Dieci attrici sovietiche di cui dovete assolutamente sapere di più (FOTO e VIDEO)

Cultura
VALERIA PAIKOVA
Interpretando centinaia di personaggi, hanno mostrato come cambiava il ruolo della donna nella storia russa. E hanno ammaliato il pubblico con il loro carisma, la bellezza e la bravura

1 / Ljubov Orlova (1902-1975)

La regina del cinema sovietico Ljubóv Orlóva è ampiamente riconosciuta come una delle donne più belle dell’industria cinematografica. Questa sex symbol bionda discendeva da una famiglia aristocratica russa da parte di madre. Ljubov era la tipica brava ragazza della sua epoca. Studiò al Conservatorio di Mosca, mostrando un notevole talento, e presto entrò a far parte del Teatro Musicale, diretto nientemeno che da Vladimir Nemirovich-Danchenko.

I suoi genitori volevano che diventasse una pianista professionista. Ma era solo questione di tempo prima che la Orlova incontrasse la sua più grande passione, il cinema. Ljubov divenne famosa nel 1936 nei panni di Marion Dixon, un’artista circense americana che dà alla luce un bambino da un padre nero, nel film “Il Circo” (titolo originale russo: “Цирк”; “Tsirk”), diretto dal miglior studente di Sergej Eizenshtein e secondo marito della Orlova, Grigorij Aleksandrov (1903-1983). Ljubov prestò il suo talento a ruoli brillanti in vari classici del cinema sovietico, come “Tutto il mondo ride” (titolo originale russo: “Весёлые ребята”; “Vesjólye rebjàta”; ossia “Ragazzi allegri”, 1934), “Volga, Volga” (“Волга-Волга”, 1938), “La via luminosa” (“Светлый путь”; “Svetlyj put”, 1940), “Primavera” (“Весна”; “Vesnà”, 1947) e “Incontro sull’Elba” (“Встреча на Эльбе”;“Vstrecha na Elbe”, 1949), tutti diretti da Aleksandrov.

Nel bene e nel male, Stalin era profondamente affezionato all’attrice e aveva particolarmente apprezzato la sua interpretazione di Dunja Petrova in una delle prime commedie musicali sovietiche, “Volga, Volga”, che secondo alcuni nacque da una suggestione di Charlie Chaplin. Dopo la sua morte, l’eredità cinematografica della Orlova non si è certo eclissata.

Nel 1976, un astronomo sovietico scoprì un nuovo pianeta che chiamò “3108 Ljubov”, in omaggio a lei. Nello stesso anno fu varata la nave da crociera rompighiaccio “Ljubov Orlova”. Dopo tanti viaggi, nel 2013 è andata perduta alla deriva nell’Oceano Atlantico, mentre era trainata. Più volte avvistata, è ufficialmente un vascello fantasma

2 / Faina Ranevskaja (1896-1984)

Faìna Ranévskaja non si è mai presa troppo sul serio, sebbene recitasse nelle commedie di Chekhov e in un sacco di altri lavori teatrali di primo piano. Era nata Faina Feldman in una prospera famiglia ebrea nella città di Taganrog.

Lo pseudonimo Ranevskaja se l’era scelto lasciandosi ispirare dal suo amore per “Il giardino dei ciliegi” di Chekhov (in cui una delle protagoniste è la proprietaria terriera Ljubov Andreevna Ranevskaja). Il suo nome divenne sinonimo di arguzia e saggezza.

La battuta della Ranevskaja nel film del 1939 “Podkìdysh” (“Подкидыш”; traducibile come “La trovatella”) “Mulja, non farmi innervosire!”, divenne una frase familiare nell’Urss. La Ranevskaja era vulcanica e i suoi arguti aforismi divennero leggendari. Eccone un paio di esempi:

“Всю жизнь я проплавала в унитазе стилем баттерфляй”

“Per tutta la vita ho nuotato nel cesso a farfalla”;

“Оптимизм – это недостаток информации” 

“L’ottimismo è insufficienza di informazioni”

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L’attrice adorava il teatro e la poesia ed era amica di Marina Tsvetaeva, Osip Mandelshtam e Vladimir Majakovskij. Secondo Anna Akhmatova, la Ranevskaja era “una ragazzina che ora ha 11 anni e non ne compirà mai 12”.

Diversi dei ruoli interpretati hanno contribuito alla sua reputazione di grande attrice. Gli appassionati di film comici la ricordano come Madame Loiseau in “Cavoletto” (titolo originale russo: “Пышка”; “Pyshka”; ossia “Paffutella”, 1934, adattamento di “Palla di sego” di Guy de Maupassant), “Le Nozze” (“Свадьба”; “Svadba”, 1944), “Chelovek v futljare” (“Человек в футляре”, ossia “L’uomo nell’astuccio”, 1939), “Primavera” (“Весна”; “Vesnà”, 1947) e “Zolushka” (“Золушка”, ossia “Cenerentola”). La sua interpretazione di Rosa Skorokhod nel dramma di Mikhail Romm “Mechtà” (“Мечта”, ossia “Il sogno”, 1941) catapultò la Ranevskaja alla fama mondiale.

Il film, che a causa delle vicende belliche uscì due anni dopo, nel settembre 1943, fu un successo internazionale, raggiungendo il pubblico dall’altra parte dell’Atlantico. Il dramma con la Ranevskaja come protagonista fece artisticamente rinascere l’autore di “Una tragedia americana”, Theodore Dreiser. Secondo sua moglie, il romanziere soffriva da tempo di un grave blocco dello scrittore, ma riuscì a riprendere a scrivere dopo aver visto quel film. Un altro grande fan della Ranevskaja fu il 32º presidente degli Stati Uniti, Franklin D. Roosevelt, che parlò della star sovietica come di “un’attrice drammatica straordinariamente dotata”.

3 / Tatjana Samojlova (1934-2014)

Il nome di Tatjàna Samójlova è sinonimo di talento, bellezza e intensità. La Samojlova ha recitato nell’unico film sovietico ad aver vinto la Palma d’Oro al Festival Internazionale del Cinema di Cannes, nel 1958, “Quando volano le cicogne” (titolo originale russo: “Летят журавли”; “Letjàt zhuravlì”, ossia “Volano le gru”).

Irresistibilmente romantica e bella, la Samojlova è stata spesso definita la “Audrey Hepburn russa”. Nel 1958, la star, allora ventitreenne, riscosse un grande successo a Cannes, e di lei si disse che era “l’attrice più affascinante”. La sua interpretazione di Veronika, una giovane donna la cui vita cambia completamente dopo che il suo fidanzato parte per la guerra, è rimasto il suo ruolo più noto. “Quando volano le cicogne” è uno dei migliori film di guerra mai realizzati al mondo. Dopo l’enorme successo internazionale del film, Samojlova ricevette numerose offerte per lavorare in Europa e ha anche recitato in “Italiani, brava gente” di Giuseppe De Santis (1964).

Tuttavia, le autorità sovietiche le impedirono di andare a lavorare all’estero, per cui potette partecipare solo le riprese girate in Urss. Il suo successivo ruolo decisivo fu in “Anna Karenina” (1967), un adattamento cinematografico del romanzo epico di Lev Tolstoj. Mentre le versioni precedenti sullo schermo avevano nel ruolo dee del cinema come Greta Garbo e Vivien Leigh, ma la “Anna Karenina” della Samojlova (qui diretta da Aleksandr Zarkhi) è la più realistica di tutte e la più fedele al testo di Tolstoj. Il conte Vronskij (l’amante di Anna) era interpretato dal primo marito della Samojlova, Vasilij Lanovoj.

Negli anni che seguirono, la Samojlova cambiò regolarmente marito, ma apparve pochissimo sullo schermo. Fece un patetico ritorno nel 2004 nella serie tv “Moskovskaja Saga” (“Московская сага”; ossia “Una saga moscovita”) nel 2004 e poi in un film drammatico del regista Igor Voloshin sulla tossicodipendenza, intitolato “Nirvana” (“Нирвана”, 2008). Quello sarebbe stato il suo ultimo ruolo.

4 / Nonna Mordjukova (1925-2008)

Energica. Teatrale. Carismatica. È impossibile scegliere una sola qualità tra quelle che hanno reso Nónna Mordjukóva una delle attrici più leggendarie del cinema russo, celebre per la sua forte presenza sullo schermo.

Mordjukova crebbe in un kolkhoz (una fattoria collettiva) nel villaggio cosacco di Kostiantinovka, nella Repubblica socialista sovietica ucraina. Sua madre lavorava come direttrice del “kolkhoz”, ma Nonna si rese presto conto che la sua vera vocazione era la recitazione, non l’agricoltura. Studiò al Vgik, L’Università statale di cinematografia, e fece il suo debutto sul grande schermo nel 1948 nel film sulla Seconda guerra mondiale “La giovane guardia” (“Молодая гвардия”; “Molodaja gvardija”). La Mordjukova era il paradigma della femminilità sovietica; una donna che poteva “fermare un cavallo al galoppo ed entrare in una casa in fiamme”. I suoi ruoli di spicco sono stati soprattutto quelli nei film “Chuzhaja rodnjà” (“Чужая родня”; ossia “I parenti estranei”, 1955), e “La commissaria” (“Комиссар”; “Komissàr”). Girato nel 1967, “La commissaria”, è basato sul romanzo breve del 1934 di Vasilij Grossman “Nella città di Berdichev” (“В городе Бердичеве”).

Il film non fu fatto uscire dalla censura per due decenni, perché, tra le altre cose, parlava dell’antisemitismo. Gli altri film significativi della Mordjukova sono “Prostàja istorija” (“Простая история”; ossia “Una storia semplice”, 1960), dove Nonna poté finalmente contare sull’esperienza di sua madre recitando nel ruolo di una direttrice di un kolkhoz, e la commedia sovietica di grande successo “Crociera di lusso per un matto” (titolo originale russo: “Бриллиантовая рука”; “Brilljàntovaja rukà”; ossia “Braccio di brillante”, 1968). L’attrice ha poi recitato in “La parentela” (“Родня”; “Rodnjà”, 1982) diretto dal leggendario Nikita Mikhalkov.

E questo è diventato uno dei suoi ruoli più memorabili. Lì Nonna Mordjukova interpretava una ingenua donna di campagna che arriva a Mosca per andare a trovare la sua unica figlia e la nipote. Tutto quello che vuole è mettere pace nella famiglia a pezzi di sua figlia. Ma la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, quindi l’interferenza della donna causa solo più attriti.

La sua carriera di cinquant’anni e cinquanta film, la Mordjukova l’ha anche raccontata in un libro di memorie intitolato “Ne plach, kazachka!” (“Не плачь, казачка!”; ossia “Non piangere, cosacca!”, 1997). È stata inserita nell’elenco delle prime 10 attrici più eccezionali del XX secolo dalla British Film Encyclopedia. E le è stato dedicato un asteroide: il 4022 Nonna.

5 / Ljudmila Gurchenko (1935-2011)

Ljudmìla Gùrchenko raggiunse prestissimo la fama, a 21 anni, grazie alla commedia musicale del 1956 “Karnavàlnaja noch” (“Карнавальная ночь”, ossia “La notte di Carnevale”) di Eldar Rjazanov. Dopo l’enorme successo del film, la Gurchenko, attrice e cantante dai molteplici talenti, partì per un tour in tutta l’Unione Sovietica con uno spettacolo che comprendeva le più popolari canzoni del film. Eppure, la stella nascente dovette poi aspettare diversi decenni per il successivo ruolo di peso, che avrebbe lanciato la sua carriera al livello successivo.

Fece una delle più straordinarie interpretazioni della sua epoca in “Venti giorni senza guerra” (“Двадцать дней без войны”; “Dvadtsat dnej bez vojný”, 1976) di Aleksej German.

La Gurchenko ha lavorato con registi di prim’ordine, tra cui Andrej Konchalovskij, recitando nel suo “Siberiade” (“Сибириада”; “Sibiriada”, 1979, Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes) e Nikita Mikhalkov in “Cinque serate” (“Пять вечеров”; “Pjat vecherov”, 1978), una tragica storia di una donna che riceve la visita di un uomo di cui era innamorata.

Tuttavia, è stato il ruolo della Gurchenko come frustrata cameriera in “Vokzal dlja dvoikh” (“Вокзал для двоих”, ossia “Stazione ferroviaria per due”, 1982) a farla diventare immortale nella memoria degli spettatori russi. Donna infaticabile, l’attrice ha continuato a recitare, apparendo in film, concerti musicali e programmi televisivi fino ai settant’anni.

6 / Alisa Frejndlikh (1934-)

Alìsa Fréjndlikh è considerata una delle più grandi attrici della sua generazione. Suo padre, Bruno Frejndlikh, era un attore di spicco di origini tedesche, i cui parenti vivevano in Russia da oltre un secolo.

L’attrice, nata a Leningrado, ha interpretato oltre 40 film, mettendo in fila una serie di classici senza tempo come “Neokónchennaja póvest” (“Неоконченная повесть”; ossia “Storia incompiuta”, 1955); “Talanty i poklonniki” (“Таланты и поклонники”; ossia “Talenti e ammiratori”, 1956); “12 Stuljev” (“12 стульев”; ossia “Le dodici sedie”; telespettacolo del 1966 per la regia di Aleksandr Belinskij). La Frejndlikh è poi rimasta nella memoria collettiva per “Sluzhebnyj roman” (“Служебный роман”, ossia “Una storia d’amore da ufficio”, 1977) di Eldar Rjazanov, uno di quei film che sono oggi come un trattato d’archeologia in cui si può rivivere la passata epoca sovietica. La commedia fu un enorme successo al botteghino in Urss.

Ambientato a Mosca a metà degli anni Settanta, il film ruota attorno ad Anatolij Novoseltsev (un eccentrico padre solo, con due figli) e al suo capo donna, una single senza troppo fascino di nome Ljudmila Kalugina, soprannominata da tutti, a sua insaputa “mymra” (“racchia”, “arpia”). Entrambi lavorano in un ufficio statistico e si disprezzano silenziosamente a vicenda, prima di passare dall’odio all’amore.

Gli appassionati sovietici di cinema hanno un debole per la performance della Frejndlikh in questo film, e per la tipica trasformazione da brutto anatroccolo in grazioso cigno. In seguito si è dimostrata un’attrice di livello mondiale, offrendo una performance imponente nel dramma fantascientifico di Andrej Tarkovskij “Stalker” (1979).

La sua successiva parte di rilievo è stata quella nel film storico di Elem Klimov “Agonia” (“Агония”), incentrato sul famigerato Grigorij Rasputin e la famiglia Romanov. Fu girato tra il 1973 e il 1975, ma per le resistenze della censura sovietica uscì solo nel 1981. Nel corso della sua carriera, lunga oltre sessant’anni, l’attrice è diventata famosa per aver interpretato personaggi che incarnano la trasformazione del ruolo della donna. La Frejndlikh ha anche dimostrato il suo talento innumerevoli volte sul palco del Teatro Bolshoj del Dramma di San Pietroburgo.

7 / Margarita Terekhova (1942-)

Icona della bellezza eterna, Margarìta Térekhova creava lunghe file ai cinema quando venivano proiettati i suoi film.

Eppure, a differenza di molte sue rivali, questa attrice non è mai stata del tutto a suo agio con la fama e la gloria, e soprattutto con l’immagine di sex symbol. Ha detto che si è sempre sentita meno una bellezza e più un’attrice. È difficile immaginare che fosse un capitano di basket a scuola e che in seguito abbia studiato fisica e matematica all’università di Tashkent, capitale dell’ex Repubblica socialista sovietica uzbeka. La sua vita ebbe una svolta netta dopo il trasferimento a Mosca e l’iscrizione a una scuola di teatro.

Terekhova raggiunse la celebrità alla fine degli anni Settanta, dopo l’uscita, nel 1977, della commedia televisiva in costume “Sobaka na sene” (“Собака на сене”, adattamento de “Il cane dell’ortolano” di Lope de Vega) e della miniserie musicale “D’Artanjan i tri mushketjora” (“Д’Артаньян и три мушкетёра”; ossia “D’Artagnan e i tre moschettieri”, 1978).

Terekhova ha mirabilmente interpretato sia la contessa Diana di Belflor che la Milady de Winter. Ma il mondo ha visto di cosa era veramente capace la talentuosa attrice sovietica in “Lo specchio” (“Зеркало”; “Zerkalo”, 1974), il film più personale e non convenzionale di Andrej Tarkovskij. Il geniale regista ha mescolato scene ipnotiche di tre epoche: la sua infanzia in campagna (con sua madre interpretata proprio dalla Terekhova), la Seconda guerra mondiale, e il Dopoguerra.

Margarita ha interpretato diversi altri ruoli molto significativi durante la sua illustre carriera e ha dimostrato di essere una delle attrici sovietiche più affermate di tutti i tempi.

8 / Inna Churikova (1943-)

Inna Chùrikova è la risposta russa a Meryl Streep. Il suo immenso talento l’ha resa un’icona amatissima. La prolifica attrice ha eccelso nei film per decenni. La carriera di grande successo della Churikova nel cinema è passata attraverso ruoli da protagonista in “Nessun orizzonte oltre il fuoco” (“В огне брода нет”; “V ogné broda net”, 1967); “Romanzo del tempo di guerra” (“Военно-полевой роман”; “Voenno-polevoj roman”, 1983)” e “Tot samyj Mjunkhgauzen” (‘Тот самый Мюнхгаузен”; ossia “Proprio quel Münchhausen”, 1979), per citarne solo alcuni.

La Churikova ha mostrato un carisma e una saggezza attoriale senza precedenti in “Il debutto” (“Начало”; “Nachalo”, 1970), un dramma romantico sovietico sulle difficoltà dell’amore. Nel 1971, il regista Gleb Panfilov ricevette il Leone d’argento per questo film al Festival del cinema di Venezia (erano solo “riconoscimenti”, visto che, dopo le contestazioni studentesche, dal 1969 al 1979 il Festival di Venezia non fu competitivo).

Alla Churikova, invece, andò il Leone d’Oro per la sua interpretazione di Pasha Stroganova, un’operaia e attrice dilettante che interpreta il ruolo di Giovanna d’Arco. La Churikova divenne la musa e la moglie del regista Gleb Panfilov (1934-). I due sono ancora sposati. Il suo capolavoro successivo, “Tema” (“Тема”), ebbe ancora lei come protagonista. Pur essendo stato girato nel 1979 ebbe diversi problemi con la censura ed uscì in versione integrale solo nel 1986, vincendo l’anno successivo l’Orso d’Oro al Festival Internazionale del Cinema di Berlino.

L’attrice ha realizzato una performance eccezionale anche in “Vassa” (“Васса”, 1983), sempre diretto da Panfilov e basato sul classico dramma “Vassa Zheleznova” di Maksim Gorkij. Secondo i critici cinematografici, è uno dei film migliori di tutti i tempi.

La parte della Churikova in “Romanzo del tempo di guerra” le portò invece un Orso d’argento come migliore attrice a Berlino. Scatenò grandi emozioni interpretando una donna di buon cuore il cui marito, un ex soldato dell’Armata Rossa, si innamora di un’ex infermiera militare che aveva incontrato durante la guerra. Quando Vera viene a sapere della relazione, invece di fare una scenata, invita l’amante del marito a cena, ed entrambi piangono per la vergogna.

9 / Ekaterina Vasiljeva (1945-)

Ekaterìna Vasìljeva irruppe sulla scena a metà degli anni Sessanta. Suo padre era il famoso poeta, giornalista e paroliere sovietico Sergej Vasiljev (1911-1975), che ha lavorato con eccezionali compositori del suo tempo, tra cui Isaak Dunaevskij e Vasilij Solovjov-Sedoj. Sua madre era la nipote del famoso insegnante e pedagogo sovietico Anton Makarenko.

Ekaterina si iscrisse a un corso di teatro quando aveva 13 anni. Ebbe fortuna e venne scelta per il suo primo ruolo professionale nel 1965, quando ancora studiava al VGIK (l’Istituto statale panrusso di cinematografia, oggi, dal 2008, Università Statale pan-russa di cinematografia “S. A. Gerasimov”).

Iniziò con ruoli secondari in film come “Zvonjàt, otkrójte dver” (“Звонят, откройте дверь”; ossia “Suonano, aprite la porta”, 1965) e “Zhitie i vosnesenie Jurasja Bratchika”) (“Житие и вознесение Юрася Братчика”; ossia “Vita e ascensione di Juras Bratchik”), girato nella Repubblica socialista sovietica bielorussa nel 1967, ma poi proibito per 22 anni e uscito solo nel 1989. Lì interpretava una suora. Chi avrebbe mai immaginato che un quarto di secolo dopo, nel 1993, avrebbe davvero rinunciato al palcoscenico per ritirarsi in un monastero? Il ritiro completo durò tre anni, poi dal 1996 è tornata a recitare, ovviamente scegliendo solo ruoli che non entrino in contrasto con le sue convinzioni ortodosse e dopo un consulto con il suo padre spirituale. Tornando alla fine degli anni Sessanta, la sua interpretazione nel cortometraggio “Soldat i tsaritsa” (“Солдат и царица”; ossia “Il soldato e la zarina”, 1968), basato su una fiaba di Andrej Platonov, fu elogiata dagli appassionati di cinema, rivelando il talento della Vasiljeva come brava attrice in grado di trasmettere uno spettro sorprendente di emozioni, sia sul grande schermo che in scena. Ha anche recitato nella commedia musicale sovietica del 1971 “Bumbarash” (“Бумбараш”). La Vasiljeva aveva talento e carisma innegabili, e si avvicinava a ruoli sempre nuovi con energia ed entusiasmo. Ha lasciato il segno in cinquant’anni di carriera.

La sua straordinaria abilità le ha permesso di interpretare ruoli sia comici che drammatici con uguale successo. Ed è riuscita a trasformare alcuni ruoli sulla carta minori in personaggi indimenticabili, in film ormai classici come “Solómennaja shljapka” (“Соломенная шляпка”, ossia “Il cappello di paglia”, 1974) e “Un miracolo ordinario” (“Обыкновенное чудо”; “Obyknovennoe chudo, 1978).

10 / Alla Demidova (1936-)

Alla Demìdova ha sempre avuto un’aria regale. Non perché sia snob, ma molto probabilmente perché ha un innato senso della grazia e dello stile. Sognava di diventare un’attrice fin dall’età di cinque anni. Ha studiato recitazione e voleva iscriversi alla scuola di cinema, ma non ha superato gli esami di ammissione. Per non perdere tempo, l’aspirante star si è iscritta all’Università Statale di Mosca e si è laureata in Economia.

Poco dopo, fu impegnata a condurre seminari di economia politica per studenti del dipartimento di filosofia. Ora, con una carriera che dura da sessant’anni, è persino difficile dire se la Demidova sia meglio come attrice o come maestra di declamazione. È estremamente versatile. Inizialmente Alla mostrò quello di cui era capace sul palcoscenico. Il direttore del Teatro Taganka, il leggendario Jurij Ljubimov, elogiò il suo equilibrio nella recitazione e restò ammirato dal suo talento.

La Demidova ha interpretato Gertrude nell’“Amleto” e la Ranevskaja ne “Il Giardino dei ciliegi”. Raggiunse immediatamente la fama cinematografica dopo la sua interpretazione in “Dnevnye zvjozdy” (“Дневные звёзды”, ossia “Stelle diurne”, 1966), adattamento cinematografico del romanzo-confessione autobiografico di Olga Berggolts (1910-1975). Il dramma parla di uno dei capitoli più tragici e strazianti della Seconda guerra mondiale, il lunghissimo Assedio di Leningrado. Dopo l’uscita del film nel 1968, la Demidova fu nominata “stella nascente” dalla rivista specializzata “Sovetskij Ekran”.

Fu lodata anche per la sua possente interpretazione nel dramma in bianco e nero “Shestoe ijulja” (“Шестое июля”, “Il 6 di luglio”, 1968) basato sulla storia di Maria Spiridonova, donna che dette un forte contributo alla Rivoluzione. Anche l’interpretazione della Demidova del personaggio di Liza Protasova in “Zhivoj trup” (“Живой труп”) film del 1968 basato sull’omonima pièce teatrale di Lev Tolstoj, “Il cadavere vivente”, fu particolarmente brillante. Alla è apparsa in innumerevoli produzioni, ha vinto numerosi premi, scritto diversi libri, ed è giustamente considerata la grande dama della scena cinematografica e teatrale sovietica e russa.


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