Nove parole russe quasi impossibili da tradurre in italiano – Seconda puntata

Katy Lobanova
Alcune (pogrom, ad esempio) abbiamo preferito prenderle tali e quali in prestito. Per altre dobbiamo invece ricorrere a locuzioni e perifrasi a volte macchinose, e fare un po’ di attenzione

Abbiamo già pubblicato un articolo su come alcune parole russe siano difficili da rendere in traduzione in italiano, per esempio il concetto di “toskà” o di “nadryv”. Voi lettori ci avete suggerito altri termini complicati. Eccoli:

1. Запой – Zapój
È credenza diffusa che i russi siano forti bevitori. Ed effettivamente, nel vocabolario russo possono essere trovate molte parole legate alla cultura del bere. Spesso dalla resa non così immediata.
Ad esempio, non esiste una traduzione semplice in italiano per la parola “zapoj”, che indica non solo una “lunga sbornia”, ma una “condizione ricorrente di alterazione alcolica che dura a volte per più di un’intera settimana”. I dizionari russo-italiano riportano anche “crisi di alcolismo” e “dipsomania”, termine che però ci porta già più nella sfera del lessico specialistico medico.
Alcuni storici affermano che ai mercanti della Russia zarista venivano concessi periodi di riposo ufficiali in caso di zapoj. Oggigiorno non sono molti i russi che credono che lo zapoj abbia una qualche funzione positiva. In russo c’è anche l’espressione “fare qualcosa alla zapoj” (per esempio, “leggere alla zapoj”) che significa fare qualcosa per un lungo periodo senza interruzione; immergersi completamente nel processo.

2. Погром – Pogróm
La parola è entrata come prestito dal russo nella lingua italiana. Mette insieme “massacri” e “saccheggi” “ai danni degli ebrei”. Come riporta l’Enciclopedia Treccani è una “Violenta sollevazione popolare contro comunità ebraiche che, nella Russia zarista ma anche in altre regioni dell’Europa orientale, provocava massacri e saccheggi, spesso perpetrati con la connivenza delle autorità, sotto la spinta di motivazioni economiche (cancellazione di debiti non pagati) mascherate con motivi religiosi (vendetta della crocifissione di Cristo)”. In italiano, così come in altre lingue dell’Europa occidentale è poi passata, per estensione, a indicare “qualunque azione di persecuzione esercitata contro minoranze etniche o religiose con l’appoggio più o meno manifesto dell’autorità centrale.”
In russo ha anche il senso di “gran disordine”, “soqquadro”, per cui si può usare il termine “pogrom” in ambito domestico per dire, per esempio, che la camera del bambino o l’appartamento “è sottosopra”.

3. Баба – Bàba
In origine questa parola aveva un significato specifico: una vecchia fattucchiera; una strega. E infatti la strega più famosa di Russia si chiama Baba Jagà. Alcuni linguisti credono che la combinazione dei suoni “Ba Ba” sia la reazione dei bambini a una seconda donna che vive nella casa di famiglia, oltre alla mamma (“Ma Ma”).
Quindi, proprio da questo termine deriverebbe la famosa parola russa “bàbushka” (nonna). Ma dal XVIII secolo “baba” si arricchì di un altro significato, iniziando a indicare la moglie di un servo (contadino), e divenne sinonimo di “donna semplice e ignorante”.
L’incarnazione della baba russa è ben nota grazie al poema di Nikolaj Nekrasov (1821-1877) “Chi vive felice in Russia?”: la baba è una donna che può fermare un cavallo lanciato al galoppo e entrare in una casa in fiamme!
Al giorno d’oggi la parola suonerà offensiva per la donna russa. Per esempio “krasivaja baba”, può essere reso con “una bella femmina”. Anche se in ambito cameratesco e scherzoso viene talvolta usato al posto di “moglie” o “ragazza”: “Prikhodil Ivan so svoej baboj”; “È venuto Ivan con la sua donna”. Se detto di un uomo, è offensivo e traducibile come “donnicciola”, “femminuccia”: “On povjol sebjà kak baba”; “Si è comportato da femminuccia”.

4. Мужик – Muzhìk
In origine questa parola significava “contadino”, il “tipico contadino russo di prima della Rivoluzione”. La parola così è entrata nell’italiano come prestito dal russo, e nei romanzi classici la si può trovare con grafie diverse: mugicco, mugìc, mugico, mugìk, mugiko. In quel contesto, il termine poteva essere usato anche come “contadino sposato”, e quindi come sinonimo popolare di “marito”.
Dopo la Rivoluzione russa del 1917, lo status di “muzhik” iniziò a rendere orgoglioso chi se ne poteva fregiare: era l’esatto opposto dell’odiato borghese. Fu in quel momento che il modo di dire “vero muzhik” entrò nella lingua russa, dove rimane in uso finora.
Chi è il “vero muzhik”? È un uomo in possesso di una vasta gamma di qualità: non è solo forte, ma anche paziente, schietto, e ha smekalka (vedi il prossimo punto).
Tuttavia, la parola non è così inequivocabile: può anche significare un “uomo ignorante e rozzo”: “burino”, “cafone”. Dipende, insomma, dal contesto e dal tono.

5. Смекалка – Smekàlka
La “smekalka” è una delle caratteristiche tipiche della misteriosa anima russa: non è solo l’essere esperto, geniale o creativo, è l’abilità di risolvere i problemi rapidamente e semplicemente in modi del tutto fantasiosi. I dizionari di solito propongono “prontezza d’ingegno”.
Nelle fiabe russe, i buoni hanno sempre un sacco di smekalka, che li aiuta a superare le difficoltà e a sconfiggere i cattivi.
Ma la smekalka ha aiutato anche i più venerati comandanti militari russi a raggiungere grandi e miracolose vittorie. Quando il generale Aleksandr Suvorov (1730-1800) dovette attraversare un ponte semicrollato sulle Alpi, nel corso della campagna militare italo-svizzera, ordinò ai suoi soldati di legare le travi con i foulard, cosa che permise loro di aggiustare il ponte e di proseguire la marcia!

6. Бродяга – Brodjàga
Questa parola russa può essere approssimativamente tradotta come “senzatetto”, una “persona che non ha casa e vaga costantemente”. Ma un brodjaga non è “homeless” o un “barbone” (per quello in russo si userebbe “bomzh”). Ha l’accento più romantico di “vagabondo”, “girovago” (tanto è vero che in modo un po’ scherzoso può essere usato anche per chi viaggia tanto; per il “giramondo”). Gli piace vivere in posti diversi e non stancarsi troppo, è una specie di “scansafatiche”. Come dicono i russi a proposito dei brodjaga: “è una pietra che rotola, oggi è qua, domani chissà”.

7. Дух – Dukh
Questa è una pietra miliare filosofica nella letteratura e nella cultura russa in generale. Secondo le credenze religiose, “dukh” è una base immateriale immortale vicina alla parola “dushà” (“anima”). Per esempio “Sviatoj Dukh” è lo “Spirito Santo”. In generale è qualcosa di opposto e complementare alla materia: “materija i dukh”; “materia e spirito”.
Inoltre, il concetto di dukh è legato alla condizione interiore dell’essere umano: “sila dukha” è la “forza d’animo”. E “ne pàdat dukhom” significa “non perdersi d’animo”. Inoltre ha la sfumatura di “stato d’animo”, “umore”. Per cui “ ne v dukhe”, “non in animo” vuol dire “di cattivo umore”.

8. Халява – Khaljàva
Questa parola molto amata dai russi indica una “cosa ottenuta gratis” o “ottenuta senza sforzo”. L’espressione più corrente è “na khaljavu”, che possiamo tradurre con “a sbafo”, “a ufo”. I russi dicono “Na khaljavu i uksus sladkij”, “Gratis è dolce anche l’aceto”. Se prima di un esame, gli studenti non sono pronti invocano: “Khaljava pridi!”, “vieni khaljava!”. Insomma sperano di cavarsela, senza esserselo meritato.

9. Западло – Zapadló
La parola è presa dal gergo carcerario (dove indica una violazione delle regole “d’onore” dei galeotti), ma oggi la potete sentire usare da molti russi. Deriva dal termine “padla”, che significa “uomo subdolo e cattivo”; “carogna”.
Quando i russi usano zapadló, vuol dire che non vogliono essere una “carogna”. “Mne zapadló” (per me è zapadló) significa che la persona non vuole fare qualcosa, perché considera questa azione umiliante, al di sotto della sua dignità. Possiamo tradurlo con “mi vergogno (a fare qualcosa)”.
Tenete presente che la parola ha un sottotesto negativo, legato alla sua origine dallo slang della mala. In un contesto più formale, meglio dire “nikak ne mogu, izvinite” (“proprio non posso, mi dispiace”).

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