“Povera Lisa”, dipinto del 1827 di Orest Kiprenskij (1782-1836)
Galleria TretjakovNella Russia antica la salute femminile era sinonimo di corpulenza. Le mogli dei boiardi e degli strelizzi appartenevano alla categoria che oggi si direbbe Body Positive, suscitando spesso la perplessità degli stranieri. “Per bellezza della donna loro intendono il grasso. […] Gambe magre e vita snella sono da loro considerati scandalosi. […] Le donne magroline le credono malsane”, osservava con stupore il medico di Corte Samuel Collins. Al tempo stesso, tutti gli stranieri rilevavano la bellezza fisica delle donne russe: “Le donne sono di media statura, generalmente di bella corporatura, con volto e corpo contraddistinti dalla tenerezza”, scrisse negli anni Trenta del Seicento il viaggiatore tedesco Adam Olearius. Gli fece eco il diplomatico Jacob Reutenfels: “Le donne in Moscovia hanno un corpo snello e un bel viso”.
Tale concetto di bellezza femminile era comune a tutti i ceti della società russa. Alle contadine, la vita in campagna imponeva la necessità di eseguire quotidianamente dei lavori pesanti, il che richiedeva parecchia forza fisica. L’ideale di bellezza era una donna corpulenta e capace di procreare. Se tra i nobili, nei secoli XVIII-XIX, si fece strada un ideale di donna più “europea”, nel popolo il concetto tradizionale rimase invariato ancora per molto tempo. “La ragazza ideale ha un’andatura fluida, è modesta e di statura alta, con capelli folti e viso carnoso e rubicondo”, scrisse all’inizio del XX secolo il principe Tenishev a proposito delle contadine del governatorato di Vladimir.
Le ragazze russe auguravano a se stesse di essere floride, come dimostrano i testi di numerosi incantesimi: “Di tutte le erbe sono più alta, dei fiori azzurri son più matura ed ho la faccia più bianca e rubiconda”, “ho larghe le spalle e prosperosi i seni, il mio viso è tondo con vermiglio sulle guance”.
“Isba nel governatorato di Vologda”, dipinto del 1925 del pittore Nikolaj Terpsikhorov (1890-1960)
Dominio pubblicoJiří David, il gesuita ceco che visse a Mosca negli anni Ottanta del Seicento, notava che le donne russe “camminano graziosamente con le loro scarpe alte che non consentono ad esse di correre e camminare a passo veloce”. La graziosità dei movimenti e l’andatura erano tra le qualità che si apprezzavano nelle donne di origini nobili. Sin dall’infanzia, alle figlie della nobiltà si insegnava a camminare in maniera “corretta”. È da notare anche che nessuna delle fonti dice che ai russi piacessero le donne oziose. Anzi, molti documenti riguardanti la storia dei mercanti dimostrano che già prima di Pietro il Grande le donne spesso gestivano da sole i capitali e le attività produttive. Nelle campagne, le “bolshukhi”, cioè, le donne anziane viste come capofamiglia, partecipavano a pieno titolo alle riunioni del villaggio.
Come scrive Natalja Pushkarjova, che studia la storia delle donne in Russia, “la moglie ideale era una donna senza impiego professionale, che fa diligentemente i lavori di casa, nutre i figli e i servi, produce il miele della vita familiare e dona grande bontà alla casa”.
Le qualità indispensabili di una vera donna erano la modestia e la devozione (“essere pia”). Come scrive Pushkarjova, “per moglie ‘buona’ si intendeva una moglie sottomessa, rassegnata e pacata”. All’epoca dell’Impero russo, a questo ideale cercavano di restare fedeli sia le mogli dei nobili, sia quelle dei borghesi. Alle figlie dei nobili si insegnavano la modestia, la leggerezza e la graziosità dei movimenti, mentre le figlie dei mercanti sfoggiavano la loro devozione.
“Alla toiletta. Autoritratto”, dipinto del 1909 della pittrice Zinaida Serebrjakova (1884-1967)
Galleria TretjakovTutte le donne russe, indipendentemente dal reddito, si prendevano cura del proprio viso e del corpo. Quello che differiva erano soltanto i mezzi per farlo. Tutte le famiglie, persino le più povere, avevano una banja (tradizionale bagno a vapore russo). Si usava frequentare la banja 1-2 volte a settimana. Nei mesi caldi la banja era usata anche senza vapore, semplicemente per lavarsi. Nei mesi freddi, per non riscaldare appositamente la banja, era possibile lavarsi nella stufa della casa, dopo che la temperatura si abbassava a livelli tollerabili, tanto più che il ranno (miscuglio di cenere di legno e acqua bollente) era comunque usato come detergente e sapone.
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Per tonificare e sbiancare il viso e il corpo, si usavano il siero di latte, la salamoia dei cetrioli, e vari decotti di erbe. Uno dei migliori rimedi per dare al viso un rossore naturale, come testimoniava l’imperatrice Caterina II, era strofinarlo con un pezzo di ghiaccio. Il segretario dell’imperatrice, Adrian Gribovskij, riferiva che ogni giorno Caterina II ordinava di strofinarle sul viso del ghiaccio, mentre le veniva messa la cuffia. L’irlandese Martha Wilmot, che visitò la Russia ai tempi di Caterina II, scrisse: “Ogni mattina mi portano una piastrina di ghiaccio dello spessore del vetro di un bicchiere, e io, come una vera russa, la strofino sulle guance, il che, come mi viene assicurato, farà bene alla mia carnagione”.
“Ragazza con le trecce. Ritratto di A.A. Dobrinskaja”, ritratto del 1910 del pittore Vasilij Surikov (1848-1916)
Museo di V.I.Surikov, KrasnoyarskPer una ragazza, il pettine di legno o di osso erano preziosi come il pettine per barba lo era per un uomo. I pettini si decoravano con simboli del Sole. Le donne portavano capelli molto lunghi, ogni giorno li pettinavano a lungo e poi intrecciavano. I capelli erano uno dei più importanti simboli della donna. Le ragazze non sposate avevano una sola treccia, le donne maritate ne avevano due. Se il marito moriva improvvisamente, le trecce venivano tagliate in segno di lutto. Per le donne, fare con le proprie mani due trecce all’amica che stava per sposarsi era un antico rito di iniziazione femminile.
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Ai capelli si prestava la massima attenzione: si lavavano con latte cagliato e con kvas (bevanda di pane fermentata), poi si sciacquavano con decotto di ortica o di margherita. È significativo che le donne nobili portavano sempre un copricapo, perché soltanto il marito poteva godersi la bellezza dei capelli della moglie e li poteva persino pettinare.
“Ragazza moscovita del XVII secolo”, dipinto del 1903 del pittore Andrej Rjabushkin (1861-1904)
Museo Statale RussoNella Rus’ antica, la cipria, il rossetto, il belletto e altri cosmetici erano quasi sconosciuti. Tra le donne russe diventarono popolari a partire dal secolo XV-XVI, dopo che la moda russa venne influenzata dalle usanze delle principesse dell’Orda e delle bellezze orientali.
“Il marito è tenuto a dare alla moglie il belletto e altro, perché tra le russe esiste l’usanza di truccarsi; non lo considerato affatto vergognoso”, scrisse nel XVI secolo il diplomatico inglese Anthony Jenkinson. “Si spalmano il viso in maniera tale che a distanza di un tiro si possono vedere i coloranti appiccicati sul loro viso; conviene paragonarle a delle mugnaie, perché sembra che dei sacchi di farina vengano loro sbattuti in faccia; mentre le sopracciglia le colorano di nero.”
Abbiamo degli appositi articoli in cui spieghiamo, perché le donne russe erano costrette a usare tanti cosmetici e come questa moda si esaurì. Tuttavia, sia nell’Ottocento sia oggi le donne russe si distinguevano e si distinguono per la loro abilità nell’usare il trucco. Ancora nel XVI secolo, il poeta inglese George Turberville notava che “truccandosi ogni giorno, [le donne russe] raggiungono il successo; applicano il trucco in modo tale che anche il più avveduto sarà tratto in inganno, se si fida dei propri occhi”.
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