Decine di ribelli cosacchi, guidati da Stepan (“Stenka”) Razin, festeggiano la loro vittoria in una campagna militare in Persia. Stenka si innamora perdutamente di una balla principessa locale e la porta con sé in Russia. Ma a causa dell’amore, non è concentrato sugli sforzi bellici, e i suoi uomini decidono di mettere le cose a posto. Lo fanno bere e gli fanno trovare una falsa lettera anonima in cui lei è accusata di infedeltà. Razin uccide la sua giovane e bella amante persiana, gettandola nel Volga. Questo è quello che il pubblico al teatro “Akvarium” di San Pietroburgo nell’ottobre del 1908 fa alla premiere di “Stenka Razin” o “Ponizóvaja Vólnitsa” (“I fuggiaschi del basso fiume”), il primo film narrativo russo, prodotto da Aleksandr Drankov e diretto da Vladimir Romashkov. Così ebbe inizio la ricca filmografia russa e sovietica, che comprende capolavori come:
La corazzata Potemkin (1925)
Sergej Ejzenshtejn (1898-1948), genio del primo cinema sovietico, portò sullo schermo l’ammutinamento dei marinai della corazzata Potemkin del 1905. Il film è considerato un classico del cinema mondiale e ha influenzato molte generazioni di registi e operatori cinematografici. La scena simbolo dei soldati che scendono la celebre scalinata di Odessa, per esempio, è stata reimmaginata da Brian De Palma in “The Untouchables - Gli intoccabili” (1987) e da Peter Segal in “Una pallottola spuntata 33⅓ - L’insulto finale” (1994) e in molti altri film.
In Italia, con il titolo modificato in “La corazzata Kotiomkin” e il nome del regista cambiato in “Serghei Einstein”, fu parodiata nel film “Il secondo tragico Fantozzi” (1976) dando vita a all’espressione ormai entrata nel linguaggio comune: “La corazzata Kotiomkin... è una cagata pazzesca!”. La pellicola restaurata de “La corazzata Potemkin” in questo mese di novembre è in proiezione in molti cinema italiani.
Ejzenshtejn ha diretto anche altri film leggendari, tra cui “Ottobre”, del 1928, sulla Rivoluzione Russa, con la celebre scena sull’assalto al Palazzo d’Inverno; “Aleksandr Nevskij” (1938) e “Ivan il Terribile”. È anche famoso in tutto il mondo per l’invenzione del Montaggio intellettuale (detto anche Cinedialettica).
I cosacchi del Kuban (1949)
Questo film del regista-sceneggiatore (e più tardi direttore degli studios della Mosfilm) Ivan Pyrjev (1901-1968) è una love story tra due lavoratori di due diverse fattorie collettive della regione russa del Kuban. L’intenzione era quella di mostrare la vita sovietica, come bella e prospera. Ma il film uscì solo quattro anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con un Paese ancora in ginocchio che aveva grosse penurie persino di generi alimentari di prima necessità. Così, stando alle memorie stesse degli attori, persino alcuni membri del cast finirono per svenire dalla fame sul set, e i prodotti agricoli usati per mostrare l’abbondanza della regione erano in gran parte falsi.
Quando volano le cicogne (1957)
Diretto da Mikhail Kalatazov (1903-1973), questo film (in russo a volare sono “le gru” e non “le cicogne”, come nella traduzione italiana) fu molto innovativo per i suoi tempi, sia dal punto di vista artistico che tecnologico. Il direttore della fotografia, Sergej Urusevskij introdusse lunghi piani sequenza di interi minuti e inventò (costruendoli personalmente) i binari circolari per la cinepresa, che ora sono uno strumento molto usato nel cinema. Per sua sfortuna, non li brevettò.
Questa bella storia d’amore e amicizia ha una fine tragica a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, delle lotte familiari e delle scelte personali fatte dai protagonisti, che sono presentati come individui unici e complessi, e non caratteri idealizzati della società sovietica, il che suscitò al film non poche critiche da parte dalle autorità.
“Quando volano le cicogne” si aggiudicò la Palma d’Oro, secondo film dell’Urss a trionfare a Cannes dopo “La grande svolta” di Fridrich Ermler nel 1946 (insieme ad altri dieci pellicole, tra cui “Roma città aperta” di Rossellini) e fu l’ultimo successo in Costa Azzurra per il cinema sovietico o russo.
Pioggia di luglio (1966)
Considerato tra i film più intellettualmente potenti del suo tempo, “Pioggia di luglio” del regista Marlen Khutsiev (1925, vivente) fu una svolta: un’opera d’arte molto originale per il cinema sovietico dell’epoca del Disgelo di Khrushchev, con reminiscenze del cinema francese della Nouvelle Vague.
Il film può essere inquadrato nel contesto molto amato dai sovietici dei “cantautori”; bardi e poeti degli anni Sessanta, come Jurij Vizbor, Bulat Okudzhava e Evgenij Kliachkin. Inoltre, i noti registi russi Andrej Tarkovskij e Aleksandr Mitta recitano vi recitano una piccola parte. La trama è incentrata sulla breve relazione estiva di una coppia sulla trentina che sta sperimentando un doloroso cambiamento delle convinzioni.
Andrej Rublev (1966)
Questo film immortala il carattere nazionale, la bellezza artistica e culturale e la storia tragica della Russia. È stato bandito per anni da parte delle autorità sovietiche a causa delle implicazioni religiose e filosofiche che si allontanavano dall’ideologia ufficiale.
Il film biografico sul pittore russo di icone Rublev (1360-1430) copre una vasta gamma di argomenti sullo sfondo della Russia medievale, e serve come saga filosofica sul ruolo dell’artista nella storia e nella cultura russa. Anche se il regista Andrej Tarkovskij (1932-1986) ha fatto solo sette lungometraggi nella sua carriera, ciascuno è considerato un capolavoro.
Guerra e Pace (1966-67)
Questo film di 484 minuti, diviso in quattro parti, girato da Sergej Bondarchuk (1920-1994), è considerato il migliore adattamento sullo schermo del romanzo di Lev Tolstoj ed è stato il film più costoso mai realizzato in Unione Sovietica. Un reggimento cinematografico di cavalleria da 1.500 cavalieri è stato appositamente creato dal Ministero della Difesa sovietico per le scene di battaglia di questo film. Il reggimento ha partecipato poi alla produzione di molti film successivi.
La produzione del film è durata sei anni. Durante questo periodo furono utilizzate le collezioni di 58 musei del Paese e più di 40 imprese sovietiche realizzarono armi e attrezzature del periodo storico mostrato nel film. Furono prodotti anche 9.000 abiti, 12.000 scudi, 200.000 bottoni e repliche esatte di medaglie e armi russe e francesi.
Il film è noto anche per le sue scene di battaglia e l’innovazione delle riprese panoramiche delle campagne di battaglia. Ad esempio, durante la ripresa della battaglia di Borodino del 1812, per entrambi gli eserciti francesi e russi furono lanciati un reggimento cavalleria da 950 uomini e 15.000 fanti. Vinse l’Oscar al miglior film in lingua straniera nel 1969.
Mosca non crede alle lacrime (1980)
Anche questo film ha vinto l’Oscar al miglior film in lingua straniera, nel 1981. Prima del suo storico incontro con il leader sovietico Mikhail Gorbachev nel 1985, il presidente americano Ronald Reagan, ex attore, guardò più volte “Mosca non crede alle lacrime” per capire l’anima russa.
Era l’opera di un regista semisconosciuto, Vladimir Menshov (1939-vivente), e di un cast non certo d’eccezione (alcuni famosi attori sovietici avevano rifiutato ruoli in quello che consideravano un progetto non prestigioso). Ma chi accettò, divenne una stella, dopo l’enorme popolarità del film, che ritraeva la vita sfaccettata di molte donne sovietiche.
L’eroina del film viene abbandonata dal suo ragazzo dopo che è rimasta incinta. Si prende la rivincita sulle durezze della vita diventando capo di una grande fabbrica e ottima madre di sua figlia. Infine, quando la bimba è ormai adolescente, trova il vero amore.
Sindrome astenica (1990)
La regia cinematrografica è una professione a dominio maschile, sia in Russia che all’estero. Ma nel cinema sovietico, Kira Muratova (1934-vivente) è stata un’eccezione acclamata. “Sindrome astenica” copre due epoche, l’Unione Sovietica pre-perestroika e il periodo delle riforme di Gorbachev, anche se le due parti del film non sono collegate. Il primo pezzo, filmato in bianco e nero, racconta la storia di una donna che piange la morte del marito; la seconda parte, girata a colori, ritrae un insegnante che soffre di astenia, una forma di debolezza psichica che lo porta a addormentarsi all’improvviso.
Il film ha vinto numerosi premi, tra cui l’Orso d’argento, gran premio della giuria al quarantesimo Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
Brother (1997)
Questo dramma criminale (il titolo russo è “Brat”) diretto da Aleksej Balabanov (1959-2013) è emblematico del periodo di anarchia seguito al crollo dell’Urss ed è un film cult per chi era giovane in quell’epoca. Banditismo, racket e altre forme di criminalità che si sono riversate in strade russe dopo il crollo dell’Unione Sovietica sono descritti in questa storia di un giovane veterano della Prima guerra cecena, Danila Bagrov, che cerca di trovare il suo posto nella nuova società.
Il film è stato girato in 31 giorni, con un piccolo budget, ma ha avuto un enorme successo di pubblico. Il sequel, “Il fratello grande” (nell’originale russo, “Brat 2”) più d’azione e con scene girate negli Stati Uniti, è uscito nel 2000.
Nelyubov – Loveless (2017)
Il film ha vinto il premio della giuria al Festival di Cannes di quest’anno ed è stato presentato come candidato della Russia per l’Oscar al miglior film in lingua straniera. È la storia di un bambino che si trova psicologicamente abbandonato e indesiderato da sua madre e suo padre, che vogliono iniziare le pratiche per il divorzio e si sono già rifatti altre vite con un altro uomo e un’altra donna (già incinta). Lui scappa di casa e sparisce.
Il regista Andrej Zvjagintsev (1964-vivente) è uno dei cineasti russi più amati in Europa e nel mondo, sin dall’uscita del suo primo film “Il ritorno”, che ha vinto il Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia nel 2003. I successivi film di Zvjagintsev o hanno avuto nomination o sono stati premiati nel corso dei più importanti concorsi cinematografici europei e statunitensi: “Izgnanie” (2007), presentato al 60º Festival di Cannes, è valso al protagonista Konstantin Lavronenko il premio per la miglior interpretazione maschile; “Elena” (2011), ha vinto il Premio della Giuria a Cannes; e “Leviathan” (2014), ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura sempre a Cannes, il Golden Globe per il miglior film in lingua straniera, e ha ricevuto la nomination all’Oscar.
Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email