“Così porto l’Italia nel piatto nella città più bella della Russia, San Pietroburgo” (INTERVISTA)

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SVETLANA LOMAKINA
Giuseppe D’Agostino ha lasciato la Sicilia 18 anni fa e si è stabilito sulla Neva. Non ha imparato ad amare il pesce essiccato che i russi mangiano insieme alla birra, ma, per il resto, ormai da tempo, considera la Russia la sua seconda patria, e qui sono nati i suoi tre figli

Lo chef Giuseppe D’Agostino vive da quasi vent’anni in Russia e continua a fare miracoli in cucina. I formaggi, a causa delle sanzioni, potranno anche essere bielorussi e il pesce arrivare non dal Mediterraneo ma dall’Estremo Oriente, ma lui comunque vi metterà nel piatto la vera Italia.

Giuseppe, come è arrivato in Russia?

Mi sono trasferito in Russia per mia moglie. Ci siamo conosciuti quando lavoravo in Sicilia. Lei era da noi come turista. Stavo tornando a casa dal lavoro, una sera, lungo la spiaggia… Sono entrato in un bar e ho visto una bella donna. Sembrava italiana. A quel tempo pensavo che tutti i russi avessero i capelli biondi e gli occhi azzurri (ride).

Abbiamo iniziato a frequentarci e poi mi ha invitato a venire a trovarla. Sono venuto qui per un mese, ho visto San Pietroburgo, e sono rimasto molto sorpreso da quanto fosse europea. Anche se all’epoca, ovviamente, era molto peggio di oggi: un sacco di edifici e strade erano in cattivo stato. Inoltre, la cosa buona era che qui c’era un sacco di lavoro per me. Ho lavorato in vari posti, per diversi anni sono stato chef nel ristorante del “Grand Hotel Evropa”, un albergo a cinque stelle.

Abbiamo tre figli, San Pietroburgo è la loro città natale; non parlano neppure molto bene l’italiano… Per me la Russia è già da tempo la mia seconda patria. E sono felice di vivere nella città più bella della Russia!

Ma come, lei, siciliano, ama una città dove per mesi non si vede il sole?

Sì, in inverno, effettivamente è un po’ triste. Ma io lavoro molto. Spesso tengo delle masterclass. Stasera, per esempio, mostrerò un piatto dello chef: gli gnocchi con la stracciatella. E dal rapporto con le persone traggo il calore che mi manca per strada!

E poi in estate ci sono le notti bianche! Mia madre e suo marito sono venuti qui quattro volte e le adorano. In estate si può passeggiare tutta la notte!

Ed è la città migliore perché è stata costruita dagli italiani! (ride) Abbiamo buon gusto! All’inizio della nostra relazione, mia moglie mi portò in Italia un DVD del film “Una matta, matta, matta corsa in Russia”. La storia delle avventure degli italiani in Unione Sovietica mi piaceva, era divertente. Ma allora pensavo che gli italiani non fossero molto popolari qui. Solo quando sono arrivato ho visto quanto c’è della nostra architettura qui. Opere di Rastrelli, Trezzini, Rossi, Quarenghi… Tra l’altro, anche le torri del Cremlino di Mosca e il Palazzo delle Faccette sono stati realizzati da un italiano, Pietro Antonio Solari.

Certo, qui, quando sapevano che venivo dalla Sicilia, mi citavano anche tutti “La Piovra” e il commissario Cattani… Ma ora i tempi sono cambiati.

Cosa sapeva la gente in Italia della Russia vent’anni fa?

Si pensava che la Russia fosse un Paese povero, che qui tutto fosse vecchio e poco curato, e, in effetti, un po’ era così. Ma proprio sotto i miei occhi ho visto seri cambiamenti. In pochi anni sono arrivati molti stranieri. E cinque anni fa c’erano così tanti italiani che scherzavamo: “San Pietroburgo ha la sua Little Italy”. Ora, per ovvie ragioni, la comunità si è ristretta parecchio. Ad essere sincero, mi manca: mi manca comunicare nella mia lingua madre; la nostra emotività, l’espressività…

Parlando del suo lavoro: cosa è cambiato negli anni nella ristorazione russa?

Beh, si ricorda com’era la cucina sovietica? Primo, secondo, terzo. Zuppa, kotleta, purè di patate, kompot da bere. Ma a un certo punto, gli chef francesi, italiani, orientali hanno cominciato a venire in Russia, e i russi hanno cominciato a fare tesoro della loro esperienza, a prendere conoscenze da qui e da lì. Tutto questo si è mescolato e si è sviluppata anche qui la cucina d’autore. 

Oggi è possibile ordinare qualsiasi cosa su Internet. Certo, se si tratta di cibo proveniente da Paesi lontani o di prodotti sotto sanzione, può essere molto costoso. Ma è possibile. Persino i carciofi sono ormai una cosa comune. Ma quando ho iniziato a mostrare come cucinarli, gli chef locali spalancavano gli occhi; per loro era un prodotto esotico.

Oggi manca il formaggio buono, ma negli ultimi otto anni, dall’inizio delle sanzioni, i produttori locali hanno fatto passi da gigante: fanno già bene i formaggi freschi a pasta molle, come la mozzarella. Per qualcosa di simile al vero parmigiano invece la strada è ancora lunga.

E con cosa lo sostituisce?

Volendo, si può trovare il parmigiano italiano, ma è estremamente costoso, quindi usiamo del parmizan bielorusso. Con la panna non abbiamo problemi, c’è ottima, di molti produttori. Il guanciale non si trova, ma lo sostituiamo con pancetta locale. Di conseguenza, i piatti sono simili, ma non uguali. Certo non posso trovare qui la fiorentina, e se la trovo costa una follia. Ma Miratorg produce delle bistecche analoghe a quelle americane o brasiliane. La cosa che mi pesa di più è il pesce. Io lo amo. Sono nato sul mare, ho lavorato come cuoco su una nave: mio zio era un comandante e d’estate andavo in barca con lui. Pescavamo dei gamberi grandi come una mano. Li tiravamo fuori dalla rete e li friggevamo subito. Capite che, per me, accettare il pesce congelato che devo usare qui, è complicato… Mi piacerebbe proporre la zuppa di pesce alla siciliana, le cozze alla siciliana, il pesce spada alla griglia con le verdure… Ma capite bene che qui è difficile.

Lei passa oltre dieci ore ai fornelli al ristorante. Ma a casa chi cucina?

Cucino io! Tutti i giorni. I bambini vogliono la pasta, la amano con diversi sughi. Stamattina, invece, mi sono alzato e ho fatto la zuppa di tacchino. La voleva mia moglie. Le ho detto: “Ma quale zuppa a colazione? Cosa mi stai facendo? Sono stanco!”. (ride) Ma naturalmente l’ho preparata.

Cos’è della cucina russa che proprio non le va giù?

Quello che proprio non riesco neppure a provare sono quei pesci essiccati che i russi mangiano con la birra! Quanto al resto, la prima impressione fu difficile, quando arrivai qui. Non avevo mai mangiato così tanta maionese, sale e grassi. Ma a poco a poco ho iniziato a farci l’abitudine. Per esempio, l’aringa in pelliccia, effettivamente ha un sapore equilibrato, non c’è bisogno di modificarla; è un piatto storico; è la vostra tradizione. Pian piano ho accettato anche l’insalata Olivier, ma non posso permettermela spesso, è una sfida troppo dura per il mio stomaco. Adoro invece i pelmeni, sono simili ai nostri ravioli; li capisco.
Ah, e sulle usanze, non sono mai riuscito a far pace con il fatto che siete contrari al fischiare. In Italia, se un cuoco fischia in cucina, è normale: trasmette il suo buon umore al piatto. Ma qui ti dicono subito: “Smetti di fischiare, o non vedrai più i soldi!”

Ahaha, sì, è una superstizione russa! Ma un po’ si sarà russificato in tutto questo tempo, no?

Sono qui da quando avevo 27 anni, e ora ne ho 45. Ho visto il Paese svilupparsi; la sua crescita. E come è cambiato il Paese, sono cambiato anch’io. Mia madre, durante una delle mie ultime visite, mi ha detto: “Sei proprio diventato un russo!”. Sono più freddo di un tempo, socializzo meno. (ride). Faceva l’offesa perché non la chiamo abbastanza spesso. Ma io non ho tempo, lavoro sempre! Quello che mi piace dei russi, per cui vi rispetto, è il modo in cui amate il vostro Paese, il vostro patriottismo e la vostra coesione. In Italia non c’è nulla di simile.

Ma quando i russi mi dicono che in Italia si lavora poco e mi fanno: “Siesta, siesta!”, non ci sto. Ma quale siesta? Qualche misera ora di riposo nelle ore più calde? Qui fate dieci giorni di fila di vacanza a inizio gennaio, quasi altri dieci a inizio maggio! Ahaha! Comunque, per me è un bene: le ferie danno alle persone emozioni positive; che ce ne siano pure di più!

*La versione integrale di questa intervista è apparsa sulla rivista online “Natsija” 

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