Vita e destino dei cinque più stretti collaboratori di Stalin

Da sinistra: Vyacheslav Molotov, Joseph Stalin e Kliment Voroshilov, 1937

Da sinistra: Vyacheslav Molotov, Joseph Stalin e Kliment Voroshilov, 1937

Getty Images; Aleksandr Rodchenko/MAMM/MDF/russiainphoto.ru
Mentre altri compagni di lotta caddero in disgrazia, di questi uomini il leader sovietico si fidò a lungo: gli rimasero fedeli anche dopo la morte, pagando però a caro prezzo il loro atteggiamento ai tempi della destalinizzazione

1 / Lazar Kaganovich (1893-1991)

Già Lenin aveva affidato a Lazàr Kaganóvich posti di altissima responsabilità. Uomo rigido e ottimo esecutore degli ordini, Kaganovich ricevette poi da Stalin i compiti più importanti nella macchina statale: portare avanti la collettivizzazione, migliorare il funzionamento delle ferrovie, ridisegnare tutta Mosca e costruire la metropolitana della capitale. Fino al 1955, la rete sotterranea portò proprio il suo nome “Metropolitana di Mosca ‘Kaganovich’”, prima di essere ribattezzata, con la destalinizzazione, in onore di Lenin (ancora oggi si chiama così).

Lazar Kaganovich (a sinistra) e Joseph Stalin

Kaganovich prendeva tutto con entusiasmo e la sua carta vincente principale era instillare la paura nelle persone. Combatté attivamente contro i “sabotatori”. Vedeva spie e quinte colonne ovunque, persino tra i macchinisti dei treni che non arrivavano in orario.

Fu Kaganovich a contribuire alla carriera di Khrushchev nel partito, ma dopo la morte di Stalin, non ne sostenne la candidatura a prima carica dello Stato. Khrushchev lo accusò così di complicità nelle repressioni e nel terrore stalinista, lo rimosse dalle alte cariche e poi lo privò persino della tessera del partito.

Negli ultimi trent’anni, Kaganovich visse in completa solitudine. Assolutamente tutti si erano allontanati dall’uomo una volta onnipotente, ma che rimase fedele alle sue convinzioni e personalmente a Stalin fino alla fine dei suoi giorni. Morì pochi mesi prima del crollo dell’Urss.

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2 / Vjacheslav Molotov (1890-1986)

Stalin fu il primo dei bolscevichi che Molotov incontrò nella sua vita. Dopo la morte di Lenin, Vjacheslàv Mólotov sostenne Stalin nella lotta per il potere interna al partito. Stalin affidò a Molotov il compito di occuparsi di questioni di difesa, industrializzazione e crescita economica. Era anche responsabile delle tariffe e degli standard di produzione spesso irrealizzabili dei piani quinquennali nell’industria, e insieme a Kaganovich organizzò la collettivizzazione. Molotov firmò varie “liste delle esecuzioni”, con persone che il partito considerava membri dannosi della società da eliminare.

Vyacheslav Molotov e Joseph Stalin

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Molotov è meglio conosciuto in tutto il mondo come Commissario del popolo per gli Affari esteri. In quel ruolo, nel 1939, concluse un patto di non aggressione con la Germania, noto come “Patto Molotov-Ribbentrop”, Stalin si affidò a Molotov anche per portare avanti tutti i negoziati diplomatici durante la Seconda guerra mondiale.

Dopo la morte di Stalin, Molotov guidò la lotta interna del partito contro Khrushchev. Ma quando quest’ultimo si rafforzò al potere, estromise Molotov da ogni carica importante, e in seguito, lo privò anche della sua tessera di partito, per il suo ruolo nei crimini del regime stalinista.

Tuttavia, a differenza di Kaganovich che richiese più e più volte, sempre invano, di essere riammesso nel Pcus, Molotov nel 1986 ottenne di poter rientrare tra i membri del partito comunista e divenne il più anziano di loro. Nello stesso anno morì, poco prima di compiere i 97 anni.

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3 / Sergej Kirov (1886-1934)

Vjacheslav Molotov sostenne che Kirov era il compagno di lotta e di governo preferito da Stalin. Sergéj Kìrov si unì ai bolscevichi solo dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Prima di allora, aveva “contatti” con un’altra ala del partito, i menscevichi. Di solito Stalin non perdonava queste cose e si era sbarazzato di molti “oppositori interni” anche più vicini. Ma nel caso di Kirov, lo difese invece dagli attacchi di altri membri del partito, e lo volle come membro del Politburo, il che di fatto lo rese una delle persone più influenti del Paese.

Sergej Kirov, Joseph Stalin e la figlia di Stalin, Svetlana

Godeva di poca autorevolezza tra la leadership del partito, ma Kirov aveva carisma e capacità oratorie. Parlava con i lavoratori delle fabbriche e loro lo sentivano come uno di loro. Kirov era rimasto semplice e sorrideva spesso.

Nel 1934, fu ucciso a colpi d’arma da fuoco fuori dal suo ufficio di Leningrado. L’assassino, Leonid Nikolaev, venne arrestato e in seguito condannato a morte insieme a vari familiari e a una trentina di persone in totale, ma i motivi del gesto rimangono un mistero fino ad oggi, ed è anche poco chiaro se ci fosse qualche mandante eccellente dietro l’attentato o se Nikolaev avesse agito da solo, frustrato per la scarsa carriera nel partito e i problemi con il lavoro.

Stalin ordinò di vendicare il suo compagno d’armi e di trovare tra gli “oppositori” aderenti alla corrente di Zinoviev (poi fucilato nel 1936 insieme a Kamenev) i colpevoli. Non è chiaro se ci sia stato un complotto, ma l’assassinio di Kirov venne seguito da un’ondata di repressioni ed esecuzioni di persone sospettate di una vasta cospirazione. Si ritiene che questo abbia segnato l’inizio delle Grandi Purghe

4 / Kliment Voroshilov (1881-1969)

Klimént Voroshìlov è il detentore del record di permanenza ai vertici del potere: è stato nel Politburo del comitato centrale del partito comunista per più di 34 anni (dal 1926 al 1960)! Durante la Guerra Civile, comandò un’armata e poi un intero gruppo di armate sul fronte meridionale. Fu anche responsabile del ristabilimento dell’ordine nella Pietrogrado della Rivoluzione e, insieme a Feliks Dzerzhinskij, creò la Chekà (la commissione straordinaria per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio; che sarebbe poi diventata l’Nkvd e il Kgb).

Kliment Voroshilov (a sinistra) e Joseph Stalin

Fu uno dei più fedeli collaboratori di Stalin e si schierò dalla sua parte durante la lotta interna al partito dopo la morte di Lenin. Scrisse il libro “Stalin e l’Armata Rossa”, in cui elogiava il ruolo di Stalin nella Guerra civile. È stato uno dei primi marescialli dell’Unione Sovietica, ha effettuato riforme militari, ed è stato ministro della Difesa. In quanto amico stretto di Stalin, come molti altri suoi collaboratori, ha firmato elenchi di esecuzioni e stilato liste di comandanti dell’esercito da reprimere.

Dopo la morte di Stalin, per sette anni Voroshilov fu presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’Urss, ufficialmente questa era la posizione principale del Paese (ma de facto il Paese era guidato dal segretario generale del partito comunista). Ha vissuto fino a tarda età e fino alla fine dei suoi giorni è stato nel partito e ai vertici dell’Urss. Voroshilov fu uno dei pochi stretti collaboratori di Stalin ad essere sepolto nella necropoli presso le mura del Cremlino.

5 / Lavrentij Berija (1899-1953)

Berija divenne bolscevico nel 1917 e durante la Guerra civile entrò in servizio nella filiale azera della Cheka. Essendo diventato un chekista professionista e funzionario della sicurezza dello Stato, fu responsabile di queste questioni, in seguito, nella Repubblica socialista sovietica georgiana e in tutta la regione del Caucaso. E poi dell’Nkvd dell’intera Urss, fino a diventare un membro dell’élite del partito.

Joseph Stalin, Lavrentij Berija e la figlia di Stalin, Svetlana

Berija era l’uomo più vicino a Stalin negli ultimi anni di vita del leader. Visitava costantemente la sua casa e la sua dacia, e ci sono molte foto di Berija con la famiglia di Stalin.

Berija fu il responsabile dei progetti nucleari, nonché della deportazione di massa di persone che si temeva potessero cooperare con Hitler nei territori occupati. Inoltre, supervisionò l’assassinio di Trotskij in Messico e lavorò a identificare e reprimere tutti gli “agenti stranieri” e le spie nel Paese. Si diceva anche che Berija convocasse a sé belle ragazze e attrici e, minacciando di reprimere loro o i loro parenti, le persuadesse ad avere rapporti sessuali con lui.

Dopo la morte di Stalin, nel 1953, Berija fu condannato per rappresaglie illegali contro persone indesiderate e per cospirazioni antisovietiche (molte legate al passato e scarsamente provate). Nello stesso anno venne fucilato.


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