La tragedia di Beslan, dieci anni dopo

La "Città degli angeli", dove riposano le vittime del terribile attentato terroristico (Foto: archivio personale)

La "Città degli angeli", dove riposano le vittime del terribile attentato terroristico (Foto: archivio personale)

Il 1° settembre 2004 la cittadina nell'Ossezia del Nord fu teatro di uno dei più spietati crimini nella storia dell’umanità: un gruppo di terroristi prese d'assalto la scuola durante la festa di inizio anno. Le vittime furono oltre trecento. Che ne è stato dei testimoni di quella strage?

L'anno scolastico a Beslan non comincerà mai più il 1° settembre. I bambini vanno a lezione solo dal 5 settembre. C'è però qualcuno che ogni anno si incammina verso la scuola la mattina presto del primo giorno d'autunno. Rita Sidakova si copre il capo con un fazzoletto nero in segno di lutto e si avvia a lenti passi per una strada che conosce bene, quella per cui sua figlia correva a scuola ogni mattina. Rita entra nella palestra della scuola, distrutta dalle esplosioni e dall'incendio. È capace di restarvi in piedi per un giorno intero, a volte per due, senza mangiare e senza bere, proprio come fece la sua figlioletta di nove anni, che trascorse qui, sotto la mira dei mitragliatori, le ultime ore della sua vita.  

Alla, figlia di Rita Sidakova, morta durante l’attentato (Foto: archivio personale)

Tre giorni senz'acqua

"Alla era la mia unica figlia, l'avevo aspettata per tanto tempo e la stavo crescendo da sola. Quella mattina la preparai per andare a scuola, e io andai al lavoro. Ricordo che mentre ero seduta in ufficio improvvisamente ebbi un sussulto e guardai l'orologio: erano le nove e un quarto. Come venni a sapere in seguito, proprio a quell'ora erano risuonati i primi spari nel cortile della scuola. Una decina di minuti dopo squillò il telefono: Che cosa fai ancora lì? Hanno assaltato la scuola!", ricorda Rita.

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Il tempo sembrava non passare mai. Il 3 settembre, dopo che due esplosioni risuonarono all'interno della scuola, cominciò l'operazione delle forze dell'ordine. Alcuni ostaggi riuscirono a uscire vivi dall'edificio. Molti altri morirono là dentro.

La piccola Alla fu sepolta nella "Città degli angeli": così è chiamata quella parte del cimitero di Beslan dove riposano le vittime del terribile attentato terroristico.

"Vi siamo molto grati perché condividete il nostro dolore. La bontà e la partecipazione delle persone di tutto il mondo ci danno forza e alleviano la nostra sofferenza. Voi ci rendete più forti", afferma.

Madina Tokaeva, insieme al marito e al figlio. All'epoca dell'attentato aveva quindici anni (Foto: archivio personale)

Pregavamo e avevamo fiducia

Quelle giornate di settembre sono indimenticabili anche per tutti coloro che sono sopravvissuti alla terribile tragedia. Gli ex ostaggi vengono in questo luogo da cui poterono uscire vivi per rendere omaggio a quanti non riuscirono a salvarsi. Tra di loro c'è la venticinquenne Madina Tokaeva. All'epoca dell'attentato aveva quindici anni.

"Le nostre condizioni erano spaventose. Gli ostaggi erano seduti sul pavimento della palestra, lungo il perimetro della quale i terroristi avevano teso dei cavi. Ci dicevano che presto saremmo morti tutti quanti. Stavamo così stretti che non c'era spazio nemmeno per stendere le gambe. Ma anche in una simile situazione trovavamo il modo di dormire".

Madina in seguito a un'esplosione ha riportato numerose lesioni, la più grave delle quali alla testa. I feriti più gravi venivano trasportati nei centri medici federali: Madina e altri undici ragazzi feriti furono portati a bordo di un aereo militare a Rostov, all'ospedale pediatrico regionale. Qui la ragazza fu sottoposta a un'operazione al cervello nel corso della quale le venne estratta una scheggia. Per rimettere in piedi la giovane fu necessario un lavoro enorme. Uscita dall'ospedale di Rostov, Madina seguì un percorso di riabilitazione all'estero.

Il ruolo dell'Italia
a Beslan 

"Ora sono sposata. Mio figlio ha quattro mesi. La vita continua, nonostante tutto", dice la ragazza, ex-ostaggio dei terroristi.

"Voglio salvare delle vite"

Alan Kulov ha poco meno di ventidue anni. Frequenta il quinto anno dell'accademia di medicina. Da dieci anni a questa parte il ragazzo vive per sé e per il fratello minore, Oleg, che è rimasto per sempre un bambino di otto anni.

Il 3 settembre del 2004 Alan sopravvisse miracolosamente alle ferite riportate. Una scheggia di metallo gli si conficcò nella testa, un'altra nella schiena, vicino alla spina dorsale. Per un anno trascorse molto tempo negli ospedali, e gli venne riconosciuta l'invalidità. Grazie all'aiuto dei medici e alla tenacia del ragazzo, lo status di invalido gli è già stato revocato.

"Ovviamente, ciò che è accaduto ha lasciato un segno: quando è stato il momento di scegliere la sua futura professione, mio figlio ha detto: Voglio salvare vite umane! All'inizio sognava di entrare nei corpi speciali dell'esercito, ma la salute non glielo consentiva, e allora ha deciso di dedicarsi alla medicina.  Ora studia per diventare stomatologo ed è il mio migliore aiutante", racconta Zhanna Kulova, la madre di Alan.  

Un alto prezzo

Le donne che nell'attentato hanno perso i loro figli e le loro figlie si sono riunite nel comitato "Le madri di Beslan". Rita Sidakova ha trovato proprio nell'attività sociale un modo per ridare senso alla sua vita. Da allora vive sola. Alla possibilità di mettere al mondo un altro figlio, come hanno fatto tante altre famiglie, non ha mai pensato.

"Uno dei nostri obiettivi principali è quello di aiutare le vittime dal punto di vista sociale, aiutarli a seguire la riabilitazione, e tramandare il ricordo di quanti sono morti.  E poi, ancora oggi desideriamo con forza che vengano puniti coloro per colpa dei quali avvenne questo attentato terroristico. Quelli che permisero che i terroristi entrassero a Beslan e si introducessero in una scuola di bambini. E anche le modalità con cui si svolse il blitz suscitano molte domande", afferma Rita Sidakova.

Ogni anno a Beslan, alle 9:15 del 1 settembre vengono lasciati andare verso il cielo un mare di palloncini.  Fu proprio a quell'ora che nel cortile della scuola si udirono i primi spari, e i piccoli allievi spaventati aprirono le manine tutti insieme lasciando sfuggire i loro palloncini. Il 3 settembre nella "Città degli angeli", accompagnati dal monotono ticchettio del metronomo, vengono letti 333 nomi. E altrettanti palloncini bianchi ancora una volta volano verso il cielo, come anime di bambini.

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