Diventare un acerrimo nemico di Ivan il Terribile era un gioco da ragazzi, visto il suo carattere. Ma diventare amico personale suo o di qualsiasi zar prima dei tempi di Pietro il Grande era impossibile. Più una persona era importante nello Stato, più era vicina al sovrano, anche letteralmente, cioè si sedeva con lui alle feste, lo accompagnava nelle battute di caccia e andava alla banja con lui. A quei tempi, insomma, lo zar non era libero di scegliere i suoi amici; poteva intrattenere rapporti solo con i rappresentanti delle famiglie più nobili.
Questo ordine delle cose, come in molti altri campi, fu spazzato via da Pietro, che in gioventù fece amicizia con gli stranieri del quartiere tedesco di Mosca, e che a qualsiasi età poteva facilmente fare amicizia con chiunque, indipendentemente dal rango, purché sapesse il fatto suo.
“Ritratto di Andrej Konstantinovich Nartov” risalente al XVIII secolo, del pittore Ivan Nikitin (1688 circa-dopo 1742)
Museo Ermitage/Dominio pubblicoIl “Tornitore dello zar”, come era soprannominato, Andrej Konstantinovich Nartov non doveva nulla a Pietro, anzi. Nartov era un meccanico eccezionale, inventore del tornio e, naturalmente, un virtuoso di quello strumento di lavoro. Tanto che lo zar Pietro andò a imparare il mestiere da lui, nonostante fosse di umili origini.
All’età di 15 anni Andrej studiava già il lavoro al tornio presso la Scuola di Scienze Matematiche e Nautiche di Mosca, istituita dallo zar. Venuto a conoscenza del suo talento, Pietro mandò Nartov a studiare in Europa nel 1718 e, al suo ritorno, lo nominò capo della sala di tornitura dello zar.
Il tornio inventato da Andrej Nartov per il Laboratorio di tornitura di corte di Pietro il Grande
Netelo (CC BY-SA 4.0)Si trattava di un’officina super specializzata per la quale lo zar acquistava le più moderne macchine europee e affidava a Nartov il compito di testarle. La sala del tornio nei palazzi di Pietro si trovava vicino alle camere dello zar, che amava rilassarsi lavorando al tornio. Il figlio di Nartov, Andrej Andreevich, in seguito raccolse e pubblicò le memorie del padre su Pietro il Grande. Esse colgono con precisione il carattere ironico dell’imperatore.
“Lo zar, lavorando una figura umana al tornio ed essendo felice di come procedeva, chiese al suo meccanico Nartov: ‘Come vado?’. E quando Nartov rispose: ‘Bene!’, Sua Maestà rise: ‘Vedi, Andrej, riesco ad affilare un osso con lo scalpello, e non riesco a raddrizzare gli uomini testardi con la clava’”.
Oppure ha tramandato questa storia: “Lady Hamilton fu fatta entrare nel laboratorio di tornio di Sua Maestà […], che l’abbracciò, le accarezzò lungamente le spalle e poi disse: ‘È bene amare le fanciulle, ma non sempre, altrimenti, Andrej, dimentichiamo il mestiere’. Quindi si sedette al tornio e iniziò a lavorare”.
Dopo la morte di Pietro, Andrej Nartov, che non era famoso per i suoi modi eleganti, fu allontanato dalla corte, ma continuò a lavorare come ingegnere di artiglieria. Poco prima della sua morte, Nartov ricevette il grado “generalizio” di Consigliere di Stato. Morì a San Pietroburgo nel 1756.
“Ritratto di Mavra Egorovna Shuvalova” della fine degli anni Cinquanta del Settecento, dipinto da Aleksej Antropov (1716-1795)
Dominio pubblicoLa storia di Mavra Egorovna Shuvalova è un classico esempio di come una signora un tempo insignificante dell’entourage di una granduchessa sia diventata onnipotente e si sia fatta letteralmente padrona del suo destino. A dieci anni Mavra Egorovna Shepeleva (questo il cognome da nubile) divenne damigella d’onore di Anna Petrovna, figlia di Pietro il Grande. Mavra apparteneva all’antica famiglia boiarda degli Shepelev, ma era di un ramo povero. Fu un lontano parente, il generale Dmitrij Shepelev, a “sistemarla” come damigella d’onore della figlia del primo imperatore.
Nel 1720 Anna sposò il duca Karl-Friedrich di Holstein-Gottorp: il loro figlio sarebbe diventato l’imperatore Pietro III. Mavra, al servizio della giovane figlia dello zar, si recò con lei e il duca nella città di Kiel, nell’Holstein, nel 1727, dove divenne l’amante del duca. “Il Duca e Mavrushka non hanno più remore. Lui non passa un solo giorno a casa, viaggia con lei apertamente in carrozza per la città, va a far visita alle persone e a teatro con lei”, si lamentò la sorella di Anna, Elizaveta Petrovna (la futura imperatrice Elisabetta I di Russia).
Ma fu proprio Elizaveta Petrovna a prendere per sé Mavra Shepeleva come damigella d’onore dopo la morte della sorella, nel 1728. Mavra tornò in Russia e divenne la migliore amica della futura imperatrice. Viveva con lei a Mosca, nel maniero di Pokrovskoe-Rubtsovo, ed era famosa per la sua capacità di divertire Elisabetta con le battute caustiche. Amava banchettare e giocare a carte. Nel 1738 sposò Pjotr Shuvalov, ufficiale di camera, che prese parte al colpo di Stato del 1741 che fece salire al trono Elisabetta.
Da allora la conoscenza di Mavra Shuvalova si rivelò un grande vantaggio: era l’amica più stretta dell’imperatrice, che condivideva con lei le vecchie passioni dei tempi di Mosca, come giocare a carte e grattarsi i talloni prima di andare a dormire.
Il marito di Mavra divenne un cavaliere di tutti gli ordini più alti e uno dei principali dignitari dell’Impero. Il cugino del marito, Ivan Ivanovich Shuvalov, fondatore dell’Università di Mosca, divenne il favorito dell’imperatrice stessa. E il generale Dmitrij Shepelev, un familiare che proprio Mavra aveva fatto entrare nel giro di Corte, divenne un importante funzionario e fu insignito dell’Ordine di Sant’Andrea.
La Shuvalova era altezzosa con gli estranei e perseguitava i suoi nemici, approfittando ancora una volta delle sue conoscenze di massimo rango. Ma è grazie a lei che la famiglia Shuvalov è stata tra le prime famiglie dell’impero fin dall’epoca elisabettiana.
“Ritratto della principessa Ekaterina Dashkova”, risalente al 1784, del pittore Dmitrij Levitskij (1735-1822)
Hillwood Estate, Museum & Gardens/Dominio pubblicoL’amicizia tra la granduchessa Ekaterina Alekseevna (la futura Caterina la Grande; nata Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst) e la principessa Ekaterina Vorontsova (Dashkova) iniziò in modo particolare: la sorella della Dashkova, Elizaveta, era l’amante di Pietro III, marito di Caterina. Passava quasi tutto il tempo con lei, ignorando la moglie. Durante il colpo di palazzo che segnò la fine di Pietro III e mise sul trono Caterina, la Dashkova si schierò con Caterina, probabilmente rendendosi conto che il vento della storia soffiava dalla parte della moglie ribelle dell’imperatore.
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Diciannove anni, molto sicura di sé, con indosso un’uniforme da ufficiale, Ekaterina Dashkova si sentiva sul palcoscenico di un momento storico. Poteva permettersi di irrompere in una riunione del Senato e sussurrare qualcosa all’orecchio dell’Imperatrice già in carica. È possibile che questo tipo di rapporto sia stato la causa della rottura. Dopo la morte del marito, nel 1764, la Dashkova si ritirò dalla vita di Corte. Nel 1769 compì un grande tour in Europa, dove fu accolta come amica dell’imperatrice russa e incontrò Voltaire, Diderot, Adam Smith e Benjamin Franklin.
Quando la Dashkova tornò in Russia, nel 1782, i rapporti con Caterina furono ristabiliti. L’imperatrice la nominò direttrice dell’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo e, poco dopo, Ekaterina fondò l’Accademia Imperiale Russa, per lo studio della lingua russa. Il risultato del suo lavoro fu il Dizionario dell’Accademia Russa in sei volumi.
Tutti gli ultimi anni della vita di Ekaterina Dashkova furono dedicati alla diffusione della cultura. Su sua iniziativa si iniziarono a tradurre in russo le principali opere della letteratura mondiale. In competizione con Caterina la Grande in campo scientifico, Ekaterina Dashkova fu lei stessa una delle grandi figure dell’Illuminismo russo.
“Aleksandr Kurakin a 29 anni”, ritratto del 1781 realizzato dal pittore inglese attivo a San Pietroburgo Richard Brompton (1734-1783)
Galleria Tretjakov/Dominio pubblicoNikita Panin, tutore del granduca Pavel Petrovich (il futuro Paolo I), non aveva figli propri, ma aveva educato fin da piccolo il nipote, il principe Aleksandr Kurakin, che divenne amico del granduca Pavel fin dall’infanzia. Kurakin ricevette la sua educazione all’estero e in seguito accompagnò Pavel Petrovich in molti viaggi, andando con lui anche a Berlino per incontrare la futura moglie di Paolo, Maria Fjodorovna (nata Sofia Dorotea di Württemberg).
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Aleksandr Kurakin era considerato il più brillante degli aristocratici russi. Lo stesso imperatore del Sacro Romano Impero Giuseppe II d’Asburgo-Lorena lo descrisse come “un uomo dalla grande cortesia e con l’atteggiamento dell’alta società”. Negli ambienti dell’aristocrazia europea Kurakin era soprannominato “il principe dei diamanti” per il suo amore per i gioielli con pietre preziose: oro e brillanti tempestavano sempre i suoi cappelli, bastoni, spalline e vestiti.
Quando Paolo salì al trono, il principe Kurakin divenne vice-cancelliere. Sebbene avesse una scarsa conoscenza degli affari di Stato, era un dignitario esperto e si distingueva per la sua età e la sua autorità. Nel 1808-1812 Kurakin diresse l’ambasciata russa in Francia, lasciandola dopo l’inizio dell’invasione napoleonica della Russia.
“Ritratto del principe Aleksander Kurakin” del 1802, realizzato dal pittore Vladimir Borovikovskij (1757-1825)
Galleria Tretjakov/Dominio pubblicoSecondo una leggenda, nel 1810 Kurakin subì un incidente a Parigi che ne causò poi la morte. A un ballo a cui partecipava scoppiò un incendio. Kurakin, da vero aristocratico, non si concesse di lasciare la sala in fiamme finché tutte le dame non se ne furono allontanate. Il “Principe dei diamanti” era letteralmente avvolto in abiti con ricami d’oro: questo gli salvò la vita, ma subì comunque gravi ustioni che ne minarono definitivamente la salute.
Negli ultimi anni della sua vita Kurakin soffrì di gotta e di altri problemi, ma continuò a dare splendidi balli a Mosca e a San Pietroburgo. Essendo stato iniziato ai più alti gradi della Massoneria, fece voto di celibato, ma durante la sua vita generò più di 50 figli fuori dal matrimonio.
“Ritratto del poeta e drammaturgo Aleksej Konstantinovich Tolstoj nella sua giovinezza”, 1836, del pittore Karl Brjullov (1799-1852)
Dominio pubblicoSeguendo la tradizione di far crescere i granduchi insieme ai giovani aristocratici, Aleksej Konstantinovich Tolstoj, poi famoso romanziere e autore de “Il principe Serebrjanyj”, romanzo storico alla Walter Scott di grande successo, divenne amico del futuro Alessandro II. Aleksej Konstantinovich era un cugino di terzo grado di Lev Tolstoj. Aleksej (insieme ad altri giovani aristocratici) fu presentato allo zarevic Aleksandr quando avevano 14 e 13 anni. Rimasero amici per molti anni.
Aleksej stupì lo zarevic e tutto il suo entourage con la sua forza da bogatyr. Era in grado di annodare posate e attizzatoi di metallo, di sollevare facilmente l’erede e di portarlo sulle spalle, e una volta lottò persino con l’imperatore Nicola I in persona. Questo evento è descritto nelle sue memorie dalla damigella d’onore Aleksandra Rosset. “Si stava pavoneggiando e ha proposto all’Imperatore di lottare contro di lui. Sua Maestà gli ha detto: ‘Con me? Ma dimentichi che io sono più forte di te, molto più alto’. ‘Non importa’, ha risposto il ragazzino, ‘Non ho paura di misurarmi con nessuno, sono molto forte, lo so’". Dopo aver ricevuto il permesso di colpire con tutte le sue forze, Aleksej ha lottato a lungo con l’imperatore, alto due metri. Lo zar, respingendo i suoi attacchi con una sola mano, diceva di tanto in tanto: ‘È forte, questo ragazzo, forte e agile’. Accortosi infine che ansimava e respirava a fatica, l’imperatore lo sollevò, lo baciò e gli disse: ‘Bravo, sei un bogatyr!’".
“Ritratto dello scrittore Aleksej Konstantinovich Tolstoj”, del 1879, realizzato da Ilja Repin (1844-1930)
Dominio pubblicoAleksej Tolstoj divenne un funzionario pubblico, anche se era più noto come scrittore. Debuttò nel 1841 con “Il vampiro” (“Upyr”), racconto gotico-fantastico di spirito romantico, e utilizzò spesso lo pseudonimo di “Kozma Prutkov”. Non approfittò dell’amicizia dell’imperatore per fare carriera e dopo il suo ritiro nel 1861 si recò a San Pietroburgo solo raramente. Tuttavia, una volta Aleksej Tolstoj scrisse all’imperatore Alessandro, chiedendogli di intercedere per proteggere l’antica chiesa di San Trifone a Mosca dalla distruzione. L’imperatore non rispose alla lettera.
Gli ultimi anni della vita di Tolstoj furono dedicati ai viaggi in Europa e all’attività letteraria. Il suo romanzo più significativo, “Il principe Serebrjanyj”, fu pubblicato nel 1863. Per i mal di testa cronici, di cui Tolstoj soffrì in vecchiaia, gli furono prescritte iniezioni di morfina, che ne causarono la morte prematura.
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