1. Sapeva cosa muove davvero le persone
Anton Chekhov nacque nel 1860 nella città di Taganrog, nel Sud della Russia, sul Mar d’Azov. La casa dove un tempo visse è ora un museo. All’età di 19 anni, Chekhov si trasferì a Mosca, iscrivendosi alla facoltà di Medicina dell’Università Statale. Mentre era ancora studente, iniziò a lavorare come medico e praticò poi la professione per tutta la vita.
Dal momento che incontrò tutti i tipi di persone durante il lavoro come medico, i suoi racconti penetrano l’essenza dell’anima umana e ironizzano sottilmente sulla banalità e la volgarità della società.
Tre dei migliori racconti di Chekhov (a nostro insindacabile giudizio)
“Dushechka”(1899)
Olga è una signora gentile e angelica, chiamata dagli amici dushechka (“tesoro”; “anima mia”). Ha un bisogno viscerale di amare qualcuno, e quando sposa un regista diventa profondamente interessata e coinvolta nell’attività teatrale. Dopo la morte del regista, sposa il manager di un magazzino forestale e inizia a lavorare con lui, pensando che il legno sia la cosa più importante nella vita. Diventa subito assolutamente indifferente al teatro. Quando questo marito muore… beh, avete capito. E ancora e ancora. Si sente felice solo avendo cura di un uomo e entrando assolutamente nel suo mondo, fino ad annullarsi in esso. A volte capita anche oggi, e tali donne sono chiamate “Dushechka”.
“L’uomo nell’astuccio”(1898)
C’era un uomo che “si faceva notare perché non usciva neanche nelle giornate più belle se non con l’ombrello, con le calosce e con un soprabito foderato.” Aveva un astuccio per tutto: un contenitore speciale per l’ombrello, per la penna, per il coltello e per l’orologio. Chiudeva la porta di casa con numerosi giri di chiave e apparentemente voleva separarsi dal mondo esterno. Faceva tutto bene e aveva paura di qualsiasi cosa al di fuori della norma. Alla fine, quando morì e fu deposto in una bara, la sua faccia sembrava felice come se “fosse contento di essere stato finalmente messo anche lui in un astuccio, che non avrebbe mai lasciato”.
“La signora con il cagnolino” (1899)
Questa è la storia di due persone che non erano felici nei loro rispettivi matrimoni e che per caso si incontrano in un resort di Jalta, in Crimea. Trovatisi, sono temporaneamente di buon umore e la vita ritorna a palpitare nei loro cuori. Ma poi soffrono solo di più, quando si rendono conto di come stanno trascurando le loro famiglie. Nel diciannovesimo secolo, il divorzio era assolutamente inimmaginabile e una procedura molto complicata. Quindi, i due piccioncini continuano a incontrarsi, godendosi il loro amore, finché un giorno non si rendono conto che non sono più giovani e che soffrono per il carattere illecito della loro storia d’amore.
2. Un grande senso dell’umorismo, senza mai pontificare
L’umorismo intelligente di Chekhov è quello che i russi chiamano “ridere tra le lacrime”, quando puoi ridere leggendo dei peccati e dei difetti altrui, ma poi ti rendi conto che probabilmente fai gli stessi errori e che in generale tutte le persone sono uguali.
Uno dei tratti salienti di Chekhov, che lo distingue dagli altri scrittori russi, è che le sue storie non hanno una morale. Il lettore può trarre autonomamente le sue conclusioni, quindi il significato della storia può cambiare a seconda di chi la sta leggendo.
C’è un grande racconto, “Il camaleonte”, del 1884, su un ispettore di polizia che cerca il padrone di un cane che ha morso l’orefice per dargli una punizione esemplare, ma quando sa che il cane è di un generale, cambia completamente comportamento e direzione alle indagini, fino ad accusare l’orefice di essersi ferito da solo e di cercare di dar la colpa alla bestiola.
3. Esplora la misteriosa anima russa
Abbiamo già menzionato il racconto, “Dushechka”, che aiuta a capire l’anima di una donna russa con il suo più forte istinto materno. Lev Tolstoj, tra l’altro, reagì negativamente al fatto che Chekhov ci faccia ridere di lei. Tolstoj fu toccato dalla natura sincera e dalla capacità di amare di questa donna ingenua.
I personaggi di Chekhov sono i cosiddetti “piccoli uomini”, segnati dalla loro ridicolaggine. L’autore non cerca di sollevare la questione del significato dell’esistenza umana; mostra semplicemente persone normali con i loro problemi quotidiani.
4. Ha rischiato la salute per la scrittura
Già ammalato di tubercolosi, Chekhov intraprese un lungo viaggio attraverso la Siberia verso l’Isola di Sakhalin. A quel tempo, era nota solo come terra lontana, dove i prigionieri venivano esiliati; un posto ancora peggiore e più distante della Siberia. Ma Chekhov andò coraggiosamente fin là, per studiare come vivevano i reclusi. Fece anche una sorta di censimento della popolazione, e scrisse un’opera di saggistica che descrive la vita nelle colonie penali, di cui pochi al mondo sapevano qualcosa in precedenza.
5. Le sue opere teatrali ispirarono il metodo Stanislavskij
“Tre sorelle”, “Il giardino dei ciliegi”, “Zio Vanja”, “Il gabbiano”. Questi lavori non hanno bisogno di presentazioni. Tutte hanno avuto la loro première al teatro che oggi porta il suo nome. Tutti i ruoli femminili più importanti sono stati interpretati da Olga Knipper, una giovane attrice diventata sua moglie.
Chekhov rivoluzionò il dramma, portando pause e lunghi dialoghi, tra cui normali discussioni quotidiane, e sacrificando l’azione, in precedenza ritenuta fondamentale. I leggendari registi teatrali Konstantin Stanislavskij e Vladimir Nemirovich-Danchenko lavorarono con lui, e Chekhov rese l’arte teatrale meno patetica, più vicina alla gente, privandola dello status di arte alta e lontana dalle masse.
6. ‘La brevitàèsorella del talento’
Questo è uno degli aforismi più noti di Chekhov. A proposito, Chekhov ha dato vita a molte frasi spiritose che sono entrate nella lingua russa come aforismi. Non sai quale pensiero sofisticato pubblicare su Facebook? Ci sono molte citazioni di Chekhov!
La brevità, la concisione, è uno dei vantaggi di Chekhov rispetto ai suoi contemporanei verbosi (salutiamo rispettosamente Tolstoj). La maggior parte dei suoi racconti sono molto brevi, alcuni richiedono solo 5 minuti per essere letti, ma offrono spunti di riflessione senza limiti.
7. Grazie ai suoi libri i russi iniziano a leggere
Tra i racconti di Chekhov ci sono quelli che tutti i bambini russi incontrano alla scuola elementare e che, insieme a questi altri 9 capolavori formano ogni russo. Per esempio, “Kashtanka”, la storia di una canina che è stata persoa e che finisce nella casa di un clown. L’uomo di circo le vuole bene; è tanto intelligente. Il clown inizia a esibirsi con lei, ma durante una performance, Kashtanka vede il suo vecchio (e poco affettuoso) proprietario e corre da lui in allegria.
Poi c’è “Vanka”, la triste storia di un ragazzino, Vanka, appunto, che lavora come apprendista da un calzolaio. Alla vigilia di Natale sente la mancanza di casa e scrive una lettera, scrivendo come indirizzo sulla busta, “Al nonno nel villaggio”. Questa espressione (in russo: “Na derevnju dedushke”) è diventata un modo di dire, che significa appellarsi inutilmente a qualcuno.
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