Cosa c’è di storicamente vero e cosa di inventato nella serie tv “Caterina la Grande” su Sky

Storia
GEORGY MANAEV
Abbiamo guardato con grande attenzione le quattro puntate e, con l’aiuto di uno dei massimi esperti dell’epoca, lo storico Aleksandr Kamenskij, abbiamo tratto le conclusioni

La miniserie in quattro puntate “Caterina la Grande”, trasmessa in Italia da Sky Atlantic, è già il secondo tentativo del 2019, dopo “The Last Czars”/“Gli ultimi Zar” di Netflix, di realizzare una serie sulla storia russa, e questa volta è meglio riuscito. Il ruolo principale è interpretato da una stella del cinema di prima grandezza, la Premio Oscar Helen Mirren, e la troupe ha effettuato le riprese anche sul territorio di vere residenze imperiali russe, a Tsarskoe Selo, Peterhof e Gatchina.

Non vogliamo qui analizzare in dettaglio gli errori storici in “Caterina la Grande”: tra i compiti di una serie del genere non ci può certo essere una maniacale accuratezza in termini di costumi, cerimonie di corte e relazioni politiche dei personaggi storici. E gli autori del film, sono riusciti a trasmettere l’atmosfera del tempo nel suo insieme, e hanno speso il budget non invano.

Indicheremo solo quei punti della serie che possono distorcere seriamente la percezione dell’era di Caterina (sul trono dal 9 luglio 1762 alla morte, il 17 novembre 1796). A questa analisi ha contribuito il dottore in Scienze storiche, direttore della Scuola di scienze storiche della facoltà di Scienze umane della Higher School of Economics di Mosca, ed esperto di spicco dell’era di Caterina II, professor Aleksandr Kamenskij.

ATTENZIONE! Il testo contiene spoiler. Leggete questo articolo, se non volete conoscere in anticipo la trama della serie

La prima apparizione di Caterina

La serie tv inizia con la visita nel 1762 di Caterina a Ivan VI di Russia, prigioniero sull’isola fortezza di Shlisselburg. Ivan VI (1740-1764) era stato proclamato imperatore il 28 ottobre 1740, quando aveva appena due mesi di vita. Tredici mesi dopo, un colpo di Stato pose la zarina Elisabetta sul trono (il 6 dicembre 1741), e Ivan e la sua famiglia vennero imprigionati. Lui non conobbe mai, dunque, la libertà. L’imperatrice Caterina nella serie si reca da lui quasi sola, e bisogna immediatamente abituarsi al fatto che nella finzione scenica le sue apparizioni pubbliche sono messe in scena con molta semplicità, quasi come se fosse una signorotta che va a farsi delle scampagnate, mentre nella realtà le sue uscite spostavano un incredibile numero di persone. Ma, come osserva Aleksandr Kamenskij, nel caso della visita a Shlisselburg, la messa in scena potrebbe essere abbastanza fedele alla realtà storica: “La fortezza di Shlisselburg non era uno spazio pubblico, ovviamente. La visita non era un evento pubblico, e, inoltre, era stata probabilmente tenuta segreta. Quindi, anche se non lo sappiamo per certo, è probabile che Caterina avesse un seguito molto ridotto, a differenza degli spostamenti ufficiali”.

Durante la sua visita, Caterina non poté però incontrare sul posto il tenente Vasilij Miròvich, l’uomo che cercò poi (fallendo) di liberare Ivan VI (“il prigioniero numero uno”, nella serie) per riportarlo sul trono ai danni di lei. Nel 1762, infatti, non era ancora entrato in servizio a Shlisselburg. Tuttavia, come osserva Kamenskij, è invece vero il fatto della petizione che aveva indirizzato all’imperatrice, e di cui lei si lamenta (“avete avanzato delle richieste di denaro al mio ufficio, e numerose volte, e vi abbiamo invitato a desistere”). Anche se non riguardava il trattamento economico, come si vede nella serie, ma una richiesta di restituzione di alcune proprietà a lui confiscate.

A fini narrativi, gli autori hanno leggermente distorto la consequenzialità cronologica delle biografie di molti personaggi. Ad esempio, quando vediamo Grigorij Potemkin per la prima volta, è nelle Guardie; mentre invece, subito dopo il colpo di Stato del 1762 che aveva posto sul trono Caterina ai danni di suo marito Pietro III, era stato promosso kammerjunker, il che significa che non poteva certo aggirarsi nelle sale imperiali armato e con la divisa delle Guardie, come mostrato nella serie.

Nella prima puntata, Caterina fa un lungo discorso sulla libertà e diritti in Russia. Per un semplice spettatore russo, è difficile immaginare che la giovane imperatrice, arrivata al potere grazie a un colpo di palazzo voluto dalle élite nobili, dichiarasse pubblicamente, di fronte a persone con migliaia di servi: “Dunque si impone un cambiamento. La servitù della gleba è un’istituzione che la Russia deve abolire. È giusto che un uomo solo perché è ricco possieda un altro essere umano?”.

Il professor Kamenskij, al contrario, osserva che gli autori della serie hanno ragione: “Caterina sostenne apertamente l’abolizione della servitù della gleba. Tanto da mettere la cosa nero su bianco nella prima versione del ‘Nakaz’ (il suo testo politico filosofico che delineava la concezione del cosiddetto ‘assolutismo illuminato’, ndr). Il fatto che lei potesse parlare esplicitamente del tema con i nobili di alto rango a Corte è assolutamente indubbio. E ci sono molte prove che Caterina abbia effettivamente pianificato l’abolizione della servitù”. La Russia dovette però attendere ancora a lungo, ad abolirla fu solo Alessandro II nel 1861.

Gli uomini vicino alla zarina: il figlio Paolo e Potemkin

Paolo I è nato nel 1754 e al momento del colpo di Stato che depose suo padre e mise sul trono sua madre aveva 8 anni. Nella serie, appare come un giovanotto (in un dialogo dice di stare per compiere 19 anni). In questo caso, avrebbe dovuto essere già il 1773, mentre il tentativo di nuovo colpo di Stato del tenente Mirovich, che viene mostrato, ebbe luogo nel 1764. E lui allora era un bambino decenne. 

Strana è anche l’età di Grigorij Orlov (1734-1783), che aveva circa 30 anni al momento degli eventi descritti. Nel film, sia lui, che era il favorito di Caterina, che suo fratello minore Aleksej, sono già persone in età avanzata. Nella serie l’uomo è un anziano patrono dell’imperatrice, ma nella vita reale era cinque anni più giovane di lei.

LEGGI ANCHE: Sei palazzi che gli imperatori russi regalarono ai loro amanti 

È proprio l’età gonfiata di Paolo che gli permette, come mostrato nella serie, di partecipare al complotto del tenente Mirovich. Ci sono teorie secondo le quali il tentativo di liberare Ivan VI e il conseguente assassinio da parte delle guardie fosse stato ispirato dalla stessa imperatrice, per liberarsene, ma non certo da suo figlio, che era solo un bambino allora. Anche le circostanze dell’omicidio e dell’esecuzione sono un po’ imprecise. È noto che Ivan VI sia stato pugnalato alla schiena, mentre nel film viene sgozzato. Quanto alla decisione di giustiziare Mirovich non fu presa personalmente dall’imperatrice, come mostrato, ma dal Pravitelstvujushchij Senàt (Senato Dirigente). Inoltre, non fu giustiziato alla presenza dell’imperatrice, che invece nella serie si gode la scena dal palazzo.

A proposito, il raggiungimento della maggiore età di Paolo, mostrata nel film come una festa con brindisi e invitati, non fu affatto celebrata. Caterina aveva paura di poter perdere il trono e non voleva certo attirare l’attenzione su suo figlio e sul suo status di possibile legittimo erede del padre Pietro III.

Ma se la festa avesse avuto luogo, sarebbe stato impossibile arrivare in ritardo, come fa Grigorij Potemkin nella finzione scenica: il rispetto per la famiglia imperiale e il rigido rituale non avrebbero permesso un suo arrivo alla tavola di Caterina a cena già iniziata. E anche se Potemkin, nel 1768, al momento della sua partenza per la guerra contro i turchi del 1768-1774, era già un generale e non un luogotenente come appare nella serie, sarebbe stato incredibilmente disdicevole per lui presentarsi non per tempo al cospetto dell’imperatrice.

Grigorij Potemkin fu certamente una delle figure centrali del regno di Caterina. Ma nella serie, gli sono attribuiti più meriti rispetto a quelli avuti nella realtà: ad esempio, Potemkin non ha partecipato personalmente alla caccia del ribelle Emeljan Pugachev e ancor più alla sua cattura (su quel campo di battaglia fu attivo un suo parente, Pavel Sergeevich Potemkin). Mentre sul lavoro del principe sul territorio ucraino e sulle importanti riforme da lui introdotto nell’esercito nulla si dice. In generale, la soppressione del movimento di Pugachev non fu per Potemkin una tappa importante nella sua biografia; lui si distinse più che altro sul fronte turco. Nel film, è invece proprio la vittoria su Pugachev che dà a Potemkin il “lasciapassare” per l’alcova dell’imperatrice, quando nella realtà storica, ai tempi dell’insurrezione di Pugachev Potemkin era già stabilmente il favorito di Caterina.

LEGGI ANCHE: La rivolta di Pugachev: 5 domande sulla più grande ribellione russa 

Quanto alla dama di compagnia di Caterina, la contessa Praskovja Bruce, viene mostrata fino all’ultimo vicina all’imperatrice (legge un libro di Voltaire in giardino in una delle ultime scene). In realtà era morta nel 1786, e fin dal 1779 non era più a Corte, dopo essere caduta in disgrazia per un’avventura di letto con uno dei tanti favoriti della zarina, Ivan Rimskij-Korsakov.

La Campagna di Crimea

Il tema centrale del film è l’annessione della Crimea alla Russia. Potemkin chiama la Crimea “terra di nessuno”. In realtà, al momento dell’unione, la Crimea già da dieci anni era in uno stato di territorio vassallo rispetto all’Impero russo. E il dibattito sul “lasciar andare” Potemkin in Crimea, che dura un buon quarto della terza puntata, ha poco senso: l’acquisizione della Crimea stessa era un progetto di Potemkin. Il principe guidò la deportazione di greci e armeni dalla Crimea e pianificò fin dall’inizio di soffiare il controllo di questo territorio all’indebolito Impero Ottomano. E nel 1782, Caterina spedì Potemkin in Crimea con un ordine di servizio, e senza troppe gentilezze amorose. Come ricorda Aleksandr Kamenskij, c’era stata una rivolta contro il Khan Şahin Giray da parte della nobiltà tatara e Potemkin fu inviato a rimetterlo sul trono. E così fece, seppur temporaneamente.

LEGGI ANCHE: Potemkin, dieci fatti da sapere sull’uomo che unì la Crimea alla Russia

Una parte significativa del film è dedicata a discussioni politiche accese, che sono poco legate alla realtà, così come il fatto che Aleksej Orlov sia definito “consigliere militare” nella serie tv e partecipi attivamente alla discussione sull’annessione della Crimea, mentre era già a riposo e era stato per sempre rimosso dalla Corte dopo che suo fratello Grigorij era uscito dalle grazie dell’imperatrice. Il ruolo di Potemkin è qui invece sminuito: in seguito ai risultati dell’annessione della Crimea, non diventò “consigliere militare” (sotto Caterina non esisteva nemmeno una simile carica), ma maresciallo di campo.

Un altro momento importante è quando Paolo I perde la moglie e il futuro figlio di cui lei era incinta, in un parto finito male. L’evento è mostrato con dei particolari storicamente poco credibili. Mentre Natalja partorisce, l’imperatrice assiste, arrivando con i capelli sfatti e praticamente in camicia da notte; il tutto evidentemente per dare un’aria “più di casa” all’atmosfera di corte. La straziante scena dell’addio di Caterina e Paolo al corpo del bambino nato morto aggiunge ulteriore drammaticità. Tuttavia, se si conoscono le circostanze della morte della Granduchessa Natalia, spirata per un’infezione a causa della morte endouterina del feto, diventa chiaro che una scena del genere è molto poco plausibile

L’episodio finale della serie è dedicato alla seconda campagna militare russo-turca del 1787-1791. Nella serie, la guerra viene dichiarata perché “i turchi hanno rinchiuso il nostro ambasciatore nel castello delle sette torri”. Ma nella realtà storica, la reclusione dell’ambasciatore Aleksandr Obreskov nella Fortezza di Yedikule rappresentò il casus belli di un altro, precedente conflitto con la Turchia, quello del 1768-1774.

Si vede poi Paolo portare le “sue” truppe nel palazzo di Caterina con lo scopo di inviarle sul fronte di guerra contro i turchi. Aleksandr Kamenskij suggerisce che “questo episodio sia probabilmente ispirato al fatto che Paolo era davvero desideroso di andare al fronte e sua madre gli permise di prendere parte alla guerra russo-svedese del 1788–90, anche se non direttamente ai combattimenti”.

Quanto a Pjotr Aleksandrovich Rumyjantsev-Zadunajskij, era tutt’altro che entusiasta di dover sottostare al comando di Potemkin, e non era un “amico”, come viene presentato nella serie. Piuttosto, è opportuno immaginare Rumjantsev al posto dell’offeso Aleksej Orlov (che, lo ribadiamo, non poteva starsene a Corte imbronciato, perché era da tempo a riposo, e non ha partecipato alla discussione sulle operazioni militari contro la Turchia).

L’episodio in cui Caterina e fa firmare al suo nipotino Alessandro un documento in cui si impegna a diventare zar dopo di lei al posto del padre Paolo, non ha ragione di esistere. Il giovanissimo Alessandro non poteva avere tali diritti e l’ordine della successione poteva essere determinato, oltre che dalla legge sulla successione, dalla volontà espressa nel testamento dell’imperatrice. Aleksandr Kamenskij osserva: “Dalle memorie di Frédéric-César de La Harpe sappiamo che Caterina II aveva a quanto pare parlato con suo nipote della sua intenzione di passare a lui il trono per aggirare Paolo, ma Alessandro aveva rifiutato. Non esisteva una “Legge di successione”, c’era invece un decreto del 1722, che prevedeva la proclamazione dell’erede da parte del regnante durante la sua vita. Nessuna volontà venne però espressa da Caterina. Inoltre, proprio in base al decreto del 1722, il fatto che la volontà di Caterina II non fosse stata esplicitamente annunciata durante la sua vita, sarebbe servito da motivo di annullamento di qualsiasi carta segreta ritrovata dopo la sua morte.

Un episodio interessante è poi quello del rogo, su ordine di Caterina dei “libri francesi”. In effetti, l’imperatrice era furiosa per gli scritti e le attività di Aleksandr Radishchev, autore del polemico “Viaggio da Pietroburgo a Mosca” del 1790 (per il quale fu da lei condannato a morte, pena poi commutata in esilio in Siberia), Nikolaj Novikov e altri pensatori russi dell’epoca. Al comune spettatore russo sembra strano che l’imperatrice bruciasse libri in piazza, come in un Bücherverbrennungen nazista, ma Aleksandr Kamenskij ha confermato che i libri proibiti venivano distrutti esattamente in questo modo: “per esempio, l’opera omnia di Voltaire pubblicata senza autorizzazione nella tipografia di Ivan Rakhmaninov o i libri stampati da Nikolaj Novikov nella sua tipografia”. Durante questa scena, Rousseau viene definito da uno degli uomini dell’imperatrice “un ometto disgustoso”. Kamenski conferma che Caterina “aveva una pessima opinione di Rousseau e che quindi avrebbe potuto benissimo accogliere di buon grado tali definizioni offensive”.

Un finale frettoloso

Dovendo concludere la miniserie nello spazio di quattro puntate, gli autori hanno fatto diverse esagerazioni e semplificazioni. Parlando dell’Impero, Caterina non menziona mai nemmeno una volta Pietro il Grande, mentre nella realtà fece ricorso alla memoria e all’esempio dell’illustre predecessore continuamente durante il suo regno, e nel 1782 eresse in suo onore il Cavaliere di Bronzo. Certamente non si è mai attribuita il merito della creazione dell’Impero, come fa continuamente nella serie. L’impero venne proclamato da Pietro il Grande nel 1721.

Quanto alla scena della morte dell’Imperatrice, ricorda un po’ quella caricaturale del film dello scozzese Armando Iannucci “Morto Stalin, se ne fa un altro” (vietato in Russia). Proprio come lì, la morte del personaggio principale del film si trasforma in una sorta di danza macabra, con i superstiti che senza la minima pietà, scavalcano addirittura senza rispetto la donna morente, che giace sul pavimento.

Sembra irrealistico che ancora con lei in agonia e alla presenza di tutti i dignitari, il figlio Paolo si metta alla ricerca e poi distrugga il documento con cui lei aveva cercato di esautorarlo. Ci sono però in effetti ipotesi sulla distruzione della volontà lasciata scritta di Caterina (in cui diceva di volere che il trono fosse stato trasferito al nipote, non a suo figlio), ma materialmente l’atto sarebbe stato compiuto in segreto dal segretario di gabinetto Aleksandr Bezborodko.

Sebbene l’imperatrice sia davvero morta sul pavimento, su un materasso (dopo aver subito un’emorragia cerebrale era pericoloso trasferirla sul letto), non riprese mai conoscenza, mentre nel film si lamenta e gesticola. Paolo I divenne imperatore nel 1796 e lo rimase fino al 1801, quando fu ucciso in una congiura di palazzo. A prendere il suo posto fu proprio suo figlio Alessandro I, che poi avrebbe fatto una misteriosa fine, forse proprio gravato dal peso di una certa complicità nel parricidio, tanto da dar vita a una delle leggende metropolitane della storia russa più dure a morire.

***

Nonostante i vari difetti elencati, la serie tv nel suo complesso affronta con successo il compito di ricreare l’era di Caterina la Grande, anche se piuttosto superficialmente. Il film non menziona alcuni dei principali eventi e fenomeni dell’epoca e della biografia dell’imperatrice: la riforma territoriale, con la divisione dell’Impero in varie gubernija, il lavoro della Commissione legislativa in politica interna; la liquidazione della Sich degli Zaporoghi, con la presa dei territori della cosiddetta Nuova Russia nel 1775; l’annessione della Riva destra ucraina  nel 1793, la terza spartizione della Confederazione polacco-lituana nel 1795… infine, le attività nel campo dell’istruzione di Caterina, con l’apertura del primo istituto d’istruzione superiore femminile in Europa e la fondazione dell’Accademia Russa nel 1783, e la sua passione per le scienze e le arti. Ma gli autori evidentemente non si erano fissati un obiettivo così enciclopedico…


I film occidentali sulla Russia e l’Urss? Una macchina di fake news