Da giovane, Ivan il Terribile era solito banchettare e ballare con gli skomorokh invitati alla sua corte. Flauti vari, domra, violini, ghironde e gusli (una sorta di cetra slava) erano tutti strumenti suonati dagli skomorokh, musicisti e artisti i cui spettacoli racchiudevano molte tradizioni pagane russe. Ma questo genere di passatempi non era proprio confacente per uno zar. Nei ricevimenti ufficiali alla corte dello zar russo si dovevano cantare solo solenni inni religiosi russo-ortodossi. E questo era l’unico tipo di musica che la Chiesa ortodossa “permetteva” ufficialmente agli zar anche di ascoltare.
Il clero ortodosso russo e gli scrittori religiosi, contrari alle vecchie tradizioni pagane, definivano le canzoni degli skomorokh “diaboliche“ e “sataniche”. Ivan alla fine passò a scrivere canti religiosi. Partecipava alle funzioni, cantava nel coro in chiesa e sapeva comporre sia i testi degli inni sacri che le loro musiche. Lo stesso si può dire dei primi tre Romanov, da Michele I (Mikhail Fjodorovich) a Fjodor III. Fu Pietro il Grande che per primo passò dal canto religioso al suonare strumenti musicali.
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Un tamburo con bacchette. Russia. Seconda metà del XVIII secolo
Museo della guerra patriottica del 1812Lo zar Pietro I aveva fin dall’infanzia tra i suoi giocattoli i tamburi militari. Tuttavia, gli fu insegnato come da tradizione il canto religioso. E, sebbene in seguito Pietro abbia limitato i privilegi della Chiesa ortodossa russa in molti modi e disprezzato le vecchie usanze russe in generale, amava partecipare alle funzioni religiose come cantore, e lo fece in diverse occasioni citate da vari contemporanei. Preferiva cantare da basso e aveva “una voce forte e un buon orecchio musicale”, ha ricordato il conte Henning von Bassewitz. A volte, Pietro dirigeva persino il coro, come durante il matrimonio con Carlo Leopoldo di Meclemburgo-Schwerin di sua nipote Caterina Ivanovna Romanova a Danzica nel 1716, in occasione del quale “Pietro… si spostava spesso da un luogo all’altro e indicava lui stesso ai cantori, nel Libro dei Salmi, ciò che doveva essere cantato”, secondo le memorie del barone Eichholz, consigliere militare del marito di Caterina.
L'uniforme di un tamburino del reggimento Preobrazhenskij, 1700-1720
Dominio pubblicoPietro sapeva leggere e memorizzare la musica, il che, naturalmente, lo aiutò a imparare a suonare il tamburo fin dalla più tenera età. Tra i ranghi del suo Esercito giocattolo, Pietro fu inserito inizialmente tra i tamburini militari, in parte per infondergli il rispetto anche nei confronti dei gradi più bassi del servizio militare, in parte perché il piccolo Pietro andava pazzo per i suoni forti e aveva il fascino delle marce militari. Con il tempo, Pietro divenne molto abile nel suonare il tamburo. Ne dava prova in molte occasioni di festa, ai matrimoni dei suoi amici e alle parate militari. Inoltre, Pietro è stato visto suonare la cornamusa e l’oboe: il grande zar, insomma, era un ottimo musicista.
L'imperatrice Elisabetta Petrovna, di Ivan Vishnyakov, 1743
Galleria Tretjakov/Dominio pubblicoAnche se non è un fatto molto noto, Elisabetta di Russia, figlia di Pietro, ereditò il talento paterno e il suo amore per il canto. Nel 2018, Julija Demidenko, ricercatrice del Museo Russo di San Pietroburgo, ha scoperto gli spartiti che l’imperatrice Elisabetta molto probabilmente utilizzava per cantare.
I 14 volumi di spartiti scritti a mano in rilegatura d’argento sono notazioni di 14 voci per un concerto del coro a 16 voci composto da Gerasim Zavadovskij, reggente del Coro della lavra del Monastero Aleksandr Nevskij. Uno dei volumi, contenente una parte da soprano, è decorato con la filigrana “Lo sposalizio della Vergine Maria”, che simboleggiava il dominio femminile in Russia. La ricercatrice suggerisce che questa sia la parte cantata da Elisabetta. In una delle sue lettere si definisce “la prima voce del coro”.
Pietro III, di Lucas Conrad Pfandzelt
Hermitage/Dominio PubblicoL’imperatore Pietro III, lo sfortunato marito di Caterina la Grande, governò la Russia per soli sei mesi prima di essere deposto dal trono e perdere la vita, e non influenzò realmente la politica russa, ma i contemporanei ricordano che trovava sempre il tempo per esercitarsi con il violino. Caterina, che non amava la musica, era molto infastidita dall’amore del marito per quello strumento. “Non conosceva una sola nota, ma aveva un orecchio eccellente e, per lui, la bellezza della musica risiedeva nella forza e nella passione”, scrisse l’imperatrice. Pietro III aveva una collezione di violini eccellenti e costosi e sembra che la musica fosse una delle sue poche vere passioni, a differenza delle donne e della politica.
Un pianoforte realizzato da Johannes Zumpe (1726-1783), di proprietà dell'imperatrice vedova Maria Fedorovna dal 1817
Museo statale di PavlovskIl figlio di Pietro III e Caterina la Grande, l’imperatore Paolo I, era già nato in un’epoca in cui suonare uno strumento era obbligatorio per una persona nobile e ancor più per i membri della famiglia regnante. Paolo e sua moglie Maria Fjodorovna ricevettero lezioni di musica da Giovanni Paisiello, il più popolare compositore d’opera della fine del 1700, il cui stile influenzò Mozart e Rossini. Paisiello, uno degli ultimi grandi rappresentanti della scuola musicale napoletana e uno dei più importanti compositori del classicismo, fu invitato a San Pietroburgo da Caterina la Grande nel 1776 e servì come compositore di corte fino al 1784. Durante questo periodo, insegnò a suonare al Granduca e alla Granduchessa.
Paolo era bravo a suonare il clavicembalo, mentre la sua consorte era una discreta pianista. Amavano anche la musica contemporanea. Nel 1782, a Vienna, Paolo e Maria Fjodorovna, invitati dall’imperatore del Sacro Romano Impero Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, assistettero al grande duello al clavicembalo tra Wolfgang Amadeus Mozart e Muzio Clementi, i musicisti tecnicamente più abili dell’epoca.
Violino, 1798, Johannes Theodorus Cuypers
Rijksmuseum / Dominio pubblicoAll’inizio del XIX secolo, tutti i membri della famiglia reale russa ricevevano l’insegnamento della musica come materia obbligatoria. Ad Alessandro I furono insegnati il clarinetto e il violino. Il suo insegnante, il violinista e violista tedesco Anton Ferdinand Titz, era un discepolo del famoso compositore Christoph Willibald Gluck. È noto che Alessandro I suonava nella sua cerchia di amici più stretta. A differenza dell’epoca di Pietro il Grande, all’inizio del XIX secolo non si riteneva opportuno che un imperatore suonasse in pubblico, poiché il suo status era percepito come troppo importante per questo.
Una cornetta realizzata nel 1833
Metropolitan Museum of Art / Dominio pubblicoSe ad Alessandro era stato insegnato il violino, al figlio di Paolo e successivo imperatore, Nicola I, furono insegnati gli strumenti a fiato. Nicola, che era alto e aveva grandi polmoni, non aveva problemi a suonare il flauto, il corno francese e la cornetta, anche se preferiva chiamare tutti questi strumenti “tromba”.
“Negli anni Trenta del XIX secolo”, scrive lo storico Igor Zimin, “i registri dei fondi privati dell’imperatore mostrano molte spese per la pulizia e la riparazione dei suoi strumenti musicali e per l’acquisto di nuovi strumenti in Europa”. L’imperatore suonava sicuramente molto, anche se negli anni 1840-1850, con l’avanzare dell’età, la quantità di concerti a corte si ridusse.
L'unica foto del Gran Principe Alessandro Aleksandrovich (al centro) mentre suona la cornetta con la sua banda di ottoni, 1872
Dominio pubblicoNon si sa molto dei gusti musicali di Alessandro II, figlio di Nicola, se non che lui e la moglie Maria Aleksandrovna (Maria d’Assia-Darmstadt) suonavano il pianoforte. Ma il loro figlio, il futuro Alessandro III, mostrò interesse per la musica fin dalla più tenera età: nel 1847, quando il granduca Alessandro aveva appena due anni, chiese a uno dei suoi tutori di procurargli una tromba! Il precettore procurò due trombe giocattolo, una per Alessandro e una per il fratello minore Vladimir. I bambini “non mollavano le trombe dalla mattina alla sera”, facendo venire la nausea a tutti i membri della famiglia.
Quando Alessandro crebbe, non abbandonò il suo amore per le trombe. All’inizio gli fu insegnato a suonare il pianoforte, ma non ci metteva nessun impegno e presto abbandonò le lezioni. Tuttavia, quando a 15 anni Alessandro iniziò a prendere lezioni di tromba, non ne perse nemmeno una e spesso si esercitava da solo. Nipote di Nicola I, Alessandro voleva apparentemente suonare la tromba come il suo famoso nonno, e probabilmente aveva anche visto Nicola suonare alle feste in casa. Nonostante l’aspetto ingombrante e rozzo, Alessandro era un appassionato di musica e un ottimo interprete. Teneva i suoi strumenti sempre a portata di mano. Nel suo palazzo di Gatchina, aveva un corno francese nello studio e due trombe nel camerino. A quanto pare, Alessandro amava suonare per se stesso. Nel 1872 fondò addirittura una “Società per gli amanti della musica a fiato” e, per nove anni di fila (prima di diventare imperatore nel 1881), si esercitò regolarmente con i suoi colleghi musicisti. Il repertorio era tutt’altro che amatoriale: Beethoven, Schumann, Wagner, ecc.
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L'imperatrice Aleksandra Fedorovna mentre suona il pianoforte
Dominio pubblicoA differenza del padre, Nicola II non era un grande musicista. Imparò a suonare il pianoforte, ma non lo fece molto spesso. Preferiva lo sport, in particolare il tennis. Sua moglie, l’imperatrice Aleksandra Fjodorovna, era invece una pianista esperta. Dopo il 1905, assunse degli insegnanti per migliorare nel piano e nel canto. Nicola non amava ascoltare la moglie suonare e cantare, anche se a volte si recava nelle sue stanze per sentire Aleksandra e la sua dama di compagnia Anna Vyrubova eseguire le sinfonie di Pjotr Chaikovskij, compositore molto apprezzato dalla famiglia imperiale.
Un violoncello appartenuto a Nicola II
Palazzo Sheremetev – Museo del Teatro e della MusicaL’imperatrice Aleksandra, tedesca di nascita, sviluppò anche una passione per uno strumento tipico russo, la balalajka. Non poté imparare a suonarla perché sarebbe sembrato ridicolo: la balalajka era considerata uno strumento del volgo, non certo adatto a un membro della casata regnante. Anche solo l’ascolto delle balalajke era sconveniente, e l’Imperatrice poteva farlo liberamente solo a bordo di uno dei panfili dei Romanov.
Lo zarevich Aleksej (al centro) con in mano una balalaika. Yacht "Shtandart", 1907
Dominio pubblicoLo zarevic Aleksej amava la balalajka più di tutti gli strumenti: iniziò a suonarla a soli tre anni. A 12 anni ricevette una serie di lezioni professionali. Comprò anche due balalajke per i suoi amici d’infanzia, i cadetti Agaev e Makarov, pagando gli strumenti con le sue somme private, pur di poter suonare insieme a loro. Aleksej portò con sé due balalaike a Tobolsk, quando la famiglia dello zar fu esiliata dopo la Rivoluzione. Così, anche durante gli ultimi mesi della sua esistenza, pur vivendo in condizioni dure, privato del suo stile di vita e dei suoi titoli, l’erede continuò a suonare il suo strumento preferito.
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