Bulgakov, genio ribelle: ecco perché tutti dovrebbero leggere i suoi libri

Heritage Images/Getty Images; Yelena Martynuk illustrations/Bulgakovskij Dom, 2013
L'autore de “Il Maestro e Margherita” si lamentava spesso di essere nato nel momento sbagliato. “Perché mi perseguiti, destino? Perché non sono nato cento anni fa, o meglio tra cento anni, o ancora meglio se non fossi nato affatto?”, si lamentava. Paradossalmente, Bulgakov ha resistito alla prova del tempo meglio di chiunque altro, rivelandosi uno degli scrittori russi più letti e apprezzati in patria e all’estero

La vita di ogni scrittore potrebbe offrire gli spunti per un nuovo libro. E quella di Mikhail Bulgakov non fa eccezione. 

Trasformò le sue sofferenze in opere virtuose

Mikhail Bulgakov (1891-1940) dovette farsi strada attraverso una serie di tormenti e traumi interiori.

Mikhail Bulgakov

Nacque a Kiev (all’epoca parte dell’Impero Russo) in una famiglia numerosa e amorevole. Suo padre era professore di teologia; sua madre, invece, insegnante in un ginnasio femminile. Il calore familiare che ha caratterizzato la sua giovinezza si riflette nei suoi scritti autobiografici, come la sua leggendaria opera teatrale “I giorni dei Turbin” e il romanzo epico “La guardia bianca”.

Entrambi i fratelli di sua madre erano medici, ed egli decise di seguire la stessa strada. Nel 1916 si laureò con lode alla facoltà di medicina dell'Università di Kiev; e i suoi 18 mesi di lavoro come medico in un ospedale rurale nella regione di Smolensk sono stati descritti nella raccolta “I racconti di un giovane medico”.

In gioventù Bulgakov seguì le orme degli zii e si iscrisse a Medicina

Quando scoppiò la Prima guerra mondiale, Bulgakov partì come medico per il fronte, dove mise a repentaglio la propria vita e fu ferito più volte. Nel 1918, fece ritorno nella sua nativa Kiev e lì aprì un ambulatorio privato.

La famigerata scuola di vita che plasmò le idee di Bulgakov fu ancora più dura, perché il periodo della sua maturità coincise con la guerra e la Rivoluzione russa. Nel bel mezzo della guerra civile, Bulgakov assistette personalmente a dieci colpi di Stato su diciotto!

Il dominio sovietico si rivelò la ragione principale della tragedia che sconvolse il suo destino. E fu uno “scontro fra titani”: un intellettuale russo di mentalità cechoviana cresciuto in un ambiente liberal-democratico, contro l’irremovibile censura sovietica e il realismo socialista di Stalin. 

Più Bulgakov cercava di adattarsi al nuovo stile di vita sovietico (dove la maleducazione si scontrava con l'ignoranza), più si rendeva conto che la collaborazione con il governo sovietico andava contro le sue convinzioni e le sue credenze: il regime sovietico non aveva nulla a che fare con il suo senso dei valori. Eppure, Bulgakov cercava un compromesso tra i due, sperando in qualche modo di illuminare ed “educare” il governo.

Tentò di trovare un linguaggio comune con le autorità sovietiche attraverso una conversazione con Joseph Stalin (che prese forma nell'iconica opera “I giorni dei Turbin”, portata in scena al Teatro d'Arte di Mosca almeno 15 volte!). Proprio come Aleksandr Pushkin, che nel 1826 si era messo alla ricerca di un linguaggio comune attraverso una conversazione con lo zar Nicola I, anche Bulgakov fece spazio al compromesso. Ma, purtroppo, sia i tentativi di riconciliazione di Pushkin che quelli di Bulgakov finirono in fumo.

Bulgakov descrisse infatti i disaccordi ideologici tra i bolscevichi e l'intellighenzia russa nel suo libro “Cuore di cane”. Scritto nel 1925, il manoscritto di Bulgakov fu sequestrato dalla censura l'anno successivo e pubblicato solo durante la Perestrojka di Gorbaciov.

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Con lui prese vita la storia

Nel 1919 Bulgakov, che lavorava come medico, capì che la sua vera vocazione era la scrittura. Quello di cui lui aveva bisogno non erano un freddo stetoscopio e un camice bianco, bensì una penna e un pezzo di carta. “La scrittura è una malattia. Non si può fermare”, disse una volta lo scrittore americano William Carlos Williams. E Bulgakov si ritrovò pienamente d’accordo con lui. 

Bulgakov aveva un'altra grande passione: la scrittura

I suoi capolavori come “Il Maestro e Margherita” e “Le uova fatali” sono molto simili alla “Bibbia” dell'orrenda vita sovietica: nelle sue opere, infatti, è riuscito a rendere “viva” la storia meglio di qualsiasi libro di testo. 

Nella brutale realtà sovietica, i successi iniziali di Bulgakov si rivelarono però effimeri ed egli fu vittima di una campagna d'odio intrapresa dai media sovietici. In una sua lettera indirizzata al governo, Bulgakov riportò una triste statistica: dopo aver raccolto tutti i ritagli di giornale con le recensioni delle sue opere, giunse alla conclusione che, delle 301 recensioni, 298 erano assolutamente ostili e negative. Ed è facile capire perché.

Bulgakov disprezzava apertamente il “malfunzionamento” culturale inerente al potere sovietico. Ma mentre era in vita, vide la pubblicazione di appena metà delle sue opere. 

Mikhail Bulgakov dovette scontrarsi con la rigida censura sovietica, che bloccò buona parte dei suoi scritti

“Sono costretto, non a squittire come un topo grato e apologetico, ma a ruggire come un leone per l'orgoglio della mia professione”, disse una volta lo scrittore John Steinbeck. Mikhail Bulgakov usò le sue opere teatrali e i suoi romanzi per ruggire come mille leoni contro il dominio sovietico. Ma si ritrovò a pagare un prezzo alto per questo: il suo romanzo per eccellenza, “Il Maestro e Margherita”, vide la luce solo nel 1966, ventisei anni dopo la morte di Bulgakov. Lo stesso destino subì il suo capolavoro incompiuto, “Romanzo teatrale”, che uscì nel 1967. “Cuore di cane” fu scritto nel 1925 e pubblicato solo nel 1987, mentre “La vita di Monsieur de Molière” vide la luce nel 1962. 

“Lottare contro la censura, qualunque sia la sua natura e qualunque sia il potere sotto il quale esiste, è il mio dovere di scrittore, così come le richieste di libertà di stampa. Sono un ardente sostenitore di questa libertà e credo che se uno scrittore dimostrasse di non averne bisogno, sarebbe come un pesce che afferma in pubblico di non aver bisogno di acqua”, scrisse Bulgakov nella sua lettera al governo sovietico nel 1930.

Scrisse uno dei romanzi russi più tradotti della storia

“Il Maestro e Margherita” è uno dei romanzi russi più tradotti di tutti i tempi. Ha inoltre avuto un grande impatto su un certo numero di scrittori, musicisti e artisti in tutto il mondo. Lo scrittore britannico Salman Rushdie ha confessato di essersi ispirato proprio a “Il Maestro e Margherita” nella stesura del suo romanzo del 1988 “I versi satanici”. 

“Il Maestro e Margherita” ha poi ispirato il frontman dei Rolling Stones Sir Mick Jagger a scrivere una delle sue migliori canzoni, “Sympathy for the Devil”, e anche il testo della canzone “Pilate” dei Pearl Jam è stato in qualche modo generato dal romanzo russo.

Un'illustrazione del romanzo

La grande opera di Bulgakov sul diavolo che visita Mosca nel 1930 è piena di umorismo e brillantezza stilistica. A Bulgakov piaceva che la sua vendetta fosse servita fredda, così scrisse un romanzo sul potere soprannaturale, su Satana nella Mosca bolscevica, sul diavolo e Gesù e su un geniale scrittore senza nome che scrive un romanzo su Ponzio Pilato, che aveva ordinato la crocifissione di Gesù. Nell'opera metafisica di Bulgakov, Satana è una figura ambivalente e fa “parte di quella forza che eternamente vuole il Male ed eternamente opera il Bene”. In modo audace e grottesco, il Woland di Bulgakov (il Diavolo) si oppone a un nuovo ceppo del male, quello che è scrupolosamente sovietico. Eppure, cercare di raccontare la trama de “Il Maestro e Margherita” è sciocco quasi quanto cercare di spiegare “Il Signore degli Anelli” o “Alice nel paese delle meraviglie”. 

Nel 1930, Bulgakov fu spietato con se stesso e bruciò la prima versione de “Il Maestro e Margherita”. Il romanzo aveva allora un titolo diverso: l’autore lo voleva chiamare “Il mago nero” o “Un giocoliere con lo zoccolo”, con il personaggio di Woland come protagonista principale. Secondo gli studiosi, Bulgakov non aveva pianificato di bruciare il romanzo, ma lo fece in un momento di rabbia, quando la censura sovietica vietò la sua opera teatrale “La cabala degli ipocriti”. 

Bulgakov fece aggiunte e correzioni al testo fino agli ultimi giorni della sua vita. E il suo ultimo capolavoro è pieno di massime e aforismi senza tempo. “Sii tanto cortese da riflettere su questa domanda: che cosa sarebbe il tuo bene se non ci fosse il male, e come apparirebbe la terra se non ci fossero le ombre? Le ombre nascono dagli oggetti e dalle persone. Ecco l'ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai per caso sbucciare tutto il globo terrestre buttando via tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo per godere della tua fantasia della nuda luce? Sei uno sciocco”. 

Dopotutto, da gran pensatore qual era, Bulgakov era in grado di diagnosticare non solo le condizioni mediche, ma anche lo stato di benessere della società.

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