Il rapporto soffocante con un padre iperprotettivo al centro del film russo candidato all’Oscar

Кira Kovalenko/Non-Stop Production, AR Content, 2021
Opera della giovane regista Kira Kovalenko, questo dramma girato in lingua osseta è incentrato su delle relazioni familiari asfissianti, con alle spalle le cicatrici di una delle peggiori tragedie della Russia moderna, Beslan

Razzhimája kulakí (“Разжимая кулаки”), titolo per il mercato estero “Unclenching the fists” (ossia: “Aprendo i pugni”) è il candidato agli Oscar 2022 proposto dalla Russia nella categoria “Miglior film internazionale” (quello per l’Italia è “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino). Il film russo, della regista Kira Kovalenko (1989-), è pieno di suspense, disperazione e devastazione. Ma c’è qualche luce alla fine del tunnel?

Evidenzia il problema universale dell’iperprotezione

Ada e Akim in

Zaur, uomo di mezza età, è uno di quelli che nel mondo anglosassone chiamano “helicopter parents”, “genitori elicottero”, ossia che intervengono nella vita dei figli in ogni singolo momento, non lasciando loro la minima indipendenza. Ha tre figli ormai grandi che sono costretti ad adattarsi all’eterna iperprotezione paterna. La famiglia vive nel villaggio di Mizur, in alta montagna, nell’Ossezia Settentrionale-Alania, dove, per generazioni, i giovani hanno obbedito agli anziani e le donne agli uomini. Ma i tempi cambiano, e anche le persone e la loro visione del mondo. Quindi, alla prima occasione disponibile, il figlio maggiore di Zaur, Akim, fugge nella grande città più vicina, Rostov sul Don per cercare lavoro. Il fratello minore, Dakko, è ancora un adolescente spensierato, a cui il padre non permette di andare a scuola. Ma è l’adorabile figlia di Zaur, Ada, a vivere una vita fragile, piena di ansia e paura. Il suo posto è a casa, come si suol dire, con la routine domestica destinata a rimanere per sempre l’unico suo compito legittimo. L’amore soffocante di suo padre, un maniaco del controllo che rinchiude i suoi due figli e proibisce ad Ada di portare i capelli lunghi, per non parlare dei profumi, è estremamente dannoso. Ada trova lavoro come commessa in un piccolo negozio, ma Zaur nasconde i suoi documenti per costringere sua figlia a restare con lui a ogni costo. Non vuole nemmeno che la povera creatura si sottoponga a un intervento chirurgico tanto necessario (Ada ha problemi con il controllo della vescica e per questo è in costante imbarazzo). Possiamo solo immaginare perché suo padre sia contrario all’intervento chirurgico, se per puro egoismo o, forse, perché la procedura medica è ritenuta troppo intima per una giovane donna nubile del Caucaso.

Milana Aguzarova nel ruolo di Ada nel film

Contrariamente a Mefistofele, il padre tiranno di Ada è “parte di quel potere che vuole eternamente il bene e opera eternamente il male” e, tuttavia, il cuore compassionevole di Ada rimane legato all’uomo autoritario. Quello che vive Ada è qualcosa di simile alla sindrome di Stoccolma. I suoi problemi e le sue paure interiori sono così profondi che persino la semplice prospettiva di un’eventuale libertà la fa inorridire.

Ha come protagonista una sopravvissuta a un attacco terroristico

Il film di Kira Kovalenko è pieno di rivelazioni, e mentre Ada sta pianificando di sfuggire dalla stretta d’acciaio di suo padre, scopriamo che la sua famiglia si è trasferita a Mizur dopo l’assalto terroristico alla scuola di Beslan. Si viene a sapere che Ada è una sopravvissuta all’orribile attacco, e ha cicatrici su tutto il corpo. L’atto terroristico più sanguinoso nella storia della Russia ha avuto luogo a Beslan, una piccola cittadina dell’Ossezia del Nord, nel settembre del 2004, e ha causato la morte di oltre 330 persone, tra cui 186 bambini. Il film di Kira Kovalenko fa un ottimo lavoro nel mostrare un personaggio le cui cicatrici fisiche e mentali della tragedia non guariranno mai.

Vi recitano attori non professionisti ed è stato girato in lingua osseta

Dakko e Ada in

È risaputo che la Russia è un paese multiculturale, popolato da oltre 190 etnie. Più di 100 lingue e dialetti sono utilizzati in tutto il Paese. Per evidenziare questa enorme varietà culturale, Kira Kovalenko ha deciso di andare controcorrente e di girare un film russo in lingua osseta. Inoltre, la Kovalenko, che è molto esigente sul set, ha voluto portare l’autenticità assoluta in scena e quindi ha utilizzato principalmente attori non professionisti. Entrambi i fratelli di Ada sono (brillantemente) interpretati da giovani ragazzi che non hanno alcun background di recitazione. Ada (Milana Aguzarova) e il suo soffocante padre (Alik Karaev) sono gli unici interpreti con una formazione da attori, e il loro talento è fuori discussione.

È diretto da una regista emergente

La regista russa Kira Kovalenko

Kira Kovalenko, nata nel 1989, è un’ex studentessa del grande regista Aleksandr Sokurov, che ha ricevuto il premio alla carriera dall’European Film Academy nel 2017.

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Con i suoi capelli rossi fuoco e il suo aspetto sbalorditivo, Kira Kovalenko sarebbe potuta diventare una sirena del grande schermo, facendo l’attrice. Ribelle nel cuore, ha però scelto una strada diversa e difficile, quella dietro alla cinepresa. È nata nella città di Nalchik, capitale della Cabardino-Balcaria, nel Caucaso settentrionale, ma in realtà non aveva mai pianificato di diventare una regista. Kira è arrivata a Mosca per lavorare come web designer, ma presto si è resa conto che il design non era quello che faceva per lei. Quindi è tornata a Nalchik e si è iscritta ai corsi di studio del cinema di Aleksandr Sokurov, uno dei più importanti registi viventi. È lì che è nato il suo amore per il cinema.

Come un altro famoso studente di Sokurov, Kantemir Balagov (che ha recentemente finito di lavorare all’episodio pilota dell’adattamento della HBO del videogioco horror di sopravvivenza “The Last of Us”), la Kovalenko ha occhio per i personaggi non convenzionali e orecchio per i soggetti sensibili. Questo è il suo secondo lungometraggio, dopo “Sofichka”, film del 2016 girato in lingua abcasa e basato sul libro omonimo di Fazil Iskander (1929-2016).

Ha ricevuto il plauso della critica e premi nei festival

Prodotto da Aleksandr Rodnjanskij, uno dei nomi principali dell’industria cinematografica russa, “Unclenching the fists” è stato presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes nel 2021 (il titolo in francese era “Les Poings desserrés”). Questa piccola pellicola dall’ampio appeal universale ha ricevuto buone recensioni ed è diventato il primo film russo nella storia a vincere il Grand Prix nel programma “Un Certain Regard”.

Il film della Kovalenko è stato presentato anche al 59° New York Film Festival, insieme a pellicole di registi del calibro di Todd Haynes, Bruno Dumont e Paul Verhoeven.

“Unclenching the fists” ha poi sventolato la bandiera della Russia al 46° Toronto International Film Festival (TIFF) e al 69° Festival internazionale del cinema di San Sebastián

Affrontando temi come la mancanza di libertà e la dipendenza emotiva, “Unclenching the fists” non ha lo scopo di intrattenere, e immerge invece gli spettatori nell’atmosfera soffocante della disperazione. Lo stile narrativo lento della Kovalenko funziona sia a livello emotivo che spirituale, rendendo argomenti sensibili accessibili al pubblico ovunque si trovi. Infine, bisogna sottolineare che la giovane regista racconta questa storia senza neanche un accenno di moralismo, e già questo merita un grande ringraziamento.

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