Dieci parole russe fondamentali per capire la Russia

Irina Baranova
Conoscendo le precise sfumature di significato di questi termini, inizierete a padroneggiare le radici profonde e le basi filosofiche dell’identità nazionale

1 / Простор – Prostór

La Russia, il Paese più grande del mondo, ha un territorio di oltre 17 milioni di chilometri quadrati (oltre 56 volte l’Italia). E in russo non c’è termine migliore per descrivere una simile immensità che “prostór”. “Prostor” significa “vastità”, “distesa”; insomma è uno “spazio libero e illimitato”. In centinaia di anni di espansione territoriale, i russi hanno sviluppato un rapporto speciale con la terra: sono abituati alle enormi distanze come parte integrante del paesaggio, e per loro queste dimensioni sono una prova indiretta della propria potenza e forza (dopotutto, questi “prostory” si è dovuto conquistarli, a costo di guerre e avventurose spedizioni). Ci sono migliaia di canzoni e poesie sulle “sconfinate distese” della patria, e non manca un proverbio: “Русская душа простор любит” (“Rùsskaja dushà prostór ljùbit”); “L’anima russa ama la vastità”. Insomma, il concetto di “spazio enorme” è profondamente radicato nel carattere nazionale.

La parola “prostor” ha anche un secondo significato, più astratto: “assenza di qualsiasi restrizione e vincolo”. Qui non stiamo più parlando di ampiezza territoriale, ma di “libertà”, e di una libertà un po’ anarchica. Avrete visto senz’altro su internet quei filmati ripresi dalle dashcam, le videocamere da cruscotto tanto diffuse sulle auto in Russia. Ecco, quel tipo di folle guida russa, tanto allergica alle regole della strada, che porta a incidenti pazzeschi, è una forma di “prostor”. Il disprezzo per le regole e le restrizioni, anche se giustificate, ha un posto chiave nell’autocoscienza russa, accanto all’avversione per il fingere di essere persone felici e sorridenti solo perché l’etichetta lo richiede. Insomma il “prostor” è anche un “libero sfogo” delle proprie pulsioni.

2 / Панелька – Panélka

Ma nonostante il “prostor”, che permetterebbe di non temere il “consumo di suolo”, noi russi viviamo ancora accalcati nelle “panelki”, ossia i casermoni prefabbricati dell’epoca socialista, in piccoli appartamenti dai soffitti bassi e dallo scarsissimo isolamento acustico. Il nome “panelka” deriva ovviamente da “panél” (панель), e si riferisce ai pannelli di cemento di cui sono fatti i palazzi.

Iniziarono a disseminare di panelki tutta l’Unione Sovietica nella seconda metà del XX secolo, per risolvere rapidamente il problema degli alloggi. Semplici da costruire, spartani e molto economici, questi edifici permisero allo Stato di dare un tetto a milioni di persone in pochissimo tempo.

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Di conseguenza, metà del Paese si riempì di palazzoni simili l’uno all’altro, e questi appartamenti piccoli dalle cucine minuscole sono un elemento che unisce tutti i russi: li trovate ovunque; a Mosca o a Khabarovsk, a Kaliningrad o sugli Urali. Nel corso del tempo, i cupi casamenti grigi a pannelli sono divenuti il sinonimo della depressione post-sovietica e, allo stesso tempo, parte del codice culturale dei russi. Nessuna buona simulazione al computer ambientata in Russia farà a meno delle panelki.

3 / Тоска – Toskà

Questa parola russa è quasi intraducibile. Il dizionario propone “ansia”, “angoscia”, “noia”, “nostalgia”, “senso di mancanza”, ma nessuna di queste parole è esaustiva. La “toskà” è una speciale malinconia o “tristezza russa”. Vladimir Nabokov (1899-1977) una volta scrisse sulla “toska”: “Non un solo sostantivo inglese trasmette tutte le sfumature di questa parola. Al suo livello più profondo e dolorosa, è una sensazione di intensa angoscia mentale, spesso senza una causa spiegabile. […] In casi specifici, significa lottare per qualcuno o qualcosa; nostalgia, amore, sofferenza. Al livello più basso è sconforto, noia”.

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Etimologicamente, “toska” deriva dalla radice proto-slava *tъska. Nell’Antica lingua slava orientale, significava “oppressione, dolore, tristezza, ansia”. Nella lingua ceca, c’è una parola correlata, “teskný”, che deriva dalla stessa radice proto-slava, e significa “pavido, timido” (che non ha nulla a che fare con la “toska” russa).

Quindi, riflettendo sul significato di questa parola, i russi giungono alla conclusione che la “toska” sia qualcosa di unico dell’identità russa. Un sentimento che è il combinato disposto del complesso contesto storico, dei numerosi traumi patiti e delle condizioni climatiche estreme. L’espressione “zeljónaja toskà” (“toskà verde”) indica il massimo grado di questo sentimento.

4 / Благодать – Blagodàt

Il sostantivo è composto da due radici: “blago” (“bene; “beni terreni”) e “dat” (“dare”), ed è uno dei concetti chiave della teologia cristiana. In ambito religioso “blagodat” traduce infatti “grazia”, nel senso di “grazia divina”. Indica, insomma, un “dono di Dio”, o la“ misericordia di Dio”, senza alcun merito da parte dell’uomo. Ma oggi pochi ricordano l’ambito teologico, perché più spesso la parola è usata in un senso diverso.

“Blagodat” è uno speciale contrario russo della “toskà”. È uno stato di soddisfazione, di assoluta tranquillità o uno stato della natura e dell’ambiente circostante che provoca questa sensazione in una persona. È vicina alla “beatitudine”, ma con uno speciale sapore russo. Ad esempio, puoi sperimentarla guardando i “prostory” (si veda il punto 1) russi, o rilassandoti dopo la banja, ma è improbabile che tu la raggiunga per un successo in campo lavorativo o per il piacere consumistico dello shopping. Questa è un’esperienza spirituale, moltiplicata da una profonda connessione con la terra e la cultura russa. Per esempio, guardando un ambiente bucolico si può dire “весной тут благодать” (“vesnój tut blagodàt”); “in primavera qui è bellissimo”. E “на душе у него благодать” (na dushé u negò blagodàt”) significa che quella persona “ha la blagodat nell’anima”, ovvero che “è in pace con se stesso e il mondo”. 

5 / Бабушка – Bàbushka

“Babushka” in russo è la “nonna”, ma non solo. Ha anche un significato più ampio, che indica tutte le donne anziane. È insomma un modo colloquiale per indicare una “vecchietta”.

Ma il concetto di “babushka” è molto più ampio anche di questo. Implica uno specifico modello comportamentale. Grazie al quale, le nonne russe sono diventate da tempo un meme e hanno guadagnato fama mondiale. 

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Ad esempio, sono lontane anni luce da quelle adorabili signore anziane che vi potrebbero venire in mente. In Russia, una “babushka” è piuttosto un imprevedibile uragano con la gonna, che è meglio non far arrabbiare, con cui è controindicato discutere e che è in grado di trasformare un uomo di 40 anni in un ragazzino balbettante e insicuro, al solo schiocco delle dita. Come facciano nessuno lo sa, ma in Russia le “babushki” sono rispettate, amate e ammirate, anche per questo.

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6 / Блин – Blin

Questo è uno dei piatti più antichi della cucina russa. Si tratta delle tipiche crêpe che venivano cotte nella stufa slava già nel IX secolo, in epoca pagana. Inizialmente erano un pasto cerimoniale in occasione di una commemorazione. Quindi, sotto le spoglie dello stesso cibo rituale “per i morti”, il blin (plurale: bliný; spesso si usa il diminutivo “blìnchiki”) migrò alla settimana di Màslenitsa (la celebrazione pagana della fine dell’inverno, che nel 2021 cade dall’8 al 14 marzo), dopo di che cessò completamente di essere associato all’aldilà e divenne un simbolo del sole per via della sua forma rotonda.

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Queste soffici crespelle russe hanno guadagnato una tale popolarità che le persone adorano mangiarle tutto l’anno. Ma il termine è entrato talmente tanto nella cultura popolare che, secoli dopo, è divenuto l’eufemismo russo più popolare per evitare di dire una brutta parolaccia che inizia con le stesse lettere (stesso meccanismo del “cavolo!” italiano). Quindi, se sentite qualcuno che esclama “blin!” con fastidio, allora non si tratta di cibo. Secondo i linguisti, l’espressione è apparsa nel lessico dei russi abbastanza di recente, negli anni Sessanta del Novecento, ma è diventata così frequentemente usata che è difficile immaginare la lingua russa senza di essa.

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7 / Правда – Pravda

La parola “pravda” può essere tradotta in italiano come “verità”, ma la cosa non è semplice come sembra. La “pravda” nella cultura russa è un concetto che racchiude dei requisiti di giustizia generale e degli standard di alta moralità. Molteplici lavori filosofici sono stati dedicati all’approfondimento di questo concetto.

Inoltre, la “pravda” per i russi non corrisponde mai alla “realtà oggettiva”. E l’espressione popolare “У каждого своя правда” (“U kazhdogo svojà pravda”), ossia “Ognuno ha la propria verità”, la dice lunga. La “pravda” è soggettiva, è un paradigma spirituale, e così come non ci sono persone identiche, non c’è verità (“pravda”) identica.

Per i russi, la verità può spesso essere anche più importante delle leggi. In uno dei film principali degli anni Duemila, “Brat 2” (noto in Italia anche come “Il fratello grande”) di Aleksej Balabanov, il protagonista Danila Bagrov, un affascinante ragazzo russo che va a fare giustizia in America (ovviamente con metodi illegali), pronuncia una delle frasi più citate del cinema russo.

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“Dimmi un po’, americano, in cosa consiste la forza? Forse nei soldi? Mio fratello, per esempio, dice nei soldi. Tu hai molti soldi, e allora? Io penso invece che la forza stia nella verità. Chi ha la verità dalla sua, è più forte. Tu inganni qualcuno, gli prendi i soldi. Sei forse diventato più forte? No. Perché la verità non è dalla tua parte. Mentre quello che hai ingannato…Beh, lui ha la verità dalla sua. E questo vuol dire che lui è più forte.”

A proposito… anche il principale giornale di propaganda dell’Urss si chiamava “Pravda”.

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8 / Судьба – Sudbà

I russi credono nella “sudbà”; la “sorte” o “destino”, motivo per cui usano spesso questa parola come sinonimo di “vita”. In generale, l’idea di un percorso di vita predeterminato si addice molto bene all’avversione russa di obbedire alle regole, e a un certo punto è divenuta una copertura universale. Se un russo non vuole prendere una decisione, riconoscere le conseguenze future di un gesto o valutare i rischi in modo ragionevole, menzionerà sicuramente la “sudbà”. “От судьбы не убежишь” (Ot sudbý ne ubezhìsh”), ovvero “Non puoi sfuggire al destino” è una frase comune che tende a rimuovere ogni responsabilità personale. Questa è la radice del famoso fatalismo russo: perché  impegnarsi a fare qualcosa se tutto è già scritto in anticipo?

9 / Калаш – Kalàsh

Quando le persone pensano alla Russia, spesso fanno queste associazioni stereotipate: freddo, inverno, orsi, vodka, colbacco, belle donne, e Kalashnikov.

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Il famoso AK-47 è ancora uno dei simboli più riconoscibili della Russia, conosciuto in tutto il mondo. In alcuni Paesi è persino posto su bandiere (su quella statale in Mozambico) come simbolo della lotta per la libertà e l’indipendenza. Kalashnikov è un simbolo dell’esportazione russa. E, il “Kalash”, come viene affettuosamente chiamato, è considerato una sorta di patrimonio nazionale.

10 / Дух – Dukh

Questa è la pietra angolare filosofica della letteratura e della cultura russa in generale. Secondo la fede religiosa, lo “spirito” (“dukh”) è un’entità immortale, e come concetto è vicino all’anima (“dushà”).

Ma la differenza è che il concetto di “dukh” implica “forza morale” interiore; “determinazione”, coraggio (“собраться с духом”; “sobràtsa s dukhom”, vale l’italiano “prendere il coraggio a quattro mani”), e un certa percezione del mondo. Come la “misteriosa anima russa” anche lo “spirito russo” è al centro di tutta una serie di identificazioni nazionali.

Ovviamente, è strettamente correlato con la “dukhóvnost” (“spiritualità”), che è il desiderio di riflessione interiore, e rappresenta il primato degli interessi morali su quelli materiali.


Cos’è l’“avos” russo e perché si spera in lui nelle situazioni più complicate? 

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