Esenin, genio eterno e ribelle

Sergei Esenin

Sergei Esenin

Ekaterina Grub//Wikipedia
Amava le donne, l’alcol e la vita. Morì suicida a soli trent’anni, lasciando al mondo poesie di straordinaria bellezza e una visione tanto profetica quanto scomoda sullo sfacelo dell'utopia rivoluzionaria

Alla grande poesia nel mondo la Russia ha dato più di un nome.  Pushkin, Lermontov, Fet, Blok, Achmatova, Cvetaeva, Majakovskij, Mandelshtam, Chlebnikov, Esenin. E proprio Esenin diventerà un sinonimo della Russia. Un simbolo della sua anima poetica. "Di Russia ce n'è una sola e uno solo è Esenin", recitano le parole di una delle canzoni dedicate al più russo dei poeti, Sergei Esenin.

Nacque in una famiglia di contadini nel villaggio Konstantinovo, regione di Rjazan, il 3 ottobre del 1895. Ribelle sin da bambino, dovrà ripetere un anno di scuola a causa della cattiva condotta (per esteso, "la condotta da hooligan"). All'età di diciassette anni fugge da casa e approda a Mosca, per "diventare" poeta. Lavorerà in tipografia Sytin. Inizialmente  come facchino e in seguito come aiutante del correttore di bozze. Qui verrà pubblicata la sua prima poesia "Betulla".

A San Pietroburgo, nel 1915, Blok, che Esenin considera il suo maestro, lo presenterà ai poeti famosi. Ben presto farà parte dei più prestigiosi ambienti letterari. Ammirato e vezzeggiato. E  farà amicizia anche con i poeti della capitale, tra cui Mariengof, con cui dividerà l'affitto di un appartamento tra feste, ubriacature, ragazze, poesia. Frequenterà i locali (kabak) in compagnia degli amici "immaginisti": un movimento letterario di cui farà parte. Il loro ritrovo preferito è "La stalla di Pegaso". Bevono molto. È davvero misteriosa la quantità di alcol che i russi possono trangugiare in una serata. "Bere fino a vedere i diavoletti verdi", così i russi definiscono il "delirio tremens". A Esenin invece capiterà di vedere "L'uomo nero" e chissà se gli dispiacerà di non vederlo più, una volta ristabilitosi (come all'eroe del "Monaco  nero" di Cechov).

A "La stalla di Pegaso" Esenin conoscerà Isadora Duncan, la danzatrice che ballava scalza. Avvolta nel drappo rosso, eseguiva sulla scena i motti del proprio animo, abolendo le scarpette a punta e la tecnica della danza classica. Andranno a vivere insieme la sera stessa. Esenin seguirà Isadora in una lunga tournée all'estero. Lei ballava e lui recitava le sue poesie in russo che nessuno capiva.

Abituato all'amore del pubblico, al successo, ammirato e acclamato - in Russia un poeta è più che un poeta - col tempo si stancherà di essere considerato un accessorio della Duncan. E chiude la parentesi estera tornando in Russia, da solo. Non so se lui in due anni di convivenza con Isadora abbia imparato qualche parola in inglese oppure lei qualcosa in più della "testa d'oro" - "zolotaja golova" -  come  usava chiamarlo in russo. Nessuno dei due parlava la lingua dell'altro e lei era più grande di lui di 18 anni.

Sergej Esenin e Isadora Dunkan
Sergei Esenin e Isadora Dunkan. Foto: TASS

Un poeta russo e una danzatrice americana che danzava la gloria della Rivoluzione, così di moda in quell'epoca di euforia rinascimentale dopo un'apocalisse rivoluzionaria, costata alla Russia fiumi di sangue, anni di terrore e il fallimento di un grande sogno di "fratellanza, uguaglianza e libertà". Chissà oggi cosa direbbe Majakovskij, che tanto ci teneva!  Beh, non fu affatto profetico nelle sue poesie: proclami,  a differenza di Esenin.

Isadora morirà nel 1927, strangolata dalla propria sciarpa di seta, impigliatasi nei raggi della ruota della sua Bugatti. Un bizzarro destino di una danzatrice americana della rivoluzione russa.

Il destino di un poeta invece è la sua poesia. Fino a "guardare nell'abisso". Una vita di bagordi, amori, donne, alcol. Una vita intera di amore sconfinato per la terra natìa, per il suo villaggio. E non mancava mai di fare visita alla casa paterna. Si dice che amasse arrivare nel villaggio in una carrozza, trainata da tre cavalli (trojka). Il suono dei campanelli dell'imbracatura dei cavalli annunciava ai compaesani l'arrivo del grande poeta! Così visse Esenin, senza risparmiarsi e senza illudersi nell'avvento di un nuovo mondo. E amava la vita, disperatamente, fino alla "tristezza che, come un verme blu le foglie, mi mangia gli occhi". Ebbe più mogli, tre figli e visse la grande tragedia del suo popolo in prima persona. Fu acclamato dal popolo come un grande poeta in vita, come tutti i grandi dell'Età d'Argento della poesia russa.

La versione ufficiale della sua morte fu il suicidio. Lo troveranno impiccato nella stanza dell'hotel Angleterra, a San Pietroburgo, nel 1925. Nella stessa stanza dove alloggiò durante il viaggio di nozze con Isadora.

Così, all'età di trent'anni il destino del poeta Esenin si compì all'insegna dell'eterna giovinezza in un mondo mistico di pietas e di perdono che è l'essenza della poesia stessa. Dicono che lasciò dei versi scritti con il proprio sangue - un biglietto d'addio - a un amico.

Riposa a Mosca nel cimitero Vaganskovskoje. E durante  le visite guidate le guide narrano ai visitatori del suicidio dell'amica e collaboratrice di Esenin, Galina Benislavskaja. Innamorata di lui senza esserne corrisposta, Benislavskaja, un anno dopo la morte di Esenin, si sparò un colpo di pistola al cuore, sulla tomba del poeta...

Oggi, dopo le pubblicazioni delle foto di Esenin morto, sorgono molti dubbi sul suo suicidio. Sempre più viene considerata la versione dell'omicidio politico. Non era un personaggio comodo né accomodante Esenin. Amato incondizionatamente dal popolo, non cantava e non glorificava la Rivoluzione. Anzi. Aveva previsto tutto lo sfacelo dell'utopia rivoluzionaria. Luminosa e profetica fu la sua poesia e visse la sua ribellione innata fino all'ultimo.

Una constatazione, questa mia, in contrasto con la versione occidentale, a cui tanto piace illustrare Esenin come un opportunista in carriera, senza tanti scrupoli. Credo invece che se egli avesse vissuto solo una decina d'anni in più, nel '37 lo avrebbero fucilato, come fucilarono tanti uomini di valore, contrari al pensiero unico. E se il poeta Boris Ryzhy ( 1974 - 2001) lasciò un biglietto d'addio che diceva: "Vi ho amati tutti. E sul serio", di Esenin possiamo dire: ha amato la Russia tutta. E sul serio.

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