Riproduzione del dipinto “La fiera” (1908) di Boris Kustodiyev. Galleria di Stato Tretyakov
Yury Artamonov/RIA NovostiBliny
Chi rifiuterebbe, quando fa freddo, un paio di bliny ben abbrustoliti, caldi e con un ripieno dolce? Nessuno! Per questo i bliny sono sempre stati uno dei generi preferiti dai venditori di cibo di strada. Cento anni fa, le bancarelle con i bliny si potevano trovare soprattutto nei posti molto popolati: mercati, stazioni, nei presso di qualche banja, all’Okhotnyj rjad e sulla via Soljanka. Il prezzo era uguale per tutti i venditori. Mangiare un paio di bliny al volo era possibile non solo alle bancarelle, ma anche in qualche trattoria. Vladimir Giljarovskij (1855-1935), famoso giornalista e memorialista russo dell’epoca imperiale, nella sua raccolta di ricordi della vecchia Mosca ha scritto che il posto più popolare per mangiare i bliny era la sala inferiore della trattoria“Nizok”. Lì i bliny venivano preparati senza sosta dalla mattina alla sera, di fronte al cliente.
Kalach e baranki
Disegno tratto dalla rivista "Volshebnyj fonar"
Rivista "Volshebnyj fonar"Il kalach è la varietà più antica di pane bianco in Russia (qui la nostra Enciclopedia del pane russo). I kalaci di Mosca assomigliavano a una ghiria di ghisa, il tipico peso russo per fare esercizio in casa. La parte bassa era rotonda e morbida e quella superiore era simile a una maniglia di impasto croccante. I kalaci venivano retti proprio per questa maniglia, che non veniva mangiata. A volte i moscoviti la buttavano a terra, a volte la davano ai poveri. Il fatto è che le persone avevano spesso le mani sporche, non avevano la possibilità di lavarsele prima di mangiare e la maniglia di pasta secca aveva una funzione igienica.
Il kalach era venduto in tutti i mercatini, in speciali bancarelle, spesso congelato, di modo da mantenerlo più a lungo fresco. Al momento dell’acquisto veniva scongelato con una speciale procedura, in un panno caldo e, grazie alle qualità eccezionali dell’impasto, non differiva, al gusto, da un kalach appena sfornato.
I baranki sono invece apparsi più tardi. La prima volta sono citati nelle cronache nel 1725, quando Pietro il Grande, poco prima della morte, ne fissò il prezzo per decreto. La produzione industriale sarebbe però iniziata solo nella seconda metà del XIX secolo. I baranki, anelli di impasto scottato con acqua bollente, erano considerati un dessert. Venivano cotti e venduti legati con una cordicella, alla decina. Andavano a ruba durante le fiere e le feste popolari.
Grechneviki (frittelle di farina di grano saraceno)
Nella vendita su strada i grechneviki occupavano un posto del tutto speciale. Del loro commercio all’Okhotnyj Rjad scrive persino il memorialista Vladimir Giljarovskij. Avevano particolarmente mercato prima di Pasqua, durante la Quaresima, quando gli Ortodossi non mangiavano niente di grasso o di dolce. La ricetta è estremamente semplice, e il risultato assomiglia a una frittella molto densa di farina di grano saraceno. Farina che veniva fatta cuocere ben bene, e poi era lasciata freddare in padella. Infine il grechnevik era passato in un uovo sbattuto e fritto sui due lati in olio vegetale. Venivano venduti alle bancarelle, e prima di essere serviti erano cosparsi di olio vegetale per insaporirli. Erano molto amati dai vetturini che attendevano in strada i clienti.
Pirozhki
I pirozhki caldi (piccoli fagottini farciti) venivano venduti principalmente come accompagnamento per il kvas e godevano di grandissima popolarità tra gli studenti, perché erano il tipo più economico di cibo da strada. I venditori li tenevano in un contenitore coperto con uno speciale cuscino perché non freddassero. A Mosca venivano sfornati con ogni tipo di ripieno: marmellata, patate, uova, frattaglie. Quelli alla marmellata erano venduti per cinque copeche, quelli alla carne due volte più caro.
Kissel di piselli
Il kissel di piselli è un altro tipico piatto quaresimale. La sua preparazione è ancora più semplice di quella del grechnevik. Sulla farina di piselli veniva rovesciata dell’acqua bollente e poi il composto veniva messo nel forno della stufa per 15-20 minuti. Quindi lo mettevano in una forma e lo lasciavano freddare. Una volta pronto, il kissel poteva essere affettato e venduto a porzioni. Manteneva (e mantiene; se volete provare a cucinarlo ecco a voi la ricetta) ottimamente la forma. Certo l’aspetto non è dei più invitanti: una gelatina giallastro-verdognola, tagliata a fettine e cosparsa d’olio. Ma i cittadini lo mangiavano di gusto. Nei giorni di vigilia più stretta, per le strade appariva un kissel ancora più spartano, con al posto della farina di piselli quella di ovsianka, l’avena perlata. In quel caso senza olio.
Shchi
Il più costoso tra i cibi di strada era lo shchi, la tradizionale zuppa russa di cavoli acidi, patate e prosciutto cotto in brodo di carne (qui la ricetta). Veniva servito con la smetana. La ordinavano i mercanti, senza lasciare le loro botteghe. Una scodella costava 10 copeche d’argento. I fattorini, sfrecciando tra i banchi dei mercati consegnavano le porzioni e dopo un po’ di tempo passavano a ritirare le stoviglie vuote e le pulivano con uno straccio.
Sbiten (bevanda calda a base di miele)
Come noto, l’inverno russo è molto rigido. Tuttavia le feste popolari e i raduni invernali non venivano certo cancellati in caso di giornate particolarmente fredde, ma nessuno voleva congelarsi. Così le bibite calde godevano sempre di una grande richiesta, e, in particolare, faceva grandi affari lo sbitenshchik, il venditore di sbiten, la più antica bevanda russa a base di miele (qui la ricetta). A Mosca questi venditori erano particolarmente frequenti a Kitaj gorod e all’Okhotnyj Rjad, i posti più vivaci per il commercio. Per far sì che la bibita rimanesse il più allungo possibile bollente, la servivano in ogni sorta di recipienti dal collo il più possibile stretto.
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