Frase del film “Ivan Vasilevich menjaet professiju” (ossia: “Ivan Vasilevich cambia mestiere”), tratto da un testo teatrale di Mikhail Bulgakov. Viene pronunciata dal cittadino sovietico che a causa di un malfunzionamento della macchina del tempo finisce nel XVI secolo e viene scambiato dai sudditi per lo zar Ivan il Terribile. Timoroso e teso all’inizio, dopo aver bevuto un bel po’, lo “zar” si scatena.
Grido disperato della donna, interpretata dall’attrice Svetlana Svetlichnaja, nel film “Crociera di lusso per un matto” (titolo originale russo: “Brilliantovaja ruká”, ossia “Un braccio di brillanti”), che viene sorpresa in compagnia del protagonista giusto nel momento in cui le si rompe la chiusura del reggiseno. La disperazione però è finta, perché lo scopo della donna era quello di far ubriacare l’uomo per potergli rubare i brillanti nascosti nel gesso del braccio rotto.
Max Otto von Stierlitz, alias Maksim Isaev, agente segreto sovietico infiltrato nei vertici della Germania nazista, è il protagonista della miniserie televisiva “Diciassette istanti di primavera” (“Semnadtsat mgnovenij vesny”) e forse il personaggio più popolare nella storia del cinema sovietico. Quando il capo della Gestapo, Heinrich Müller, gli dice: “E a Lei, Stierlitz, io chiedo di restare”, tutti sentono un brivido lungo la schiena.
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Frase cult della commedia “Dzhentlmeny udachi” (ossia: “I gentlemen della fortuna”), pronunciata dal direttore di un asilo nido bonaccione che, per la sua somiglianza fisica a un boss della mala, viene infiltrato dalla polizia tra i detenuti di un carcere e deve risultare credibile. La frase è intesa come minaccia, ma in realtà fa ridere, perché chi la dice è una persona mite, gentile e assolutamente pacifica.
È con questa frase che si facevano i complimenti a tutte le ragazze sovietiche dopo che uscì il film di Leonid Gajdaj “Una vergine da rubare” (titolo originale russo: “Kavkazskaja plennitsa ili novye prikljuchenija Shurika”; ossia “La prigioniera del Caucaso o nuove avventure di Shurik”). Con queste parole un burocrate di un paesino caucasico presenta ai suoi compaesani Nina, la ragazza da poco arrivata nel Caucaso, che egli intende sposare contro la sua volontà. Per riuscire nei suoi intenti, fa rapire la ragazza.
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Frase del film “L’ironia del destino, oppure Buona sauna!” (Ironija sudby ili S ljogkim parom!), che da decenni viene trasmesso in tv per Capodanno. Viene pronunciata da un personaggio maschile, un uomo ben educato, che a cose normali non si permetterebbe mai di offendere nessuno con le sue parole. Del resto, chi potrebbe dire in faccia alla padrona di casa che la sua cucina fa schifo? Ma, spinto dalla gelosia, l’uomo beve troppo e offende la donna che ama.
La geniale attrice Faina Ranevskaja è famosa per i suoi aforismi e le sue barzellette, molte delle quali non sono altro che episodi della sua vita. Tuttavia, queste parole che la protagonista del film “Podkidysh” (ossia: “La trovatella”) dice a suo marito, sono diventate un vero meme. Adesso, quando tra i coniugi si sta profilando un conflitto, per non litigare basta dire: “Mulja, non mi far innervosire!”
Una delle protagoniste del film “Mosca non crede alle lacrime” (“Moskvá slezám ne vérit”), che nel 1981 ha vinto un Oscar, vive infischiandosene delle regole morali. Il suo sogno è quello di “vincere alla lotteria”, cioè di sposare un ragazzo di una famiglia ricca. Per questo non smette mai di mentire, fingendo di essere figlia di un professore universitario e di altri personaggi importanti. Quando il suo comportamento le viene rimproverato, lei, senza battere ciglio, pronuncia la frase di cui sopra.
Un’altra frase del film “Crociera di lusso per un matto” viene pronunciata da un agente di polizia, quando consegna al protagonista (il “matto”) una pistola e l’uomo la infila nella sua borsa già strapiena, una tipica avoska di spago, in modo che resta perfettamente visibile a tutti. È come dire: “Ma cosa combini?”. Quindi, quando qualcuno dimentica una cosa importante o fa una cosa stupida, possiamo dire, strascicando le parole: “Semjo-o-on Semjo-o-onych!”.
La “chiave dell’appartamento dove ci sono i soldi” è un sinonimo di fortuna, di successo improvviso: i soldi ci sono, basta andare a prenderli. Con queste parole il truffatore Ostap Bender, uno dei protagonisti della commedia “Le dodici sedie”, risponde a un ragazzino di strada che gli chiede l’elemosina e non è contento di quando lui gli dà (una mela). La frase viene usata, di norma con ironia, quando, a parere di chi la pronuncia, l’interlocutore chiede troppo, mostrando pretese materiali smodate e irragionevoli.
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