Fonte: Grigorij Avoyan
Si ritiene che la lingua italiana sia composta da circa 270mila parole. Eppure per alcuni termini russi è impossibile trovare l’esatto equivalente in italiano, in particolare quando il loro significato è legato al mistero dell’“anima russa”. Rbth ha selezionato otto parole russe difficili, o quasi impossibili, da tradurre precisamente nella lingua di Dante.
Lo scrittore russo Vladimir Nabokov, che in America teneva delle lezioni agli studenti dei corsi di slavistica, ammetteva di non riuscire a tradurre questo termine il cui significato è chiaro a ogni russo.
Ma che cosa significa poshlost? Nabokov portava quest’esempio: “Se aprite una rivista qualunque troverete immancabilmente un’immagine di questo genere: una famiglia ha appena acquistato un apparecchio radio (un’auto, un frigorifero o dell’argenteria da tavola, fa lo stesso) e la madre batte le mani, ebbra di felicità, i ragazzini saltellano intorno con la bocca spalancata, il più piccolo e il cane tirano il bordo del tappeto su cui hanno issato l’idolo… e un po’ in disparte… se ne sta con l’aria trionfante il paparino, fiero del suo dono. L’intensa poshlost di una simile pubblicità scaturisce non tanto dalla falsa enfatizzazione del valore o dell’utilità dell’oggetto, quanto dal far intendere che si possa comprare con tale oggetto una felicità superiore e che un simile acquisto nobiliti il suo acquirente”.
“Questo termine assimila in sé il significato di trivialità, volgarità, sregolatezza e aridità spirituale”, aggiunge Svetlana Boym, docente all’Università di Harvard.
Nel sito tedesco di Wikipedia vi è un’intera pagina dedicata al termine nadryv: una parola chiave nella produzione dello scrittore russo Fedor Dostoevskij. Questo termine sta a indicare un’esplosione emotiva incontrollata, un’azione improvvisa e violenta che spinge una persona a rivelare i suoi sentimenti più intimi e riposti.
Inoltre, il termine nadryv in Dostoevskij indica una situazione in cui l’eroe abbandonandosi all’autoanalisi s’immerge nella propria anima scoprendovi tutto o il vuoto. È attraverso questo strappo emotivo (nadryv) che affiorano sentimenti immaginari, e anche estremamente enfatizzati e distorti. Uno dei capitoli del romanzo “I fratelli Karamazov” s’intitola per l’appunto “Nadryvy”.
Questo fenomeno è analizzato dallo scrittore Sergej Dovlatov nel suo articolo “Una parola intraducibile: khamstvo”: “Questa parola, khamstvo, sta a indicare un insieme di grossolanità, insolenza e sfacciataggine, moltiplicate dall’impertinenza. Secondo Dovlatov è proprio questa impertinenza ad accopparvi, contro di essa è impossibile lottare, non resta che arrendersi. “Vivo ormai da dieci anni… in questa folle, meravigliosa, terribile città che è New York, ma ciò che continua tuttora a sorprendermi è l’assoluta assenza di khamstvo. Può accadervi di tutto qui, ma non v’imbatterete mai nella khamstvo. Possono rapinarvi, ma non vi sbatteranno mai la porta in sfaccia” puntualizza lo scrittore.
Alcuni linguisti sostengono che questo termine sia stato introdotto dallo scrittore Fedor Dostoevskij, che lo usò per la prima volta in senso figurato nel racconto “Il sosia”. Stushevatsja significa diventare meno visibile, passare in secondo piano, perdere un ruolo rilevante, andarsene alla chetichella, e anche turbarsi per una situazione imbarazzante o inattesa, intimidirsi.
Questa parola si potrebbe tradurre con dolore interiore o malinconia, ma tuttavia, queste definizioni non colgono tutta la profondità semantica del concetto. Vladimir Nabokov scriveva: “Nessuna parola nella lingua inglese è in grado di restituire tutte le sfumature di significato della parola toska che designa uno stato di grande sofferenza spirituale che non scaturisce da alcuna causa precisa. A un livello meno morboso indica una sofferenza dell’anima... uno stato di vaga inquietudine, un senso di nostalgia o di struggimento amoroso”.
Questa parola deriva dal verbo russo byt (essere). Bytie non designa soltanto la vita o l’esistenza, ma un’entità oggettiva che esiste indipendetemente dall’esistenza umana (cosmo, natura, materia).
Spiegare a persone di altre nazionalità cosa significhi avos è un compito piuttosto arduo. Eppure, a detta di molti, si tratta forse del termine che meglio contraddistingue il tratto nazionale russo. Confidare nell’avos significa lasciar fare al caso, alla fortuna, senza investire troppi sforzi.
Un podvig non è solo il risultato o il conseguimento di un obiettivo, ma un’azione nobile, un atto eroico compiuto in circostanze particolarmente difficili. Nella letteratura russa s’incontra spesso questa parola in contesti in cui ci si riferisce a eroiche imprese militari e civili e persino scientifiche. Inoltre, questo termine viene usato come sinonimo di un’azione disinteressata che può essere compiuta, per esempio, in nome dell’amore.
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