Fonte: Valentin Baranovskiy/RIA Novosti
È arrivata al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo quando Uljana Lopatkina, Diana Vishneva e Svetlana Zakharova erano al top della loro carriera e dietro di loro si affollavano decine di potenziali stelle. La Novikova, che non impressionava al primo sguardo per virtuosismo e artisticità, non è balzata subito in prima fila. Si è sorbita tutta l’innumerevole massa di variazioni (assolo, solitamente tecnicamente complessi e compositi) di cui Marius Petipà (1818-1910) era solito infarcire i suoi balletti (oltre cinquanta). Per anni ha studiato come trasmettere le sfumature d’emozione del coreografo e la varietà dei caratteri femminili.
Intanto, arrivavano i primi successi: il complesso assolo nel balletto di William Forsythe, “The Vertiginous Thrill of Exactitude”; il balletto neoclassico “Dalla parte del cigno” del giovane coreografo Aleksej Miroshnichenko, e il ruolo di Giulietta nel “Romeo e Giulietta” di Leonid Lavrovskij, riedizione d’epoca stalinista del capolavoro di Shakespeare.
La precisione e la serenità la fanno risaltare sia sulla scena, dove è diventata una delle migliori ballerine, sia nella vita, dove è mamma di tre bambini piccoli. Senza mimica e senza gesti, riesce a trasmettere, con il solo ballo, i più sottili sommovimenti dell’animo. E ora, con i suoi 33 anni, appare più giovane della Venere di Botticelli, pur rappresentando la vecchia guardia del Mariinskij. E Giselle, Raymonda e gli altri suoi personaggi, come se non conoscessero la legge di gravità, volano leggiadri e sono diventati modelli di stile del balletto pietroburghese.
Fonte: Stanislav Krasilnikov/TASS
Nel suo destino non c’è niente di standard. Oksana non ha frequentato un normale istituto accademico di balletto, ma la nuova scuola dell’Università che segue il metodo sperimentale della pedagoga Natalja Nesterova. Arrivata al Teatro musicale Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko di Mosca si è messa in mostra abbastanza in fretta: è entrata nella compagnia in un momento di rivoluzione, mentre cambiavano la dirigenza e i punti di riferimento professionali e nel repertorio entravano balletti di John Neumeier e Nacho Duato.
La Kardash, non essendo caratterizzata, per la sua formazione, dalla rigida impostazione classica, ha attirato l’attenzione su di sé per la coordinazione, la precisione, la libertà e l’energia con cui interpretava i lavori di questi coreografi contemporanei. La gran parte dei nuovi allestimenti era composta da scene d’ensemble, ma, ciononostante, lei, ogni volta, si dimostrava leader del palcoscenico, comandando i movimenti di tutta il corpo di ballo.
Invece, nel repertorio classico, base fondamentale in ogni teatro, la Kardash è rimasta a lungo bloccata in ruoli di secondo piano. Non si può dire che si comportasse male in quei balletti, ma non mostrava quel brio quasi presuntuoso, che non di rado è interpretato come tratto distintivo dello stile classico.
L’arrivo in teatro della squadra di registi dei balletti di Kenneth MacMillan, e di Natalja Makarova, con la sua versione della “Bayadère”, ha aperto di nuovo la strada alla Kardash. I suoi assolo nel “Mayerling”, nell’“Histoire de Manon” e nella “Bayadère” le hanno dato la sicurezza dell’interprete che non ha paura del ruolo. Queste parti sono state il viatico per interpretare Odette-Odile nel “Lago dei Cigni” e Giselle, e l’hanno fatta conoscere come una delle più grandi protagoniste del balletto russo contemporaneo.
Fonte: Aleksei Danichev/RIA Novosti
Il titolo di prima ballerina del Teatro di Perm l’ha conseguito da pochissimo, dopo aver atteso per sei anni. È entrata in questo prestigioso corpo di ballo subito dopo la fine del Collegio di coreografia di Perm, nel quale era considerata tra gli studenti più dotati. Lunghe leve, gambe soavi, piedi inarcati, braccia “parlanti”, promettevano il lento sorgere di una stella. Alle danzatrici serve tempo per imparare manovrare in modo ideale i loro “strumenti”. Ma qualsiasi gruppo di ballo al di fuori dei confini di Mosca e San Pietroburgo è esposto a problemi quotidiani. E il balletto di Perm, negli ultimi anni, dopo aver perso molte prime ballerine, aveva urgente bisogno del talento della Buldakova.
Ha avuto fortuna, perché proprio quando era al debutto, il direttore artistico Aleksej Miroshichenko ha trasformato Perm nel centro pulsante della coreografia europea.
A Polina, certo, calzano a pennello le piume del “Lago dei cigni” e le si addice la maestosità de “La bella addormentata”, ma sono i ruoli di Calliope nell’“Apollon musagète” di George Balanchine, di Giulietta nella messa in scena di Kenneth MacMillan e l’assolo ne “Les Patineurs” di Frederick Ashton ad averla trasformata da buona danzatrice in vera e propria attrice.
Fonte: Elena Lehova/Tatyana Andreeva
Le prove del ruolo di Giulietta nel “Romeo e Giulietta” allestito nella scorsa stagione al Teatro di Ekaterinburg da Vjacheslav Samodurov, Ekaterina le ha fatte solo nel quarto ensemble. Lei aveva vent’anni, ancora non aveva interpretato nessun ruolo principale, e anche in quel caso risultava una delle tante giovani del corpo di ballo, ma assolutamente non sembrava poter ambire al ruolo di prima ballerina. Le ragazze di bassa statura, e per di più senza lo sguardo languido da cigno, al giorno d’oggi non sono molto quotate nel balletto. Ma proprio la naturalezza, l’essere fuori dal cliché, il desiderio di superarsi furono le qualità che la fecero apprezzare da Samodurov, che la tolse dall’ombra delle prime ballerine, vedendo in lei la sua Giulietta; una coraggiosa ragazza dei nostri giorni. E quella che fino a ieri era una danzatrice da poco diplomata al College di Coreografia di Novosibirsk, ora eseguiva alla perfezione le indicazioni del coreografo, contagiata dal suo desiderio di trasmettere emozioni.
Grazie al ruolo di Giulietta, la Sapogova è entrata nel novero delle pretendenti al premio “Maschera d’oro” con la nomination per la “Miglior ballerina”, finendo nella stessa lista con mostri sacri come Ekaterina Krysanova ed Ekaterina Shipulina.
Quest’anno la sua abilità di stare sulla scena senza essere schiava delle convenzioni del teatro, le ha fatto buon gioco si nella prima della classica “Giselle” sia negli allestimenti di culto contemporanei di Sol León e Paul Lightfoot e di Hans van Manen.
Fonte: Iliya Pitalev/RIA Novosti
Diplomatasi l’anno scorso alla prestigiosa Accademia di danza Vaganova di San Pietroburgo, sono ancora pochi quelli che riconoscono la sua faccia nei corridoi del Teatro Bolshoj, ma quest’estate è stata sensazionale in tournée a New York, nel corso del Festival dedicato ai cinquant’anni del balletto “Jewels” di George Balanchine. Il coreografo di origini georgiane lo compose in onore delle tre grandi scuole di balletto: quella francese, quella americana e quella russa. E a danzare assieme al New York City Ballet nello spettacolo per l’anniversario sono stati invitati i ballerini dell’Opera National di Parigi e del Teatro Bolshoj di Mosca. Il ruolo principale della parte riservata ai russi è toccata alla Kovaleva. «Tutto in questa performance è impallidito a confronto dell’incantevole splendore della diciottenne Aljona Kovaleva nel ruolo centrale. È alta, mora, flessuosa, bella. E tecnicamente è impressionante, ma quasi non lo noti, perché è così avvincente, così delicatamente sicura, così apertamente felice di ballare”, ha scritto Robert Gottlieb, uno dei più grandi conoscitori dell’arte di Balanchine.
In autunno Mosca dovrebbe vedere “Il lago dei cigni” della Kovaleva. Questa ragazza dalle braccia e gambe smisurate e dalla statura davvero atipica per il balletto, ha una lucentezza negli occhi che sembra poter superare ogni difficoltà tecnica legata alla grande altezza, e pare essere stata creata apposta per questo balletto.
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