I dieci registi russi più premiati nei festival internazionali

Con i loro successi a Venezia, a Cannes, agli Oscar e in vari altri concorsi cinematografici di primo piano, hanno fatto conoscere e amare la Russia e la sua arte

10 / Vladimir Menshov (1939-2021)

Non è la quantità, ma la qualità che conta, ancora di più nel mondo del cinema. Ed è esattamente il caso di Vladimir Menshov, che non ha vinto molti premi internazionali durante la sua vita. La sua vittoria più importante, però, ne vale mille. Menshov, cresciuto nel Sud della Russia, ha realizzato solo una manciata di film nella sua carriera, ma tutti sono entrati nel cuore della gente. “Mosca non crede alle lacrime” (“Москва слезам не верит”, 1980), incentrato su tre amiche che vivono insieme in un dormitorio studentesco di Mosca e sono determinate a sfondare nella grande città, si è dimostrato un film molto coinvolgente e ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero nel 1981! Il film ha portato al regista sovietico fama in patria e all’estero. Menshov conosceva la natura umana come nessun altro e anche il suo film successivo divenne un successo al botteghino russo. “Ljubov i golubi” (“Любовь и голуби”; ossia “L’amore e i colombi”; 1984) è una commedia sociale dal fascino universale. Ebbe enorme successo e ottenne il primo premio al festival internazionale del cinema di Torremolinos, in Spagna.

9 / Gleb Panfilov (1934-)

Nato a Magnitogorsk, una città industriale nella Regione di Cheljabinsk, Gleb Panfilov si è inizialmente specializzato in chimica prima di passare al cinema. Ha realizzato il suo primo film, “Nessun orizzonte oltre il fuoco” (“В огне брода нет”), nel 1968. Nel 1969, il dramma ha vinto il Pardo d’Oro al Festival Internazionale del Film di Locarno. Era solo l’inizio dei premi internazionali per lui. “Il debutto” (“Начало”, 1970), un dramma romantico sovietico sulle difficoltà dell’amore, portò a Panfilov il Leone d’argento al festival di Venezia nel 1971. Durante le riprese del film, Panfilov aveva sposato una giovane attrice emergente di nome Inna Churikova, che divenne la sua musa e portò carisma e saggezza senza precedenti in tutti i suoi film successivi. Il successivo capolavoro di Panfilov, “Tema” (“Тема”; 1979), anch’esso interpretato dalla Churikova, fu premiato con l’Orso d’Oro al Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Anche il potente dramma sociale di Panfilov “Chiedo la parola” (“Прошу слова”; 1975) è stato premiato: al festival di Karlovy Vary nel 1976. 

8 / Larisa Shepitko (1938-1979)

Larisa Shepitko fece il suo debutto alla regia nel 1963 con il film “Calura” (“Зной”).  Il dramma, basato sul racconto di Chingiz Ajtmatov “Occhio di cammello”, vinse il Gran Premio al Festival Internazionale di Karlovy Vary quell’anno. Lavorando al film, Larisa incontrò l’amore della sua vita, Elem Klimov (il futuro regista di “Va’ e vedi”). Negli anni Settanta, la Shepitko realizzò film autoriflessivi e socialmente rilevanti, come “Tu e io” (“Ты и я”; 1971), che vinse il Leone d’Argento al Festival di Venezia, e “L’ascesa” (“Восхождение”, 1976), il primo film sovietico a vincere l’ambito Orso d’Oro al Festival di Berlino, nel 1977. La sua firma stilistica è stata apprezzata in tutto il mondo. Ambientato durante la Seconda guerra mondiale, “L’ascesa” è anche nella lista della BBC dei più grandi film di registe donne, all’undicesimo posto, tra “Zero Dark Thirty” di Kathryn Bigelow (2012) e “Daughters of the Dust” di Julie Dash (1991).

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7 / Mikhail Kalatozov (1903-1973)

Se volete guardare un solo film sulla Seconda Guerra Mondiale, scegliete “Quando volano le cicogne” (“Летят журавли”; 1957), e non ve ne pentirete. Pieno di primi piani e inquadrature mozzafiato, è l’unico film sovietico ad aver vinto l’ambita Palma d’Oro al Festival Internazionale del Cinema di Cannes. Il film di Mikhail Kalatozov si colloca tra i migliori film di guerra mai realizzati al mondo! Nel 1958, Tatjana Samojlova, spesso definita “l’Audrey Hepburn russa", fu premiata a Cannes come “l’attrice più modesta e affascinante”. Il suo ritratto di Veronika, una giovane donna la cui vita deraglia dopo che il suo fidanzato parte per la guerra, divenne la sua parte più nota interpretata in carriera. 

Il dramma di Mikhail Kalatozov “Zagovor obrechjonnykh” (“Заговор обречённых”, ossia “La cospirazione degli spacciati”; 1950) ottenne un premio al festival di Karlovy Vary, mentre il suo dramma poco ortodosso “Soy Cuba” (“Я — Куба”; 1964) che all’epoca dell’uscita fu un fiasco e venne accusato di eccessivo formalismo e di essere estraneo all’anima cubana, è stato poi riscoperto e rivalutato da Martin Scorsese e Francis Ford Coppola negli Anni Novanta. I due grandi registi di Hollywood hanno aiutato a restaurare la pellicola, che è stata proiettata in vari festival internazionali.

6 / Sergej Bondarchuk (1920-1994)

Il colossal di sei ore di Bondarchuk “Guerra e Pace” (“Война и мир”; 1967) è stato il primo film sovietico a vincere l’Oscar come miglior film straniero nel 1969. La pellicola si aggiudicò anche il Golden Globe come miglior film straniero. Pieno di tensione e saggezza, il film racconta gli eventi della Guerra Patriottica del 1812, visti attraverso gli occhi di cinque famiglie aristocratiche russe. Il film ha richiesto sette anni di lavorazione, diventando la produzione più costosa mai realizzata in Urss. Lo stile narrativo tipico di Tolstoj, le scene di battaglia epiche e i personaggi carismatici prendono vita in questo capolavoro cinematografico. Probabilmente non c’è nessun altro dramma d’epoca di così ampia portata e commovente come la saga in quattro parti di Bondarchuk.

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5 / Nikita Mikhalkov (1945-)

Figlio del poeta Sergej Mikhalkov (autore dei testi degli inni nazionali sovietico e russo), la prima grande esperienza di recitazione di Nikita Mikhalkov arrivò nel 1963. Mentre era ancora uno studente, recitò in uno dei film preferiti dai russi, “A zonzo per Mosca”  ( “Я шагаю по Москве”; 1963). Sono passati molti anni da allora, e Mikhalkov è diventato uno dei registi russi più influenti. È stato nominato tre volte per l’Oscar agli Academy Awards, vincendo il premio per il Miglior film straniero nel 1995 per il suo film “Sole ingannatore” (“Утомлённые солнцем”; 1994). Tra i suoi premi internazionali ci sono anche il Leone d’oro del Festival di Venezia per “Urga - Territorio d’amore” (“Урга — территория любви”; 1991), e il Grand Prix del Festival di Cannes per “Sole ingannatore”.

Nel 2007, il dramma “12” di Mikhalkov ha vinto un premio speciale della giuria al Festival di Venezia. È un remake del film di Sidney Lumet del 1957 “La parola ai giurati” (“12 Angry Men”). “12” di Mikhalkov ha poco a che spartire con il vecchio classico, tranne per il fatto che entrambi i film si concentrano su un processo per omicidio. Un ragazzo ceceno di 18 anni è accusato di aver ucciso il suo patrigno, un ufficiale russo. Dodici giurati sono chiusi nella palestra di una scuola di Mosca per decidere il suo destino. La decisione deve essere unanime, ma quando è in gioco la vita di qualcuno, c’è sempre spazio per l’esitazione, e le tensioni aumentano.

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4 / Aleksandr Sokurov (1951-)

Sokurov si è fatto un nome come regista cinematografico senza compromessi, capace di ambire alla vittoria nei maggiori festival internazionali, tra cui Cannes e Berlino. Il suo debutto, “La voce solitaria dell’uomo” (“Одинокий голос человека”; 1978), bloccato dalla censura in Unione Sovietica, vinse il Pardo di bronzo a Locarno nel 1978. L’altro suo capolavoro, “Moloch” (“Молох”; 1999), rappresenta un giorno nella vita di Adolf Hitler e Eva Braun. Il film è stato in corsa per la Palma d’Oro al Festival di Cannes del 1999, e lo sceneggiatore di Sokurov, Jurij Arabov, ha vinto l’ambito premio per la Migliore sceneggiatura. Nel 2007, Sokurov ha ricevuto il “Premio Robert Bresson” al Festival di Venezia. Il prestigioso premio viene dato agli artisti la cui opera promuove “il difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della nostra vita”. Il suo “Faust” (“Фауст”; 2011) ha ottenuto l’ambito Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Decostruendo l’immagine di Mefistofele, Sokurov ha dato agli spettatori alcuni indizi sul perché un male che consuma tutto tende a essere più potente della verità che conquista. Nel 2017, il regista di San Pietroburgo ha ricevuto un premio alla carriera dalla European Film Academy per il suo “lavoro eccezionale nel campo della regia, della drammaturgia e della cinematografia”. È anche un grande pedagogo e la sua scuola ha lanciato giovani registi pluripremiati come Kantemir Balagov e Kira Kovalenko

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3 / Andrej Konchalovskij (1937-)

Se non avesse incontrato Andrej Tarkovskij (con il quale ha lavorato al celebre film “Andrej Rublev” (1966), Konchalovskij sarebbe sicuramente diventato un pianista (ha studiato al Conservatorio di Mosca ed era un musicista di talento). In una carriera che ha attraversato più di cinque decenni, la sua autentica passione per il cinema non si è però mai spenta. L’instancabile regista di film americani come “Tango & Cash” (1989) e “A 30 secondi dalla fine” (“Runaway Train”; 1985) è uno dei pochi registi russi il cui nome è diventato sinonimo di un universo cinematografico occidentalizzato. Konchalovskij (che è fratello di  Nikita Mikhalkov) ha vinto un Emmy per la regia della miniserie televisiva NBC del 1997 “L’Odissea“ (“The Odyssey”). Il suo “Dom Durakov - La casa dei matti” (“Дом дураков”; 2003), ambientato in un istituto psichiatrico ceceno, gli è valso il Leone d’argento al Festival di Venezia. Konchalovskij ha vinto due Leoni d’argento per la migliore regia sempre a Venezia: nel 2014 per “Le notti bianche di un postino” (“Белые ночи почтальона Алексея Тряпицына”) e nel 2016 per “Paradise“ (“Рай"). Ambientato durante la Shoah, il dramma, interpretato dalla moglie di Konchalovskij, Julija Vysotskaja, descrive la relazione tra una detenuta di un campo di concentramento e un ufficiale delle SS. L’ultimo film di Konchalovskij ad essere uscito, “Dorogie tovarishchi!” (“Дорогие товарищи!”, ossia “Cari compagni!”; 2020), basato su una storia vera di un drammatico sciopero represso nel sangue nel 1962 in Unione Sovietica, ha vinto il Premio Speciale della Giuria alla 77ª Mostra del Cinema di Venezia.

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2 / Andrej Tarkovskij (1932-1986)

Decine di tesi di dottorato, articoli e libri sono stati dedicati a uno dei più venerati registi russi, Andrej Tarkovskij. Era un genio del cinema, i cui film sofisticati sono ancora studiati nel dettaglio da cinefili e fan di tutto il mondo. “L’infanzia di Ivan” (“Иваново детство”; 1962), il suo debutto, giustapponeva i momenti strazianti della guerra e la vita pacifica prima del conflitto, e ritraeva un ragazzo che aveva perso sua madre, sua sorella e suo padre. Girato in bianco e nero e pieno di sequenze di sogni sconvolgenti e flashback inquietanti, “L’infanzia di Ivan” ha mostrato il lato più catastrofico della Seconda Guerra Mondiale, attraverso gli occhi di un bambino. Il capolavoro di Tarkovskij gli valse il Leone d’Oro al Festival di Venezia e il Golden Gate Award al San Francisco International Film Festival. 

Tarkovskij ha poi realizzato drammi esistenziali profondamente commoventi e avvincenti. Il suo film “Andrej Rublev” (“Андрей Рублёв”; 1966), sul leggendario pittore russo di icone del XV secolo, ha vinto il “Premio Fipresci” al Festival di Cannes nel 1969.

Il fantascientifico “Solaris” (“Солярис”; 1972), basato su un romanzo del polacco Stanisław Lem, ha vinto il Gran Premio della Giuria e il Premio Fipresci a Cannes. Ipnotico e inquietante, il film venne girato in Giappone, a Mosca e in Crimea, e affronta il tema della lotta tra psiche e carattere, natura e scienza, amore e demoni. Il suo film “Stalker” (“Сталкер”; 1979) ha vinto il "Premio della giuria ecumenica" al Festival di Cannes, mentre “Sacrificio” (“Offret”; 1986; prodotto in Svezia) venne presentato al Festival di Cannes e ricevette il Gran Premio Speciale della Giuria, il “Premio Fipresci” e il “Premio della giuria ecumenica”. 

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1 / Andrei Zvjagintsev (1964-)

Il regista di origine siberiana ha guadagnato immediatamente la celebrità dopo aver ricevuto il Leone d’oro a Venezia nel 2003 per il suo primo lungometraggio, “Il ritorno“ (“Возвращение”; 2003), una potente parabola di padri e figli vittime del loro destino. Il suo secondo film, “Izgnanie”(“Изгнание”, ossia “La cacciata”, “L’esilio”; 2007), ha ottenuto recensioni generalmente positive, con l’attore principale, Konstantin Lavronenko, nominato “Miglior Attore” dalla giuria di Cannes nel 2007. Il terzo film di Zvjagintsev, “Elena” (“Елена”; 2011), ha esemplificato lo stile realista del regista. È stato presentato in anteprima al Festival di Cannes, dove è stato insignito del Premio speciale della giuria nel 2011. Nel 2019, questo dramma familiare è diventato l’unico film russo a entrare nella lista dei 50 migliori film degli anni Dieci del Duemila, compilata dalla rivista “Rolling Stone”. Anche la sua opera successiva, “Leviathan” (“Левиафан”; 2014) è stata presentata al Festival di Cannes, dove ha ottenuto l’ambito premio per la Miglior sceneggiatura. La sua ultima fatica, “Loveless” (“Нелюбовь”; 2017), ha toccato il tema della disperazione e si è concentrato su un figlio trascurato dai genitori che stanno per divorziare e sono già impegnati in nuove relazioni. Il film è valso ad Andrej Zvjagintsev il premio della giuria al 70° Festival di Cannes. “Loveless” ha anche vinto la più alta onorificenza cinematografica francese, il Premio César, come miglior film straniero. Il dramma di 127 minuti è stato anche nominato all’Oscar nella categoria Miglior film in lingua straniera.

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