I cinque grandi film di Andrej Zvjagintsev che dovete assolutamente guardare

Andrej Zvyagintsev/Non-Stop Production, 2017
Spesso dicono di lui che è l’“Ingmar Bergman” russo. Di sicuro, è uno di quei registi grazie ai quali la cinematografia russa ha ritrovato negli ultimi anni premi internazionali e un pubblico appassionato in giro per il mondo

Andrej Zvjagintsev (1964-) sognava di diventare un regista sin dall’infanzia, trascorsa in Siberia, a Novosibirsk. Ispirato da Andrej Tarkovskij, Robert Bresson e Michelangelo Antonioni, Zvjagintsev è riuscito a creare il proprio linguaggio cinematografico. In gioventù ha studiato recitazione, ma ha iniziato a dedicarsi alla regia solo alla soglia dei quarant’anni, e non è mai stato interessato a intrattenere con film da popcorn, ma è piuttosto alla ricerca di persone con cui condividere le sue paure e debolezze. I suoi film sono quasi universali nel loro fascino esistenzialista, e affrontano i temi dostoevskiani di ingiustizia, sofferenza e tradimento con un tocco moderno. I film di Zvjagintsev hanno sempre significati non univoci, e molti livelli di senso.

5 / “Izgnanie” (2007)

In “Izgnanie” (“Изгнание”; ossia “Esilio”; noto all’estero anche con il titolo inglese “The Banishment”), Zvjagintsev illumina gli angoli più oscuri e remoti della mente umana. Il regista russo studia le sfumature, le sottigliezze e le complessità dell’anima umana attraverso le relazioni familiari. Alex, Vera e i loro due figli trascorrono l’estate in un luogo dimenticato da Dio. Vera non è contenta di Alex e il giorno in cui scopre di essere incinta, questo provoca in lei una tempesta di sentimenti contrastanti. Alex interpreta la confusione e l’ansia della sua bellissima moglie come una prova della sua infedeltà. La gelosia si rivelerà solo la prima sfida di una serie di prove che l’uomo dovrà affrontare.

Il film è ambientato in un Paese pittoresco senza nome (le riprese si sono svolte in Belgio, Francia e Moldova). Il dramma è interpretato dall’attrice svedese Maria Bonnevie e da uno degli attori preferiti di Zvjagintsev, Konstantin Lavronenko, che per questa sua prova ha vinto il premio per il Miglior attore al Festival di Cannes 2007.

Molti critici hanno descritto il film come sconvolgente, mentre altri si sono lamentati del fatto che sollevi domande metafisiche senza fornire risposte dirette. Ma “Izganie” non è tanto una questione di domande e risposte, quanto di profonda solitudine e disperazione in alcune delle sue forme più tragiche.

4 / “Leviathan” (2014)

Uno scenario suggestivo, dialoghi fantastici, bella musica (il celebre compositore americano Philip Glass ha scritto la colonna sonora) e un retrogusto amaro. “Leviathan” (in russo: “Левиафан”; “Leviafan”); è ambientato in una cittadina sul mare della provincia russa (le riprese si sono svolte nel remoto insediamento settentrionale di Teriberka, sulle rive del Mare di Barents). Uno dei suoi sfortunati residenti, Nikolaj (interpretato da Aleksej Serebrjakov) affronta un sindaco grottescamente corrotto dopo aver scoperto che la sua casa sarà demolita per costruire al suo posto una chiesa.

Il protagonista combatte una battaglia persa contro il sindaco, e tutta la sua vita va a pezzi. Un tentativo di resistere all’illegalità e al disordine trasforma Nikolaj in un “eroe del nostro tempo”. Secondo Zvjagintsev, la resistenza al male è dolorosa, pericolosa, condannata, ma inevitabile. E questa, tra l’altro, è l’idea cristiana alla base di questo dramma sociale. Il quarto lungometraggio di Zvjagintsev ha vinto il Golden Globe come miglior film in lingua straniera, la prima volta per la Russia! Il film è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes, dove ha anche vinto l’ambito premio alla “Miglior sceneggiatura” nel 2014.

3 / “Il ritorno” (2003)

Andrej Zvjagintsev ha conquistato subito la fama dopo aver vinto il Leone d’Oro a Venezia nel 2003 con “Il ritorno” (in russo: “Возвращение”; “Vozvrashchenie”), il suo primo lungometraggio.

Gli adolescenti Ivan e Andrej vivono serenamente senza il padre da dodici lunghi anni, finché, un giorno, la madre chiede loro di fare silenzio, perché il padre è improvvisamente tornato a casa, e sta dormendo. Per recuperare il tempo perduto, l’uomo autoritario porta i due fratelli a pesca in laghi lontani. Questo viaggio epico cambierà la vita di tutti, con il conflitto interiore che si intensificherà fino al punto di non ritorno.

Lo stile narrativo di Zvjagintsev è diretto, energico e semplice, eppure ti colpisce come un proiettile. La storia sarebbe potuta accadere praticamente ovunque, in qualsiasi momento, a chiunque. “Il ritorno” è una potente parabola del rapporto tra padri e i figli e del destino, che torna come un boomerang. L’atmosfera opprimente di suspense è interpretata dal regista e dal suo eccezionale direttore della fotografia Mikhail Krikhman con tale intensità che quasi dimentichi di respirare. Uno spettatore attento noterà sicuramente che il giorno dell’arrivo del padre i ragazzi esaminano un’illustrazione della Bibbia: “Abramo sacrifica suo figlio Isacco”. In effetti, il film di Zvjagintsev si svolge durante i sette giorni “biblici” della Creazione, da domenica a sabato. Ivan e suo fratello vedono per la prima volta il padre addormentato quando torna a casa dopo 12 anni di assenza, e in questa scena, così come nell’ultima scena del film, assomiglia al Cristo morto del famoso dipinto del 1480 del maestro italiano Andrea Mantegna. “Il ritorno”, insomma, è zeppo di parallelismi mitologici e connotazioni bibliche, ma potete fare benissimo a meno di capirle e godervi comunque il film come uno straordinario thriller psicologico.

2 / “Elena” (2011)

Mentre i primi due film di Zvjagintsev erano vagamente legati alla realtà, il suo terzo lungometraggio, “Elena” (in russo: “Елена”), esemplifica lo stile realista del regista e le sue incrollabili osservazioni sulla complessità del carattere umano. È la storia della drammatica relazione di una donna della classe lavoratrice con il suo anziano marito ricco e un figlio adulto emarginato avuto dal suo primo matrimonio. Elena, sulla cinquantina, si ritrova tra Scilla e Cariddi, bloccata da qualche parte tra il paradiso dell’appartamento del marito nel centro di Mosca e l’inferno del sobborgo povero della famiglia di suo figlio, i cui abitanti succhiano spudoratamente soldi ai loro parenti arricchiti. Per rendere la vita di tutti “più facile”, Elena (brillantemente interpretata da Nadezhda Markina) dovrà fare una fatidica scelta morale.

Questo lavoro di Zvjagintsev è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes, dove è stato insignito del “Premio speciale della giuria” nel 2011. Nel 2019, il dramma familiare è diventato l’unico film russo a entrare nell’elenco dei 50 migliori film degli anni Dieci del Duemila, redatto dalla rivista “Rolling Stone”.

1 / “Loveless” (2017)

In “Loveless” (in russo: “Нелюбовь”, “Neljubov”) Zvjagintsev mette sotto il microscopio una coppia moscovita alle prese con un difficile divorzio. Sono ancora ufficialmente sposati, ma sono ormai completamente estranei. Entrambi hanno già altre storie: Boris vive con la sua nuova fidanzata che ha messo incinta, mentre Zhenja si gode il sesso con il suo nuovo ricco amante. Senza nemmeno preoccuparsi di capire come il divorzio influenzerà il figlio di 12 anni, Aljosha, i genitori egoisti continuano a vivere la loro vita a pieno e mostrano un’indifferenza criminale per la sofferenza del figlio. La loro riluttanza ad affrontare la realtà si ritorcerà contro quando il ragazzo, di cui nessuno si preoccupa, scompare improvvisamente. Sarà troppo tardi per recuperare ciò che è stato perso. “Loveless” vi farà sentire impotenti e senza speranza. Ma è quella potente sensazione di angoscia che potrebbe anche servire da brusco risveglio per molti.

Andrej Zvjagintsev ha ricevuto il premio della giuria al 70° Festival di Cannes per questa sua opera. “Loveless” ha anche vinto il più alto riconoscimento cinematografico francese, il Premio César, come miglior film straniero. Il dramma di 127 minuti si è guadagnato anche una nomination all’Oscar nella categoria Film in lingua straniera.


LEGGI ANCHE: Quattro buoni motivi per vedere “Loveless” 

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie