Quando Feliks Dadaev (1920-), un ragazzo di un villaggio del Daghestan, divenne il sosia ufficiale di Stalin, il leader sovietico ne aveva già altri tre. L’idea di selezionare dei sosia era venuta negli anni Venti al generale Nikolaj Vlasik (1896-1967), che era a capo della sicurezza personale della massima carica dell’Urss. La polizia segreta credeva che non fosse sicuro per Stalin andare ai raduni di piazza con i lavoratori: il politico aveva troppi nemici.
L’approccio dette i suoi frutti. Il primo doppelgänger, un certo Rashidov, proveniente dal Caucaso, venne fatto saltare in aria con una mina quando il corteo di automobili di Stato attraversava la Piazza Rossa. Ma il destino di Dadaev si rivelò molto più straordinario. In primo luogo, tenne il segreto per 55 anni, nascondendo questo particolare della sua biografia anche alla sua famiglia. In secondo luogo, è ancora vivo: ha compiuto il 4 marzo 2020 cento anni!
Dadaev è nato nel 1920 a Kazi-Kumukh, un villaggio di montagna del Daghestan, e da ragazzo ha fatto il pastore e ha lavorato come apprendista in un laboratorio di lavorazione dei gioielli. Ma la sua vera passione era ballare: dopo essersi trasferito nella città di Groznyj, prese lezioni da un maestro di ballo, e, quando la sua famiglia si trasferì in Ucraina, venne invitato a far parte dell’ensemble statale di danza.
Il ventenne impressionò molti: ballava molto bene, era un abile giocoliere, mostrava trucchi, aveva un grande talento recitativo e, la cosa divertente, era sorprendentemente simile alla persona più importante del Paese.
“Quando ero giovane, ero incredibilmente simile al leader di tutti i tempi e di tutti i popoli, così che persino alcuni montanari mi prendevano in giro e mi chiamavano Soso [Josif in georgiano]. Fingevo di non essere contento del nomignolo, ma in cuor mio ero orgoglioso della mia somiglianza con il grande padre delle nazioni!”, dice Dadaev.
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Quando scoppiò la guerra, Dadaev venne inviato con la brigata di artisti in prima linea, per sollevare il morale dei soldati con gli spettacoli. La sua fama raggiunse rapidamente i generali dell’esercito, ma non è noto se l’Nkvd si sarebbe davvero interessato a lui, se non fosse accaduto un fatto. Dopo essere stato colpito dal nemico, Dadaev venne dichiarato morto: “Sette cadaveri furono gettati nell’obitorio dell’ospedale, ma si scoprì che due di quelle persone erano vive! E io ero uno di loro”. Tuttavia, si resero conto dell’errore in ritardo: il telegramma che annunciava la sua morte era già stato inviato dall’ospedale ai parenti di Dadaev, che per tutti gli anni della guerra lo considerarono morto al fronte.
Questa “scomparsa” giocò a favore dei servizi segreti. Nel 1943, dopo uno dei tanti spettacoli al fronte, delle persone in abiti civili si avvicinarono a Dadaev e lo caricarono su un volo speciale segreto per Mosca. Misero Dadaev in una delle dacie di campagna, gli dettero cibo delizioso e gli spiegarono cosa volevano da lui. Per cominciare, sarebbe dovuto apparire al posto di Stalin al posto giusto e attirare l’attenzione su di sé. Ad esempio, uscire dal Cremlino e salire in macchina.
“In generale, io e Stalin avevamo il cento per cento di somiglianza in tutto! Stessa altezza, voce e naso. Solo le orecchie me le truccavano, per essere come quelle del leader. Il processo, a proposito, era semplice. L’orecchio veniva incollato con uno speciale cerotto adesivo in guttaperca color carne. In questo modo, il padiglione auricolare diventava più profondo. Poi aggiungevano diversi cerotti dietro le orecchie, i punti di incollaggio venivano mascherati con del fondo tinta e le orecchie del compagno Stalin erano pronte”, ha ricordato Feliks Dadaev.
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Per diventare una copia indistinguibile, dovette ingrassare di 11 chilogrammi, farsi ingiallire artificialmente i denti (Stalin fumava molto, Dadaev no), e per diversi mesi, sotto la supervisione dell’Nkvd e degli insegnanti di recitazione, imparare a riprodurre espressioni facciali, intonazione e movimenti di Stalin nei minimi dettagli. Per fare questo, gli mostravano ore e ore di cinegiornali con l’originale. Ma c’era un’importante discrepanza: l’età. La differenza tra Stalin e il “sostituto” era di quasi quarant’anni, visto che il leader georgiano era nato nel 1878.
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“Il trucco cinematografico non era ancora sviluppato come adesso a quei tempi. Un truccatore lavorava su di me. Ma non poteva starmi vicino tutti i giorni. Pertanto, ho dovuto imparare a farmi da solo le cicatrici del “vaiolo” [il viso di Stalin era butterato per la malattia contratta nell’infanzia]: prima applicavo un tono di marrone, come un’abbronzatura, poi con uno spazzolino dai denti di ferro, premevo con forza sul viso, e si otteneva l’effetto desiderato. Quando il trucco si asciugava, mi cospargevo di cipria. Andavo in giro in questo modo tutto il giorno e la sera dovevo struccarmi”, dice Dadaev.
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Solo una ristretta cerchia di persone conosceva l’esistenza del “sostituto”. Dadaev aveva firmato un accordo di non divulgazione e gli era stato proibito di comunicare la cosa persino alla sua famiglia.
Avendo superato facilmente la prima fase, a Dadaev fu assegnato un nuovo compito: apparire in pubblico tra i compagni di partito di Stalin.
Nel suo libro autobiografico “Stranà-estràd”, ha scritto: “La cosa principale era cercare di tenere il primo incontro con i membri del governo in silenzio. Fingere che il leader quel giorno non fosse dell’umore giusto per le chiacchiere, e quando proprio qualcosa bisognava dire, farlo laconicamente, con naturalezza, e con la voce di Josif Vissarionovich. Fu il compito più semplice e tranquillo”.
Feliks Dadaev
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Dopodiché, iniziarono a fidarsi di Dadaev per affidargli visite ufficiali di delegazioni straniere, riprese dei cinegiornali, lettura di rapporti alla radio, e persino alcune marce durante la parata sulla Piazza Rossa e apparizioni con i compagni di partito sulla tribuna del Mausoleo. Nessuno dei testimoni ha mai sospettato niente. Di conseguenza, si è scoperto che in molti libri e filmati c’era un ritratto cerimoniale del leader, e in realtà si trattava di Dadaev.
Il compito più importante, probabilmente fu recitare il “decollo” del leader verso Teheran per la conferenza tra i tre leader alleati nel 1943.
“Prepararono due aerei. Uno serviva per confondere le acque. E io sarei stato a bordo, nei panni di Stalin. All’ora stabilita, sono salito in macchina e mi hanno portato all’aeroporto con una guardia di sicurezza. Questo è stato fatto in modo che Stalin (o meglio, la sua copia, cioè io) fosse notato [dall’intelligence straniera]”, ricorda. Dadaev non andò a Teheran, venne portato solo all’aeroporto. Ma è lì che ci fu un tentativo di omicidio.
Feliks Dadaev
Aleksandr Natruskin/SputnikDadaev incontrò Stalin solo una volta. L’incontro durò non più di cinque minuti nella sala di ricevimento del leader, ma essendo in stato di choc, il “sostituto” non ricorda quasi nulla: “Oltre al sorriso di Josif Vissarionovich, e al suo pesante cenno di assenso, non ricordo nulla”.
Dopo la morte di Stalin, la necessità di un sostituto scomparve immediatamente e Dadaev riprese a recitare e a esibirsi nei concerti. Fino al 1996, tutte le informazioni sul sosia rimasero secretate, e questo fatto era elencato solo nella sua cartella personale, conservata in un archivio segreto del Kgb, poi Fsb. Quando la dicitura top secret è stata revocata, il fatto è diventato pubblico, ma anche dopo tanti anni, Dadaev continua a dire che non può raccontare tutto. Nel suo libro, ha dedicato solo un capitolo a questo elemento della sua biografia, concentrandosi di più sulla sua carriera di artista.
Vita e destino dei cinque più stretti collaboratori di Stalin
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