Quali erano i piatti preferiti degli scrittori?

Chi finiva ogni suo pranzo con un gelato? Chi ha inventato la ricetta dell’ananas nello champagne? Di che cosa si parlava nel corso dei “pranzi dei Cinque” a Parigi? Ecco le preferenze gastronomiche di alcuni famosi autori della letteratura russa

Vladimir Majakovskij (1893-1930)

Il poeta della rivoluzione non era un buongustaio: poteva mangiare sia il foie gras nei ristoranti parigini, sia dei comunissimi shashlyk sulla cima del monte Aj-Petri in Crimea. Tuttavia, c’erano alcune cose semplici che gli piacevano sin dall’infanzia. Una di queste erano i ponchiki (frittelle dolci). Quando andava a scuola, chiedeva a sua mamma di dargli qualche soldo in più per poter comprare delle frittelle per se e per i suoi amici. 

Da giovane, si cibava di salumi e baranki (una sorta di taralli russi). Quando affittò una dacia a Petrovsko-Razumovskoe, località che oggi si trova praticamente nel centro di Mosca, decise che poteva spendere per il cibo soltanto tre rubli al mese. Appendeva il cibo al soffitto per evitare che venisse mangiato dai topi. Per colazione mangiava mezzo vershok (2 cm circa) di salame e due baranki. Un vershok di salame era per pranzo e un altro mezzo vershok per la cena. 

Fu proprio Majakovskij a suggerire al suo amico, il poeta Igor Severjanin, la metafora dell’ananas scintillante nello champagne. Durante una cena organizzata dal poeta Vadim Bajan ai margini della prima Olimpiade dei futuristi in Crimea, Majakovskij prese un pezzo di ananas, lo immerse nello champagne e se lo mise in bocca. E subito disse a Severjanin di fare altrettanto: “Sorprendentemente gustoso!”. Così nacquero subito le prime righe della poesia di Severjanin “Ouverture all’ananas nello champagne”. 

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Igor Severjanin (1887-1941)

La poesia sugli ananas nello champagne non è l’unica poesia “gastronomica” del poeta. Si pensi al gelato al lillà che Severjanin  suggeriva a tutti: “Tu, piazza, assaggia questa delizia: le merce, di sicuro, ti piacerà!”. Il poeta Pavel Anatokolskij ricordava che una volta andò a mangiare con Severjanin in un ristorante e pensava che il suo amico avrebbe scelto delle cose assai speciali, ma fu scioccato quando Severjanin ordinò una banalissima bottiglia di vodka e dei cetrioli marinati.  

Ivan Krylov (1769-1844)

Ivan Krylov, autore di moltissime favole, detto il La Fontaine russo, era straordinariamente goloso. Tutta la sua vita fu un susseguirsi di colazioni, pranzi, cene e spuntini. In una seduta, mangiava alcune porzioni di zuppa, diverse braciole e innumerevoli pirozhki (fagottini farciti). Di bliny ne consumava a decine e di ostrichene divorava anche 80 in una volta. Quando fu invitato a pranzo dalla famiglia imperiale, violando tutte le regole pensabili e impensabili, Krylov inghiottì tutto quello che fu portato dai camerieri. E alla fine rimase scontento, perché le porzioni erano troppo piccole. Una volta, appena terminato il pranzo, partì in fretta per tornare a casa, dove lo aspettava l’ukhá (zuppa di pesce) ancora calda. Conoscendo il suo straordinario appetito, gli amici, quando lo invitavano a casa, cercavano di prepararsi bene alla sua visita: Krylov, da solo, mangiava quanto tutti gli altri messi assieme. 

Aleksandr Pushkin (1799-1837)

Il grande poeta non si concedeva grandi stravizi a tavola: i suoi genitori trattavano il cibo con moderazione e insegnarono a fare altrettanto al loro figlio. La tata del poeta, Arina Rodionovna, cucinava per lui la kalja, una zuppa densa con carne di pollo, verdure e carni affumicate, con l’aggiunta della salamoia dei cetrioli salati o degli stessi cetrioli. A Pushkin piacevano i bliny preparati secondo una ricetta speciale: all’impasto veniva aggiunto del succo di barbabietola che dava alle crêpes un ricco colore rosa.

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Anche durante l’esilio, scontato nella tenuta di Mikhajlovskoe, il poeta mangiava delle cose semplici. Ogni tanto chiedeva a suo fratello di mandargli “della senape, del rum, dei sottaceti e dei libri”. Nelle ultime ore della sua vita, dopo il duello fatale, Pushkin chiese a sua moglie di portargli dei camemori (frutti di rovo artico), mangiò alcune bacche e bevve del succo. Poco dopo spirò. 

Ivan Turgenev (1818-1883)

A Turgenev, che trascorse la sua infanzia nella tenuta di Spasskoe-Lutovinovo, sin dalla tenera età non fu mai negato niente. Frutta esotica coltivata nelle serre, pesce, carne, latte… tutto ciò era immancabilmente presente sulla tavola della famiglia. Allo scrittore piacevano le zuppe di pollo e di trippa. Una volta Turgenev invitò nella tenuta il poeta Afanasij Fet. Quando Fet e Turgenev stavano per partire insieme, la madre dello scrittore diede loro del cibo da mangiare in viaggio. Tuttavia, appena la carrozza fece un salto sulla strada scoscesa, Turgenev cominciò a imprecare: il sugo delle bistecche cominciò a colare sulla sua valigetta in cui teneva le medicine. Fet ne fu divertito: guardava con ironia lo scrittore che si mise subito a pulire la valigetta che aveva sempre con sé (era molto preoccupato per la sua salute). A Parigi, Turgenev partecipava ai “pranzi dei Cinque” insieme a Gustave Flaubert, Edmond de Goncourt, Émile Zola e Alphonse Daudet. Una volta al mese i cinque si riunivano per parlare di letteratura e di alta gastronomia.

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Mikhail Lermontov (1814-1841)

Al poeta piaceva la buona cucina, ma spesso restava indifferente a quello che mangiava. Una volta, la cugina di Lermontov, Aleksandra Vereshchagina, e una sua amica, decisero di fargli uno scherzo. Prepararono dei pirozhki (fagottini) farciti con segatura! Lermontov ne mangiò uno senza neanche accorgersi del gusto strano. Gli altri gli furono tolti: le amiche confessarono che era uno scherzo. Lermontov ne fu tremendamente offeso. Il poeta preferiva mangiare a casa: il suo cuoco preparava per lui un pranzo di quattro-cinque portate e alla fine gli serviva del gelato, che a Lermontov piaceva moltissimo. Un’altra sua passione erano i cetrioli marinati. Una volta Lermontov si fece invitare da un grafomane, che si considerava un poeta, appena giunto nel Caucaso, che fra i suoi bagagli aveva una botte di cetrioli in salamoia. Mentre il “collega” gli leggeva le sue poesie, Lermontov mangiava i cetrioli. Poi si riempì di cetrioli tutte le tasche e se ne andò.

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