Medvedev e l'accusa di corruzione: perché l'inchiesta non avrà conseguenze?

FILE  June 15, 2015. Russian Prime Minister Dmitry Medvedev at Terruar agricultural production cooperative in Rodnoye village near Yalta.

FILE June 15, 2015. Russian Prime Minister Dmitry Medvedev at Terruar agricultural production cooperative in Rodnoye village near Yalta.

Dmitrij Astakhov/RIA Novosti
L’oppositore Aleksej Navalnyj ha puntato il dito contro il primo ministro russo con un’inchiesta che parla di corruzione e tangenti. Un terremoto che, a quanto pare, non scatenerà nessuna particolare reazione in Russia. Gli esperti ci spiegano perché

Il primo ministro russo Dmitrij Medvedev. Fonte: Dmitrij Astakhov/RIA NovostiIl primo ministro russo Dmitrij Medvedev. Fonte: Dmitrij Astakhov/RIA Novosti

Il 2 marzo il Fondo per la lotta alla corruzione dell’oppositore Aleksej Navalnyj ha accusato il primo ministro russo Dmitrij Medvedev di possedere segretamente immobili di lusso, vigneti in Russia e all’estero, yacht e tenute agricole per una somma totale di 70 miliardi di rubli (circa 1,2 miliardi di dollari), oltre a una lobby di interessi commerciali.

Nella sua inchiesta il Fondo per la lotta alla corruzione accusa Medvedev di aver presumibilmente creato una “matassa di società e prestanomi”, tra le quali figurerebbero un suo compagno di classe nonché cugino, Andrej Medvedev, e un sistema di organizzazioni di beneficenza.

Così come fanno sapere dal Fondo, tutti i beni risulterebbero di proprietà di persone di fiducia del premier. Ma sarebbe lui, a conti fatti, il vero beneficiario.

Il premier avrebbe presumibilmente ricevuto del denaro per l’acquisto di immobili di lusso e di altre cose per un valore di svariati miliardi come “regalo” derivante dalle materie prime di alcuni oligarchi (tra i quali Alisher Usmanov) e dai crediti di una delle banche più grosse della Russia, Gazprombank, il cui vice presidente, Ilya Eliseev, sarebbe stato un vecchio compagno di scuola di Medvedev. Navalnyj indica proprio Eliseev come la persona di maggior fiducia del premier, che deterrebbe l’intero filone della corruzione.

In un video di un’ora, che in meno di un giorno ha collezionato due milioni di visualizzazioni, Navalnyj mostra tenute, dacie e castelli. Le riprese sarebbero state fatte attraverso un drone, visto che le recinzioni alte tre metri non permettono di vedere oltre.

Il materiale raccolto da Navalnyj, così come le precedenti indagini, sarebbe basato sull’analisi di dati facilmente accessibili: copie di registri catastali, registri di persone giuridiche, siti ufficiali di organizzazioni, social network e così via.

E il materiale pubblicato dal Fondo ha infiammato la discussione sui social network. Molti blogger e giornalisti lo hanno definito “il più impressionante” e “sconvolgente” mai raccolto da Navalnyj. Tuttavia, così come ha dichiarato a Rbth l’avvocato di Transparency International Russia, Denis Primakov, dal punto di vista giuridico nessuno dei documenti pubblicati dimostrerebbe che le proprietà e le tenute agricole apparterrebbero a Medvedev. L’unico legame tracciabile è quello con il vice presidente del consiglio di amministrazione di Gazprombank Eliseev, ma non sarebbe sufficiente.

“Quelle che dal punto di vista giornalistico sarebbero definite prove, non lo sono dal punto di vista della tecnica giuridica – ha detto Primakov -. Il Fondo ha tracciato uno schema, vale a dire ciò che si vede a livello superficiale. Ha avanzato dei suggerimenti, ma non ha apportato prove, non ha portato certezze sostanziali”. 

Primakov è infatti convinto che per l’inchiesta sia necessaria una perizia sulla precisione di questi dati, richieste ufficiali presso altre giurisdizioni, visto che una parte delle proprietà si trova all’estero. Vale a dire documenti forniti da canali ufficiali.

La portavoce del primo ministro, Natalia Timakova, ha definito le accuse del blogger "di natura chiaramente preelettorale", aggiungendo che “non ha senso rilasciare commenti sulle invettive propagandistiche dell’oppositore”.

Commenti simili sono stati rilasciati anche dal portavoce del Presidente russo, Dmitrij Peskov, il quale ha detto che il Cremlino non è a conoscenza dei materiali delle indagini, definiti “opera di un cittadino condannato”. Dal comitato anticorruzione della Duma hanno già fatto sapere che non hanno intenzione di rilasciare dichiarazioni.

Nelle ore immediatamente successive alla notizia, le autorità si sarebbero prese una “pausa disorientata”, ha detto a Rbth Ekaterina Shulman, docente presso l’Istituto di scienze sociali RANKhiGS. “È evidente che non si capiva cosa stava succedendo e non si sapeva come reagire”.

Ma di una cosa sono convinti molti esperti e opinionisti: non bisogna aspettarsi le dimissioni del premier. “Da noi non si verificano dimissioni a seguito di grossi scandali, non si usa – ha aggiunto Shulman -. Verrebbe considerato un atteggiamento sconveniente e inopportuno, che minerebbe la stabilità del governo”.

Shulman si dice infatti convinta che Medvedev resterà in carica fino alla fine del proprio mandato. E l’emergere di simili indagini all’interno dello stesso sistema di potere non sarebbe interpretato come un’azione della società civile o come un’attività contro la corruzione, ma come un semplice movimento di opposizione.

Così come fa notare il politologo Konstantin Kalachev sulle colonne del giornale Vedomosti, la domanda che tutti si stanno ponendo ora non è se “Medvedev è veramente un corruttore”, bensì “chi ha dato ordine di avviare una simile inchiesta”.

“A essere coinvolti potebbero essere non solo persone interne al Cremlino, ma anche persone che si muovono dietro le quinte – ha commentato Konstantin Kalachev -. Il Presidente non trarrà conclusioni; ma scossoni come questo di certo non contribuiscono a rafforzare la posizione di Medvedev”.

Secondo gli esperti, invece, questo “impero della corruzione” attribuito a Medvedev non passerà inosservato all’interno della società. Certo, i cittadini russi non sono soliti scendere in piazza. Cose come questa non scatenano proteste. “Ma ciò ha un peso sull’apatia e sul disgusto – conclude Shulman -. Per il potere potrebbero risultare addirittura più pericolose delle proteste di massa, con le quali hanno imparato a confrontarsi dopo i movimenti del 2011-2012”. Secondo Shulman, la cosa più importante in previsione delle elezioni del 2018 sarà garantire l’affluenza alle urne.

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