Una scena tratta dal film “Ivan Denisovich”, ispirato al romanzo di Aleksandr Solzhenitsyn
Gleb Panfilov/Rossiya 1 TV Channel, 2021Questo dramma (“Ад, или досье на самого себя”; ossia: “L’inferno, o un dossier su me stesso”) su due giovani innamorati si svolge sullo sfondo del dopoguerra. Il padre della protagonista è un ex ufficiale dell’Nkvd che, contrario alla loro storia d’amore, denuncia il ragazzo di sua figlia. Viene arrestato e picchiato durante l’interrogatorio, e costretto a firmare una falsa confessione. Di conseguenza, il giovane finisce in un gulag, dove deve lottare per sopravvivere, tra duro lavoro, temperature bassissime e terribile fame.
Il film è autobiografico ed è stato diretto da Gennadij Beglov (1926-2000) e si basa su un libro omonimo. Tuttavia, il linguaggio cinematografico sperimentale di questa pellicola, esempio ante litteram di crowdfunding, non piacque troppo ai tardi censori sovietici e il film non venne ampiamente diffuso.
Un archeologo britannico che sta effettuando scavi nel nord dell’Iran è scambiato dai servizi segreti sovietici per una spia americana. Viene rapito e portato a Mosca, e poi spedito in un lontano campo siberiano, dove cerca di restare umano, nonostante il trattamento crudele delle guardie e il caos violento dei criminali comuni che sono reclusi insieme a quelli politici.
In Russia, il Gulag ha toccato molti: non pochi hanno avuto parenti, genitori, amici arrestati. Questa storia era molto personale per il regista Aleksandr Mitta (1933-), che conosceva i campi in prima persona dai racconti di sua madre. Pertanto, il film (titolo originale russo: “Затерянный в Сибири”) si è rivelato estremamente veritiero e ha ottenuto un grande riconoscimento internazionale ed è stato persino nominato per il Golden Globe.
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Nel 1954, in uno dei campi di lavoro del Kazakistan sovietico ebbe luogo una grande rivolta dei prigionieri. Dopo la brutale repressione della rivolta, nel campo si trova un giovane poliziotto che ha il compito di indagare su uno strano caso: due prigionieri sono fuggiti durante la rivolta e, per sopravvivere nel deserto, uno di loro ha ucciso e mangiato il suo compagno… Il titolo russo del film, “Людоед”, si traduce come “Il cannibale”.
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Questa serie tv in 12 puntate è basata sulla biografia di Varlam Shalamov, l’autore dei famosi “Racconti di Kolymá”, la storia più veritiera e cruda sulla vita di una persona nel campo.
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Il giovane Shalamov fu condannato per aver distribuito il “Testamento di Lenin” (che è poi la traduzione del titolo del film; “Завещание Ленина”), la lettera al Congresso del Partito bolscevico in cui il leader della Rivoluzione, ormai vicino alla morte, criticava Stalin.
La serie mostra il lavoro di una durezza insopportabile dei prigionieri in condizioni climatiche estreme. I campi della Kolyma erano tra i più duri: lì i prigionieri regolarmente pativano congelamenti degli arti, soffrivano la fame ed erano sottoposti a punizioni severe per il mancato rispetto di insopportabili e irrealistici livelli di produzione.
Il sistema Gulag non è solo campi di lavoro, ma anche insediamenti speciali. Questa serie tv in 8 puntate e l’omonimo libro bestseller di Guzeli Jakhina, “Зулейха открывает глаза”, tradotto in italiano da Salani come “Zuleika apre gli occhi”, parlano proprio di questo.
All’inizio degli anni Trenta, il governo sovietico organizzò una campagna per espropriare i contadini ricchi, i kulakí. Il marito della tatara Zuleikha fece resistenza e venne ucciso. Lei stessa, insieme ad altri contadini espropriati, venne inviata con una scorta armata nella lontana Siberia. Nella taiga, i contadini devono costruire le proprie case da zero e trovare cibo…
Questa serie tv in 8 puntate è basata su un altro bestseller sul gulag: “Обитель” di Zakhar Prilepin, tradotto in italiano da Voland con il titolo “Il monastero”.
Il protagonista, Artjom, è finito nel “Campo delle Solovetskij a scopo speciale”, il famigerato “Slon”, uno dei primi nel Paese. Nel lager è reclusa una popolazione molto eterogenea, da veri criminali pericolosi a ex sacerdoti e intellettuali. Artjom cerca non solo di sopravvivere nel campo, ma anche di creare le migliori condizioni di vita possibili per se stesso. Per questo, inizia anche una relazione con una sorvegliante…
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Molti cittadini sovietici che riuscirono a fuggire dalla prigionia tedesca durante la Seconda guerra mondiale furono accusati di spionaggio in Urss e mandati nei gulag. Così accade anche al personaggio principale del film, Ivan Denisovich Shukhov. La sua giornata di detenzione inizia alle cinque del mattino e lavora tutto il giorno in condizioni insopportabili, ricevendo come cibo solo una pappa e una crosta di pane.
Nella letteratura sovietica, del Gulag si è parlato per la prima volta nel 1962 con il romanzo “Una giornata di Iván Denísovich” (“Один день Ивана Денисовича”) di Aleksandr Solzhenitsyn, pubblicata sulla rivista “Novyj mir” con l’approvazione personale di Nikita Khrushchev. L’autore aveva trascorso quasi dieci anni nei campi e ha descritto la vita dei prigionieri, e in seguito ha scritto un ampio studio sul sistema dei campi: “Arcipelago Gulag”.
Dopo la fine del periodo di Khrushchev e del breve disgelo politico, le copie del romanzo furono rimosse dalle biblioteche e lo stesso Solzhenitsyn divenne uno scrittore indesiderato. “Ivan Denisovich” è stato ripubblicato in Russia solo nel 1990. In Occidente, il primo film basato sul libro è stato girato nel 1970 (una coproduzione norvegese-britannica per la regia di Caspar Wrede), ma in Russia si è dovuto attendere il 2021.
Il regista Gleb Panfilov (1934-) conosceva già bene le opere di Aleksandr Solzhenitsyn e ha girato nel 2006 una serie tv basata sul suo romanzo “Il primo cerchio”. In “Ivan Denisovich” (titolo per l’estero, nei Paesi di lingua inglese: “100 Minutes”) ha profondamente rivisitato l’originale e ha aggiunto (per il malcontento dei critici) un elemento fiabesco, in cui il suo eroe supera tutte le prove sulla via della bontà e dell’illuminazione. L’originale di Solzhenitsyn non era così ottimista. Alla fine della storia, l’eroe va a letto felice, ma per lui è stato un grande successo “non essere stato messo in cella di punizione” e “non essersi ammalato”. “Gloria a te, Signore, perché un altro giorno è passato!”, dice Shukhov nel libro.
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