Un pilota russo impegnato nella campagna militare in siria.
RIA Novosti1.L'inizio della campagna militare in Siria
L'inizio delle operazioni aeree russe contro gli islamisti radicali in Siria alla fine di settembre ha colto di sorpresa la maggioranza degli osservatori. Fra questi, non esiste un'opinione univoca sui motivi che abbiano condotto a questa risoluzione. Gli esperti fanno notare che sulla decisione di Mosca potrebbero aver influito diversi fattori, o la loro combinazione:
• Gli insuccessi della coalizione sotto l'egida degli USA;
• Il tentativo di dare impulso al dialogo politico con la Siria;
• Il timore che, in assenza di reazioni da parte russa, l'Occidente avrebbe fatto della Siria uno spazio aereo chiuso, sull'esempio della Libia.
Al contempo, esiste l'ipotesi che la decisione di far intervenire gli eserciti russi in Siria sia stata spinta dalle condizioni disperate dell'esercito del governo siriano. “Non fosse stato per la campagna militare russa, per il nuovo anno, il regime del Presidente della Siria Bashar al-Assad sarebbe crollato. Era evidente che lo avevano ormai messo alle strette”, ha dichiarato a Rbth l'esperto e membro del Consiglio del Centro PIR, Dmitrij Evstafev.
Un effetto assai probabile della sconfitta di Assad sarebbe potuta essere la diffusione in Siria del “caos islamista”, con la sua conseguente espansione all'Afghanistan e al Tagikistan fino ai confini con la Russia.
Attualmente si è riusciti a mutare il quadro. L'iniziativa militare è passata dalla parte del regime siriano, Assad e i suoi alleati hanno ottenuto successi significativi. Al Presidente siriano è riuscito di consolidare e ripristinare il comando dei territori e degli eserciti in essi presenti sotto il proprio controllo.
Come fa notare Evstafev, “si sono registrati successi importanti nelle province del sud, nella zona intorno a Damasco. Nuovamente sotto controllo sono tornati i territori strategici intorno ad Aleppo”.
Gli analisti sono concordi nell'affermare che l'attuale fase di campagna militare russa in Siria continuerà fino a gennaio, all'incirca con la stessa intensità, probabilmente con un rafforzamento della presenza militare russa. Questo potrebbe essere connesso alle condizioni atmosferiche e quindi all'inizio delle tempeste di sabbia che renderebbero difficili le operazioni dell'aviazione. Questo periodo di tempo potrebbe essere sfruttato per attivare il processo di regolazione politica, sostiene Anatolij Kortunov, presidente del Consiglio russo per gli affari esteri. Molto poi dipenderà dalle posizioni degli altri Stati nella regione, quindi dai Paesi del Golfo, dall'Iran, dalla Siria, se saranno d'accordo ad un compromesso per quanto riguarda il futuro politico della Siria.
2.La perdita del Su-24
La Turchia è finita in primo piano nella questione della regolazione del conflitto turco dopo l'abbattimento del caccia Su-24, attaccato dall'aviazione turca sul confine turco-siriano il 24 novembre. Dopo questo avvenimento, le relazioni fra i due Paesi si sono notevolmente aggravate.
Mosca tuttavia non ha scelto una risposta militare, bensì l'introduzione di misure economiche a danno della Turchia. L'entità della reazione russa è connessa al fatto che la Russia ha intravisto nelle azioni della Turchia una provocazione premeditata.
Manifestazione in Russia vicino all'ambasciata turca. Fonte: Aleksandr Vilf/Ria Novosti
Le condizioni in cui si è verificato l'incidente danno anche agli esperti russi motivo di pensare che si sia trattato di un atto dimostrativo da parte della Turchia, di un atto politico programmato. Il Presidente della Turchia, Tayyip Recep Erdogan, ha voluto in questo modo mostrare “una sorta di pugno di ferro” al fine di rafforzare la propria popolarità fra le masse, così ritiene l'orientalista, esperto dell'Istituto russo per le ricerche strategiche, Elena Suponina.
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Erdogan avrebbe voluto dimostrare il malcontento di Ankara rispetto alle azioni di Mosca nel vicino territorio della Siria: questo il punto di vista di Anatolij Kortunov di RSMD. L'esperto fa notare che la Turchia aveva da tempo parlato di una zona d'interdizione al volo da estendersi su quell'area della Siria a ridosso del confine turco, in cui sono insediati anche turkmeni siriani e turcomanni.
Erdogan cercherebbe quindi di difendere i turcomanni. Abbattendo l'aereo russo, il governo turco ha voluto far comprendere che quelle popolazioni, indipendentemente dal loro schieramento politico, a favore o contro Assad, si trovano sotto l'ala protettrice della Turchia, sostiene Kortunov.
Gli analisti ritengono che la Turchia non si aspettasse una reazione così forte da parte della Russia. Secondo l'opinione di Suponina, i turchi “non prevedevano che la Russia avrebbe intrapreso misure riguardanti l'intero spettro della relazioni economiche esistenti fra i due Paesi”.
A seguito dell'incidente con il caccia, sono crollate le relazioni che sono si andate sviluppando nel corso di un intero decennio, dice Suponina, e la loro ricostruzione richiederà assai più “di alcune settimane o mesi. Ci vorranno anni”.
I turchi “non prevedevano che la Russia avrebbe intrapreso misure riguardanti l'intero spettro delle relazioni economiche esistenti fra i due Paesi”
Scendere a compromessi sarà difficile sia per Ankara che per Mosca, ipotizza Kortunov. “Possibile è un lieve miglioramento dei rapporti, benché il ritorno al livello di cooperazione precedente sia ormai del tutto compromesso”, afferma l'esperto.
Oltre ai rapporti russo-turchi in sé, a risentire delle conseguenze del conflitto fra Ankara e Mosca sono anche tutti gli sforzi compiuti per la formazione di un'autentica coalizione internazionale nella lotta contro lo Stato Islamico. Anche se per la realizzazione di un simile progetto esistevano, a onor del vero, già tanti problemi riconducibili ai punti di vista diversi dei principali giocatori sui metodi da intraprendere per la regolazione del conflitto nel Medio Oriente.
Sullo sfondo della guerra siriana, in secondo piano ormai è passata la situazione nel Donbass, nonostante la crisi ucraina avesse avuto per buona parte del 2015 una rilevanza centrale nell'agenda russa. L'anno prossimo la situazione nel Donbass non perderà la sua importanza, nonostante l'attuale “quiete”.
La regolamentazione della crisi nel Donbass è avvenuta a suon di slogan sulla necessità di osservare i secondi accordi di Minsk, sottoscritti nella capitale bielorussa il 12 febbraio 2015. Allora, dopo una maratona di colloqui durati molte ore, i leader di Russia, Germania, Francia e Ucraina si sono accordati sui principali passi da compiere per arrivare a un cessate il fuoco e al lancio di un processo di pace nel sud-est dell'Ucraina.
Nonostante Minsk-2, le azioni militari, le sparatorie, se pur di intensità inferiore, hanno proseguito fino alla fine dell'estate. Una vera tregua nel Donbass si è avuta solo verso settembre.
Il Presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, il Presidente russo Vladimir Putin, la Cancelliera tedesca Angela Merkel, il Presidente francese Francois Hollande e il Presidente ucraino Pyotr Poroshenko durante l'incontro a Minsk, il 11 febbraio del 2015. Fonte: Reuters
Secondo l'opinione degli esperti, il cessate il fuoco è avvenuto grazie al coinvolgimento diretto degli USA nel processo di Minsk e alle pressioni su Kiev da parte dell'Occidente. “La Federazione Russa è riuscita a convincere l'Occidente della correttezza delle proprie posizioni, volte al contenimento del conflitto, mentre la posizione dell'Ucraina è divenuta ormai un affaraccio tanto per gli USA, quanto per l'UE”, ha dichiarato a Rbth il membro della Camera civica della Federazione Russa, l'esperto Josif Diskin, dopo aver ricordato della visita del vice presidente del Dipartimento di Stato Victoria Nuland a Kiev, nel mese di luglio luglio, quando ella stessa aveva visitato i lavori della Rada.
Entrambe le parti, Kiev e il Donbass, continuano ad incolparsi a vicenda dell'inosservanza degli accordi di Minsk, rinnovando quindi le sparatorie, sebbene ora con armi leggere.
Elemento serio che contribuirà finalmente alla determinazione delle parti a rispettare in pieno gli accordi di Minsk, sarà lo svolgimento delle elezioni locali rimandate dalle autorità del Donbass a febbraio. Questo cambio di data dovrebbe dare alle parti, in particolare a Kiev, il tempo necessario per applicare le leggi previste da Minsk-2, specialmente quelle riguardanti la concessione di una grande autonomia alle regioni del sud-est.
Al momento tuttavia i media non hanno reso noto alcun progresso nel percorso di approvazione delle suddette leggi. Ciò rende la prospettiva della cancellazione delle sanzioni contro la Russia piuttosto nebulosa, dato che per l'Occidente sono proprio i successi legati all'attuazione di Minsk-2 a determinare la scelta di revocare le sanzioni.
L'accordo in merito al programma nucleare iraniano raggiunto a metà luglio non è stato un evento inatteso. Molti dei principali accordi fra il “sestetto” dei Paesi coinvolti nelle trattative (5 membri permanenti del Consiglio di sicurezza ONU e la Germania) e l'Iran erano già stati sottoscritti in aprile.
A luglio si è riusciti a raggiungere un compromesso definitivo, accettabile da entrambe le parti. L'accordo firmato dal “sestetto” e dall'Iran prevede la cancellazione graduale delle sanzioni contro Teheran, in cambio di severe limitazioni sullo sviluppo del programma nucleare iraniano, il cui obiettivo, secondo l'Occidente, è quello di ottenere l'arma nucleare.
Gli ambasciatori votano per l'accordo del programma nucleare iraniano. Fonte: Reuters
Del tutto inatteso è stato invece per i Paesi occidentali il ruolo ricoperto dalla Russia che ha favorito il successo degli accordi. “Mi ha molto stupito come il Presidente Putin e il governo russo siano riusciti a dividere queste due questioni: l'Iran e l'Ucraina. Noi non saremmo stati capaci di raggiungere quest'accordo, non fosse stato per la disponibilità della Russia a collaborare con noi e con gli altri membri del “sestetto” al fine di ottenere un buon risultato”, ha dichiarato il presidente degli USA, Barack Obama.
Alcuni osservatori non riuscivano a comprendere perché la Russia avesse deciso di supportare questa iniziativa, dal momento che dopo la cancellazione delle sanzioni sul mercato mondiale si sarebbe affacciato anche il petrolio iraniano, contribuendo così inevitabilmente ad abbassare i prezzi relativi a questa merce fondamentale per l'export russo.
Secondo l'opinione di Mosca però, i vantaggi di questo accordo per la Russia superano i possibili svantaggi. L'Iran è necessario alla Russia in qualità di partner serio, mette in evidenza Evstafev del Centro PIR. Secondo le parole del collaboratore del programma “Problemi della non diffusione” del Centro Carnegie di Mosca, Petr Topychkanov, l'uscita di Teheran dal giogo delle sanzioni avrà ripercussioni positive innanzitutto per la Russia, specialmente nel campo della cooperazione militare e anche in quello dell'elaborazione di tecnologie nucleari ad uso pacifico. Come è stato messo in evidenza dai mass media, il valore dei potenziali contratti solo in campo militare è stimabile dai 20 ai 70 miliardi di dollari.
Gli esperti sottolineano che l'Iran ricopre un'importanza fondamentale per la Russia dal punto di vista della creazione di una politica estera e interna multi-vettoriale.
Teheran è alla stessa misura di Mosca attivamente coinvolta nella crisi siriana e sostiene il Presidente Assad. La cancellazione delle sanzioni accresce la legittimità delle azioni dell'Iran, tanto all'interno della regione, quanto sull'arena internazionale, così ipotizza Kortunov.
I membri dell'Organizzazione di Shanghai per la cooperazione durante il summut, il 10 luglio nella città di Ufa, Russia. Fonte: Reuters
Nella città russa di Ufa, nel mese di luglio 2015, si sono svolti due summit: quello BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e quello SCO (Organizzazione di Shanghai per la cooperazione). In occasione del summit BRICS è stato fatto un significativo passo in avanti verso la trasformazione dell'associazione in una vera e propria organizzazione. L'esito principale dell'incontro è stato individuato dagli esperti nell'effettivo lancio di meccanismi finanziari, come ad esempio quello della banca di sviluppo BRICS, nonché del fondo strategico di capitali di riserva. I primi progetti verranno finanziati dalla banca di riserva BRICS, il volume del cui capitale ammonta ai 100 miliardi di dollari, già a partire dal 2016.
I risultati del summit SCO (l'organizzazione che raccoglie Russia, Cina, Kazakhstan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan) sono riassumibili in un netto cambiamento del livello dell'associazione, ritiene Petr Topychkanov. La SCO ha approvato le richieste d'ingresso nell'associazione da parte di India e Pakistan. Secondo le parole del presidente del Centro di ricerca dell'Asia orientale e dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, Aleksandr Lukin, tutto ciò farebbe di SCO un giocatore ancora più forte a livello mondiale, trasformandolo in un “secondo polo non occidentale dell'Eurasia”. Mosca ottiene così una nuova importante leva per la realizzazione dei propri interessi in politica estera.
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