Quali erano gli scrittori russi più apprezzati da Lev Tolstoj?

Cultura
ALEKSANDRA GUZEVA
L’autore di “Guerra e Pace” era un tipo piuttosto scontroso e amava criticare i colleghi con una certa durezza. Eppure trovò anche qualche libro altrui che gli andò a genio e che si sentì di consigliare

La biblioteca di Lev Tolstoj (1828-1910) ospita un numero smisurato di libri, e molti lo scrittore li lesse nella versione originale: conosceva infatti circa 15 lingue. Dagli antichi pensatori orientali alle ultime novità della letteratura russa, Tolstoj cercava di trovare il tempo per conoscere tutto. Ha lasciato recensioni di molti libri, scrivendo le sue impressioni in lettere ad amici ed editori. Negli anni Novanta dell’Ottocento, ha persino compilato un elenco dei libri più importanti e li ha ordinati secondo l’età in cui sarebbe meglio leggerli.

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Si sa che Tolstoj amava particolarmente Victor Hugo e Charles Dickens, mentre non gli piaceva per niente William Shakespeare e non lo convinceva del tutto Aleksandr Pushkin. Inoltre detestava le commedie di Anton Chekhov, e in generale preferiva la prosa alle poesie.

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Ma quali sono gli scrittori russi che Tolstoj apprezzava di più?

Aleksandr Pushkin (1799-1837)

Sì, è vero, abbiamo appena scritto che Pushkin “non lo convinceva fino in fondo”. Il fatto è che a Tolstoj non piacevano per niente né il Pushkin poeta né il Pushkin drammaturgo. Per esempio scrisse che il “Boris Godunov” era “debole” e “una imitazione di Shakespeare”. Inoltre non gli andava giù l’esaltazione di Pushkin, a cui già alla sua epoca erano stati eretti tanti monumenti. “Dopotutto”, scrisse Tolstoj, “tutto il suo merito sta solo nell’aver scritto poesie d’amore, spesso parecchio indecenti”.

In generale, la vita stessa del poeta era di cattivo esempio, secondo il rigido Tolstoj, che definì Pushkin “un uomo dalla morale più che facile”. Inoltre era morto in duello, “ossia tentando di uccidere un altro uomo”.

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Nonostante queste preclusioni, Tolstoj apprezzava molto la prosa di Pushkin e amava molto la raccolta “Le novelle del compianto Ivan Petrovich Belkin”. “Ogni scrittore dovrebbe studiare questi racconti. Io l’ho fatto l’altro giorno e non posso trasmettervi l’influenza benefica che questa lettura ha avuto su di me”. Inoltre, gli piaceva molto “La dama di picche”.

I ricercatori considerano persino “Gosti sjezzhalis na dachu” (“Гости съезжались на дачу”, ossia: “Gli ospiti sono andati alla dacia”), frammento di un’opera incompiuta di Pushkin, l’ispirazione che avrebbe dato a Tolstoj l’impulso per scrivere “Anna Karenina”.

Tolstoj ammirava il suo incipit, che porta direttamente all’epicentro della trama, senza prefazioni e descrizioni inutili. E fece lo stesso nel suo romanzo, che inizia subito con i grandi problemi nella famiglia Oblonskij.

Nella lista dei libri importanti, Tolstoj raccomandò anche l’“Eugenio Onegin”, che, sebbene scritto in versi, è un grande romanzo.

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Mikhail Lermontov (1814-1841)

Tolstoj apprezzò anche il secondo poeta russo più importante dopo Pushkin esclusivamente per la sua prosa. Rilesse più volte “Un eroe del nostro tempo” e lo consigliò nella sua lista di libri importanti dal leggere (soprattutto la parte intitolata “Taman”).

Apprezzò anche il fatto che Lermontov fosse un soldato professionista, non uno scrittore (lo stesso Tolstoj era stato in armi nel Caucaso). In Lermontov, vide “i più alti requisiti morali che si trovano sotto il falso byronismo che li nasconde”. Tolstoj era terribilmente preoccupato per le questioni morali. I critici letterari credono che i due scrittori siano anche uniti da una dolorosa insoddisfazione verso se stessi e da una tendenza all’autoflagellazione.

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Nikolaj Gogol (1809-1852)

“Gogol è un enorme talento, un cuore meraviglioso e una mente piccola, timida e pavida”, ha scritto Tolstoj sull’autore di “Le anime morte”. Nel suo modo caratteristico, Tolstoj si avvicinava a tutte le opere in modo critico e non amava molte cose neppure di Gogol.

Quindi, pur avendo una buona considerazione dell’opera teatrale “L’ispettore generale”, definì la scena muta finale, ricca di pathos, “una disgustosa sciocchezza”. Inoltre, non gli piacque il secondo volume, incompiuto, di “Le anime morte”, che, per inciso, lo stesso Gogol dette alle fiamme, considerandolo un insuccesso.

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Tolstoj accusò Gogol di aver sostituito la vera fede con la superstizione e di aver dato all’arte un valore troppo alto. Inoltre, la tecnica principale di Gogol era l’ironia, e a Tolstoj non piaceva che fossero presi in giro non solo i nobili e i funzionari, ma anche i contadini, che, secondo lui, non se lo meritavano.

Ma ciò che Tolstoj apprezzava veramente di Gogol era il suo talento “popolare”, e la sua raccolta di racconti sulla vita del villaggio “Veglie alla fattoria presso Dikanka”, che leggeva ai bambini dei contadini, per i quali organizzò una scuola nella sua tenuta Jasnaja Poljana

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Fjodor Dostoevskij (1821-1881)

Sono state scritte monografie e dissertazioni sul rapporto tra questi due colossi della letteratura russa. Avevano biografie molto diverse, differenti strumenti artistici e diversi atteggiamenti verso la fede e verso l’uomo. Ma erano entrambi grandi scrittori, e Tolstoj indubbiamente apprezzò Dostoevskij. Quando questi morì, Tolstoj si rese improvvisamente conto che “era la persona a me più vicina, più cara, più necessaria,” e che avrebbe voluto chiedergli molte cose. Ma in vita non si erano mai incontrati…

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“Certo, questo è un vero scrittore, con una ricerca veramente religiosa, non come un certo Goncharov”, scrisse Tolstoj su Dostoevskij. Tolstoj non apprezzava Ivan Goncharov e Ivan Turgenev, perché vedeva nei loro romanzi “personaggi deboli” e “un gran numero di dozzinali episodi amorosi”. Tolstoj riteneva che la cosa migliore di Turgenev fosse “Memorie di un cacciatore”, visto che almeno là si parlava di gente semplice e non di nobili con la puzza sotto il naso.

Tornando a Dostoevskij, Tolstoj ha parlato di “Memorie dalla casa dei morti” nel suo trattato “Che cos’è l’arte?”, citandolo tra i più alti esempi “di elevatissimo amore per Dio e per il prossimo; di arte religiosa”. Tolstoj apprezzò molto anche i romanzi “Umiliati e offesi”, “Delitto e castigo” e “L’idiota”. Non gli piacquero invece “I fratelli Karamazov”. Provò un po’ di volte a leggerli, ma non riuscì mai ad arrivare alla fine. Gli sembrava che tutti i personaggi parlassero la stessa lingua: la lingua dell’autore, inclusa una ragazzina di 15 anni. Questa osservazione è pienamente giustificata, perché in “Guerra e pace” Tolstoj ha dimostrato di essere, lui sì, in grado di parlare con decine di voci diverse, calandosi alla perfezione, di volta in volta, tanto nella psicologia di una ragazzina ingenua che in quella di un vecchio litigioso.

Certo, Tolstoj aveva anche altre critiche su Dostoevskij, che secondo lui era troppo confuso, sia per quanto riguardava la politica che la religione, con troppi stati d’animo mistici, pensieri vaghi e molti romanzi semplicemente “tecnicamente deboli”. Era evidente per Tolstoj che Dostoevskij li scriveva in fretta, perché aveva bisogno di soldi.

“Da un lato, le migliori opere d’arte del nostro tempo (come le opere di Dickens, Hugo, Dostoevskij…) trasmettono sentimenti tesi all’unità e alla fratellanza delle persone […], ma dall’altro si sforzano di trasmettere sentimenti che non sono propri solo delle classi superiori, ma che possono unire tutte le persone senza eccezione. Tali opere sono ancora poche, ma la necessità di esse è già riconosciuta”, scrive Tolstoj nel suo trattato “Che cos’è l’arte?”


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