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Intransigenti, feroci, pronti a tutto per lo zar; tenevano un intero popolo schiavo del terrore, e la loro parola valeva più di qualsivoglia tribunale o indagine. Dal collo dei loro destrieri ballonzolavano teste di cane mozzate, e le loro vesti ricordavano cupe tonache. E niente spaventava allo stesso modo gli umili o gli aristocratici, quanto l’arrivo sull’uscio di casa di questi uomini.
Sulla controversa figura dello Zar Ivan il Terribile (1530-1584), che secondo una versione avrebbe addirittura assassinato il suo stesso figlio, si discute ancora oggi. Ma è fuor di discussione che alla sua figura si leghi uno dei periodi più tetri della storia russa. A lui si deve la creazione di una nuova istituzione, l’oprìchnina, che fu quasi ceto sociale a sé stante, ed era insieme guardia personale e polizia segreta, per mezzo della quale toglieva di giro tutti quelli che non gli andavano a genio.
Uno Stato nello Stato
Quando nel 1564 Ivan il Terribile dovette confrontarsi con il tradimento del boiardo a lui più vicino, il suo consigliere militare, il principe Andrej Kurbskij, fece un passo senza precedenti.
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Nel bel mezzo della Guerra di Livonia (nota anche come Prima guerra del Nord, che vide la Russia opposta alla Confederazione polacco-lituana, alleata a Regno di Danimarca e Impero svedese dal 1558 al 1583), lo zar abbandonò Mosca.
Senza troppe parole, dopo essersi ritirato in preghiera, radunò la famiglia e la corte, fece caricare il tesoro statale (fino all’ultima icona) e, senza dare altre spiegazioni, lasciò il Cremlino.
Si stabilì a 123 chilometri dalla capitale, nel palazzo fortificato di Aleksandrov.
Questa svolta clamorosa era stata preceduta da profondi dissidi con tutti i principi. Ivan il Terribile aveva di che temere sia per il potere che per la vita, ma il suo allontanamento, che a prima vista poteva sembrare un atto dimostrativo, per cercare di riottenere consenso, ebbe in realtà conseguenze di lunga durata. In sua assenza nella capitale si diffuse il panico. “I nemici eretici ci assediano, lo zar non c’è, siamo spacciati”, era l’unica cosa che si ripeteva per le vie di Mosca. Iniziò un pellegrinaggio di persone che chiedevano allo zar di tornare a Mosca e metter fine all’anarchia, che stava ormai regnando. Dopo un mese, Ivan il Terribile arrivò al Cremlino in pompa magna con un ultimatum: avrebbe continuato a regnare, ma d’ora in avanti lo Stato sarebbe stato diviso in due parti. Su una parte, l’oprichnina, avrebbe esercitato un potere personale illimitato, a difesa del quale erano posti gli oprichniki, gli uomini della sua guardia personale. Nella seconda, la “zemshchina” i vari ceti sociali avrebbero continuato a vivere come in precedenza, ma si sarebbero potuti immischiare degli affari interni della Moscovia solo in casi straordinari.
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Il ceto delle teste di cane
Ivan il Terribile scelse i membri della sua guardia tra il popolo minuto, ben attento a che non avessero nessun legame, neanche alla lontana, con le famiglie dei boiardi o dei principi.
L’oprichnik giurava fedeltà assoluta allo zar e viveva secondo le regole di uno speciale codice. Nel corso della cerimonia di giuramento, si impegnava solennemente “a non mangiare, non bere e non fare amicizia con nessun abitante della zemshchina”. In caso di inadempienza sarebbero stati giustiziati entrambi.
Gli oprichniki vivevano un una parte a sé stante della città, in alcuni quartieri centrali di Mosca (nella zona della vecchia Arbat e della via Nikitskaja), da dove i vecchi abitanti furono cacciati dallo zar, senza poter portare con sé niente delle proprie cose. Molto semplicemente “furono buttati in strada con mogli e figli e obbligati ad allontanarsi a piedi, vivendo di elemosine”. Dopo aver sgomberato in questo modo interi quartieri, Ivan il Terribile ordinò la costruzione di un nuovo palazzo e di alte mura di cinta.
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All’inizio la guardia personale dello zar era composta da mille uomini, che poi crebbero fino a seimila.
I minacciosi attributi, sotto forma di teste di cane mozzate e di scope legate ai cavalli, simboleggiavano la fedeltà allo zar e il fatto di essere pronti a sbranare, proprio come un cane, e a spazzar via dal Paese tutti i “nemici” della Russia.
Esecuzioni “per volontà del sovrano”
Il senso politico dell’oprichnina era quello di conservare la monocrazia nel governo del Paese. E fu allora che, per la prima volta, apparve nella storia russa (anche se nei codici penali sarebbe entrato ben più tardi, solo nel 1649, quando ormai regnava un Romanov, Alessio I) il concetto di “reato contro lo Stato”.
Le guardie personali di Ivan il Terribile, come testimonia la “Cronaca di Novgorod” si resero protagoniste di esecuzioni di massa, saccheggi sui territori della zemshchina, devastazioni di città. Negli anni Settanta del Cinquecento, gli oprichniki incolparono di una cospirazione contro lo zar l’intera nobiltà di Novgorod. “La delazione era assolutamente insensata e contraddittoria”, ha scritto lo storico Vladimir Kobrin (1930-1990), ma ciononostante vennero giustiziati non solo tutti i nobili ma anche altre centinaia di abitanti di Novgorod. Li cosparsero di una miscela infiammabile, dettero loro fuoco, e, terribilmente ustionati ma ancora vivi, li buttarono ad annegare nel fiume. E chi ancora resisteva in vita, annaspando nelle acque, fu raggiunto e finito dagli oprichniki in barca.
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La giurisprudenza di Ivan il Terribile fece della pena di morte la più frequente tra le condanne (veniva comminata anche per il primo furto, per banditismo o per una spiata). A volte era sufficiente una parola di un oprichnik per far perdere la vita a qualcuno. Dopo l’esecuzione, tutti i beni dell’“infame” passavano all’oprichnik e chi tra le guardie trovava più “traditori” veniva generosamente ricompensato.
“La volontà del sovrano è legge e mistero”, dice il protagonista del romanzo del 2006 di Vladimir Sorokin, “La giornata di un opričnik” (pubblicato in Italia da Atmosphere Libri nel 2014), dedicato alla figura della più amata tra le guardie personali del sovrano, Maljuta Skuratov. Non sorprende certo che sull’unica incontrovertibile base della “volontà del sovrano” nessuno potesse aver niente da ridire, ma molte delle accuse fossero del tutto pretestuose.
Ma alla fine, in questa caccia alle streghe, gli oprichniki si corruppero a tal punto da essere totalmente incapaci di resistere ai nemici reali, esterni. Un anno dopo la devastazione di Novgorod, nel 1571, calò su Mosca il Khan di Crimea Devlet I Giray. L’oprichnina riuscì a stento a mettere in piedi un solo reggimento per difendere il trono. Ivan il Terribile la abolì, e, come è facile immaginare, giustiziò tutti i suoi capi.
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