I due protagonisti più famosi delle fiabe russe, Iljà Mùromets ed Emélja sono indissolubilmente legati alla stufa russa (русская печь; rùsskaja pech). Il primo rimase su di essa per 33 anni, fino a quando non ottenne un potere magico da super eroe e fu inviato a combattere il male. Il secondo la usava per spostarsi a tutta velocità, come se fosse una decappottabile. La stufa era così tanto presente nel folklore per un motivo: l’intera vita dei russi ruotava attorno ad essa, almeno quasi fino alla metà del secolo scorso.
Contadini nella loro casa in un giorno d'inverno
Dominio pubblicoLa stufa è il luogo più caldo della casa. Adatta per sdraiarcisi sopra (quella russa è grande e in muratura, per cui la parte superiore è gradevolmente tiepida) e crogiolarsi: il sogno più bello per un contadino, che trascorreva là buona parte dei sonnacchiosi mesi invernali. Inoltre, solo l’uomo, il capofamiglia o il più anziano in casa, aveva il diritto di sdraiarsi sulla stufa. Le donne dovevano tenerla accesa, usarla per cucinare e per altri compiti d’economia domestica. I bambini, invece, potevano salire sulla parte superiore solo per breve tempo e con il permesso degli adulti, per divertimento.
La stufa appare in molte opere della letteratura russa, per esempio, Maksim Gorkij (1868-1936) la menziona spesso nel suo libro “Infanzia” (in italiano è presente in libreria nell’edizione Bur Rizzoli del 2009 con traduzione di Emanuela Guercetti).
“Io dormivo fra la stufa e la finestra, per terra, e siccome non ci stavo, ficcavo i piedi sotto la stufa, dove li solleticavano gli scarafaggi. Quell’angolo mi procurò non pochi perfidi piaceri: il nonno, cucinando, rompeva continuamente i vetri della finestra con le estremità dei forchetti per le pentole e dell’attizzatoio. Era buffo e strano che, intelligente com’era, non gli venisse in mente di accorciare i forchetti”.
La stufa aveva un “angolo della donna”, il “babij ugol” detto anche “kut”, dove agli uomini era vietato entrare. I piatti venivano tenuti lì e le donne in quella zona si dedicavano al ricamo. Spesso il kut era addirittura separato dalla parte principale dell’isba da un’apposita tenda. La promessa sposa vi si nascondeva dietro prima del matrimonio, e lì le donne partorivano e allattavano.
Quando si costruiva una nuova isba, la prima cosa da fare era progettare ed edificare una stufa e poi tutto il resto. Questa è l’origine dell’espressione fraseologica russa “Pljasàt ot pechki” o “Tantsevàt ot pechki”, letteralmente “ballare dalla stufa”, che si usa per indicare qualcosa fatto nel giusto ordine. Molti altri proverbi sono collegati alla stufa: “Stànesh lezhàt na pechì, tak ne budet nichegò v pechì” (“Rimani a poltrire sulla stufa e non ci sarà niente dentro la stufa”) o il simile “Khochesh est kalachì, tak ne lezhì na pechì” (“Se vuoi mangiare le pagnotte, non star sdraiato sulla stufa”)
La stufa russa ha acquisito il suo aspetto che conosciamo oggi intorno al XV secolo. In diverse regioni della Russia, le stufe potevano differire nel design e nei materiali di cui erano fatte: o pietra o argilla, e per il combustibile usato (di solito legna, ma a volte anche letame essiccato, paglia o torba).
La stufa è l’elemento principale degli interni in una casa tradizionale russa, e le vecchie stufe occupavano uno spazio di quasi mezzo muro portante. Dalla stufa alla parete opposta venivano costruiti i letti in legno per dormire.
Il commercio di stufe era un elemento importante della vita economica russa e i produttori di stufe erano una professione richiesta e prestigiosa, perché il design della stufa era molto complicato.
La parte principale della stufa è la camera di combustione (in russo “gornìlo”, parola che in senso figurato indica anche una dura prova, storica, come una guerra, o esistenziale), dove bruciava la legna. Nel gornìlo si prepara anche del cibo: spesso pentole di argilla o ghisa venivano poste nella stufa già calda, usando uno strumento speciale che si può trovare in qualsiasi museo etnografico della vita russa: l’ukhvàt; una lunga forcella. Alcune stufe avevano una camera di combustione talmente grande, che era possibile entrarci (ovviamente quando non era al massimo del calore) per lavarsi al caldo.
Direttamente sotto la camera di combustione c’era il “pod” (che per l’appunto vuol dire “sotto”), una nicchia speciale dove veniva cotto il pane. L’impasto veniva messo lì quando la stufa era ancora al massimo del calore, per far comparire la crosta croccante e poi, quando ormai si raffreddava, il pane finiva di cuocersi anche all’interno. Anche il latte cotto (topljonnoe molokò) veniva preparato nella stufa.
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Il luogo dove sistemavano il giaciglio per riposare al calduccio era chiamato “perekryshka”. Era spesso vicino al soffitto, luogo dove si concentrava il massimo del calore. Quando la stufa aveva già finito di bruciare, restava calda per molto tempo, quindi si potevano riscaldare cibo e acqua dentro e sopra di essa, mentre in piccole nicchie, chiamate “pechurki” si essiccavano i cibi, soprattutto funghi o erbe, o si mettevano ad asciugare vestiti e scarpe.
La legna da ardere, l’attizzatoio e altri attrezzi tecnici erano conservati in uno speciale scomparto in basso, detto “podpéche, dimora di scarafaggi e non di rado di topini di campagna. Anche vari oggetti non necessari venivano ammucchiati lì.
Nelle case ricche, le stufe erano decorate con piastrelle di argilla dipinte. Questa tecnica artigianale cominciò a essere particolarmente richiesta tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, quando divenne di moda lo stile “russo”. La produzione di questo elemento decorativo è ancora popolare.
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I contadini russi, molto superstiziosi, credevano che dietro o sotto la stufa vivesse il “domovój”; lo spiritello del focolare domestico: i malati venivano messi su di essa nella speranza di una pronta guarigione, e veniva anche respirato il vapore della stufa, credendo nelle sue proprietà benefiche. La cenere non veniva gettata via, ma usata per unguenti medicinali, decotti e anche per scopi più pratici, come la preparazione di come sapone e sbiancante per i vestiti.
La stufa veniva accesa ai primi freddi e la stagione di accensione durava di solito da ottobre a maggio. I russi hanno sempre avuto molti segni e convinzioni per indovinare il meteo, e non mancavano certo le previsioni del tempo fatte usando i segni della stufa. Se tirava molto o dava una luce molto rossa, si credeva che fossero impellenti le gelate. Se la legna bruciava silenziosamente e il fuoco era chiaro, ci si aspettava il disgelo.
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"In una vecchia casa", Stanislav Zhukovskij
Art Gallery of Tver/Legion MediaDalla metà del XIX secolo, le massicce stufe russe iniziarono a lasciare il posto alle stufe olandesi in mattoni, ben più compatte. Non erano solo più piccole, ma anche più semplici nel design. Non ci si poteva più sdraiare sopra, ma avevano un piccolo spazio dove si poteva cucinare.
Al giorno d’oggi, la stufa russa si trova raramente nelle case; si può ormai vederla quasi solo nei musei. Abbastanza spesso nei villaggi si possono invece ancora trovare delle stufe olandesi.
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