March 26, 2017. - Russia, Moscow. - An unauthorized anti-corruption rally on Pushkinskaya Square
Komsomolskaya Pravda/Global Look PressManifestanti in centro a Mosca. Fonte: Komsomolskaya Pravda/Global Look Press
Dopo le massicce manifestazioni di protesta di ieri e di domenica scorsa contro la corruzione, i cittadini ora chiedono risposte. “Negli ultimi tempi il problema della corruzione si è ridotto – aveva dichiarato all’indomani della grande marcia del 26 marzo il Presidente russo Vladimir Putin -. Ritengo scorretto che certe forze politiche cerchino di strumentalizzare tale problema per ottenere consensi e non per migliorare la situazione nel Paese”.
Un paio di giorni prima il portavoce del Presidente, Dmitrij Peskov, aveva sottolineato l’atteggiamento lucido del Cremlino verso le proteste: proteste ritenute nient’altro che una “provocazione” architettata dall’opposizione. La nota del Cremlino poi non fa alcun riferimento al primo ministro Dmitrij Medvedev, il cui caso è stato il pretesto formale che ha scatenato il malcontento generale. Lo stesso premier si è astenuto dal rilasciare commenti e nel giorno delle proteste, così come si vede da quanto postato sui social network, era impegnato a sciare.
I commenti dell'élite
A intervenire per primi chiedendo di far luce sulle responsabilità del premier, presunto proprietario di “ville segrete in montagna” e di “un castello in Toscana”, sono stati i comunisti che hanno rivolto un’interpellanza alle strutture di sicurezza. Ma al momento non ci sono state risposte.
Successivamente una prudente interrogazione parlamentare è stata rivolta da Sergej Mironov, leader di “Russia giusta”, un altro dei partiti che siedono al parlamento. E il 29 marzo il senatore Vyacheslav Markhaev è intervenuto chiedendo alla Procura generale che venga immediatamente aperta un’indagine sui redditi del premier russo. “Continueremo a tacere o adotteremo perlomeno a livello legislativo dei provvedimenti?”, ha chiesto il senatore ai colleghi. Ma la presidente della Camera, Valentina Matvienko, terza figura per importanza nella gerarchia del governo, non ha assegnato al riguardo alcun incarico perché, a suo avviso, la richiesta era stata “malformulata” da Markhaev. Matvienko ha comunque aggiunto che “il governo non deve limitarsi a constatare o a far finta che non stia accadendo nulla” e ha quindi convocato un incontro “per risolvere le questioni”.
Manifestanti in centro a Mosca. Fonte: Komsomolskaya Pravda/Global Look Press
Sull’onda delle proteste, la senatrice Elena Mizulina, nota co-autrice della legge che vieta “a scopo di tutela” l’adozione di bambini russi da parte di cittadini americani e del provvedimento contro la propaganda gay, si è vista costretta a riesaminare i programmi scolastici. In alcune scuole le lezioni di patriottismo erano infatti state state sostituite da quelle sulla lotta contro la corruzione dove venivano mostrati dei rating internazionali in cui la Russia compariva “naturalmente in fondo alla classifica insieme all’Uzbekistan e queste lezioni sono una ‘tendenza pericolosa’” ha decretato la Mizulina.
Nel frattempo nelle aule universitarie alcuni docenti starebbero aizzando gli studenti contro le proteste, spiegando che “i meeting non cambiano assolutamente nulla” e che il loro organizzatore, Navalnyj, “agisce per conto dell’ambasciata americana”.
Alla cerimonia di consegna del premio nazionale “Nika”, sotto applausi scroscianti, il regista Aleksandr Sokurov ha stigmatizzato la censura e la violenza contro gli studenti. Il Cremlino a sua volta ha risposto semplicemente affermando di “ammirare profondamente il maestro”. Il Ministero della Difesa continua invece a raccontare dell’organizzazione giovanile “Yunarmiya” di cui fanno parte giovani che si addestrano a giochi sportivi militari e che amano il Paese, costituendo in un certo modo un’alternativa a quanto avviene nelle strade.
I primi cambiamenti
Vista da un certo punto di vista, la reazione del governo alle proteste dimostra che le autorità si sono trovate impreparate e che non è ancora stata elaborata una posizione precisa: “Tutto ciò viene confermato dal fatto che una parte dell’élite si limita a tacere e un’altra interviene a favore di nuove misure restrittive, mentre la terza, al contrario, parla di possibili attenuazioni delle stesse misure”, afferma Rostislav Turovskij del Centro di Tecnopolitica. Tuttavia, a detta dell’esperto, la tattica della leadership del Paese di ignorare ancora una volta il fenomeno risulta in questa situazione la più vincente. È del tutto naturale che non si attribuisca troppa importanza alle azioni di protesta per non attirare ulteriore attenzione.
Manifestanti in centro a Mosca. Fonte: Komsomolskaya Pravda/Global Look Press
“Il nostro sistema è concepito in modo tale che una persona quando è onesta e comincia a giustificarsi, per l’opinione pubblica risulta comunque coinvolta”, ha dichiarato Vyacheslav Smirnov, direttore dell’istituto di Sociologia politica in un’intervista andata in onda su Kommersant Fm. Il politologo Aleksej Mukhin, vicino al Cremlino, ritiene che finché gli organi istituzionali non avranno espresso le loro valutazioni, Dmitrij Medvedev può intervenire come crede, vale a dire che “se vuole rilasciare dichiarazioni sulla questione è libero di farlo e se invece non vuole può ignorarlo”. “Ma la motivazione dei deputati è nota a tutti: ora si trovano in una fase in cui devono ricordare all’elettorato di esistere. Devono fare da specchio… e così pongono il premier in una situazione estremamente scomoda”, sostiene Mukhin.
Gli esperti ritengono che nessuno rassegnerà le dimissioni e che l’uomo più potente al potere non accetterà le decisioni dei quadri, né qualunque forma di pressione sia che provenga dalla piazza, dall’estero, o da chicchessia. Ma delle ripercussioni politiche dopo le proteste, le più massicce dal 2012, si sono già determinate, anche se finora non se n’è sentito parlare. E la prima riguarda il futuro politico di Medvedev.
iò che è avvenuto “incide sulla percezione delle prospettive di Medvedev dopo il 2018 come capo del governo e riduce le probabilità che continui a esercitare il suo incarico”, afferma Mikhail Remizov, presidente dell’Istituto di Strategia nazionale, in un’intervista a Rbth. La seconda ripercussione è che le prossime elezioni presidenziali non si svolgeranno in uno scenario cristallizzato, com’era stato previsto, e che occorrerà reagire in modo consono all’agenda delle proteste. A detta di Turovskij, in attesa di lottare contro la corruzione si risponderà con un’ondata di arresti che faranno clamore. Forse questo servirà alla lotta interna tra le élite, ma non risponderà alla richiesta più impellente di far pulizia nella società. “È una delle varianti possibili, ma è ben lungi dall’essere la migliore”, conclude Remizov.
Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email