Perché “Brat” e “Brat 2” sono i film cult della Russia post sovietica

Aleksej Balabanov/CTB Film Company, 1997
Le due pellicole di Aleksej Balabanov (note in Italia come “Brother” e “Il fratello grande”) raccontano benissimo gli anni Novanta. E per quanto siano scandalose, scioccanti e politicamente scorrette, la loro accecante autenticità gli garantisce un successo senza pari e costante nel tempo

Sia il film del 1997 “Brat” (“Брат”, ossia “Il Fratello”, distribuito in Italia con il titolo inglese “Brother”, con il quale fu presentato in concorso al Torino Film Festival, vincendo il Premio speciale della giuria e il Premio Fipresci), sia il suo seguito del 2000, “Brat 2” (“Брат 2”; in Italia distribuito come “Il fratello grande”), sono diventati dei film cult in Russia. Ciò che rende queste opere di Aleksej Balabanov (1959-2013) davvero speciali è che fungono da ponte per comprendere la cultura russa e la generazione post-sovietica degli anni Novanta.

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Balabanov si era laureato in lingue straniere, ma era una specie di regista nato. Il cinema non era solo il suo mestiere. Fu per lui un modo per sperimentare e vivere la vita a un livello più profondo. Balabanov aveva un orecchio assoluto per i dialoghi, il ritmo, i dettagli sorprendenti e l’interazione dei personaggi. All’inizio degli anni Ottanta, aveva prestato servizio nell’aviazione da trasporto dell’esercito sovietico e durante la guerra era volato in Afghanistan per riportare in patria i feretri con i corpi dei caduti, i famigerati “Gruz 200” (“Груз 200”) che daranno i titolo al suo film del 2007 (in Italia distribuito come “Cargo 200”), uno dei più scandalosi della cinematografia russa.

Da qui in avanti l’articolo può contenere spoiler

In “Brat”, il giovane Danila Bagrov, interpretato da Sergej Bodrov Jr. (1971-2002), che era diventato una stella con l’uscita nel 1996 del film di suo padre “Prigioniero del Caucaso”, torna nella sua piccola città di provincia dopo il servizio militare in Cecenia. La madre di Danila implora suo figlio di andare in visita da suo fratello maggiore (interpretato da Viktor Sukhorukov; 1951-), che pensa si sia fatto una posizione a San Pietroburgo. In realtà, Viktor (soprannominato “Tatar”) è un sicario ed è in grossi guai. Per difendere gli interessi di suo fratello, al di sopra di ogni etica, Danila prende la pistola e alla fine il posto di suo fratello negli assassinii. Il fratello minore è una tabula rasa, un bravo ragazzo diventato cattivo. Non ha obiettivi da raggiungere, né aspirazioni, né paure; nulla che determini il suo status sociale. Solo un senso di assoluta libertà e un’aria di tranquilla ma letale fiducia. Ma il giovane, in questa malvagia cornice, subisce una grande trasformazione e inizia a riscoprire il suo vero io.

“Brat” di Balabanov toccò un nervo scoperto tra il vasto pubblico (dagli adolescenti alle casalinghe ai pensionati), non perché fosse un thriller ricco di azione, ma perché la storia era sentita. Molti potevano riconoscere se stessi o gli amici, i parenti o i vicini nell’ambivalente protagonista.

Danila è inseparabile dal suo walkman, dove ascolta brani della musica rock russa. Nel primo film solo la band “Nautilius Pompilius”, ma i gusti musicali di Danila diventano molto più articolati nel sequel. La colonna sonora, scelta con grande cura, ha senz’altro contribuito alla popolarità di entrambi i film.

Quando “Brat 2” uscì nel 2000, colpì ancora una volta un nervo scoperto e riuscì persino a mettere in ombra il successo del primo film.

Nel seguito, Danila Bagrov torna sullo schermo indossando gli stessi anfibi pesanti, il maglione beige lavorato a maglia e quel sorriso infantile sul viso. Danila, la cui voce è offuscata da un’eterna tristezza, arriva a Mosca dove viene coinvolto in una guerra tra bande. Le cose prendono una svolta sorprendente quando lui e suo fratello Viktor si recano in America per vendicare la morte di un loro amico e aiutare suo fratello gemello, un giocatore di hockey, derubato senza tante cerimonie da un “cattivo americano”.

A Chicago, Danila si dà da fare, facendo a pistolettate con gli afroamericani, salvando una prostituta russa e uccidendo un sacco dei gangster della città. Nell’ingenua ricerca della verità e di una giustizia sociale, ottiene una convincente vittoria sulla mafia locale e raccoglie un milione di dollari. Il comportamento donchisciottesco di Danila è alimentato dal suo istinto biologico di vedere fatta giustizia.

Nel primo film, il personaggio principale è un emarginato, quasi un antieroe, un “assassino cieco” che fa domande infantili come “Per cosa stiamo vivendo?”

In “Brat 2”, Danila offre invece un sacco di risposte degne di diventare aforismi.

“Dimmi un po’, americano”, dice in una scena rimasta celebre. “In cosa sta la forza? Forse nei soldi? Mio fratello, per esempio, dice nei soldi. Tu hai molti soldi e allora? Io penso invece che la forza stia nella verità. Chi ha la verità dalla sua è più forte. Tu inganni qualcuno, gli prendi i soldi. E sei forse diventato più forte? No. Perché la verità non è dalla tua parte. Mentre quello che hai ingannato…beh, ha la verità dalla sua parte. E questo vuol dire che lui è più forte.”

I colpi di scena abbondano, così come le belle riprese nelle intricate vie di Chicago. “Brat 2” ha tutto: il ritmo, la storia e diversi dialoghi memorabili (tra cui alcuni piuttosto razzisti).

E la semplice verità è che “Brat” e il suo seguito “Brat 2” sono ampiamente considerati il miglior thriller di malavita mai girato in Russia fino a oggi. Scandalosi, scioccanti, politicamente scorretti, il successo senza precedenti di questi due film è probabilmente dovuto alla loro accecante autenticità.

Che piaccia o no, l’opera di Balabanov è uno scatto di Polaroid vintage dell’intero decennio post-sovietico. È una reliquia di un tempo che molti probabilmente preferirebbero dimenticare. Il regista, che veniva della città di Sverdlovsk (ora Ekaterinburg), sugli Urali, era un grande esperto di relazioni umane. Ha chiuso un occhio sulle leggi convenzionali del genere, adottate nel cinema mainstream. Per lui, il linguaggio del cinema ha determinato il tipo di comportamento sociale.

Quando un film è davvero fantastico, puoi anche togliere il volume e non solo avrai comunque un’idea precisa di cosa stia succedendo, ma rimarrai attaccato allo schermo, pieno di adrenalina. In “Brat” questa regola funziona.


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