Il regista e attore Nikita Mikhalkov (1945-), vincitore dell’Oscar per il Miglior film in lingua straniera nel 1995 grazie al suo film “Sole ingannatore”, e sua figlia Nadezhda (1986-), che ha avuto uno dei ruoli principali in quel film (la bambina Nadja) con in mano la statuetta dell'Oscar
M.Gnisuk/SputnikA causa della Cortina di ferro, durante la Guerra Fredda i film sovietici avevano una distribuzione limitata all’estero e raramente ottenevano premi nei prestigiosi festival occidentali. Negli anni della Perestrojka e fino a circa la metà degli anni Novanta, un’ondata di interesse senza precedenti per il cinema russo travolse il mondo, ma si spense rapidamente. Tuttavia, nonostante le difficoltà, alcuni film sovietici e russi hanno superato i confini e sono riusciti a ottenere il meritato riconoscimento. Ecco un elenco dei premi più prestigiosi del cinema russo.
Il capolavoro di Sergej Bondarchuk “Guerra e pace” – una grandiosa epopea di sei ore basata sul romanzo di Lev Tolstoj – è stato il primo film sovietico a ottenere la nomination agli Oscar “stranieri” (1969). E vinse.
Fermo immagine dal film “Guerra e Pace” del 1965-67 di Sergej Bondarchuk, il film più costoso mai girato in Russia. Nel 1969 si aggiudicò sia l’Oscar che il Golden Globe come Miglior film in lingua straniera, e l’anno successivo, in Gran Bretagna, il Bafta
Sergej Bondarchuk, 1965/MosfilmLa seconda statuetta dell’Urss la portò, stranamente, il grande regista giapponese Akira Kurosawa nel 1976. “Dersu Uzala - Il piccolo uomo delle grandi pianure”, adattamento delle memorie del viaggiatore Vladimir Arsenev, fu l’unico film del regista nipponico girato fuori dalla sua patria.
Fermo immagine da “Dersu Uzala - Il piccolo uomo delle grandi pianure”, coproduzione sovieto-nipponica diretta nel 1975 da Akira Kurosawa. Dopo l’Oscar al Miglior film in lingua straniera nel 1976, l’anno successivo Kurosawa vinse anche il premio al Migliore regista straniero ai David di Donatello
Akira Kurosawa, 1975/Mosfilm“Mosca non crede alle lacrime” di Vladimir Menshov – vincitore nel 1981 – è probabilmente il film sovietico più “americano”. La storia di una donna che si è fatta da sola – una donna di provincia che da semplice operaia è diventata direttrice di una fabbrica – conquistò i cittadini sovietici. Al botteghino vide circa 90 milioni di biglietti venduti: una delle cifre più alte nella storia della distribuzione cinematografica sovietica.
Fermo immagine da “Mosca non crede alle lacrime”, film del 1979 del regista Vladimir Menshov (1939-2021). Fu leader al botteghino sovietico nel 1980 e vinse l’Oscar al miglior film straniero nel 1981
Vladimir Menshov, 1979/MosfilmInfine, l’unico film russo post-sovietico ad aver vinto un Oscar è “Il sole ingannatore” (1995) di Nikita Mikhalkov, la storia di un giorno di un comandante sovietico interpretato dallo stesso regista. Il protagonista è in vacanza nella sua dacia e si diverte, non sapendo ancora che è destinato a diventare una delle prime vittime delle repressioni di Stalin.
Fermo immagine da “Sole ingannatore”, film del 1994 di Nikita Mikhalkov (che, come si vede nella foto, ne fu anche interprete, con la figlia Nadja), premio Oscar al Miglior film in lingua straniera nel 1995, nonché, l’anno precedente, vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes
Nikita Mikhalkov, 1994/Trite studioLEGGI ANCHE: Quanti Premi Oscar ha vinto la Russia?
Il Festival di Venezia è tradizionalmente il più aperto ai film russi. I film sovietici e russi hanno spesso partecipato alle sezioni di concorso del festival e hanno vinto dei premi. È logico che l’elenco dei vincitori del Gran Premio di Venezia fornisca un campione rappresentativo dei risultati del cinema russo.
Andrej Tarkovskij è stato il primo a portare il Leone d’Oro a Mosca nel 1962. Il successo arrivò al regista con il suo primo film “L’infanzia di Ivan”, la storia di un ragazzo orfano che vive in prima linea la Seconda Guerra Mondiale.
Fermo immagine da “L’infanzia di Ivan”, film del 1962 di Andrej Tarkovskij (1932-1986). Vinse il Leone d’oro al miglior film al Festival di Venezia (ex aequo con “Cronaca familiare” di Valerio Zurlini) e quasi altri venti premi cinematografici in giro per il mondo
Andrej Tarkovskij, 1962/MosfilmIl secondo vincitore di Venezia è stato Nikita Mikhalkov nel 1991, con la sua parabola tragicomica sull’amicizia tra un pastore mongolo e un camionista russo: “Urga – Territorio d’amore”.
Fermo immagine da “Urga –Territorio d’amore”, film di Nikita Mikhalkov del 1991, vincitore del Leone d’Oro al miglior film alla 48ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e del titolo di Miglior film all’European Film Awards 1993. Ottenne anche la nomination all’Oscar
Nikita Mikhalkov, 1992/Trite studioCome nel caso di Tarkovskij, Venezia trasformò immediatamente un altro regista russo, Andrej Zvjagintsev, in una star internazionale. Il suo film “Il ritorno”, un viaggio di un padre e due figli dal tragico epilogo, nel 2003 si aggiudicò clamorosamente non solo il premio principale, ma anche quello per il miglior debutto. È stata la prima volta che entrambi i Leoni d’oro (da giurie diverse) sono finiti nelle stesse mani.
Fermo immagine da “Il ritorno”, film del 2003 di Andrej Zvjagintsev (1964-) che alla 60ª Mostra Cinematografica di Venezia vinse sia il Leone d’oro al miglior film che il Leone del futuro – Premio Venezia opera prima “Luigi De Laurentiis”. Ricevette anche il Prix Fassbinder agli European Film Awards
Andrej Zvyagintsev, 2003/Ren filmInfine, nel 2011, Aleksandr Sokurov, uno dei registi più brillanti e intransigenti del cinema d’autore mondiale, ha vinto il Grand Prix per il suo adattamento del poema di Goethe “Faust”. Il direttore della fotografia di “Faust”, tra l’altro, era Bruno Delbonnel, lo stesso de “Il favoloso mondo di Amélie” e di “Harry Potter” e che ha lavorato con Tim Burton e i fratelli Coen.
Fermo immagine da “Faust”, film del 2011 di Aleksandr Sokurov (1951-). Alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia si aggiudicò il Leone d’Oro per il Miglior Film, il Premio SIGNIS e il Future Film Festival Digital Award
Aleksandr Sokurov, 2011/Proline FilmNel 1932 Nikolaj Ekk era premiato come “Miglior regista” alla 1ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia per “Il cammino verso la vita”, primo film sonoro sovietico. Ma in quella prima edizione non c’era una giuria e i premi ufficiali furono introdotti solamente più tardi.
“L’ascesa” di Larisa Shepitko, film vincitore a Berlino nel 1977, è un’altro film che finge di essere un dramma di guerra. Nella storia, due partigiani vengono catturati dai tedeschi durante la Grande Guerra Patriottica. Viene data loro una scelta: collaborare con il nemico o morire… Il film fu l’ultimo della filmografia della donna: due anni dopo il trionfo berlinese Larisa Shepitko morì in un incidente stradale.
Fermo immagine da “L’ascesa”, film del 1977 di Larisa Shepitko (1938-1979), Orso d’oro alla 27ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino
Larisa Shepitk, 1976/MosfilmEsattamente dieci anni dopo, l’Orso d’oro finì nuovamente tra le mani di un regista sovietico. Fu assegnato a Gleb Panfilov per “Tema”, un dramma tragicomico sulla crisi creativa di uno scrittore famoso e ufficialmente riconosciuto. Il film era già pronto alla fine degli anni Settanta, ma la censura lo bloccò a lungo e fu distribuito solo negli anni della Perestrojka.
Fermo immagine da “Tema”, film del 1979 di Gleb Panfilov (1934-2023) a lungo bloccato dalla censura. Dopo l’uscita vinse l’Orso d’Oro alla 37ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, nel 1987. Si aggiudicò anche il Premio FIPRESCI
Gleb Panfilov, 1979/MosfilmSorprendentemente, il cinema sovietico/russo ha vinto solo una volta a Cannes. La Palma d’Oro del 1958 fu vinta dal melodramma “Quando volano le cicogne” di Mikhail Kalatozov, che racconta di una ragazza in attesa del suo amore dal fronte della Seconda Guerra Mondiale. Il film conquistò la giuria non solo per l’eccellente recitazione (un critico francese paragonò l’attrice Tatjana Samojlova a Brigitte Bardot), ma anche per l’innovativo lavoro di ripresa di Sergej Urusevskij. Nonostante le vecchie tecnologie a disposizione, Urusevskij è riuscito a ottenere un movimento della macchina da presa insolitamente fluido e libero.
Fermo immagine di “Quando volano le cicogne”, film del 1957 di Mikhail Kalatozov (1903-1973) che si aggiudicò la Palma d’oro come miglior film al Festival di Cannes del 1958
Mikhail Kalatozov, 1957/MosfilmLEGGI ANCHE: I dieci migliori film sovietici degli anni Cinquanta (VIDEO)
Nel 1964, Kalatozov e Urusevskij realizzarono un’altra opera insieme, “Soy Cuba”, una raccolta di racconti su come la vita sia cambiata nell’“isola della libertà” dopo la vittoria della rivoluzione socialista. Questo film è rimasto senza grandi riconoscimenti, ma anni dopo è stato apprezzato alla grande. Nelle varie liste dei migliori film della storia del cinema, “Soy Cuba” compare ancora più spesso di “Quando volano le cicogne”. Tra i fan del film cubano di Kalatozov e di Urusevskij ci sono Martin Scorsese e Francis Ford Coppola, che ha finanziato personalmente il restauro del film.
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