Vita e avventure del professor Ciro Di Mari in Russia (INTERVISTA)

Svetlana Lomakina
Arrivò per la prima volta in Unione Sovietica nel 1982 e ora vive a Taganrog dal 2014. All’inizio ha dovuto reinventarsi venditore di occhiali, prima di poter tornare alle amate attività di linguista e traduttore. Sta aspettando la cittadinanza russa e può dare un sacco di consigli agli italiani che amano la Russia

Sul lungomare di Taganrog, con il bel tempo, si può spesso incontrare un imponente uomo dai capelli grigi che passeggia meditabondo. Si potrebbe scambiarlo per un georgiano o un greco della locale comunità (e capita spesso che lo facciano), ma è italiano.

Ciro Di Mari è professore di lettere e interprete accreditato presso il Consolato Generale d’Italia in Russia.

Dieci anni fa, spinto dall’amore, Di Mari si è trasferito dalle rive dell’Adriatico a quelle del Mar d’Azov. E da poco ha chiesto la cittadinanza russa. Abbiamo chiesto al professore di mostrarci la sua Taganrog e di raccontarci le avventure di un italiano in Russia.

E dove poteva avvenire il nostro incontro se non all’incrocio tra vicolo Italia (Italjanskij pereulok) e via Chekhov? Di Ciro viene dall’Italia e a Taganrog Chekhov è un dio (nacque qui nel 1860): pareva il punto perfetto. Ma la geografia era ancora più simbolica. “A metà dell’Ottocento, proprio questa casa, al numero 20 di vicolo Italia, ospitava il Consolato italiano”, mi ha detto il professore. Non restava che iniziare la nostra passeggiata e la chiacchierata.

Professore, ma quando si è trasferito a Taganrog sapeva che è una delle città più “italiane” della Russia? 

No. Avevo solo sentito dire che Giuseppe Garibaldi, il nostro eroe nazionale, combattente per l’indipendenza del Paese, era stato qui, ma non sapevo che Taganrog fosse stata così legata all’Italia nel XIX secolo. Per me era solo la città natale di Chekhov. L’amore per Anton Pavlovich mi è stato instillato dal mio professore all’Università di Pavia, un grande studioso di Chekhov.

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La mia stretta conoscenza di Taganrog è iniziata quando ho cominciato a collaborare con il Centro culturale Dante Alighieri di Rostov. La sua direttrice, Natalja Chigridova, con cui siamo molto amici, mi ha inviato per email sei opuscoli sulla storia di Taganrog: “Ciro, stiamo organizzando una gita, per favore leggiti queste informazioni e facci da cicerone”. È stato allora che ho appreso del fatto che molti mercanti italiani si erano stabiliti qui a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo; della varietà locale di grano “arnautka”, che era adorata in Italia, e in tutta Europa, tanto che si parlava di “pasta Taganrog”. E ho conosciuto la storia di Gaetano Molla, il direttore del coro del Teatro alla Scala di Milano, che venne qui nel 1870 con un’opera italiana, si innamorò di una corista locale e rimase per sempre. Di suo figlio, Valeriano Molla, che fondò la prima scuola di musica di Taganrog. A proposito, conosco la figlia di Valeriano, Marianna Molla. Ha sposato il famoso pittore sovietico Mikhail Kulakov. Ora vive in una piccola fattoria in Italia. E sapete come ha chiamato questa fattoria? Taganrog. Posso parlare a lungo della storia della città (ride).

Incontra spesso persone con cognomi italiani a Taganrog?

Un mio amico di qui si chiama Volodja Vergotti. È un famoso architetto, designer e fotografo. Credevo fosse italiano, ma si è scoperto che il suo cognome è cipriota. Qui ci sono molte persone interessanti e di origine diversa.

Reinventarsi una vita

Non ci vuole molto per raggiungere il Mercato Centrale nella locale Piazza Rossa, dove Ciro era solito stare dietro al bancone a vendere occhiali. Sì, perché al suo arrivo in Russia ha dovuto fare anche questo.

Passiamo tra i banchi del pesce e lui accelera il passo. Ci spiega che questi odori gli ricordano momenti difficili: la confusione, l’inquietudine, il non capire cosa lo aspettasse in questa terra. 

Cosa le piace della cucina russa?

Sono un po’ viziato; mi vergogno ad ammetterlo. Sono stato scapolo per molto tempo, ho mangiato sempre le stesse cose e mi sono abituato. In Italia cucinavo la pasta e qui faccio lo stesso. Mi piace anche il buon formaggio, a Taganrog ultimamente è più buono di prima. Mi piace il buon caffè. Al mercato c’è un posto dove vendono il caffè in chicchi. Vogliamo andare a bercene uno?

La donna alla finestra del chiosco saluta Ciro e subito lo gela: “Oggi non c’è il ristretto e nemmeno il caffè buono, la macchina è rotta”. Ciro si accascia per il dolore, e andiamo oltre per il mercato, fino al luogo dove lui e sua moglie avevano un banco. Oggi al suo posto c’è una ragazza che vende le verdure.

Professore, ma come era finito a vendere gli occhiali?

È successo nel 2014. Dovevo vivere di qualcosa, così ho deciso di aprire una ditta individuale e di iniziare a lavorare. All’epoca avevo solo il permesso di soggiorno temporaneo. Ma ha avuto i suoi aspetti positivi. Per esempio, a Taganrog ci sono molte cose interessanti nella lingua. Il dialetto meridionale è molto insolito. Come studioso della lingua è stato interessante per me. Al mercato ho conosciuto tante parole nuove. E mi sono imbattuto in una vostra insolita tradizione. Una cliente mi ha chiesto di venderle urgentemente degli occhiali. Non capivo: ma come, bisogna controllare le diottrie… Ma lei ha risposto: non mi servono le diottrie, questi occhiali sono per la bara. Ero completamente confuso! E allora un negoziante vicino mi disse: “Tu vendi, poi ti spiego!”. È così che ho imparato che in Russia un morto viene sepolto come era da vivo. Se portava gli occhiali, bisogna mettergli gli occhiali…

Tornando alla letteratura, quali sono i libri russi da leggere per capire meglio la Russia?

Il primo è “Sorok let Chanchzhoe” (“Сорок лет Чанчжоэ”; ossia “Quarant’anni di Changzhoe”) di Dmitrij Lipskerov. L’ho scoperto per caso mentre traducevo il lavoro di laurea di uno studente. È un’incredibile opera metaforica sulla vita in Russia. In seguito ho letto altre opere di Lipskerov, ma non mi hanno colpito più di tanto.

Poi, naturalmente, ci sono Chekhov, Bulgakov, Pasternak e Gogol. Ma Gogol a piccole dosi. Ha un certo colorito linguistico ucraino, bisogna continuamente fermarsi e tradurre: personalmente, non riesco a leggere più di 30 pagine di fila. Il “Dottor Zhivago” di Pasternak è facile, comprensibile. Ma le sue “Vozdushnye putí” (“Воздушные пути”; “Vie d’aria”) sono già una tortura per uno straniero. In generale, la letteratura russa è così varia che ognuno può trovare qualcosa di suo gusto. 

E quali film russi consiglierebbe? 

Non sono un grande appassionato di cinema. Ma è stato interessante vedere “Crociera di lusso per un matto”. A proposito, sono rimasto molto sorpreso! Ricordate il momento in cui i caucasici [gli attori Leonid Kanevskij e Grigorij Shpigel; ndr] interpretano degli italiani? Parlano un una lingua  inventata, un grammelot, ma ci sono vere parole italiane e sono terribili bestemmie contro la Madonna! Ah, e poi mi è piaciuta molto la serie tv “Il Maestro e Margherita” di Vladimir Bortko. È davvero di alto livello! (Qui potete vederla sottotitolata in italiano). 

Quando è arrivato per la prima volta in Russia?

Nel 1982. Due anni prima avevo terminato gli studi all’Università di Pavia, specializzandomi in russo e francese. Ho discusso la mia tesi sulla Guerra civile nel romanzo “Il Placido Don”.

A Mosca sono entrato all’Istituto Pushkin di lingua russa. Durante il periodo di studi, facevamo anche viaggi turistici. A Zagorsk (oggi Sergiev Posad), andai a una funzione ortodossa e rimasi così sorpreso dalla ripetizione ipnotica di “Gospodi, pomiluj!” (“Господи, помилуй!”; “Signore, abbi pietà!”). A livello teorico sapevo in cosa l’Ortodossia si differenziasse dal Cattolicesimo, ma vederlo di persona fu impressionante.

E poi cosa è successo tra il 1982 e il suo ritorno in Russia?

Mi sono diplomato come interprete e traduttore all’Istituto Pushkin. Sono tornato in Italia e ho insegnato russo e francese e letteratura nelle scuole pubbliche e paritarie. Ho anche lavorato per un’azienda che vendeva attrezzature per la ristorazione all’Unione Sovietica.

Nel 1991 abbiamo firmato un contratto per un miliardo di lire, pari a 500.000 euro con i soldi di oggi. Ma a causa del crollo dell’Unione Sovietica, l’ordine non fu pagato, l’azienda fallì e io rimasi senza lavoro. Per un paio d’anni non sapevo cosa fare. Poi mio fratello mi ha aiutato ad aprire un’attività e per dieci anni ho lavorato come barman nel mio locale. Nel 2003 mi sono stufato di questa vita e mi sono trasferito a Rimini, dove ho lavorato per sette anni con i turisti russi. Li accompagnavo come interprete e consulente per le escursioni e lo shopping. È stato allora che ho incontrato la mia futura moglie.

Natalja ha una storia personale molto complicata: i suoi genitori sono morti presto e dall’età di 17 anni ha vissuto da sola. Ha dovuto conquistarsi tutto con le sue mani nella vita. E mi ha aiutato e mi sta aiutando molto. Ammiro la sua forza e la sua saggezza.

Come ha reagito la sua famiglia alla scelta di una moglie russa?

I miei genitori se ne erano già andati, mentre altri parenti hanno detto: “Grazie a Dio, finalmente!”.

Nel 2010 il mio contratto a Rimini stava per scadere. Natasha mi chiese se volessi andare a vedere se mi piaceva Taganrog. Era una domanda ingenua. Ho a che fare con la Russia da 35 anni, è il Paese della mia giovinezza, il mio amore!

Ero stato solo a Mosca, ma Taganrog era completamente diversa. Mi sembrava di essere in un libro di Chekhov: era esattamente come lui descriveva tutto! E mentre camminavo per la città immaginavo continuamente i suoi personaggi.

Passeggiare per Taganrog mi piace ancora oggi. Quando il tempo e il meteo lo permettono, scendo al mare. Sono nato vicino al mare. Mi rilassa, mi guarisce, mi fa riflettere. Mi piace anche il Parco Gorkij: è tranquillo e bello. Purtroppo non è più permesso passeggiare nel parco con i cani. Io e Natasha ne abbiamo quattro, tutti trovatelli, anime salvate. Mia moglie è una volontaria animalista, salva i cani. Anche per questo la rispetto molto e cerco di aiutarla. 

E oggi cosa fa in Russia, professore?

Ho ottenuto lo status di interprete accreditato. Ciò significa che il consolato accetta le mie traduzioni senza ulteriori controlli. Traduco soprattutto i documenti di persone che vogliono entrare nelle università in Italia. Dopo il Covid, tutte queste pratiche sono diventate digitali e anche per noi madrelingua sono spesso complicate. Per questo motivo accompagniamo gli studenti in tutte le fasi: prima li consigliamo sulle università in base alle loro possibilità economiche, li aiutiamo a scegliere un alloggio più economico e così via. Lavoro anche con gli uomini d’affari, traducendo documenti commerciali e contratti.

Quando è stato l’ultima volta in Italia? E cosa le dicono, che si è russificato?

Siamo stati in Italia qualche anno fa, ma non ho ancora avuto l’opportunità di andarci più spesso e sentire cosa pensano di me. Ma mia moglie dice sempre che sono diventato come un marito russo! (Ride) Ma è più una qualità innata, non acquisita: sono distratto, mi piace che le cose accadano da sole. E dimentico che ho a che fare con una donna che ama la sua casa e che ha ottenuto quello che ha con la determinazione.

Le donne russe hanno la caratteristica comune di assillare l’uomo, ma è normale! Bisogna solo abituarsi un po’. Io l’ho capito tardi, ma quando ho capito che bastava stare lì e tacere, la vita è diventata più facile! (ride) 

Il mio grande problema è la pigrizia. Mia moglie lavora, arriva la sera, e io ho fatto traduzioni tutto il giorno, mi sono lasciato trasportare dal lavoro. Il risultato è che la ciotola dell’acqua dei cani è vuota. Ogni volta che Natasha esce di casa, mi chiede di assicurarmi che i cani abbiano l’acqua. Così la sera vedo mia moglie dalla finestra. E mentre i cani le vanno incontro e lei li accarezza, io corro alla ciotola e versare velocemente l’acqua! (Ride)

Ha qualche luogo preferito in Russia oltre a Taganrog?

Mosca. Una città straordinaria. Almeno 3-4 volte all’anno voglio respirare l’aria della capitale. In Italia non abbiamo città del genere. E non ce ne sono in Europa. Mosca è un altro pianeta, mi ispira. Anche se è difficile per una persona della mia età vivere lì, il ritmo è incredibile. Anche San Pietroburgo è una città speciale.

Essendo molto impegnato con il lavoro, non ho viaggiato molto in Russia. Ma non è mai troppo tardi per iniziare! Voglio vedere gli Altaj, il Bajkal, tutte quelle bellezze di cui mi parlano spesso i miei studenti russi. 

*La versione integrale di questa intervista è apparsa sulla rivista online “Natsija” 


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