Vignetta di Natalia Mikhaylenko
La stoltezza viene spesso legata solamente alla Russia (all’antica Rus), ma non è corretto. Lasciando da parte fenomeni similari, propri di altre culture, dirò soltanto che persino all’interno della civiltà cristiana la Russia non è un caso unico. I folli in Cristo – gli jurodivyj – esistevano anche a Bisanzio, responsabile dell’arrivo del Cristianesimo nella Rus. Il fatto che questa tradizione si sia espressa al sommo grado qui è un’altra storia. Si può presumere che la coscienza russa abbia, nei confronti dell’irrazionale, quel che si dice le orecchie aperte. E forse non è un caso che sulla piazza principale del Paese svetti la Cattedrale di San Basilio, uno dei più famosi "folli" russi in Cristo.
Un’altra opinione erroneamente diffusa è legata all’idea di follia in Cristo come un’eccentrica stravaganza. Nella sua manifestazione più alta invece è un aspetto della santità, quella che non vuole essere riconosciuta e quindi indossa una maschera di follia. In questo senso si può parlare di eccentricità e stravaganza, ma è soltanto la punta dell’iceberg. È importante invece riconoscere la profondità che si cela al di sotto. Di un folle in Cristo si dice che “di giorno rida del mondo e di notte lo pianga”. E preghi per lui.
A volte mi interpellano in qualità di storico della cultura medievale chiedendomi se le performance contemporanee siano delle manifestazioni di follia in Cristo. No, rispondo, non lo sono: sono prive di senso spirituale, senza il quale non può esistere la jurodstvo. Il folle in Cristo si esalta “fuggendo la gloria dell’uomo”, mentre i rappresentanti dell’art bohème non scappano dalla fama. Anzi, al contrario: la desiderano con tutte le loro forze e di notte non piangono il mondo.
Il folle in Cristo è un individuo che ha rotto con la società. L’accettazione della follia in Cristo è una fuga dal mondo, soltanto con altri mezzi. Ed è una fuga perché chi sceglie questo cammino di solito abbandona i luoghi natali e inizia la vita da folle dove nessuno lo conosce. Egli “è morto per il mondo”, non soltanto per quello in cui viveva prima, ma anche per quello in cui si ritrova: arrivando in un’altra terra il folle in Cristo non ne entra a far parte. Cosicché soltanto a un primo sguardo può sembrare sorprendente che alcuni folli in Cristo non fossero russi di origine, ma arrivassero da Occidente.
Tratto peculiare della follia in Cristo è la trascuratezza del corpo. Spesso i folli in Cristo camminano scalzi e persino nudi, il che, nel clima russo, rappresenta senza dubbio una prova straordinaria. Ma il loro atto eroico più importante non è né il rifiuto del mondo né quello del corpo, tale abnegazione infatti è tipica anche dei monaci eremiti. La particolarità della scelta dei folli in Cristo è il rifiuto della propria individualità. Dormendo in una stalla e cibandosi di rifiuti, il folle in Cristo fa capire a chi gli sta intorno che egli è parte di quella spazzatura, che è come se non esistesse. L’autoderisione attraverso l’“esaltazione violenta” rappresentava da un lato un totale ripudio di sé, dall’altro, però, diventava una completa dissoluzione in Dio.
Il destino dei folli in Cristo non era semplice e le prove corporali non si limitavano al gelo e alla fame. Il loro comportamento eccentrico non andava a genio a tutti, spesso venivano picchiati e capitava anche che venissero uccisi. Sembra un fatto inspiegabile, se ricordiamo che nell’immaginario popolare offendere un folle in Cristo era considerato un peccato particolare. Se però partiamo dal fatto che a tal peccato corrispondeva una capacità d’attrazione altrettanto forte, le percosse hanno la loro ragione d’esistere.
Come anche il fatto che spesso fossero i bambini a deridere i folli in Cristo. La coscienza infantile non è ancora in grado di distinguere pienamente il bene dal male. I ragazzini gli portavano via l’elemosina (come si fa cenno nel “Boris Godunov” di Pushkin), inchiodavano i lembi delle loro camicie sulle strade rivestite di legno e ne combinavano di così brutte che in seguito forse preferivano non ricordarle.
Il folle in Cristo assomiglia per certi versi al profeta biblico, per le sue doti di preveggenza, ma ancor più per la capacità di smascherare (una qualità molto importante dei profeti). Il folle in Cristo aspira, come si dice in un canto di chiesa, “a denunciare la follia del mondo con l’apparente follia”. Egli non contrasta soltanto la “follia” dei peccati di tutti i giorni, ma anche i delitti del potere.
Quando Ivan il Terribile, una volta saccheggiata Novgorod, si mosse in direzione di Pskov, soltanto lo jurodivyj Nikola Salos trovò il coraggio di contrastarlo. Secondo la leggenda, egli diede da mangiare allo zar un pezzo di carne cruda. Quando Ivan replicò che non mangiava carne durante il digiuno, Nikola rispose che lo zar faceva anche cose peggiori, poiché si cibava della carne dei cristiani. Sconvolto da quell’incontro Ivan il Terribile non toccò gli abitanti di Pskov e tornò a Mosca.
Una delle tipiche manifestazioni della follia in Cristo è il lancio di pietre. Il beato scaglia sassi contro le case delle persone pie e accarezza i muri delle abitazioni di chi si è macchiato con il peccato. Il paradosso è in realtà soltanto apparente. Il folle in Cristo infatti vede ciò che è inaccessibile agli altri: i demoni non possono vivere nelle case dei giusti e si accalcano all’entrata, temendo di entrare, così il santo li colpisce lanciando le pietre. Invece presso i peccatori i demoni vivono come fossero a casa loro e il folle in Cristo parla con gli angeli che sono stati cacciati fuori.
Potrebbe sembrare che negli anni del potere sovietico dalla nostra casa siano stati scacciati tutti gli angeli e si sia insediato non si sa bene chi. Ma non succede mai così. Secondo un’antica leggenda senza tre giusti la terra non può reggersi; forse presto si faranno vedere.
La Russia di oggi ha bisogno di chi può lanciare pietre ai demoni, ma ancora di più di chi sa parlare con gli angeli.
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