La vetrina dell’epoca sovietica: cosa si conservava nel mobile a parete che avevano tutti

Vladimir Kazantsev/TASS
In ogni appartamento dell’Urss ce n’era uno, ed era un elemento di arredo quasi sacro: al suo interno erano conservate le stoviglie più pregiate, che si potevano tirare fuori solo per le celebrazioni importanti. E poi racchiudeva molto altro…

Il cuore di quasi tutti i soggiorni degli appartamenti sovietici era il “servánt”, una vetrina che spesso occupava un’intera parete e veniva chiamata “stenka”, con porte scorrevoli in vetro e la parete posteriore a specchio. Come si addice a un mobile di pregio, vi si conservavano solo gli oggetti di maggior valore: sia materiale che affettivo.

Porcellana

Ogni casalinga sovietica che si rispetti aveva un servizio da tè. Tuttavia, veniva utilizzato solo per le occasioni speciali, quando gli ospiti venivano invitati a casa per le grandi feste di famiglia o nazionali. Il servizio da tè della Manifattura di porcellane Lomonosov (LFZ; nome della Fabbrica Imperiale di Porcellana dal 1925 al 2005), decorata con un disegno a rete blu cobalto, era di gran moda. Questo design, che è diventato uno dei simboli di San Pietroburgo, venne creato nel 1944 su bozzetto dell’artista Anna Jatskevich (1904-1952) per il 200° anniversario della fabbrica; ed è entrato in produzione in serie nel 1950. 

Una famiglia di Mosca, 1953

Esistono due teorie sull’origine di questo disegno. Secondo la prima, ufficiale, la griglia riprende il disegno del servizio “privato” dell’imperatrice Elizaveta Petrovna (Elisabetta I di Russia), sotto il cui regno fu fondata la manifattura di porcellana (il predecessore della fabbrica di porcellana). Secondo una seconda versione, “popolare”, il disegno è una metafora dei nastri adesivi incrociati messi per sicurezza sui vetri delle finestre della Leningrado assediata dai nazisti e sottoposta a continui bombardamenti. La designer Anna Jatskevich era sopravvissuta all’assedio, perdendo la madre e la sorella in quegli anni, e avrebbe dunque voluto commemorarle in questo modo. L’artista venne premiata post mortem con una medaglia d’oro all’esposizione mondiale di Bruxelles nel 1958 per la sua creazione della rete blu cobalto.

Un servizio da tè sovietico della fabbrica di porcellana Lomonosov

Oltre a questo servizio da tè, altri molto desiderati – perché rari – erano quelli della marca “Madonna” della Ddr. L’aspetto “borghese” di queste porcellane – con madreperla, dorature, disegni di ragazze seminude – non si addiceva troppo agli spartani interni sovietici, ma nessuno si lasciava dissuadere da questi dettagli.

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“Ricordo che mia nonna teneva questi piatti nel posto più in vista della credenza e mi affascinavano. Li metteva fuori una sola volta all’anno, quando la famiglia si riuniva per il suo compleanno e la nonna imbandiva la tavola per il tè. Ora mi pare che simili stoviglie pompose nella sala di una khrushchjovka, che, anche se molto accogliente, aveva soffitti bassi e mobili sovietici spartani degli anni Ottanta, stonassero un po’. Ma per mia madre i resti del sevizio “Madonna” sono un ricordo di sua madre, e per me è un ricordo della mia infanzia e delle feste conviviali dei miei parenti, molti dei quali oggi non ci sono più”, ricorda Maria Afanasjeva, che possiede diversi servizi in porcellana del periodo sovietico.

Servizio da tè

In genere, questi servizi venivano regalati per le nozze, quindi non servivano solo come decorazione per gli interni o per la tavola delle feste, ma anche come ricordo di importanti avvenimenti familiari. 

Le tazzine con piattino, la teiera e la zuccheriera erano solitamente collocate sul ripiano più basso della credenza. A questi si potevano affiancare insoliti bicchieri con beccucci ricurvi, detti “bjuvetnitsa”, usati per le acque minerali terapeutiche. I cittadini sovietici li portavano con sé dalle vacanze nei centri termali.

Appartamento di Mosca, 1987

Negli anni Cinquanta, il turismo terapeutico in Urss divenne un fenomeno di massa: non c’era quasi famiglia nel Paese che non avesse trascorso le vacanze alle terme. I centri di cura situati nel Caucaso settentrionale erano considerati i migliori. Nella fabbrica di porcellana di Kislovodsk venivano prodotte tazze speciali per i turisti, che permettevano di bere l’acqua minerale senza inalare l’odore di uova marce tipico dell’acido solfidrico e senza esporre i denti ai minerali che danneggiano lo smalto. Spesso erano contrassegnati con l’anno di produzione e per chi vi beveva fungevano anche da souvenir delle vacanze nel Sud.

Cristallo 

La sciatrice sovietica e campionessa olimpica Galina Kulakova nel suo appartamento di Izhevsk, 1972

Le insalate a strati, come l’“aringa in pelliccia” o la “mimosa” e quelle più semplici, come la “Olivier” (così si chiama l’“insalata russa”) o la vinaigrette, dovevano essere servite in pesanti insalatiere di cristallo, anch’esse conservate in questi mobili da parete. Tali stoviglie erano solitamente collocate sul secondo ripiano. Il più delle volte erano quelle prodotte nella Fabbrica vetraria Gus (Gusevskój khrustálnyj zavód)  nella città di Gus-Khrustalnyj. Vasi, zuppiere e insalatiere di cristallo pesante venivano spesso donati per le occasioni importanti: anniversari, feste di pensionamento e l’8 marzo; quindi quasi ogni casa sovietica ne aveva un’intera collezione. 

Famiglia in festa, anni '50

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“L’aringa in pelliccia è molto bella se servita in una insalatiera di cristallo. Papà era un camionista e avevamo molti cristalli e vetri, soprattutto quelli di Gus-Khrustalnyj. Da un bicchierino o da un bicchiere di cristallo si beve meglio e in modo più piacevole. E mi piacciono molto queste insalatiere, le ho praticamente conservate tutte”, scrive un partecipante a un forum di discussione sulla nostalgia dell’Unione Sovietica. 

Ma se il cristallo “pesante” era perlopiù sovietico, si cercava di avere bicchieri, bicchierini e calici d’importazione. Avere in casa un cristallo cecoslovacco di Boemia era considerato un segno di buon gusto e di ricchezza familiare: era più costoso dei suoi omologhi di produzione nazionale. 

Festa in casa, 1986

La pulizia del cristallo era un rituale speciale. Più volte all’anno, una casalinga sovietica tirava fuori i suoi tesori dalla vetrina a parete e li lavava in una soluzione di acqua e aceto. Grazie a questa procedura, e all’uso poco frequente, i bicchieri erano sempre lucidissimi, come nuovi. 

“Fin da quando ero piccolo mi è stato detto che le stoviglie di cristallo del mobile non dovevano essere usate, perché servivano per le occasioni speciali. Tutti i pezzi venivano messi fuori, lavati e rimessi al loro posto due o tre volte all’anno. Ma insomma, possiamo tirare fuori il cristallo  adesso, o non ancora?”, ha scherzato un utente di un forum su Internet, postando una foto della credenza della nonna piena di stoviglie di cristallo.

Il negozio

“Da noi i bicchieri di cristallo venivano messi fuori per ogni festa: aprivi le ante della ‘stenka’, tiravi fuori il servizio di cristallo della Ddr, e ti veniva subito voglia di festeggiare, proprio come con l’albero di Capodanno”, afferma un altro commentatore.

Altri manufatti

Oltre alle stoviglie, i mobili da parete potevano contenere una serie di altri oggetti. Si trattava di statuette di porcellana o di vetro colorato e matrioschke. Spesso, sulla parete a specchio della credenza si potevano vedere le immagini dei parenti più stretti: fotografie dei genitori, oppure dei figli e dei nipoti in eleganti uniformi scolastiche (le ragazze necessariamente con fiocchi e grembiuli bianchi, i ragazzi con al collo fazzoletti rossi da pioniere). A volte, venivano messi in bella mostra anche ritagli di giornale, con articoli sulle imprese lavorative dei membri della famiglia o sulle loro attività. 

Natalia Chekhovskaja e Vasilij Polushin, ballerini del Teatro dell'Opera e del Balletto di Stato di Krasnojarsk, nella loro casa, 1987

Dopo il crollo dell’Urss, la generazione giovane e “progressista” di allora voleva sbarazzarsi del mobile a parete sovietico e del suo contenuto, considerando tutta quella roba “spazzatura obsoleta”. E molti lo fecero. Trent’anni dopo, l’interesse per l’eredità sovietica sta tornando, e i giovani di oggi cercano nei mercatini delle pulci i servizi e i cristalli “della nonna”, mentre i designer riproducono lo stile rétro negli interni copiando o restaurando proprio quei mobili da parete. Da un lato, si tratta di un omaggio al design sovietico, che spesso supera i mobili e gli articoli per la casa moderni quanto a caratteristiche estetiche e funzionali. Dall’altro lato – e forse ancora di più – è una manifestazione di nostalgia. 

Nel 2018 è stato condotto un sondaggio in Russia e il 66% degli intervistati ha ammesso di “avere nostalgia dell’Urss”: la percentuale è la più alta dell’ultimo decennio. L’aumento del sentimento è stato registrato in tutte le fasce d’età, compresi i giovani tra i 18 e i 24 anni, che non hanno conosciuto l’Unione Sovietica ma che spesso sono cresciuti in una casa sovietica. 

Il mercato delle pulci Udelka a San Pietroburgo

“Con gli oggetti sovietici si vuole ricreare l’atmosfera che regnava durante l’infanzia e l’adolescenza. Li cercano perché erano presenti nella loro famiglia e poi sono andati persi, si sono rotti, sono stati rubati… Per rimediare al danno, vanno ai mercatini, spulciano i siti Internet. Ad alcuni serve il coperchio della teiera, ad altri manca un cucchiaio di un set di posate. Tazze, piatti, vasi, statuette, gioielli e persino quadri... Una volta ho visto come un adulto piangeva per l’emozione al banco di una fiera, perché dopo una lunga ricerca aveva finalmente trovato qualcosa di simile a un suo cimelio di famiglia”, racconta l’antiquaria Marina Veselova. “Una persona ha bisogno di circondarsi di cose che gli restituiscano emozioni positive”.


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