Ritratto di Pietro I di Russia (1672-1725) realizzato dalla pittrice italiana Maria Giovanna Clementi, detta La Clementina (1692-1761)
Ritratto di Pietro I di Russia (1672-1725) realizzato dalla pittrice italiana Maria Giovanna Clementi, detta La Clementina (1692-1761)
Pietro I, che sarebbe poi stato battezzato “il Grande” dopo la sua morte nel 1725, è stato uno dei più energici e attivi governanti della Russia. Per tutto il corso della sua vita si mise alla prova in vari campi, studiando ingegneria, architettura, cantieristica. Al medesimo tempo resse il Paese con il pugno di ferro.
Può forse un po’ stupire che lo stesso Pietro abbia partecipato, in incognito, con il nome di Petr Mikhajlov, alla cosiddetta “Grande Ambasceria in Europa” del 1697-98, desideroso non solo di stringere alleanze con alcuni Paesi, ma anche di studiare come vivevano in Europa e di importare in Russia conoscenze e tecnologie. Subito dopo il suo ritorno in patria, infatti, la società russa fu sottoposta dal giovane zar a una profonda modernizzazione, senza badare alle lamentele e alle resistenze. Ma, esattamente, cosa portò con sé Pietro da Amsterdam, Vienna, Londra e dalle altre capitali europee che visitò?
Pietro I in abiti occidentali, ritratto in esposizione al Museo d’Arte di Stavropol. Fonte: Global Look Press
“Non c’è mai una seconda possibilità di fare una prima impressione”, pensò probabilmente Pietro, di ritorno dall’Ambasceria, guardando gli aristocratici russi (i boiardi). Con le lunghe barbe e avvolti in svasati caffettani, non assomigliavano per nulla ai sofisticati nobili europei dalle parrucche colorate e dai volti sempre ben rasati.
Così Pietro decise, una volta per tutte, che i nobili dovevano tagliarsi la barba e indossare vestiti all’europea. Anche se ammirava i modi occidentali, rimase assolutamente autocratico. Le sue riforme erano facili da mettere in atto. Durante le assemblee nobiliari e i balli di corte si mise personalmente a tagliar barbe e a fare a pezzi le tradizionali vesti ingombranti. I boiardi, che ben si ricordavano come il loro monarca fosse capace di tagliare non solo le barbe ma anche le teste, come aveva fatto durante il colpo di stato fallito del 1698, lo temevano talmente tanto che cambiarono look in tutta fretta.
Fino al 1700 la Russia seguiva l’antico calendario bizantino, che partiva dalla presunta data di creazione della terra (equivalente al 5509 avanti Cristo) e il capodanno era il primo di settembre. Dopo il suo viaggio, Pietro comprese che era assurdo che tutta l’Europa festeggiasse l’inizio del 1700 mentre in Russia era il 7208.
Così, per decreto, trasformò il 19 dicembre del 7208 nel 1º gennaio 1700 e stabilì che il capodanno non fosse più il 1º settembre ma, appunto, il 1º gennaio. Le componenti più tradizionaliste della società, è in particolare i Vecchi credenti, che già consideravano questo zar come l’Anticristo, andarono su tutte le furie. Ma non era certo facile protestare contro le sue decisioni…
l primo giornale russo, “Vedomosti” (“Il Bollettino”), stampato nel 1703. Fonte: Foto d’archivio
Sotto il regno di Pietro apparve anche il primo giornale a stampa russo, il 13 gennaio del 1703. Impressionato dalla nascente industria dei media olandese, lo zar ritenne che anche i suoi sudditi meritassero di sapere qualcosa sul mondo che li circondava. Il primo giornale si chiamò “Vedomosti” (“Il Bollettino”). Aveva da 2 a 7 pagine ed era fondamentalmente una raccolta di fatti di diverse sfere della vita, senza titoli e senza essere strutturato in articoli. Nello stesso paragrafo poteva raccontare del raccolto in una remota città e di una guerra in Europa. Mancavano però i lettori, dato che la stragrande maggioranza dei russi era analfabeta. Rimane però un fatto: Pietro il Grande è stato il primo tycoon della stampa russa.
Pietro era molto attivo sia all’interno del Paese che in politica estera. Continuò l’infinita guerra contro la Svezia e contro la Turchia, e fondò la nuova capitale, San Pietroburgo (la prima pietra fu posta nel maggio del 1703). Ma questo significava una costante necessità di denaro da parte dello Stato. Per risolvere il problema, lo zar decise di riformare il sistema di prelievo fiscale.
Prima, i contadini pagavano una somma di denaro unica per nucleo familiare, e spesso cercavano di ingannare lo Stato unendo diverse famiglie in una unica. La riforma fiscale obbligò ogni contadino maschio a corrispondere 70 copeche, limitando di molto l’evasione fiscale. Per conoscere poi, almeno approssimativamente, la popolazione della Russia, Pietro organizzò il primo censimento nella storia del Paese. Secondo gli storici circa 12 milioni di persone vivevano nella Russia del 1715.
Una riproduzione del dipinto del 1956 “Raccolta delle patate” del pittore Arkadij Plastov. Collezione del Museo di Stato Russo. Fonte: RIA Novosti
Oggi in Russia la patata è la regina della cucina, ma forse non molti russi sanno che devono la presenza del tubero a Pietro il Grande, che importò dall’Olanda patate e girasoli (che erano arrivati in Europa dall’America già 150 prima). Lo zar presagì che i russi ne avrebbero fatto buon uso, ma sulle prime il popolo fece molte resistenze.
Se i contadini bene o male capirono velocemente cosa farsene dei girasoli, la patata fu una vera sfida. Fu loro ordinato di piantare i tuberi, ma non ricevettero nessuna istruzione su come cucinarli e mangiarli. Così inizialmente si cibarono delle foglie, che non sono commestibili per via dell’alto contenuto di solanina, con conseguenti intossicazioni di massa. Tanto che soprannominarono la patata “mela del diavolo”. Solo verso la fine del XIX secolo la patata divenne “il secondo pane” dei russi.
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