Così gli eroi dell'Impero Russo divennero eroi dell'Unione Sovietica

Konstantin Nedorubov, 1977

Konstantin Nedorubov, 1977

Yurij Somov/Sputnik
Alcuni di loro sfoggiavano sul petto i premi zaristi insieme a quelli sovietici, anche se ufficialmente ciò non fu mai permesso...

Molti soldati dell'esercito zarista, dopo aver combattuto nel primo conflitto mondiale, parteciparono anche alla Seconda guerra mondiale. Alcuni di loro videro riconosciuto il loro coraggio in battaglia con le decorazioni militari dell'Impero Russo, come le Croci di San Giorgio di quattro classi (la decorazione dispone di quattro classi di benemerenza), oltre a ordini e medaglie sovietiche.

Ci furono anche coloro che, dopo aver ricevuto le più alte decorazioni militari dell'Impero Russo nella Prima guerra mondiale, ricevettero le più alte onorificenze militari dell'Unione Sovietica durante la Seconda guerra mondiale. Furono premiati con le Croci di San Giorgio, e divennero così Cavalieri della Croce di San Giorgio nella prima guerra mondiale, e poi Eroi dell'Unione Sovietica per il loro valore nella guerra contro la Germania nazista.

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Ivan Tjulenev

“Di media altezza, insolitamente tarchiato ma allo stesso tempo ben fatto, quando era in sella Ivan Vladimirovich si trasformava in un vero centauro, come se si fondesse con il cavallo”. Così il cavaliere del 5° Reggimento Dragoni di Kargopol Ivan Tjulenev venne descritto da uno dei suoi compagni di servizio.

Si guadagnò la sua prima Croce di San Giorgio di quarta classe - la più bassa delle quattro - quando il 14 luglio 1915, insieme a due compagni, attaccò una pattuglia tedesca, riuscendo a fare a pezzi undici soldati nemici e a farne prigionieri altri tre. Nelle battaglie successive si guadagnò altre tre Croci di San Giorgio e il grado di sottufficiale.

Al momento dell'invasione tedesca dell'Unione Sovietica nel giugno 1941, il generale Ivan Tjulenev era al comando del fronte meridionale. Come per tutti i capi militari sovietici, il periodo iniziale della guerra fu disastroso anche per lui. “Non sa come attaccare, ma non sa nemmeno come ritirarsi. Ha perso due armate in un modo in cui i reggimenti non si possono perdere”: questa all’epoca era l'opinione poco lusinghiera di Stalin su Tjulenev. 

Ivan Vladimirovich fu mandato negli Urali per formare divisioni di riserva, cosa che gli fece molto bene. L'apice della sua carriera militare arrivò quando ricopriva la posizione di comandante del Fronte Transcaucasico, le cui truppe impedirono al nemico di impadronirsi del Caucaso e di ottenere l'accesso ai giacimenti di petrolio vicino a Baku e Grozny.

Nonostante i suoi successi, Tjulenev dovette aspettare a lungo il titolo di Eroe dell'Unione Sovietica. “Probabilmente avrei dovuto prima arrendermi e poi liberare il Caucaso. Allora il lavoro dei comandanti del fronte avrebbe ricevuto una valutazione più alta”, scrisse Ivan Vladimirovich con una punta di amarezza. Fu solo nel 1978, pochi mesi prima della morte di Tjulenev all'età di 86 anni, che gli fu finalmente consegnata la più alta onorificenza militare sovietica.

Konstantin Nedorubov

In una limpida giornata d'agosto, proprio all'inizio della Prima guerra mondiale, un gruppo di cosacchi del Don, sotto una raffica di fuoco d'artiglieria nemica, si fece strada fino alla base della batteria austriaca e la catturò insieme a servi e munizioni. Fu così che il sergente Konstantin Nedorubov, alla guida dei cosacchi, guadagnò la sua prima Croce di San Giorgio.

Più tardi ottenne altre tre Croci di San Giorgio: per aver catturato 52 soldati austriaci con un ufficiale, e per aver catturato il quartier generale tedesco dove erano custoditi importanti documenti. Konstantin Iosifovich fu anche riconosciuto per il coraggio e il valore che mostrò durante l'operazione offensiva su larga scala dell'esercito russo nel 1916, che divenne nota come l'offensiva Brusilov.

È interessante notare che durante la guerra civile russa, il futuro eroe dell'Unione Sovietica combatté (come molti altri cosacchi del Don) con i Bianchi; ma, essendo stato catturato dai Rossi, passò dalla loro parte. Da lì a poco Nedorubov fu di nuovo fatto prigioniero, questa volta dai Bianchi. E la fortuna fu dalla sua parte: visti i suoi successi militari, al cavaliere con la Croce di San Giorgio fu risparmiata l'esecuzione.

Allo scoppio della guerra tra l'URSS e la Germania nazista, Konstantin Iosifovich cercò di arruolarsi ma fu respinto a causa della sua età avanzata (era già sulla cinquantina). “I giovani soldati muoiono a migliaia perché sono inesperti. Mentre io ho ottenuto quattro croci di San Giorgio nella guerra con i tedeschi. Quindi so come combatterli”, disse emotivamente Nedorubov. 

Alla fine, nell'autunno dello stesso anno, riuscì a unirsi alla divisione di cavalleria cosacca Don, nella quale divenne comandante di uno squadrone.

Esperto cavalleggero, Nedorubov trasformò la sua unità in un'affiatata unità di combattimento, ugualmente efficace sia in difesa che in attacco. Lo squadrone uccise centinaia di soldati e ufficiali nemici. In una battaglia vicino al villaggio di Maratuki, Konstantin Iosifovich uccise da solo 70 tedeschi.

Nel 1943, Konstantin Nedorubov fu insignito del titolo di Eroe dell'Unione Sovietica. Sopravvisse alla guerra e morì nel 1978 alla veneranda età di 89 anni.

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Grigorij Ageyev

Quando nel 1915 Grigorij Ageyev lasciò casa per andare al fronte a “sconfiggere i tedeschi” non aveva ancora 14 anni. E la sua giovane età non gli impedì di diventare presto un Cavaliere Effettivo della Croce di San Giorgio.

Ageyev ricevette la sua prima Croce di San Giorgio per essersi intrufolato in una trincea tedesca, aver rubato una mitragliatrice con le munizioni e averla trascinata fino alle posizioni russe. Grigorij Antonovich dimostrò coraggio e dedizione al fronte anche in seguito: rimase in battaglia per mesi, come parte di un'unità di mitragliatrici. Ageyev arrivò alla fine della guerra come sottufficiale superiore con quattro croci di San Giorgio sul petto.

Durante la Seconda guerra mondiale, Ageyev divenne uno dei fondatori dei battaglioni di combattimento della milizia popolare di Tula. Queste formazioni volontarie erano composte da cittadini sovietici che non erano soggetti alla coscrizione obbligatoria e combattevano contro sabotatori e spie nemiche e catturavano i disertori dietro le linee nemiche. Il 26 ottobre 1941, i battaglioni furono consolidati in un unico reggimento dei lavoratori di Tula.

Tula, situata a sud di Mosca, giocò un ruolo cruciale nella difesa della capitale, nell'autunno del 1941: fu attraverso questa città che la 2° Armata Panzer di Heinz Guderian cercò di farsi strada verso la capitale nel tentativo di chiudere l'accerchiamento della principale città sovietica da sud-est.

Durante i combattimenti, Ageyev, diventato commissario del reggimento dei lavoratori, rimase sempre in prima linea, sostenendo i soldati appena arruolati che non avevano esperienza al fronte; guidò le truppe in battaglia, fornendo copertura per la ritirata della 50° Armata verso nuove linee di battaglia. Tuttavia, Grigorij Antonovich non ebbe molto tempo per combattere: il 30 ottobre fu ucciso dal fuoco delle mitragliatrici.

“La morte del commissario fu fortemente sentita da tutto il reggimento, - disse il comandante della 50° Armata, il generale Ivan Boldin -. Il boschetto dove giaceva il suo corpo era già dietro le linee nemiche. Come recuperarlo per seppellirlo con gli onori militari? Tre coraggiosi volontari strisciarono nella macchia boschiva già catturata dal nemico e, rischiando la vita, rubarono il corpo morto di Ageyev letteralmente da sotto il naso dei nazisti e lo portarono a Tula”.

Grigorij Ageyev fu insignito del titolo di Eroe dell'Unione Sovietica postumo l'8 maggio 1965, alla vigilia del ventesimo anniversario della Vittoria.

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