Cosa mangiavano le persone in Unione Sovietica?

Vladimir Semenov/TASS
Gli abitanti di varie regioni della Russia ci raccontano cosa riuscivano a trovare nei negozi e a cucinare negli ultimi anni dell’Urss

Per molti, il pensiero dell’Unione Sovietica degli ultimi anni della sua esistenza si associa a code infinite per accaparrarsi quel poco che arrivava sugli scaffali dei negozi, dove l’unica cosa che non mancava mai era il pesce in scatola. Eppure, altri ricordano con nostalgia il pane sfornato caldo, il latte che poteva essere conservato solo per un paio di giorni perché era fresco e non in polvere, i pasticcini sovietici con vero burro, che persino gli scolari potevano permettersi, e le grandi tavolate in famiglia. Abbiamo chiesto ai russi che hanno vissuto quell’epoca come era effettivamente la situazione del cibo nelle loro città.

Varietà in tavola con pochi ingredienti

“Di solito la colazione consisteva nella mannaja kasha, il semolino, mentre per pranzo e cena a casa c’erano zuppe in polvere, che erano vendute in sacchetti e che scioglievamo nell’acqua calda. Salumi e formaggio erano scarsissimi. Mangiavano carne una o due volte alla settimana”, afferma Aleksej Karamazov, di Jakutsk. C’erano però molti tipi di pasta e vermicelli, sebbene di scarsissima qualità.” 

“Nella nostra città, la maggior parte degli alimenti veniva da fuori, ad eccezione del pane e del latte. Il latte era fresco, venduto da grandi botti di colore giallo. Anche il pane era nostro: abbiamo un grande forno industriale nella nostra città.” Frutta e verdura dipendevano invece dalla stagione e venivano trasportati da altre regioni dell’Urss. “Tuttavia”, conclude, “a Jakutsk, oltre ai negozi normali, quasi vuoti, esisteva un mercato in cui c’era di tutto, ma solo a prezzi non accessibili per una persona normale.”

“Non morivamo certo di fame”, afferma Olga Bozhedomova di Khabarovsk (Estremo Oriente). Papà era un cacciatore e un pescatore, quindi carne e pesce erano sempre in tavola. Nei negozi c’era poco, e solo in quelli in centro si trovava qualcosa.”

La famiglia di Olga risolveva il problema dell’approvvigionamento di frutta e verdura grazie all’orto alla dacia, conservando il proprio raccolto per l’inverno. “C’erano patate, carote, barbabietole, cavoli”, racconta.

“Papà aveva coniato uno slogan: “shchi da kasha, pishcha nasha!” [“shchi e kasha sono il nostro cibo”]”, ricorda Natalja Nechaeva di Perm (nella zona degli Urali). “Sulla tavola, in una giornata tipica, avevamo crauti (preparati da noi stessi in quantità industriali), patate, e mamma portava delle polpette dalla mensa della fabbrica, perché la carne non si trovava, e i salumi erano una rarità.”

Anche a Perm “c’era un mercato in cui i prodotti venivano venduti a prezzi esorbitanti”, ha detto Natalja. Ma nei negozi non mancavano mai pane e latte. “Era una benedizione quando venivano distribuiti generi alimentari in fabbrica. Due chilogrammi di zucchero venivano di solito dati insieme a un po’ di pollo e a una lattina di latte condensato”, afferma. La carne e il pesce li “allungavamo”, nel senso che non li mangiavamo così, ma ci facevamo le polpette o il ripieno per i pelmeni. “Se riuscivamo ad avere della maionese o degli spratti, aspettavamo i giorni festivi per mangiarceli”. Le torte andavano fatte da soli a casa o bisognava andare a Mosca (a 1.430 chilometri di distanza!) per comprarle. “Nella capitale c’era di tutto e tutto costava meno che da noi”.

Un Paese diviso in fasce con prezzi diversi

Nell’era della stagnazione, in molte città dell’Unione Sovietica vi era una carenza di beni necessari, dalla carne alle automobili, causata, in gran parte, da calcoli errati dell’economia pianificata. Ma la penuria non c’era dappertutto.

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“Ho vissuto a Mosca nel 1986-1987 e portavo a casa ai miei genitori caffè, salumi, formaggio, Pepsi e Fanta”, afferma Natalja. “A Mosca si viveva bene”.

Nell’Urss c’erano le cosiddette “categorie di approvvigionamento”: fascia speciale, e poi prima, seconda e terza fascia. Mosca e Leningrado (l’attuale San Pietroburgo), le altre 14 capitali delle repubbliche dell’Unione e le città “chiuse” appartenevano alla categoria speciale (la migliore di tutte) o alla prima fascia; la gran parte del territorio dell’attuale Russia apparteneva alla seconda categoria, mentre nella terza fascia ricadevano l’estremo nord (Jakuzia, Chukotka, la regione di Murmansk e altre). Erano poi fissati “prezzi locali” per i prodotti, che includevano, a titolo esemplificativo, i costi di trasporto. Ad esempio, un pacchetto di zucchero raffinato nella prima fascia territoriale di approvvigionamento costava 94 copeche, nella seconda 1 rublo e 4 copeche, nella terza 1 rublo 14 copeche, come si vede nel pacchetto nella foto: 

Non sorprende che i residenti di altre città si recassero spesso a Mosca e Leningrado in cerca di salumi, carne, formaggio… La gente comprava il cibo che scarseggiava nelle loro città riempendo borse e valigie. Nacque persino la definizione di “treni salame” per il forte odore che c’era dentro, dovuto a tutta quella mercanzia. E ovviamente non mancavano le barzellette: “Il presidente americano chiede a Brezhnev: ‘Come fate a rifornire di prodotti un Paese così grande?’. E il segretario generale del Pcus risponde: ‘È molto semplice: portiamo tutta la roba a Mosca, poi la gente se la viene a prendere lì’”.

Natalja afferma di avere parenti in una città militare chiusa vicino a Vladivostok (Estremo Oriente) che ogni anno inviavano caviale rosso e pesce a Perm. E Olga ricorda che a Khabarovsk c’erano delle file interminabili per i prodotti lattiero-caseari. “Nel 1984, quando sono andata negli Stati baltici con i miei genitori, ho mangiato syrniki con la smetana in mensa per tutto il mese di vacanza; evidentemente là non c’era carenza”, dice.

Il gusto dolce dell’infanzia

Allo stesso tempo, tutti ricordano che sebbene il cioccolato scarseggiasse, non c’erano problemi speciali per i golosi. “Dolci e torte venivano portati dai viaggi di lavoro a Mosca e Leningrado”, afferma Olga. “Ma il gelato c’era sempre anche da noi ed era davvero buono. E per strada ricordo macchine automatiche con l’acqua gassata, con e senza sciroppo.”

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“Nei negozi di Perm c’erano dolciumi provenienti da Mosca e quelli di una fabbrica di cioccolato locale”, afferma Natalja. “C’erano soprattutto caramelle mou, e quando apparivano quelle al cioccolato era una festa. La celebre torta Praga invece  andava comprata a Mosca”.

“Con l’avvio della campagna di proibizionismo dell’alcol [voluta da Gorbachev, nel 1985-1987], iniziò la carenza di zucchero, e poi vennero tolte dalla vendita anche le caramelle, perché cercavano di usarle per la distillazione clandestina”, ricorda Aleksej. “Si trovavano però le gelée a 3 copeche e il gelato a 20 copeche all’etto. Ora a Jakutsk tutto è molto gustoso: e c’è tutto ciò di cui puoi avere voglia o bisogno tutto l’anno, per qualsiasi tasca, di ogni qualità. Ma, secondo la mia personale opinione, il gelato in Urss era più buono.”


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