Indirizzo: Kotelnicheskaja naberezhnaja 1/15
Stazioni della Metropolitana: “Taganskaja”, “Kitaj-Gorod”
Anni di costruzione: 1937–1952
Che cosa c’è dentro: Abitazioni, negozi, ristoranti, una banca, esercizi vari, un cinema
Dopo la vittoria nella Seconda guerra mondiale, Stalin lanciò un programma di ricostruzione di Mosca che doveva trasformare la città in una capitale modello. I sette grattacieli staliniani, conosciuti come le “Sette sorelle”, erano il simbolo della grandiosità e del trionfo della capitale sovietica. Il famoso edificio a soli 900 metri dal Cremlino fu progettato come una struttura residenziale, ma non è mai stato un palazzo qualsiasi.
Come è stato costruito l’edificio
Il grattacielo si erge alla confluenza dei fiumi Moscova e Jauza, dove in precedenza si trovavano moltissimi mulini e depositi di farina. Per costruirlo, furono demoliti tutti gli edifici nell’area delimitata da quattro strade della vecchia Mosca.
L’ubicazione non è casuale. In quel periodo, in questa zona di Mosca, come anche sull’isola Balchug che si trova di fronte, si costruivano pompose case nello stile “gotico staliniano”. Inizialmente, i grattacieli dovevano essere non 7, ma 8; l’ottavo era l’edificio che doveva sorgere a Zarjadje (dove oggi si trova il Parco Zarjadje), ma non fu mai realizzato, pertanto oggi l’edificio in Kotelnicheskaja naberezhnaja è il grattacielo più vicino al Cremlino. Fu progettato dagli architetti Dmitrij Chechulin (1901-1981) e Andrej Rostkovskij (1908-2000), entrambi insigniti del Premio Stalin.
Come nel caso dell’edificio principale dell’Università di Mosca, per la costruzione fu impiegato il lavoro dei detenuti, le baracche dei quali si trovavano nel cantiere ed erano circondate da un recinto con filo spinato alto più di 3 metri. Il lager fu chiuso soltanto nel 1953. Fino all’estate del 1951 qui lavorarono anche dei prigionieri di guerra che nei documenti figuravano come “contingente speciale”.
Tutti gli inquilini che in seguito vissero qui sapevano che la casa era stata costruita dai detenuti. Ancora oggi c’è chi scherza amaramente: “Se vi tocca piantare un chiodo o fare un foro dentro una parete, non spaventatevi se il chiodo o la punta del trapano finiscono dentro un osso. È soltanto un direttore dei lavori, murato dai detenuti che lo odiavano”.
Perché l’edificio ha questa forma
Secondo gli architetti, il progetto prende spunto dall’architettura moscovita del Seicento. In particolare, si ispira ad alcune chiese, fra cui la Chiesa dell’Intercessione in Fili. L’altezza della sezione centrale di 32 piani è di 176 metri (considerando anche la guglia). Nel passato, nell’edificio si trovavano 540 appartamenti, oggi sono circa 700. Siccome la larghezza dell’edificio diminuisce dal basso verso l’alto, molti appartamenti ai piani superiori sono piccoli e davvero scomodi, ma questo non scoraggiava nessuno, perché un appartamento qui era uno status symbol.
Il portone centrale sembrava l’atrio di un lussuoso palazzo: scala di marmo con colonne, bassorilievi in porcellana color avorio, pareti rivestite con lastre di granito, sculture, lampadari di cristallo. Nel cortile c’è un garage interrato, sul tetto del quale, nel passato, si trovavano alcuni campi da tennis.
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L’idea era che gli abitanti non dovessero andare lontano, l’intera struttura era intesa come autosufficiente. Al pianoterra (novità assoluta per l’epoca) c’erano negozi, un ufficio postale, ristoranti, un salone di bellezza, una lavanderia, scuole di disegno e di scacchi, e un cinema dove venivano proiettati film dalla collezione di Gosfilmofond, l’archivio centrale del cinema.
Nell’edificio si trovava anche la leggendaria sartoria civile e militare che fra i suoi clienti vide i marescialli Zhukov, Budjonnyj e Konev. I lampadari di questa sartoria si possono vedere nel film “Guerra e pace” di Sergej Bondarchuk.
Per che cosa è conosciuto questo grattacielo
Da anni il palazzo in Kotelnicheskaja naberezhnaja è uno dei simboli di Mosca. Qui sono stati girati diversi film e serie televisive, da “Mosca non crede alle lacrime” (premio Oscar) e “Brat-2” fino ad “Hardcore!”. Tuttavia gli artisti che vi abitavano erano molto più numerosi dei film in cui la casa compare.
I primi a occupare gli appartamenti in questa casa furono i funzionari della polizia e dei servizi segreti. Il curatore del progetto era Lavrentij Berija, fedelissimo di Stalin, pertanto fu deciso di assegnare le abitazioni agli “amici” del regime. Tra questi c’erano anche gli scienziati di fisica nucleare, pure loro alle dipendenze di Berija, che creavano le armi atomiche dell’Urss. Per accentuare la natura elitaria della casa, con appartamenti furono “premiati” anche artisti e intellettuali.
In vari periodi, in questa casa abitarono il poeta Evgenij Evtushenko, le attrici Faina Ranevskaja e Nonna Mordjukova, la ballerina Galina Ulanova, gli attori Aleksandr Shirvindt e Michail Zharov, gli scrittori Konstantin Paustovskij e Vasilij Aksjonov e altri esponenti della cultura. Anche l’architetto della casa, Dmitrij Chechulin, sebbene fosse caduto in disgrazia dopo la morte di Stalin per aver promosso gli “sprechi architettonici” staliniani, ricevette un appartamento.
Agli inquilini gli appartamenti venivano consegnati già completamente arredati con lussuosi pavimenti in parquet, soffitti con rilievi artistici, lampadari di cristallo e lampade di bronzo, sanitari importati dall’estero e moderni mobili, mentre le persone comuni, per comprare un solo lampadario di cristallo, dovevano risparmiare per anni.
C’è da dire, però, che agli abitanti era proibito spostare i mobili, per non parlare di fare lavori di ristrutturazione. Questa condizione era rigidamente controllata da apposite persone che regolarmente ispezionavano le abitazioni. Ciò era dovuto al fatto che gli appartamenti erano pieni di microfoni, pertanto spostando un armadio o un comò si rischiava di spezzare qualche cavo.
Chi vi abita oggi
Oggi il grattacielo in Kotelnicheskaja naberezhnaja non è più una dimora super ambita. La maggioranza di coloro che vi abitano oggi sono figli delle persone che ricevettero il loro appartamento ancora ai tempi dell’Urss. Molti di loro sono ormai persone anziane. Parecchi appartamenti sono in vendita o vengono dati in affitto.
Un bilocale costa, in media, 50 milioni di rubli (circa 575 mila euro al cambio di inizio giugno 2023). Per prenderlo in affitto occorre pagare 100-170 mila rubli al mese (1.150-1.950 euro al mese). I giovani spesso si mettono in gruppo per spartire le spese.
I decori, una volta splendenti, sono ormai sbiaditi. Nell’atrio centrale si possono ancora vedere i mosaici del soffitto e dei rivestimenti in marmo, ma dentro gli appartamenti è cambiato quasi tutto, anche se in alcuni si possono ancora trovare dei lampadari e degli specchi originali. Molti impianti sono obsoleti e creano continui disagi. Il vecchio sistema di ventilazione e i solai di legno fanno sì che si sente benissimo quello che avviene nella casa dei vicini.
“Qualcosa va sempre storto, si brucia o si rompe. Due mesi dopo aver traslocato, ho capito che questa casa è stata costruita per essere bella ma non per viverci. Si trova in centro, è vero, ma la metropolitana è lontanissima. Per aggirare l’edificio ci vogliono almeno 20 minuti”, ci ha confidato Ksenija Vechtomova, che qui è in affitto.
Come si può visitare il palazzo
Ancora oggi, come nel periodo sovietico, l’ingresso è sorvegliato da donne severe, pronte a sbarrare la strada agli estranei.
In precedenza si poteva entrare comprando un biglietto per visitare l’appartamento memoriale della ballerina Galina Ulanova. Tuttavia, alcuni anni fa il museo è stato chiuso per ristrutturazione. L’unica possibilità oggi è rivolgersi all’agenzia “Kryshy i vyshe” (“Tetti e più in alto”) che per 2.000 rubli (23 euro) vi farà fare una visita guidata e vi offrirà un tè in un appartamento con vista panoramica.
Per chi vuole comunque almeno “entrare” nello storico edificio, una soluzione c’è – andare al cinema teatro “Illjuzion”, situato al piano terra del palazzo. È qui che venivano e vengono tuttora proiettati i film di “Gosfilmofond”, l’archivio centrale del cinema. Recentemente il cinema è stato ristrutturato, diventando una moderna sala di proiezione, dove si possono vedere anche dei film rarissimi come in un cinema d’essai.
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