I racconti furono dapprima pubblicati in sequenza nella rivista letteraria “Sovremennik” (“Il contemporaneo”), poi in volume. L’opera fu considerata innovativa ai suoi tempi: Turgenev fu il primo a dare uno sguardo così ampio al popolo russo. In italiano potete scegliere tra l’edizione di Garzanti (2008) e quella di Rizzoli (1991)
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Questa breve storia è una delle più tristi di tutta la letteratura russa, il che è tutto dire. E i personaggi principali, il contadino Gerasim e il suo cane Mumù, sono nomi familiari a tutti in Russia. Senza inutili spoiler, è la storia di come i dispotici proprietari terrieri della Russia zarista maltrattavano i loro servi e li trattavano come spazzatura… In italiano l’edizione di Adelphi “Mumù e altri racconti” (1997), con la traduzione di Tommaso Landolfi, risulta “temporaneamente non disponibile”.
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Turgenev solleva le questioni della nobiltà, del confronto tra la Russia e l’Occidente, e dei principi morali.
Deluso dalla vita in Europa, Lavretskij torna alla sua tenuta in Russia per "arare la terra", e presto si innamora della figlia del vicino, Liza. Il loro amore è reciproco e, avendo saputo della morte di sua moglie, rimasta in Europa, lui le chiede di sposarlo. Tuttavia, improvvisamente si scopre che la moglie è ancora viva. Con il cuore spezzato, Liza va a vivere in un convento...
Il romanzo ha plasmato l’immagine della cosiddetta “ragazza alla Turgenev”: una giovane donna dall’aspetto gentile e delicato ma sotto sotto incredibilmente forte e volitiva, cresciuta in un “nido di nobili”; titolo che è diventato un modo di dire. L’edizione di Garzanti è fuori catalogo.. Si può trovare in libreria per i tipi di Elliot (2015) nella traduzione di Leone Ginzburg.
Il giovane Arkadij Kirsanov torna a casa nella tenuta di suo padre, accompagnato dal suo amico Evgenij Bazarov, uno studente nichilista. Bazarov sta studiando per diventare medico e intende aiutare i contadini. Rifiuta ogni autorità e litiga con il padre proprietario terriero e lo zio aristocratico di Arkadij, entrambi di vedute liberali. Ma nemmeno un nichilista è immune all’amore…
Gli scrittori russi avevano già toccato l’argomento del conflitto generazionale (il già citato Griboedov in “Che disgrazia l’ingegno!”), ma fu il romanzo di Turgenev ad alimentare veramente l’argomento. Ha anche deriso la nobiltà troppo raffinata, introducendo un nuovo eroe progressista, e ha notato che la vera vita sta nella fatica, non nell’ozio. In italiano, in libreria potete scegliere tra le edizioni di Mondadori (2019), Einaudi (2014), Feltrinelli (2013), Dalai (2012), Garzanti (2003).
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Una delle prime opere profondamente psicologiche della letteratura russa. Tolstoj racconta abilmente eventi e sentimenti visti attraverso gli occhi di un bambino. Prima parte della trilogia autobiografica (seguono “Adolescenza” e “Giovinezza”), è il tentativo dell’autore di esaminare se stesso e la natura di una moltitudine di sentimenti. Tolstoj mette sotto il microscopio il risentimento, la vergogna, l’imbarazzo e l’eccitazione, sentimenti che ogni bambino prova. L’eroe della storia è il piccolo Nikolaj, che deve lasciare la sua amata madre e andare a Mosca con suo padre. Più tardi lei muore, e così finisce la sua infanzia felice… In italiano, in libreria lo trovate in raccolta con le altre due parti della trilogia autobiografica per i tipi di Rizzoli (2021) e di Quodlibet (2020).
Il romanzo epico di Tolstoj in quattro tomi è conosciuto e amato in tutto il mondo. Racconta la storia di diverse famiglie russe sullo sfondo di eventi storici cruciali, in particolare la guerra della Russia imperiale contro la Francia napoleonica. Il libro tratta di amore e tradimento, di guerra e di una pace duramente conquistata, sia a livello politico che emotivo. Tolstoj mette in scena un “cast” di centinaia di personaggi (incluso Napoleone stesso), e fa parlare ognuno con la voce unica, piena di profondità e colore. Per coloro che sono scoraggiati da un romanzo così lungo come i francesi dall’inverno russo, raccomandiamo l’adattamento cinematografico sovietico premiato con l’Oscar e diretto dal grande Sergej Bondarchuk. Quanto al libro in italiano, potete trovare in commercio l’edizione di Einaudi (2019), Mondadori (2017), Crescere (2017), Newton Compton (2016), Feltrinelli (2014), Garzanti (2007), Rizzoli (2002).
Un altro maestoso romanzo di Tolstoj. Ma a differenza di “Guerra e Pace”, l’attenzione dell’autore qui non si concentra su epocali eventi storici, ma sulla felicità e sull’infelicità nella vita familiare. Questo tema era molto vicino al cuore dello scrittore. Inoltre, Tolstoj stesso è in un certo qual modo “protagonista” del romanzo: nella persona di Konstantin Levin (Lev in russo significa “Leone”), che, come Tolstoj a Jasnaja Poljana, si ritira dall’alta società per dedicarsi all’aratura dei campi con i suoi contadini. Anche in questo caso scelta ampia tra edizioni e traduzioni in italiano presenti in libreria: Einaudi (2017), Mondadori (2016), Newton Compton (2014), Feltrinelli (2013), Rizzoli (2012), Garzanti (2012) e altri.
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Ultimo romanzo di Tolstoj, da lui considerato la sua opera migliore. È la storia della redenzione di un ufficiale un tempo promiscuo, che seduce l’innocente pupilla di sua zia e poi la abbandona, incinta, supponendo di poterla semplicemente pagare. Per lui è un’inezia, ma la vita della ragazza è sconvolta. Anni dopo si incontrano di nuovo in tribunale: lui come giurato annoiato, lei come imputata. Ascoltando la sua storia straziante, l’ufficiale sperimenta un risveglio interiore. La segue nella colonia penale per espiare il suo peccato… Il romanzo riflette le lotte spirituali di Tolstoj, sempre in lotta con vizi e lussuri, ed è considerato il culmine delle sue riflessioni sul senso della vita e sulla natura del bene. In libreria, in italiano, lo potete trovare edito da Rizzoli (2003) e da Garzanti (2002).
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È uno dei drammi teatrali più popolari in Russia. L’azione si svolge in una fittizia città di provincia, Kalinov, dove vivono i Kabanov, una famiglia di commercianti fortemente patriarcale. La giovane nuora, Katerina, soffre per la crudeltà della suocera da incubo, Marfa Kabanova, e l’indifferenza del marito. Ricorda l’atmosfera amorevole della sua famiglia di origine, prima del matrimonio. Katerina si innamora di un altro uomo e lo incontra in segreto, ma, incapace di sopportare l’inganno, lo confessa al marito in presenza della suocera. Per Katerina, c’è ora solo una via d’uscita dalla situazione…
Un critico dell’epoca descrisse l’eroina come “un raggio di luce in un regno di tenebre”. Vedeva più lontano della società bigotta che la circondava, osando vivere come dettava il suo cuore, e non le circostanze. In italiano è stato pubblicato come “La tempesta” da Vallecchi nel 1925 e come ”L’Uragano” da Rizzoli nel 1957. Attualmente si trova in commercio come “Il temporale” nella raccolta di drammi di Ostrovskij “Teatro”, a cura di Fausto Malcovati, edito da Cue Press (2021).
Altro capolavoro teatrale di Ostrovskij che tratta una scottante questione sociale: il matrimonio combinato e di convenienza. La bella Larisa è molto popolare tra gli uomini, ma la ragazza, che vive con la madre vedova, non ha una dote da mettere sul piatto. Alla ricerca di un buon partito, la madre riceve in casa ogni genere di ospiti maschili, e Larisa decide di sposare il primo che le si avvicina per sfuggire a tutto questo mercanteggiare sulla sua pelle... Larisa ama il ricco armatore Paratov, e lui, incapace di resistere alla passione, passa una notte con lei, ma la mattina dopo annuncia che ha già un’altra ricca promessa sposa. Per salvare l’onore di Larisa, i pretendenti invitati da sua madre lanciano una moneta: il vincitore potrà portarla via dalla città.
L’opera fu accolta freddamente dalla critica, che la definì “solo l’ennesimo dramma su una ragazza stupida che viene sedotta”. Tuttavia, ha avuto un grande impatto sul teatro russo per la forte figura della protagonista femminile, che non ha paura di andare contro la società, e per la rappresentazione di una società di uomini che hanno dimenticato il significato di onore e dignità. L’opera fu messa in scena a Mosca e San Pietroburgo con grande successo, e fu poi trasformata nel film “Zhestokij romans” (ossia: “Una romanza crudele”) da Eldar Rjazanov. Il testo si trova tradotto in italiano, come “Una ragazza senza dote” nella raccolta di drammi di Ostrovskij “Teatro II”, a cura di Fausto Malcovati, edito da Cue Press (2021).
Chernyshevskij scrisse quest’opera nella cella di una prigione, dove era stato incarcerato per aver diffuso il sentimento rivoluzionario. Il suo “Che fare?” mandò un’onda d’urto nella società (e ispirò Lenin a tal punto che ne riprese il titolo per un suo pamphlet politico). Sotto la forma esterna di un romanzo, scritto in parte in risposta a “Padri e figli” di Turgenev, Chernyshevskij espone i suoi profondi pensieri sui nuovi fenomeni economici e sociali, sul femminismo e sul nichilismo. E accenna chiaramente all’inevitabilità della rivoluzione in Russia. Invece del nichilista Bazarov di Turgenev, tuttavia, Chernyshevskij riempie la sua opera di "persone nuove" che hanno opinioni radicali su come fare il bene della società. In italiano lo trovate edito da Mondadori (2022, nella nuova traduzione di Mirco Gallenzi), da Editori Riuniti (2020) e da Garzanti (2004, nella traduzione di un secolo fa di Federigo Verdinois).
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Leskov non è molto conosciuto al di fuori della Russia, eppure in Occidente da quest’opera, basata sull’eroina assassina di Shakespeare, è stato tratto un film, “Lady Macbeth” del regista William Oldroyd (2016). È la storia della giovane moglie di un mercante, Katerina Izmailova, che vive nel distretto di Mtsensk, nella regione di Orjol. Suo marito è sempre via per affari, e lei si ritrova sola e annoiata nell’enorme casa. Katerina si innamora dello stalliere della magione , un bel ragazzo di nome Sergej, e hanno una storia d’amore burrascosa, che il suocero scopre accidentalmente… Per salvare il suo amato, Katerina decide di uccidere, e non solo una volta.
La critica contemporanea era in visibilio per il ritratto di Leskov della “tenebrosità” della vita dei mercanti, legata al denaro e alla passione, e per il modo in cui l’aveva racchiusa in una tragedia di proporzioni shakespeariane. La novella è stata anche trasposta nel 1934 in opera lirica da Dmitrij Shostakovich. In libreria si trova nell’edizione di Passigli (2020), nella traduzione di Vittoria De Gavardo, che è una delle cinque presenti in italiano.
Lo zar russo fa una visita in Inghilterra, dove gli viene mostrato un miracolo dell’ingegneria: una pulce meccanica a grandezza naturale (cioè molto piccola). Al suo ritorno in Russia, gli ingegneri sono incaricati di inventare qualcosa di ancora migliore per stupire gli inglesi. In una fabbrica di armi di Tula, un “mancino strabico" realizza l’incredibile: mette un ferro di cavallo in miniatura sulla pulce. Il mancino (anche lo scrittore lo era!) viene ricompensato per il suo lavoro, dopodiché si imbarca in un giro di bevute che lo porta alla morte. All’epoca di Leskov, l’ubriachezza era una piaga nazionale, e questo triste racconto fa luce sul carattere russo. In italiano il racconto è stato stampato da Frassinelli nel 1946 nella traduzione di Piero Cazzola (“La pulce d’acciaio”), poi ripresa da Paravia (“Il mancino di Tula e altri racconti”) nel 1961. In seguito è rientrato anche in una raccolta di “Novelle” di Leskov pubblicata da Utet nel 1969. Attualmente è fuori catalogo. Non resta che cercarlo sul mercato dell’usato o nelle biblioteche.
Lo studente povero Rodion Raskolnikov, che riesce a malapena a sbarcare il lunario, è costretto a prendere in prestito del denaro da una anziana strozzina. Stanco della sua misera esistenza, si pone una domanda filosofica: “Sono una creatura tremante o ne ho il diritto?”. Per provare a se stesso di essere padrone del suo destino, decide di commettere un crimine, e non uno qualsiasi: uccidere la vecchia.
Dostoevskij riflette in “Delitto e castigo” sulla natura della violenza e sulle circostanze che possono costringere una persona a prendere misure estreme: omicidio o prostituzione, come deve fare l’amata dal protagonista Sonja Marmeladova. Il romanzo è anche profondamente incentrato sul tema della ricerca del senso della vita. Di questo grande classico potete trovare in italiano un gran numero di edizioni in libreria: Mondadori (2021), Garzanti (2015), Einaudi (2014), Newton Compton (2014), Feltrinelli (2013) e altre.
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Dostoevskij è noto per aver sondato il male che si annida nell’anima umana, ma nel romanzo “L’Idiota” non descrive soltanto un personaggio positivo, ma una persona quasi ideale, con caratteristiche simili a quelle di Cristo. Il principe Myshkin – ingenuo, fiducioso, spontaneo – si trova al centro di un vortice di passioni, ma si eleva al di sopra della folla di bugiardi e ubriaconi che lo circondano. Persino in Nastasja Filippovna, considerata dalla società come una donna “decaduta”, l’eroe vede solo bellezza e bontà, ed è pervaso da un enorme affetto per lei. Anche in questo caso grande è la scelta tra le edizioni recenti in italiano presenti in libreria: Mondadori (2016), Einaudi (2014), Feltrinelli (2014), Rizzoli (2013) e altre.
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Dopo che il byroniano e demoniaco Stavrogin torna in Russia dall’estero, la città di provincia dove si svolge l’azione è assediata da omicidi, incendi dolosi e intrighi… “I demoni" è il romanzo più politico di Dostoevskij ed esprime i suoi sentimenti (cioè il disprezzo) per le nuove tendenze radicali diffusesi in Russia. Era un periodo agitato, con gruppi terroristici che spuntavano ovunque e idee rivoluzionarie che penetravano nel tessuto della società. Il Dostoevskij, dichiaratamente slavofilo, era molto disturbato da questa tendenza, e ne incolpava gli occidentalisti e i nichilisti. Alla luce della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, alcuni vedono il romanzo come profetico. In libreria abbondano le edizioni in italiano: Mondadori (2021), Garzanti (2017), Feltrinelli (2016), Einaudi (2014) e altre.
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L’ultimo e probabilmente il più grande romanzo di Dostoevskij, è la quintessenza delle sue profonde riflessioni su fede, moralità, dovere e amore. Quest’opera monumentale è in parte riflessione teologica, in parte una detective story: la trama ruota intorno all’omicidio del dissoluto Fjodor Karamazov da parte di uno dei suoi figli. I temi del denaro e di una rivalità amorosa padre-figlio che ha preceduto Freud si intrecciano nella narrazione. Il finale presenta una scena drammatica in tribunale, dove le testimonianze tengono il lettore con il fiato sospeso fino alla fine. In libreria in italiano si trova in varie edizioni recenti: Einaudi (2021, nella nuova traduzione di Claudia Zonghetti, e 2014), Mondadori (2017), Garzanti (2015), Feltrinelli (2014) e altre.
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Saltykov-Shchedrin, uno degli scrittori russi più sottovalutati all’estero, è uno dei più grandi satirici della letteratura russa, spesso paragonato a Gogol. In questa cronaca della città fittizia di Glupov (“Stupidopoli”), l’autore fa una satira su tutta la Russia e la sua storia. Il romanzo racconta l’opera di diversi governatori della città: tutti corruttori, ignoranti e peccatori. Per provocare il massimo disgusto nel lettore, l’autore dà a tutti i personaggi degli attributi grotteschi e fa un ampio uso di allegorie e fantasmagorie. In italiano, l’edizione degli Editori Riuniti del 1961 con traduzione di Pietro Zveteremich resta l’ultima. Il libro è dunque fuori commercio. Non resta che cercarlo sul mercato dell’usato o nelle biblioteche.
Senza mostrare alcuna pietà per i suoi personaggi, Saltykov-Shchedrin dipinge un quadro desolante della vita nei tenute nobiliari. Si tratta di un romanzo sull’impoverimento e sulla fine di una famiglia nobile, e di tutta la nobiltà russa. L’autore presenta un “nido di nobili” molto diverso da quello di Turgenev: non un bastione idilliaco di valori familiari, ma un luogo di decadenza e la desolazione (per non parlare dell’apatia e dell’ipocrisia). Forse è il primo esempio in letteratura di relazioni familiari “tossiche” (come diremmo oggi). Una madre prepotente e irascibile, un figlio fannullone che sperpera il denaro della famiglia, una figlia che fugge con un ussaro… Il romanzo ebbe un grande successo tra i contemporanei. “I signori Golovlëv” si trova in libreria in italiano per i tipi di Quodlibet (2014, nella storica traduzione di Ettore Lo Gatto), e di Mondadori (2010, Bruno Osimo).
È un poema in qualche modo omerico, ma basato sul folklore russo. Sette contadini discutono su chi possa dirsi felice e libero in Russia: un prete, un mercante, un ricco proprietario terriero o lo zar? E partono per un viaggio alla ricerca di persone felici in Russia… ma ne troveranno? Poiché l’opera espone la terribile condizione dei contadini e critica la servitù della gleba (così come le riforme che la abolirono nel 1861, che avevano solo peggiorato la vita sia dei proprietari terrieri che dei contadini), l’autore ebbe problemi con la censura, che lo costrinse a fare dei cambiamenti. Nekrasov era anche preoccupato per la sorte delle donne russe, di cui descrive in modo struggente la sorte poco invidiabile. Il libro, a volte citato in italiano anche come “Chi è felice in Russia?”, pubblicato nel 1968 dall’editore De Donato, è oggi fuori catalogo. Non resta che cercarlo sul mercato dell’usato o nelle biblioteche.
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Chekhov è considerato un maestro del racconto breve. L’autore dell’aforisma “La brevità è sorella del talento” (“Краткость – сестра таланта”) ha scritto più di 500 racconti, che possono essere messi alla pari artisticamente con qualsiasi grande romanzo. Nonostante il suo successo come scrittore e drammaturgo, Chekhov ha sempre continuato a lavorare come medico per tutta la sua vita, ispirandosi per molti dei suoi personaggi alla sua vasta gamma di pazienti. Chekhov scrisse molti bei racconti, troppo numerosi da menzionare, ma “La corsia n°6” (sulla follia individuale e, più pericolosamente, collettiva), “Dushechka” (su una donna che viene completamente risucchiata dagli interessi del marito) e “L’uomo nell’astuccio” (su come ci si chiude al mondo esterno) sono davvero imperdibili. Molte sono in italiano le raccolte di racconti di Chekhov che potete trovare in libreria: Mondadori (2022), Feltrinelli (2014), Rizzoli (2007), Garzanti (2004) e altri.
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Dopo il successo delle pièce “Il gabbiano” (1895) e “Zio Vanja” (1897), commissionate dal Teatro d’Arte di Mosca, Chekhov scrisse un nuovo lavoro, che è ancora oggi un punto fermo nel repertorio di molti teatri russi e stranieri. Le tre sorelle del titolo sono giovani donne progressiste; il loro padre è morto, vivono con il fratello e passano tutto il giorno a ricevere ospiti. Fanno progetti per lasciare la loro città di provincia per le luci brillanti di Mosca, dove lavoreranno e compiranno azioni degne. Ma i loro nobili sogni rimangono tali… Molto chekhoviano.
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È l’ultima opera di Chekhov. La proprietaria terriera Ranevskaja, in bancarotta, è costretta a vendere la sua casa con il suo bel frutteto di ciliegi. Con suo orrore, il nuovo acquirente propone di abbatterlo, dividere il terreno e affittarlo ai frequentatori delle dacie estive. L’opera, che termina con il rumore degli alberi abbattuti, parla del declino dell’aristocrazia. Un nuovo mondo spietato sta sostituendo il vecchio. Un anno dopo la sua stesura, i grandi registi e produttori teatrali Konstantin Stanislavskij e Vladimir Nemirovich-Danchenko la misero in scena al Teatro dell’Arte di Mosca con grande successo. In italiano sia questa pièce che la precedente si trovano in libreria in varie raccolte, come “Teatro. Il gabbiano, Il giardino dei ciliegi, Zio Vania, Tre sorelle” (Mondadori, 2019) o “Teatro” (Garzanti, 2014).
La più famosa opera teatrale dello scrittore proletario Gorkij è un inno agli strati inferiori della società. Dopo aver letto questo dramma, Tolstoj esclamò a Gorkij, insoddisfatto: “Perché scrivi questa roba?”. Non poteva immaginare che il pubblico del teatro sarebbe stato interessato da un’opera su un rifugio per senzatetto, con protagonisti prostitute e alcolizzati, letteralmente con una collezione di tutti i difetti immaginabili. Tuttavia, Tolstoj fu smentito, e questo grintoso dramma della vita reale ebbe un grande successo sul palco del Teatro d’Arte di Mosca, così come in Germania. In italiano l’edizione più recente è quella di Edizioni Clichy (2016), ma al momento è fuori catalogo.
Un romanzo sulla rivoluzione e sul movimento operaio. Preso dalla febbre rivoluzionaria, l’operaio Pavel Vlasov discute di questioni sociali con gli amici e inizia a distribuire volantini sul proletariato oppresso. Tuttavia, viene arrestato, al che sua madre inizia a distribuire volantini al suo posto… Nel 1926, il regista sovietico Vsevolod Pudovkin trasse un film muto dal romanzo, che divenne un classico del primo cinema sovietico. In italiano lo trovate in libreria per i tipi di Jouvence (2021) e di Editori Riuniti (2017).
Come Tolstoj, Gorkij scrisse una trilogia autobiografica. La prima parte, “Infanzia”, è una storia vivida e colorata della vita di un ragazzo che cresce a Nizhnij Novgorod (città che poi avrebbe portato il suo nome dal 1932 al 1990). L’amore materno, le percosse del nonno, gli insegnamenti ricevuti dalle difficoltà della vita. Gorkij ne aveva bassate molte e descrive la vita provinciale russa in un modo incredibilmente suggestivo. L’edizione più recente in italiano è quella di Rizzoli (2009), ma al momento è fuori catalogo.
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Lo stile di Andreev è come un’impronta digitale: unico. Il suo nevrotico mondo letterario è sovraffollato di pensieri, parole e metafore. Ne “Il riso rosso”, scritto al culmine della Guerra russo-giapponese, Andreyev, uno dei più talentuosi scrittori russi dell’Epoca d’argento della poesia russa, affronta gli orrori della battaglia. Il narratore, un ufficiale di artiglieria, si trova nel mezzo delle ostilità. È inseguito da un’ossessionante “risata rossa”, una sorta di metafora associata al sangue per l’insensatezza della guerra. La guerra è allo stesso tempo “terribile ghiaccio necrotico”, “aria rossa”, “morti risorti”, “risata rossa” e, infine, autentica follia assassina. Se c’è un racconto antimilitarista capace di evocare una profonda repulsione fisica per la guerra, è senza dubbio “Il riso rosso”. “Il riso rosso. Racconto della nevrosi di guerra” è stato pubblicato nel 2015 nei “Quaderni” (è il numero 5) della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Lo potete acquistare in versione e-book.
La prosa di Andreeev esplode come una molotov di misticismo, religione, esistenzialismo e simbolismo. "Non è la morte che è terribile, ma la coscienza di essa; e sarebbe del tutto impossibile vivere se una persona sapesse l’ora precisa della sua morte", scrive Andreev in questo racconto cupo e pessimista sui rivoluzionari condannati alla forca. È un potente trattato sulla vita e la morte, in cui lo stato interiore dello scrittore si accorda con i sentimenti dei suoi protagonisti condannati. Le edizioni più recenti in italiano sono quelle di Lucarini (1988) e Rizzoli (1955). Ovviamente sono fuori catalogo. Non resta che la biblioteca o la ricerca nelle librerie antiquarie e di libri usati.
“È russo fino al nucleo del suo essere; dentro di lui si agita il caos russo”, disse di Andrej Belyj il filosofo Nikolaj Berdjaev, nominando lo scrittore simbolista come l’erede della tradizione di Gogol e Dostoevskij. Boris Pasternak paragonò Belyj a Marcel Proust e definì James Joyce “un discepolo di Belyj”. Proprio come l’“Ulisse” (libro del 1922) , in “Pietroburgo” viene impiegata la tecnica del flusso di coscienza, e, alludendo alla fondazione della città da parte di Pietro I (il Grande) nel 1703, San Pietroburgo diventa un’unità artistica a sé stante, sullo sfondo della Rivoluzione russa del 1905. In italiano lo trovate il libreria per i tipi di Adelphi (2014) nella traduzione di Angelo Maria Ripellino.
Nel suo profetico capolavoro distopico, Zamjatin descrive ad arte uno stato totalitario costruito sui principi del controllo totale dell’individuo. Il romanzo è ambientato in un futuro remoto, in una città dove tutto è governato dalla Tavola del Tempo, che detta agli uomini le loro vite, e i nomi delle persone, come in un campo di concentramento, sono stati sostituiti da lettere e numeri, come D-503 o O-90. Tutti i cittadini dell’Unico Stato devono rispettare un programma rigoroso giorno e notte; anche il fare l’amore è strettamente regolato.
Pur in tutto il suo spaventoso realismo, in "Noi" di Zamjatin c’è spazio per l’ironia e l’allegoria. “Noi camminiamo, un corpo a milioni di teste; e in ognuno di noi risiede quell’umile allegria con cui probabilmente vivono le molecole, gli atomi e i fagociti". Il romanzo di Zamjatin ha plasmato l’immaginario almeno quattro geni letterari (George Orwell, Kurt Vonnegut, Aldous Huxley e Vladimir Nabokov), nonostante non sia mai stato pubblicato in Russia durante la vita dell’autore. La distopia fu pubblicata per la prima volta nella sua interezza in inglese nel 1924. In italiano lo trovate in libreria in varie edizioni: Fanucci (2021), Newton Compton (2021), Mondadori (2020), Fede & Cultura (2020), Voland (2013).
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Nel suo struggente racconto d’amore straziante, Bunin tratteggia un ritratto psicologico di Mitja, un giovane dagli “occhi bizantini” che è innamorato pazzo di Katja, una studentessa di una scuola privata di teatro. L’amore, come tutti sanno, è a un passo dalla gelosia, soprattutto se non corrisposto e senza speranza. “Non c’è niente sulla terra o in cielo più terribile, più attraente e più misterioso dell’amore”, scrive Bunin. Quanto aveva ragione! In italiano è stato tradotto, ma sia le edizioni da solo (Mondadori, 1984; Besa, 2007) che nella raccolta buniniana “Racconti d’amore” (Rizzoli, 2009) è fuori catalogo. Non resta che cercarlo in biblioteca o sul mercato dell’usato.
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Ivan Bunin, il consumato maestro della prosa breve e malleabile, fu il più audace di tutti gli scrittori russi nel descrivere l’amore carnale, con scene estremamente erotiche. “Ognuno di noi ha probabilmente qualche ricordo d’amore particolarmente caro o qualche peccato d’amore particolarmente grave”, scrisse. Bunin elevò la passione, la lussuria e l’amore a un livello completamente nuovo nella sua famosa raccolta di racconti “Viali oscuri”, dedicata ai retroscena dell’amore, alla coltivazione dei sentimenti e allo scontro tra opinioni opposte. Pubblicato in italiano da Salerno editrice (1986) è fuori catalogo. Non resta che cercarlo in biblioteca o sul mercato dell’usato.
Dopo la pubblicazione de “I tre grassoni”, la prima "fiaba rivoluzionaria" della letteratura sovietica, Olesha divenne famoso dall’oggi al domani. Dopo tutto, aveva scritto un’opera di dimensioni veramente europee: rivoluzionaria nel concetto, donchisciottesca nello spirito, espressiva nel contenuto. Il romanzo si svolge in un Paese governato da un’aristocrazia avida e insaziabile, guidata dai tre grassoni del titolo. Un ragazzo solitario chiamato “Tutti” deve diventare il loro erede. Al bambino non è permesso giocare con i suoi coetanei; il suo unico compagno di vita è una bambola di nome Suok. Ma non è tutto negativo. Un intrepido scienziato, il Dottore, porta la speranza di un "futuro luminoso" durante una rivolta guidata da Prospero l’Armaiolo e Tibul l’Acrobata.
Varie generazioni di bambini sovietici sono cresciuti leggendo “I tre grassoni”, libro adattissimo anche a una lettura da adulti. Tradotto in molte lingue, il libro ha ammiratori in tutto il mondo. In italiano l’edizione più recente è quella di Salani (1996), ma è fuori catalogo. Non resta che cercarlo in biblioteca o sul mercato dell’usato.
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“Invidia” segna l’apice dell’opera letteraria di Jurij Olesha. “Sono convinto di aver scritto un libro che vivrà per secoli”, affermò senza false modestie. Il protagonista del romanzo, Nikolaj Kavalerov, è un intellettuale, un sognatore e un poeta; insomma un outsider nella realtà sovietica. L’ostinato capo dello stabilimento locale di lavorazione della carne, Andrej Babichev, è il suo opposto. Kavalerov non ha alcuna speranza di emulare il “salumiere" Babichev. Sogna l’adulazione, come un galeotto sogna la libertà. “Nel nostro paese, le strade della gloria sono bloccate da barriere… Una persona dotata deve o appassire o alzare la barriera e affrontare la condanna”. Kavalerov è l’alter ego dello stesso Olesha, che non è mai riuscito ad adattarsi alla realtà imposta dai costruttori del comunismo. In italiano lo trovare in libreria per i tipi di Carbonio editore (2018) nella traduzione di Daniela Liberti.
“Babel ha scritto sugli ebrei con una conoscenza vivace, a volte sprezzante”, ha osservato John Updike. I celebri “Racconti di Odessa” (noti anche in italiano come “Storie di Odessa” o “Odessa”) sui coraggiosi gangster ebrei e il loro insostituibile leader Benja Krik hanno ispirato un’intera generazione di scrittori americani, tra cui Bernard Malamud, Saul Bellow e Philip Roth, a intraprendere le proprie ricerche letterarie nella stessa linea criminale. Nato a Odessa, Babel trascorse la maggior parte dei suoi anni tra l’incudine e il martello, cercando di rimanere in contatto con le sue radici ebraiche pur mantenendo una sorta di status quo. L’umorismo permetteva a Babel di prendere le distanze dai suoi personaggi, di non fraternizzare con loro, pur rimanendo non ostile. In italiano li trovate in libreria nelle edizioni di Voland (2015, traduzione di Bruno Osimo) e di Rizzoli (2014). E ovviamente all’interno nel volume de “i Meridiani” Mondadori che comprende tutte le opere di Babel (2006).
Scritto nel 1925, questo romanzo è stato pubblicato in Urss solo nel 1987. I censori sovietici lo vietarono per motivi ideologici. Al centro dell’opera, ambientata nella metà degli anni Venti, c’è il brillante chirurgo professor Preobrazhenskij (“preobrazhenie” in russo significa "trasformazione"), che intraprende un esperimento senza precedenti. Trapianta una parte del cervello e dei testicoli umani in un cane randagio, che davanti ai suoi occhi si trasforma in una creatura umanoide, che adotta il nome assurdo di Poligraf Poligrafovich Sharikov. È primitivo e rozzo all’estremo, beve, fuma e dice parolacce.
Sharikov si trasferisce immediatamente nell’appartamento di sette stanze del professore a Mosca come nuovo proprietario (una metafora della Rivoluzione e dell’espropriazione ai danni della borghesia dopo il 1917). Anche se dal punto di vista scientifico l’esperimento del professore è un successo fenomenale, Bulgakov, con un richiamo alla "Metamorfosi" di Kafka e al “Frankenstein” di Mary Shelley, mette in guardia contro tali “trasformazioni”: meglio lasciar dormire il can che dorme, letteralmente. In italiano ci sono varie edizioni in libreria: Mondadori (2016), Feltrinelli (2015, insieme a “Uova fatali”), Rizzoli (2007), Garzanti (2008, insieme a “Uova fatali”) e diverse altre.
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Bulgakov nacque a Kiev (allora parte dell’Impero russo) in una famiglia numerosa. La calda atmosfera spirituale della sua infanzia si riflette nella sua magistrale opera teatrale “I giorni dei Turbinata”, che rielaborò nel romanzo epico “La guardia bianca”.
“La Guardia Bianca” non è solo un eccezionale romanzo storico scritto nella migliore tradizione tolstoiana, ma anche un “La saga dei Forsyte” russo, su una famiglia di intellettuali russi, e i loro amici e parenti, che si trovano coinvolti nella sanguinosa Guerra civile scoppiata sulla scia della Rivoluzione d’Ottobre. In italiano lo trovate in libreria per i tipi di Feltrinelli (2019) e di Rizzoli (1990).
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Il più grande romanzo di Bulgakov non vide la stampa fino al 1966, sulla scia del “Disgelo” di Khrushchev, 26 anni dopo la morte dello scrittore. È un racconto satirico e soprannaturale su come il diavolo e il suo seguito demoniaco fanno visita alla Mosca degli anni Trenta del Novecento. In quest’opera metafisica, il diavolo di Bulgakov (chiamato Woland, un antico nome germanico del maligno) è una figura ambivalente, “parte di quella forza che eternamente desidera il male ed eternamente fa il bene”. Woland si oppone al nuovo male: burocratico, impersonale, sovietico. L’unica salvezza nel romanzo, come nella vita, è attraverso l’amore e il sacrificio di sé. Come Faust, Margherita vende la sua anima e diventa una strega per salvare il Maestro, l’uomo che ama. Il libro è noto anche per l’aforisma: “I manoscritti non bruciano” (“Рукописи не горят!”). Vasta la scelta di edizioni in italiano in libreria: Rizzoli (2018), Liberamente (2018), Salani (2018), Mondadori (2016), Feltrinelli (2014), Einaudi (2014), Garzanti (2014), Rizzoli (2003) e altre ancora.
L’affascinante canaglia Ostap Bender e la sua ingenua spalla Kisa Vorobjaninov partono alla ricerca dei diamanti di Madame Petukhova, che sono nascosti in una delle dodici sedie della sala da pranzo di famiglia che sono state vendute dopo la Rivoluzione. Durante il loro viaggio pieno di avventure, affinano le loro abilità di maestri della truffa. Questo romanzo di culto è una ricca fonte di modi di dire e aforismi, che ha immerso ormai diverse generazione di lettori nell’atmosfera della Russia sovietica degli anni Venti. L’opera non è solo un tesoro di satira e umorismo popolare, ma anche una presa in giro abilmente velata del potere e dell’ideologia sovietica. L’edizione più recente in italiano è quella di Rizzoli (2007) ma è fuori catalogo. Si può però acquistare l’e-book.
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Il simpatico truffatore Ostap Bender se l’è cavata ed è ancora vivo. In questo sequel di “Le dodici sedie” cerca di diventare milionario con le buone o con le cattive (soprattutto con le cattive) e di realizzare il suo sogno d’infanzia di trasferirsi a Rio de Janeiro. Tutto quello che deve fare è rintracciare l’inafferrabile milionario Aleksandr Korejko e ricattarlo. Cosa mai potrà andare storto? In italiano è stato pubblicato nel 1962 da Editori Riuniti e nel 1992 da Edizioni Studio Tesi. Ovviamente è fuori catalogo e non vi resta che cercarlo in biblioteca o sul mercato dell’usato.
Lo scrittore sovietico Mikhail Sholokhov scrisse “Il Placido Don” alla tenera età di 22 anni. Nel 1965, ricevette il premio Nobel per la Letteratura per questo romanzo in quattro volumi, riconosciuto come una delle opere più significative della letteratura russa del XX secolo. Una vasta saga storica sulla vita dei cosacchi del Don durante la Prima guerra mondiale e la Guerra civile russa, piena di sudore e sangue, violenza e crudeltà, sofferenza e bramosia. Non esistono edizioni recenti in Italiano di questo capolavoro, ma non dovreste far fatica a trovarlo sul mercato dell’usato e, ovviamente, in biblioteca.
Il poeta Joseph Brodsky ha messo Platonov alla pari con Proust, Kafka e Beckett. In questa e altre opere, Platonov si fa beffe dell’utopico piano sovietico per la costruzione di una società socialista, esponendo l’assurdità burocratica dell’ideologia sovietica.
"Chevengur" (l’unico romanzo completato di Platonov) è uno sguardo dietro le quinte della vita sovietica durante il periodo della NEP (Nuova Politica Economica). Chevengur è una città utopica dove il comunismo viene costruito a ritmo record. Il risultato è una catastrofe imminente, che Platonov, testimone della collettivizzazione stalinista, descrive con arguzia diabolica e sangue freddo.
Il romanzo era già pronto in tipografia per essere stampato, quando la censura sovietica impose lo stop all’ultimo minuto per motivi ideologici, sostenendo che metteva a repentaglio l’intera idea dell’edificazione del socialismo. Il romanzo è stato pubblicato integralmente in Urss solo nel 1988. In italiano è stato pubblicato da Einaudi nel 2015 (nella traduzione da Ornella Discacciati) con il titolo di “Čevengur”, uguale all’originale (attualmente non è disponibile, ma potete acquistare l’e-book). In passato, era apparso nella traduzione di Marija Olsufjeva, nel 1972, per Mondadori con il titolo “Il villaggio della nuova vita” e nel 1990 per Theoria come “Da un villaggio in memoria del futuro”.
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Questo è un romanzo cupo e inquietante di proporzioni kafkiane, che racconta i “benefici” del comunismo in Urss. Un gruppo di persone da qualche parte nel bel mezzo del nulla sta scavando le fondamenta di una “casa proletaria comune", in modo che un giorno tutti possano vivere “felici e contenti” nella città del futuro. Platonov ritrae fame e morte, e operai, contadini e funzionari spogliati di ogni bontà, concentrati giorno e notte su un progetto di costruzione senza fine e senza senso.
Scritto nel 1929-30, il romanzo è una satira pungente dello stalinismo e della burocrazia oppressiva che distrugge la speranza e la fede nell’umanità. Anticipando "1984" di George Orwell, pubblicato nel 1949, Platonov mostra il volto contorto del collettivismo, privo di emozioni e sentimenti umani. In italiano è stato pubblicato nel 1969 da Il Saggiatore con il titolo “Nel grande cantiere” e nel 1992 da Marsilio come “Lo sterro”. Potete trovarli solo nelle biblioteche o sul mercato dell’usato.
Questo romanzo divenne l’opera di narrativa più stampata in Urss. In parte autobiografico, traccia l’ascesa dello Stato sovietico attraverso la biografia del protagonista Pavel (Pavka) Korchagin. Uomo di origini semplici, Pavka si distingue per la sua resistenza, diligenza e altruismo. Si unisce all’Armata Rossa, poi alla Cheka (la polizia segreta).
Attraverso il suo protagonista, Ostrovskij ritrae tutte le sfaccettature della vita nel giovane Stato sovietico, comprese le più terribili e problematiche. Tuttavia, a causa di questioni ideologiche, il testo del romanzo fu cambiato molte volte, non sempre con il consenso dell’autore. Solo alla fine degli anni Ottanta il testo originale di Ostrovskij è stato pubblicato per intero in Urss. In libreria in italiano lo trovate per i tipi di Red Star Press (2015).
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È l’ultimo romanzo di Nabokov scritto in Germania prima di trasferirsi in Francia nel 1937. La triste realtà della Germania nazista si riflette nel libro, ma Nabokov si oppose a che il suo romanzo fosse visto come un pamphlet politico. Lo scrittore considerava “Invito a una decapitazione” la sua opera migliore e il suo “unico poema in prosa”. Comunque lo si chiami, una cosa è certa: è un capolavoro senza tempo sulla tirannia della banalità, e su come combatterla con l’aiuto della “antica arte innata della scrittura”. In italiano lo trovate in libreria per i tipi di Adelphi (2004).
L’ultimo grande romanzo di Nabokov scritto in russo è generalmente considerato l’apice del suo successo creativo. Da un punto di vista filosofico, è un meta-romanzo, una sorta di torta nuziale letteraria, in cui ogni strato è saturo di un profondo significato esistenziale. Come epigrafe a “Il dono”, Nabokov prese in prestito un esercizio apparentemente semplice da un manuale di grammatica russa: “La quercia è un albero. La rosa è un fiore. Il cervo è un animale. Il passero è un uccello. La Russia è la nostra patria. La morte è inevitabile”. La vita, ci viene detto in questo romanzo senza tempo di Nabokov, è un breve interludio tra la nascita e la morte, composto da mille inezie contraddittorie. In italiano lo trovate in libreria per i tipi di Adelphi (1998).
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Nabokov scrisse il suo romanzo più famoso in inglese e lo tradusse lui stesso in russo dodici anni dopo. La storia, in cui il protagonista (Humbert Humbert) perde la sua bussola morale e si innamora di una ragazzina di 12 anni di nome Lolita, infrange tutti i canoni, le convenzioni e i tabù. Detto questo, “Lolita” non è un romanzo scabroso sul peccato, ma una saga di ossessione, desiderio incontenibile e autoflagellazione. In italiano in libreria si trova nell’edizione di Adelphi (1996).
Zoshchenko, che possedeva un raro senso dell’umorismo, equiparava il lavoro dello scrittore alla produzione di biacca: entrambi sono tossici. I suoi racconti autobiografici, scritti tra il 1937 e il 1945, sono una pietra miliare della generosità di spirito e del calore del cuore di uno degli scrittori più sottovalutati del periodo sovietico. Anche se la raccolta di racconti sembra essere principalmente per i bambini, ogni adulto vi troverà molta saggezza e tristezza. Autore a lungo poco tradotto in Italia, ora si trova in libreria una ricca raccolta edita da Quodlibet (2020) “Racconti sentimentali e satirici”. Da fine aprile 2022 è in libreria per Mondadori un’altra raccolta di racconti di Zoshchenko: “Cento scene di vita sovietica”, tradotti da Marta Valeri.
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Nel suo personalissimo “Prima che sorga il sole”, una sorta di confessione, Zoshchenko agisce come lo psicanalista di se stesso, sezionando spietatamente le sue più intime paure infantili, traumi, ansie e fobie, tra cui la paura dell’acqua, del cibo, dei tuoni, del proprio corpo, della povertà, dell’altro sesso, ecc. Le sue esperienze personali sono descritte con un tale realismo che nel 1943, dopo la pubblicazione dei primi capitoli, l’opera fu vietata (si sa che Stalin la detestava). L’enciclopedia delle paure di Zoshchenko fu pubblicata integralmente solo nel 1973, negli Stati Uniti. In italiano è uscito nella traduzione di Clara Coisson prima da Einaudi (1969) e poi da Bompiani (1977). Ora va cercato sul mercato dell’usato o in biblioteca.
Durante la sua vita, Kharms non fu popolare come scrittore (soprattutto presso le autorità sovietiche), ed era conosciuto soprattutto come autore di filastrocche. La maggior parte della sua opera, che era familiare solo a una piccola cerchia di appassionati di letteratura, non poteva essere pubblicata in Urss, perché Kharms era uno dei fondatori della tradizione letteraria russa dell’assurdo e del surrealismo. Il suo racconto “La vecchia” rappresenta l’apice della sua abilità in prosa, una delle opere più enigmatiche e occulte della letteratura russa, che riecheggia la tradizione europea dell’esistenzialismo alla Camus e Sartre. In italiano la trovate nella raccolta di opere di Kharms (più spesso traslitterato Charms) “Casi”, edito da Adelphi (1990 e 2008). Di questo autore si trova anche “Disastri” per i tipi di Marcos y Marcos (2011).
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Questo drammaturgo scrisse una delle sue opere più importanti durante la Seconda guerra mondiale, mentre si trovava sfollato dalla Leningrado assediata a Stalinabad. Un drago crudele terrorizza gli abitanti di una piccola città, che sono costretti a placare costantemente il mostro con sacrifici sotto forma di giovani ninfe. Alla fine è il turno di Elsa, e i compiacenti abitanti della città non provano nemmeno a proteggere la povera ragazza. Perché sfidare un sistema che è stato in vigore negli ultimi 400 anni? Eppure, qualcuno non è d’accordo con il branco. Nato con un innato senso di giustizia, l’impavido Lancillotto è determinato ad uccidere il Drago.
La commedia fantasy di Shvarts ha un messaggio criptico per coloro che sanno leggere tra le righe: bisogna combattere sempre i mostri malvagi! Anche se in superficie sembra essere una “favola/racconto dell’orrore per bambini”, “Il Drago” è un palese attacco a Stalin, al regime sovietico e al totalitarismo. Lo spettacolo fu messo in scena per la prima volta nel 1943 e vietato per molti anni in seguito. In italiano, nella traduzione di Vittorio Strada, è edito da Einaudi (1966), ma attualmente non disponibile. Non resta che cercarlo nelle biblioteche o sul mercato dell’usato.
Valentin Kataev fu il primo scrittore della letteratura sovietica a raccontare la guerra attraverso gli occhi di un bambino. Durante gli anni del conflitto, moltissimi bimbi orfani furono aggregati ai reggimenti dell’Armata Rossa, alcuni dei quali divennero noti come “figli del reggimento”. Le storie di diversi bambini sono note, ma non si sa su quale di loro Kataev abbia basato il suo personaggio. Nella storia, il ragazzo Vanja Solntsev, che ha perso i genitori durante la guerra, viene scoperto da un gruppo di esploratori militari e non vuole tornare nelle retrovie, preferendo rimanere con i soldati in prima linea. Quando è costretto a tornare indietro, fugge. Alla fine, il bambino è autorizzato a rimanere e persino a partecipare alle missioni di combattimento. Pubblicato in italiano da Edizioni di Cultura Sociale (1951) è rinvenibile solo in biblioteca o sul mercato dell’usato.
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La Prima guerra mondiale fu una catastrofe per la Russia, che seppellì i sogni di un’intera generazione. Nel suo eccezionale romanzo modernista, “Il dottor Zhivago”, Pasternak dipinge a grandi tratti non solo la guerra devastante, il potere distruttivo della Rivoluzione e il naufragio delle speranze, ma anche la resistenza dello spirito umano.
Il “Dottor Zhivago” è la storia di un amore inestinguibile più forte della morte, ed è forse il romanzo russo del XX secolo più conosciuto in Occidente. Pasternak lavorò per dieci anni al libro, per il quale gli fu assegnato (ma fu costretto a rifiutarlo) il premio Nobel per la letteratura nel 1958. Il libro, vietato in Urss, venne pubblicato in anteprima mondiale in Italia il 15 novembre 1957 dalla Feltrinelli, battendo la concorrenza di vari editori americani e francesi. Dal 2017 Feltrinelli ha sostituito in libreria la storica traduzione di Pietro Zveteremich (che fu anche materialmente la persona che consegnò alla casa editrice il manoscritto inedito), con la nuova di Serena Prina.
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La prima edizione di questo romanzo fu pubblicata subito dopo la guerra, nel 1946. Racconta le gesta dei giovani attivisti clandestini che formarono l’organizzazione partigiana segreta “Giovane Guardia” a Krasnodon (nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina), per resistere ai nazisti. Quasi tutti i membri della Giovane Guardia furono brutalmente torturati e giustiziati dai tedeschi. È su di loro, sulla base di testimonianze oculari, che Fadeev ha scritto. Quando il libro uscì, dopo un iniziale successo, tuttavia, fu poi duramente criticato da Stalin per aver sminuito il ruolo guida del Partito Comunista nella lotta antifascista. Fadeeev dovette riscrivere il romanzo, e una seconda edizione rivista fu pubblicata nel 1951. In italiano è stato pubblicato da Macchia nel 1947. Oggi è rinvenibile solo in biblioteca o sul mercato dell’usato.
Il libro più conosciuto al mondo sui campi di reclusione sovietici ha richiesto dieci anni di lavoro. Diviso in sette parti, “Arcipelago Gulag” descrive la storia e la pratica del Gulag (un acronimo russo che sta per “Direzione generale dei campi e dei luoghi di detenzione”). Il libro è basato sulle esperienze personali dell’autore, che ha trascorso circa otto anni in vari campi, e le storie di più di 250 detenuti con cui ha parlato. Poco dopo la pubblicazione a Parigi del primo volume (nel dicembre 1973), Solzhenitsyn fu espulso dall’Urss, e tutte le sue opere precedentemente pubblicate furono distrutte (almeno quelle che le autorità riuscirono a trovare). In italiano lo trovate in libreria per i tipi di Mondadori (2021).
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“Racconti della Kolymá” è sorprendentemente diverso da qualsiasi altro libro sul Gulag, soprattutto da “Arcipelago Gulag” di Solzhenitsyn (i due autori hanno mantenuto una corrispondenza infuocata). Shalamov si concentra su ciò che può accadere al corpo e all’anima umana nei campi di prigionia, che mirano a schiacciare l’individualità e la personalità, e spesso distruggono una persona anche fisicamente. La sua salute è stata rovinata da 19 anni nel Gulag, ma ha lasciato ai posteri un resoconto brutale e terribilmente veritiero di uno dei sistemi repressivi più spietati della storia. In italiano in libreria lo trovate per i tipi di Adelphi (1999) nella traduzione di Marco Binni, per quelli di Einaudi (2021), con il titolo di “Racconti di Kolyma”, tradotto da Sergio Rapetti e di Newton e Compton (2022).
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“Tutti si sentono in colpa davanti a una madre che ha perso il figlio in guerra; nel corso della storia umana gli uomini hanno cercato invano di giustificarsi”, scrive l’autore di “Vita e destino”, un romanzo travolgente che si svolge sullo sfondo della titanica battaglia di Stalingrado, combattuta dal settembre 1942 al febbraio 1943. “Vita e destino” è un racconto implacabilmente cupo sulle difficoltà della guerra, senza alcun accenno di luce alla fine del tunnel. La nuova edizione di Adelphi (2022) è in libreria, così come “Stalingrado” (Adelphi, 2022).
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Questo ciclo di più di 50 (!) libri, racconti e novelle dello scrittore di fantascienza Kir Bulychjov (pseudonimo di Igor Mozheiko) è familiare a tutti i bambini sovietici non solo come lettura, ma anche sotto forma della popolare miniserie televisiva sovietica “Gostja iz budushchego” (nota all’estero anche con la traduzione inglese del titolo: “Guest from the Future”; ossia “Osptiti dal futuro”). La protagonista del ciclo, Alisa Selezneva, vive in un lontano mondo futuro progettato secondo le leggi di quello che sembra lo steampunk sovietico. Regna il comunismo utopico: non ci sono autorità, tutto è governato da scienziati con poteri soprannaturali. Per molti versi è il mondo ideale, un mondo in cui i viaggi interplanetari e i viaggi nel tempo sono possibili. Sono questi mezzi fantascientifici che permettono ad Alisa di trasportarsi dal “suo” 2084 al 1984 sovietico. Le opere di questo autore non sono tradotte in italiano.
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Erofeeev aveva una delle menti più brillanti della sua generazione: citava Kant e Leibniz e poteva riconoscere qualsiasi opera sinfonica a orecchio. Eppure era un emarginato, venne espulso dal suo istituto per il suo libero pensiero e fu costretto a fare vari lavori per sbarcare il lunario. Mentre lavorava in un cantiere fuori Mosca, compose il poema in prosa "Mosca-Petushkí” (in Italia, in passato è stato tradotto anche come “Mosca sulla vodka”), che, nonostante sia in prosa, è la risposta della letteratura russa moderna alla “Divina Commedia” di Dante.
Il protagonista del poema tenta di andare dalla stazione ferroviaria Kurskij di Mosca da sua moglie e suo figlio nella città di Petushki, non lontano dalla capitale. Con una bottiglia di vodka in mano (parte integrante della realtà dell’epoca), percorre tutti i cerchi dell’inferno sovietico (ahimè, non c’è il paradiso, e nemmeno il purgatorio, in quest’opera carica di tristezza). Ultimo menestrello ambulante della letteratura russa, Erofeeev, tra risate e lacrime, ha creato un terribile requiem per l’era sovietica, un poema che è sopravvissuto e ha in gran parte distrutto il suo creatore: lo scrittore è morto per gli effetti dell’alcolismo appena un anno prima del crollo dell’Urss. Attualmente in libreria si trova la versione di Quodlibet (2014) con il titolo “Mosca-Petuskì. Poema ferroviario” (traduzione di Paolo Nori).
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Il più popolare (pubblicato in 22 paesi) dei romanzi dei fratelli Strugatskij è una distopia fantascientifica ambientata nel mondo di lingua inglese, nella città fittizia di Harmont. Alcuni anni prima degli eventi del libro, una civiltà o entità aliena ha visitato la Terra, lasciando dietro di sé diverse “Zone”; aree piene di fenomeni inspiegabili dove accadono strani eventi. Come osserva uno dei personaggi, assomiglia a una sorta di picnic extraterrestre sul ciglio della strada, dopo il quale strani fenomeni e oggetti sono stati lasciati sparsi come bottiglie vuote e involucri di cibo. I terrestri che osano esplorare le Zone sono chiamati “stalker” (questo libro fu la fonte letteraria del film cult di Andrej Tarkovskij del 1979 “Stalker”). La trama tortuosa del libro segue uno stalker che si avventura in una delle Zone alla ricerca di un desiderio molto umano ma inaccessibile: la felicità. In italiano è pubblicato da Marcos y Marcos (2011), ma attualmente non è disponibile. Si può però acquistare l’e-book.
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Il primo e più famoso romanzo di Limonov fece scalpore: scritto e pubblicato per la prima volta a New York, fu il primo libro in lingua russa a contenere una prosa esplicita alla maniera di Charles Bukowski e di altri scrittori americani della seconda metà del XX secolo.
Limonov descrive spassionatamente i dettagli fisiologici degli atti sessuali etero e omosessuali e condisce il discorso dei suoi personaggi con oscenità. Ma più di questo, scrive una dichiarazione autobiografica sui sentimenti di un poeta, un emigrante, un detrito umani gettato dall’impero sovietico e dal destino stesso nelle braccia di una nuova vita sconosciuta.
Anche nella Russia post-sovietica il romanzo ha avuto difficoltà a trovare un editore, con molte case editrici che si sono rifiutate di pubblicare il testo “osceno”. Oltre al suo contenuto, l’opera è un monumento alla lingua e al modo di vivere dell’epoca più difficile per gli emigranti sovietici. Il titolo originale è “Это я - Эдичка” (“Eto ja – Edichka”; ossia “Sono io: Edoardino”), quello italiano, oggi particolarmente scorretto politicamente risale all’edizione di Frassinelli del 1985, peraltro con testo tradotto dall’edizione francese (da Marina Marazza). Difficile da trovare anche sul mercato dell’usato (dove ha prezzi piuttosto alti), più essere cercato in biblioteca.
“Sono uno scrittore russo, ma un cantore dell’Abcasia”, diceva Iskander, nato a Sukhumi. È stato candidato al premio Nobel per il suo capolavoro: “Sandro di Cegem” (edizione italiana: Einaudi, 1998), una vera e propria epopea che celebra l’Abcasia. Un successo maggiore tra gli intellettuali sovietici, tuttavia, riscosse il suo “Conigli e boa”, una parabola filosofica sul rapporto tra gli strati superiori e inferiori della società, come esemplificato da un Paese immaginario di conigli e boa (“lo Stato demagogico modello”).
Molte citazioni del libro sono diventate quasi proverbi in Russia (in particolare Iskander era molto tranchant con il concetto di “vittoria”: “Nella parola ’vittoria’ sento lo scalpitio trionfante degli stupidi”), e il nome dell’autore è talvolta menzionato accanto a grandi come Anton Chekhov, Lev Tolstoj e George Orwell. È stato anche definito il “Gabriel Garcia Marquez russo”. “Conigli e boa” in Italia lo ha pubblicato Atmosphere Libri (2015). Al momento non è disponibile in libreria, ma lo si trova sul mercato dell’usato e, ovviamente nelle biblioteche.
Scrittore sovietico proveniente da un villaggio kirghiso, il bilingue Ajtmatov glorificava due culture allo stesso tempo: scriveva in russo, ma le sue parole dipingevano il Kirghizistan e l’Asia centrale e le loro epopee popolari. La bellissima storia d’amore di Jamila, in cui una ragazza di un villaggio kirghiso si innamora di un soldato ferito mentre suo marito è al fronte, gli valse la fama mondiale. In italiano lo trovate in libreria per i tipi di Marcos y Marcos (2017) con il titolo “Melodia della terra. Giamilja” (la storica traduzione è del poeta Andrea Zanzotto dalla versione francese di Louis Aragon. Ma l’opera più conosciuta e più importante di Ajtmatov è “Il patibolo”, una storia affascinante su spacciatori di droga, bracconieri e il duro mondo dell’"est selvaggio" nel tardo periodo sovietico. Il romanzo inizia e finisce con la storia di due cuccioli di lupo orfani di bracconieri che violano il “tabù del lupo”, attaccando le persone. È un libro sull’umanità e la natura, l’onestà e l’avidità e, naturalmente, il bene e il male. In italiano è uscito per i tipi di Ugo Mursia Editore (1988). Ormai fuori catalogo, non resta che cercarlo sul mercato dell’usato o in biblioteca.
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Il protagonista – e la storia è del tutto autobiografica – sta per emigrare dall’Unione Sovietica negli Stati Uniti. Può portare con sé solo una piccola e vecchia valigia. Aprendola alcuni anni dopo, si immerge in una “scatola di ricordi”. Ogni oggetto gli ricorda una situazione del suo passato; della vita sovietica.
“La valigia” è una raccolta di racconti, ognuno dedicato a uno di questi oggetti: i “calzini finlandesi” comprati al mercato nero sotto la minaccia dell’arresto; la “cintura da ufficiale” che riporta alla mente i ricordi del servizio da guardia in un campo di prigionia...
Dovlatov, a cui è stato anche dedicato un film, con il suo modo sardonico, ride attraverso l’ombra della malinconia, allo stesso tempo nostalgico e costernato della realtà sovietica in cui la vita doveva essere vissuta. Questa tavolozza di immagini ed episodi vividi è un inno all’emigrazione russa. In italiano, lo trovate in libreria per i tipi di Sellerio (1999).
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Il poeta Pjotr Pustotá (il cui cognome significa “vuoto”) si trova in due tempi differentii: sul fronte della Guerra civile russa, nel 1918-19, e in un ospedale psichiatrico nella Russia degli anni Novanta. Il romanzo esplora la percezione di Pustota dello spazio e del tempo. Quale di questi mondi è reale e quale è la fantasia di una mente malata? O forse entrambi sono irreali?
Alla sua uscita, i critici hanno descritto il libro come il primo romanzo “buddista zen” in Russia, mentre Pelevin stesso lo ha definito ’il primo romanzo della letteratura mondiale in cui l’azione si svolge nel vuoto completo”. È uno dei primi romanzi di questo enigmatico scrittore russo (Pelevin non appare in pubblico da vent’anni, anche se ogni anno pubblica un libro che i suoi fan aspettano con ansia come una nuova rivelazione e profezia). Il libro (che in russo ha un altro titolo: “Chapaev i Pustotá”) è stato tradotto e pubblicato da Mondadori nel 2001 nella collana “Strade blu” e risulta oggi fuori catalogo. Non resta che cercarlo sul mercato dell’usato o in biblioteca.
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Siamo nella Russia della fine XIX-inizio XX secolo. Il giovane Erast Fandorin entra nella polizia imperiale, dove dimostra straordinarie facoltà mentali, deduttive e atletiche: in parte Sherlock Holmes, in parte James Bond. Nel corso del ciclo di romanzi, le avversità e le sfortune personali lo trasformano da giovane idealista in un cinico e freddo (che non può resistere al fascino femminile). Eventi storici reali fanno da sfondo alle scappatelle di Fandorin, che lo portano da Mosca a San Pietroburgo, alla Bulgaria e alla Guerra russo-turca, poi in Giappone e ritorno. Lì, nel paese del Sol Levante, salva la vita di un giovane della yakuza, che diventa il suo fedele valletto e assistente. Insieme inseguono la malavita e salvano persino l’onore della famiglia reale russa!
Boris Akunin è lo pseudonimo di Grigorij Chkhartishvili, che ha scritto diverse opere con il suo vero nome, in particolare una storia della Russia in più volumi. Ma rimane più conosciuto come Boris Akunin. I suoi romanzi – eleganti, sottili, soavi – hanno affascinato i lettori di tutto il mondo, e molti sono stati trasformati in film. L’autore sostiene che le avventure del suo eroe sono finite. Tuttavia, l’ultimo libro (2018) era intitolato in modo stuzzicante “Не прощаюсь” (ossia “Non è un addio”), lasciando molti fan in sospeso. Frassinelli ha pubblicato tra il 1998 e il 2000 vari libri della saga di Fandorin: “La regina d’inverno”, “Gambetto turco”, “Assassinio sul Leviathan”, “La morte d’Achille”, Il fante di picche, “Il decoratore”, “Il consigliere di stato”, “Incoronazione”, “Il marchio del fuoco”. Ormai non si trovano più in libreria, ma potete cercarli sul mercato dell’usato o in biblioteca.
La Russia del XVIII secolo si sta riprendendo dalla ribellione di Pugachjov (una serie di rivolte popolari che ebbero luogo nell’Impero russo dopo che Caterina II era salita al potere nel 1762). Negli Urali, il giovane Ostasha naviga lungo un fiume su una grande chiatta carica di ferro delle fabbriche locali. Suo padre è morto misteriosamente, e lui intende scoprirne il motivo e persino sollevare una ribellione contro le autorità locali. Inoltre, sta cercando il tesoro nascosto di Pugachjov… Il vero “oro della ribellione” non è il tesoro di Pugachjov, ma la risposta alla domanda: come fare l’impossibile senza perdere la propria anima?
L’opera dello scrittore degli Urali Aleksej Ivanov è molto varia, e i critici a volte fanno fatica a individuare il genere dei suoi romanzi. Egli trasporta il lettore in tutti i tipi di luoghi: nell’Antica Rus’, al tempo dei Cavalieri Teutonici, nella Russia degli anni Novanta… Pagani, antiche tribù, nobili reali e briganti sono descritti con la stessa maestria dei gangster del passato recente e persino dei vampiri sovietici… Ognuno troverà qualcosa di suo gradimento nei romanzi di Ivanov.
“Золото бунта или вниз по реке теснин” non è tradotto in italiano. Voland ha iniziato la pubblicazione in italiano delle opere di Ivanov: nel 2020 è uscito “I cinocefali” e nel 2022 “Il Geografo si è bevuto il mappamondo”, entrambi tradotti da Anna Zafesova.
Siamo in una Mosca post-apocalittica dopo la guerra nucleare. La gente vive nelle stazioni della metropolitana e nei sottopassaggi, perché è troppo pericoloso andare in superficie. La metropolitana è stata divisa in sfere di influenza, Stati all’interno di uno Stato: i comunisti abitano una linea della metropolitana, su un’altra regna l’anarchia. Il protagonista Artjom vive in una stazione che viene attaccata dai mutanti. Intraprende una spedizione per capire cosa sta succedendo, quando cominciano ad accadere cose ancora più strane…
Il romanzo, diventato un classico di culto, ha generato un intero universo di fan fiction (tra cui i libri dell’italiano Tullio Avoledo) e videogiochi. Il giovane scrittore Glukhovskij divenne immediatamente un idolo della sua generazione e scrisse due sequel, anch’essi diventati bestseller. In italiano lo porta in libreria Multiplayer Edizioni (2010).
Un interprete ebreo polacco nasconde le sue origini e aiuta gli ebrei a fuggire dal ghetto. Lui stesso si nasconde dai nazisti in un monastero e viene battezzato al cattolicesimo. Più tardi si trasferisce ad Haifa, in Israele, dove fa il prete in una chiesa cattolica. Si presenta come un santo, guadagnando e spendendo il proprio denaro per mantenere la chiesa e dando rifugio a tutti coloro che ne hanno bisogno. Pensa al di là della fede e della nazionalità, e cerca di costruire ponti tra le religioni. L’eroe è basato sulla vita reale di Oswald Rufeisen (1922–1998), che l’autrice aveva incontrato personalmente.
Il romanzo, che consiste in lettere, voci di diario e ritagli di giornale, è duro, zeppo di discorso diretto. Inoltre, è un importante discorso sulla religione e la teologia, sottolineando la precedenza della vita umana sul rigore del dogma. In italiano è stato pubblicato da Bompiani (2010) ma non è più disponibile in libreria. Si può però acquistare l’e-book.
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Questo libro sul fenomeno del samizdat (i libri vietati auto-pubblicati che circolavano clandestinamente) e la vita in Urss negli anni Sessanta e Settanta presenta una vasta gamma di personaggi e destini: alcuni sono costretti a fare la spia sui loro amici; altri vengono licenziati dal lavoro e diventano disoccupati; altri ancora sono costretti a rinnegare i propri genitori perché non sono conformi agli ideali del Partito Comunista.
Ulitskaja mostra un impressionante spaccato della società in un momento in cui, dopo un breve disgelo, l’Urss stava nuovamente scendendo nell’abisso del totalitarismo, e qualsiasi vita poteva essere spezzata con uno schiocco di dita del Kgb. Il titolo originale è “Zeljonyj shatjor” (“Зелёный шатёр”; ossia “Il tendone verde”). In italiano lo pubblica Bompiani (2016).
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Anno 2028. La monarchia è stata restaurata in Russia, e il Paese è separato dal resto del mondo dal Muro. L’esercito personale degli oprichnik dello zar, una classe privilegiata, commette atrocità e organizza purghe. Instillano la paura nei "boiardi" (nobili) e nella gente comune, guidano auto costose e restano impuniti.
Nel contesto storico, gli oprichnik erano la polizia segreta e le guardie del corpo personali di Ivan il Terribile. Fedelissimi e spietati, eseguivano gli ordini del dispotico sovrano senza alcun dubbio. Si crede che il bersaglio di questa feroce satira politica siano gli onnipotenti silovikí (uomini delle forze di sicurezza) della Russia attuale. Tuttavia, l’autore rifiuta una tale interpretazione unilaterale. Il finale inaspettato aggiunge un elemento fantasmagorico alla storia.
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Vladimir Sorokin è il re della prosa sulla malavita russa. Nei mondi che crea, la realtà quotidiana si intreccia con le meraviglie occulte e tecnologiche del futuro. Nel romanzo “Doktor Garin” (“Доктор Гарин”; ossia “Il Dottor Garin”), Sorokin presenta l’intero universo della sua opera nella sua forma forse più completa. Il titolo del libro è un riferimento diretto al "Dottor Zivago" (vedi sopra), e ha davvero molto in comune con il capolavoro di Pasternak, e non solo. Viaggiando con il dottore cyborg attraverso la Russia del lontano futuro, divisa in principati come nel Medioevo, il lettore viaggia attraverso diversi stili, epoche e generi della letteratura russa, cosa in cui Sorokin è un maestro consumato. Non è ancora stato tradotto in italiano.
La trama di “Журавли и карлики” è incentrata su due personaggi: lo storico Shubin e l’ex geologo Zhokhov. Li incontriamo nel 2004, ma mentre ricordano le loro esperienze dei primi anni Novanta, quando la Russia era in rovina. Zhokhov cerca di sbarcare il lunario in ogni modo possibile e si trova in vari guai. Shubin scrive articoli sugli impostori della storia mondiale, il cui comportamento rispecchia quello di Zhokhov. Anche loro cercano di trarre vantaggio da qualsiasi situazione in qualsiasi condizione, senza impegnarsi in riflessioni inutili.
Juzefovich, storico di formazione, ha ricevuto il Big Book Prize, il massimo riconoscimento letterario russo. Il titolo del romanzo è un riferimento a un’antica parabola della mitologia greca e di altre religioni su una lotta tra gru e pigmei. Basando il suo racconto su di essa, l’autore ricorda che la storia è una lotta tra gru e nani, “che combattono tra di loro per mezzo di cosacchi e polacchi, veneziani e turchi, luterani e cattolici, ebrei e cristiani”. Dopo la battaglia, la gente stessa non sa spiegare perché e per cosa stava combattendo. Il libro non è tradotto in italiano.
Qui abbiamo la “Hogwarts sovietica”: un collegio per bambini con disabilità. Fondato cento anni fa, è pieno di segreti e misteri. Un nuovo arrivato nella scuola, vagando per le sale e i corridoi, scopre pagine oscure e intrise di sangue della sua storia. L’edificio, si scopre, ha un lato magico, un mondo parallelo.
Nonostante la sua lunghezza, questo romanzo postmoderno di 700 pagine si legge tutto d’un fiato ed è diventato un bestseller ben oltre i confini della Russia. Il quotidiano britannico “The Guardian” ha paragonato l’atmosfera del libro ai lavori di J.K. Rowling, Salman Rushdie e Donna Tartt. In italiano lo trovate in libreria per i tipi di Salani (2011).
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Un romanzo epistolare in forma di corrispondenza tra due amanti. Qui, però, il tempo e lo spazio non coincidono: lui scrive da una guerra lontana, la battaglia di Pechino del 1900 durante la ribellione dei Boxer, mentre lei gli risponde nell’arco del XX secolo. E probabilmente lui non è più vivo. L’autore lascia intendere che, per quanto riguarda l’amore, tempo e distanza non sono una barriera.
Il romanzo era un dramma già pronto, ed è effettivamente già stato messo in scena da diversi teatri. Shishkin, che vive in Svizzera, è molto conosciuto in Occidente, anche per il suo precedente libro “Capelvenere” (edito in Italia da Voland, 2006). “Pismóvnik” è stato tradotto in diverse lingue, ma è inedito in italiano.
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Russia medievale. L’amata del giovane Arsenio muore durante un parto difficile. Lui crede che la colpa sia sua, perché non erano sposati, così decide di dedicare la sua vita a pregare per la salvezza della sua anima. Arsenio prende un nuovo nome (prima Ustinio, poi Lauro), fa un pellegrinaggio a Gerusalemme, e alla fine diventa un monaco eremita nella foresta, ricevendo e curando i malati.
Vodolazkin è stato il primo scrittore moderno ad affrontare il tema degli jurodivye, gli “stolti in Cristo”, che furono figure importanti nella storia medievale russa. Questo “popolo di Dio” poteva permettersi comportamenti strani e persino con l’insolenza nei confronti dello zar. All’uscita del libro, Vodolazkin, di formazione filologo e medievalista, discepolo di Dmitrij Likhachjov, fu salutato come l’“Umberto Eco russo”. Ma nonostante l’evidente influenza di quest’ultimo, “Lauro” è del tutto originale, ricostruisce una lingua che risuona come antico russa e abbonda di profonde riflessioni sui valori morali. In italiano lo pubblica Elliot (2013).
Lazar Lindt, un genio ebreo della matematica, non viene toccato dalla Rivoluzione russa, dalla Guerra civile russa, dalle purghe staliniane e nemmeno dalla Seconda guerra mondiale. L’autrice racconta la storia del protagonista attraverso il prisma di coloro che ha amato. La prima è stata Marusja, la moglie del suo capo, che aveva 20 anni più di lui e guardava Lazar come un figlio. Poi sua moglie Galina, 40 anni più giovane, ma nella quale Lindt rintraccia chiaramente le caratteristiche di Marusja. Più tardi vediamo come il suo genio si riflette nel carattere di sua nipote, la ballerina Lidochka, per la quale stravede.
Questa avvincente saga familiare, che attraversa l’intero XX secolo, mostra magistralmente come le vite ordinarie siano state influenzate dagli sconvolgimenti politici del Paese, come le persone si siano adattate alle nuove condizioni di vita. La Stepnova è considerata uno dei principali eredi della tradizione del grande romanzo russo. In italiano, nella traduzione di Corrado Piazzetta “Le donne di Lazar’” è pubblicato da Voland (2018).
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L’ambientazione è il campo di prigionia delle Solovki, agli albori del sistema sovietico dei Gulag, negli anni Venti. Non si era ancora arrivati al Grande Terrore delle purghe staliniane il campo era pieno di veri pericolosi criminali. Il protagonista Artjom fa di tutto per migliorare la sua posizione nel campo, fino a una relazione con una guardia donna… E, naturalmente, riflette sulle conseguenze del “commercio della sua coscienza”.
Questo non è un romanzo banale sugli orrori del Gulag, ma la storia approfondita del calvario di uno dei milioni di persone che finirono nei campi di lavoro. Prima di quest’opera monumentale, Prilepin era conosciuto come autore di racconti biografici e novelle sul servizio nella polizia antisommossa russa e sulla guerra in Cecenia, sui buttafuori dei locali notturni, sui problemi quotidiani dei giovani ragazzi delle città di provincia. Per “Il monastero”, lo scrittore ha studiato attentamente le fonti documentarie per dipingere immagini vivide del direttore del campo, moralmente ambiguo, e dei detenuti, che conducono un’esistenza paradossale nelle loro celle dell’ex monastero, sognando la libertà. In Italia lo pubblica Voland (2017).
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Zulejkhá, una donna musulmana di un villaggio tataro, vive sotto il giogo del marito e della suocera autoritari. Il dominio sovietico ricalibra tutte le loro vite: i comunisti espropriano la famiglia, uccidono il marito, portano via la loro casa e spediscono la donna in Siberia. Con un bizzarro colpo di scena, per la prima volta nella sua vita, lei acquista fiducia in se stessa e un senso di identità.
Il debutto letterario della scrittrice di Kazan Guzel Jakhina è diventato un bestseller. Il libro è basato sulle memorie di sua nonna, che ha trascorso anni in esilio in Siberia, e su quelle di altri tatari espropriati negli anni Venti. In Russia è già stato trasformato anche in una serie tv in 8 puntate. In italiano è edito da Salani (2017) nella traduzione di Claudia Zonghetti.
È inverno, si avvicina la frenesia del Capodanno, fuori ci sono gelo e neve sporca. Nella famiglia Petrov, padre, madre e figlio si ammalano tutti di influenza e soffrono di allucinazioni dovute alla febbre alta e alle medicine con date di scadenza discutibili. Di conseguenza, diventano come dei sosia oscuri di se stessi, che vanno avanti per inerzia nei loro affari quotidiani, come zombie.
Il romanzo d’esordio di Salnikov ha entusiasmato lettori e critici. In esso, l’autore non solo fa immergere nella mente fantasmagorica di chi soffre di influenza, ma crea nostalgici ricordi effimeri dell’infanzia sovietica. Uno dei migliori registi russi, Kirill Serebrennikov, ha trasformato il libro in un film, “Petrovy v grippe”/“Petrov’s flu”, uscito nel 2021, che presenta una versione ancora più iperbolica degli eventi. In italiano è pubblicato da Brioschi (2020) nella traduzione di Leonardo Marcello Pignataro.
Il romanzo, composto da tre parti, è ambientato nell’Urss degli anni Trenta. I protagonisti sono studenti e membri del Komsomol (la Gioventù Comunista), ebrei e letterati sognatori, che vivono la vita come meglio possono. Ma su tutti loro incombe una minaccia comune: l’inevitabilità della guerra con la Germania nazista.
Bykov dipinge un quadro del periodo stalinista che sarebbe quasi accogliente se non fosse per lo sfondo delle purghe e della guerra imminente. Sorprendentemente, ci sono molti paralleli tra quel periodo e il presente, che Bykov abbozza delicatamente, senza tracciare analogie dirette. Nella multiforme opera dell’autore, dicono i critici, questo è probabilmente il suo miglior romanzo. In italiano lo pubblica Brioschi (2019) nella traduzione di Elisabetta Spediacci.
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