La Corazzata Potemkin, il capolavoro di Sergej Ejzenshtejn è stato definito il film più bello di tutti i tempi (Foto: RIA Novosti)
Il punto, era favorire un ritorno. Un ritorno collettivo a una determinata realtà, a un sistema di valori, a vicende che avevano segnato lo spirito di un'intera nazione. Un ritorno alla materia viva di cui erano composte le fondamenta della patria socialista che si andava costruendo. E quale miglior strumento del cinema, per attuare quest'operazione. Il cinema, naturalmente, letto in senso “materialistico”: come luogo in cui vengono coordinati, seguendo le intuizioni di Panofsky, “cose materiali e persone”, fatti e valori. Un dispositivo per mostrare l'allungarsi nella storia delle proprie radici, per dare forma alla memoria. L'immagine cinematografica vissuta non per quello che aggiunge alla realtà, ma per quello che della realtà rivela e porta a superficie.
La Corazzata Potemkin, il capolavoro di Sergej Ejzenshtejn, dichiarato nel 1958 “il film più bello di tutti i tempi, non può essere appieno compreso se non si parte da qui: dal cinema come rivelatore della storia. Realismo, certo. Ma nel senso di un gesto estetico che porta la macchina da presa al livello del reale, per mostrarne, metaforicamente, la provenienza e la destinazione. Tacciato di essere celebrativo – La Corazzata fu girata nel 1925, nel ventesimo anniversario della rivoluzione del 1905 – il film ha poi facilmente cancellato, con la sua enorme e seminale forza espressiva questo giudizio superficiale.La rivolta dei militari della nave, la loro condanna alla fucilazione, la rivolta e l'assassinio di Vakulincuk, l'animatore della sommossa. L'indignazione del popolo di Odessa e l'inizio della rivoluzione: il suo lento propagarsi tra le ferite di una società sottomessa e annichilita dal dominio incontrastato degli zar. Poi la scena della scalinata: la ferocia della polizia, quel carrozzino, i piani altalenanti che mostrano allo spettatore le dimensione della rivolta, in un continuo intrecciarsi di soggettività dei punti di vista e oggettività della violenza. Scene che allora risultavano ancora iscritte nella memoria collettiva. E scene che Ejzenshtejn consegnava al futuro, quasi come documento che sintetizzava le cause, i perchè e gli effetti della rivolta che, prima del 1917, aveva indebolito il potere zarista.
Tutto, semplicemente, fatto con l'arte. Perchè La Corazzata Potemkin arriva come un temporale a squassare le fondamenta su cui era stato costruito il cinema russo fino a quel momento: in una struttura che ricalca quella dei cinque atti della tragedia classica, vengono superati i reportage della guerra civile, vengono superati gli agit film, i seduttivi strumenti propagandistici della neonata Unione Sovietica. Non solo: ad essere eclissati erano anche gli adattamenti letterari, la prima fantascienza, il nascente cinema proletario incarnato dalla Feks, la fabbrica dell'attore eccentrico. Ejzenshtejn – nella Corazzata, ma anche in Sciopero e Ottobre – fonda un nuovo linguaggio, che nel cinema muto significa arrivare a fornire allo spettatore l'impressione del silenzio. Quasi una magia, resa da un montaggio sperimentale, armonico, autonomo dai “fatti” che tiene insieme. Una tecnica che diventa anch'essa arte: il montaggio come momento in cui simboli e valori vengono inseriti all'interno dell'immagine.Una pietra miliare del cinema, usata dai cineasti anche come inserto simbolico. Scene del film vengono riprese da Terry Gilliam in Brazil, da Bernardo Bertolucci in Partner, da George Lucas in Star Wars: Episodio III.
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Ancora: Wolfgang Becker omaggia la scena della scala edella carrozzina in Goodbye Lenin. Immancabili le parodie: dal Woody Allen de Il dittatore dello Stato Libero di Banans fino all'italiano Fantozzi. A segnalare la persistenza di Ejzenshtejn. La persistenza delle sue intuizione. Della sua idea di cinema come messa in scena che ha il compito di sconvolgerci con la bellezza.
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