La “papakha”, il copricapo di lana del Caucaso usato da Khabib Nurmagomedov

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ALEKSANDRA GUZEVA
Perché gli uomini del Caucaso usano questo copricapo? E chi lo indossa ancora oggi? Ecco alcune curiosità sul cappello sfoggiato dal celebre ex lottatore russo di arti marziali miste

Dal copricapo “papakha” al caftano “cherkeska”, fino ai taschini “gazyr”: sono questi gli elementi caratteristici di un vero “dzhigit”, termine con il quale nel Caucaso del Nord si indicano gli uomini coraggiosi.

“Se la testa è intatta, allora dovrebbe essere coperta da una papakha”; oppure: “Un uomo dovrebbe preservare due cose: la sua papakha e il suo nome”. Questi sono solo alcuni dei tanti proverbi dedicati all’uso del tradizionale copricapo del Caucaso: non un semplice costume locale, ma un vero e proprio simbolo di status sociale. Una papakha costosa è infatti il miglior regalo che si possa immaginare nella regione. 

Nel Caucaso, gli uomini non si tolgono questo copricapo nemmeno in casa. Inoltre, far cadere la papakha dalla testa di qualcuno è reato; se il proprietario di questo cappello muore, nessuno - tranne i suoi figli - potrà più indossarlo. 

La papakha ha ottenuto fama globale grazie al campione ed ex lottatore russo di arti marziali miste e di Sambo Khabib Nurmagomedov, che ha reso omaggio ai suoi antenati daghestani indossando la papakha a ogni combattimento.

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“La papakha bianca di Khabib” è ormai diventata virale e le ricerche su Google tipo “Dove comprare una papakha come quella di Khabib” aumentano. Molti fan indossano questo copricapo in omaggio all’atleta.

Tuttavia, il cappello di Khabib è solo una variante della papakha: questi berretti infatti possono essere di pelle di pecora o di capra; i più ambiti sono quelli fatti ad Astrakhan con pelliccia di agnello locale. 

Anche la forma può variare: semicircolare, che si estende verso l'alto, o con un fondo di tessuto piatto.

Questo copricapo è fatto solo da uomini. Le pelli devono essere accuratamente lavate più volte, trattate con una speciale sostanza salata per evitare che la lana si deteriori, e poi asciugate al sole.

Una pelle è sufficiente per due papakha e un artigiano esperto può cucirne circa 40 al giorno. I prezzi partono da 500 rubli (circa 4 euro al cambio attuale) e di solito non superano i 5.000 rubli (40 euro). La lana di capra è un po' più cara, la più economica costa circa 800 rubli (5,50 euro).

Anche se è considerato un copricapo tradizionale del Caucaso, si ipotizza che derivi dalle regioni dell’Asia centrale; la parola “papakha” ha infatti origini turche.

Dagli anni '50, la papakha è entrata a far parte dell'uniforme militare dell'esercito russo. All'inizio veniva indossata dai soldati che servivano nel Caucaso e nell'Asia centrale, ma più tardi si diffuse tra i cosacchi (come molti altri elementi del costume caucasico, tra cui il cappotto “cherkeska” e i taschini “gazyr”).  

Anche le guardie del reggimento di Sua Maestà Imperiale, composto principalmente da cosacchi, circassi e altri popoli di montagna del Caucaso, indossavano la papakha.

Questo pratico copricapo fu poi adottato dai militari schierati in Siberia. Nella foto: la papakha di un generale del distretto militare siberiano al tempo di Nicola II.

Nel 1913, la papakha divenne il copricapo invernale di tutto l'esercito imperiale russo.

Successivamente è stata in parte adottata dall’esercito sovietico. Tuttavia, solo gli ufficiali di alto rango erano autorizzati a indossarla: per i soldati semplici venivano cuciti i ben meno costosi cappelli “budenovka”.

Ufficialmente questo copricapo è stato abolito dall'esercito nel 1992 per essere sostituito dal famoso colbacco (“ushanka”, in russo). Ma è tornato in auge nel 2014 tra i generali e i colonnelli. Naturalmente, i cosacchi lo indossano ancora oggi.

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