A chi si è ispirato Gogol per creare Pljushkin, oggi sinonimo di “avaro” e “accumulatore seriale”?

Il personaggio delle “Anime morte” indossava una veste unta e sbrindellata e portava in casa tutto ciò che trovava, che si trattasse di un vecchio secchio o di un chiodo di ferro. Ma ha avuto un prototipo nella vita reale?

Si ritiene che Nikolaj Gogol abbia “copiato” la sua immagine dal famoso storico Mikhail Pogodin e che persino i possedimenti dell’avaro eroe richiamassero la casa e il giardino dello storico.

Esistono, tuttavia, altre versioni sul possibile prototipo del protagonista delle “Anime morte”. Secondo una di queste, Pushkin avrebbe raccontato a Gogol di un certo mercante Pljushkin: passando vicino a Valdaj, avrebbe visto un cartello con il suo nome e condiviso le sue impressioni. Il cognome si adattava perfettamente al personaggio di Gogol ed è così che gli rimase.

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Sembrerebbe poco più di un aneddoto, vero? Il fatto è che pochi anni dopo l'uscita del primo volume delle “Anime morte”, il proprietario di un negozio di Valdaj ebbe un figlio, che divenne un vero “Pljushkin”.

Fjodor Pjushkin creò una delle più grandi collezioni private della Russia. Era interessato letteralmente a tutto: manoscritti, icone, medaglie, dipinti, effetti personali di Suvorov, francobolli. Non lo preoccupava il fatto che accanto ad oggetti davvero preziosi ve ne fossero di artigianato di scarso valore: in 40 anni la sua collezione crebbe fino a raggiungere il milione di pezzi!

Chiunque desiderasse poteva vederla: Pljushkin aprì un museo nella sua casa di Pskov. Intendeva vendere la sua strabiliante collezione al Museo Imperiale Russo intitolato ad Alessandro III, pensando di ricavarne circa 200 mila rubli. Ma questo non sarebbe mai accaduto.

Dopo la morte di Fjodor Pljushkin, Nicola II acquistò la sua collezione per 100 mila rubli. Oggi i suoi tesori sono conservati tra l’Ermitage, il Museo Russo e il Museo Etnografico. Alcuni reperti si trovano ancora a Pskov.

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