I sette più famosi scrittori russi che furono costretti a emigrare

Cultura
ALEKSANDRA GUZEVA
Lasciarono la patria per varie ragioni durante il periodo sovietico e crearono all’estero delle meravigliose isole di letteratura russa

Tra la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e il crollo dell’Urss nel 1991, oltre due milioni di persone emigrarono dalla Russia, principalmente per motivi politici. Tra loro c’erano molti artisti, musicisti, filosofi, scienziati e, naturalmente, scrittori, che non potevano tollerare di vivere in un regime totalitario.

1 / Vladìmir Nabòkov (1899-1977), emigrato nel 1919

Opere da leggere: “Maria”, “Invito a una decapitazione”, “Lolita”, “Il dono”, “Altre rive”

Il padre di Vladimir Nabokov era un politico e un avversario dei bolscevichi, quindi quando il potere fu preso dai comunisti l’intera famiglia lasciò la Russia: non avevano altra scelta.

Inizialmente, Nabokov andò al Trinity College a Cambridge, in Inghilterra. Più tardi, visse nell’Europa continentale, ma poi fu costretto a fuggire di nuovo, questa volta dai nazisti. Per molti anni, dal 1940, visse negli Stati Uniti dove tenne lezioni di letteratura russa (nel 1945 ottenne la cittadinanza americana). Poi trascorse gli ultimi anni della sua vita a Montreux, in Svizzera, dove è sepolto.

Nabokov è forse l’unico scrittore nella nostra lista ad essere diventato ugualmente famoso sia come autore russo che americano. Scrisse molti dei suoi primi romanzi in russo, ma poi passò completamente all’inglese, lingua nella quale era fluente fin dall’infanzia. Tradusse da solo le sue opere.

2 / Ivàn Bùnin (1870-1953), emigrato nel 1920

Opere da leggere: “La vita di Arsenev”, “Un respiro leggero”, “L’amore di Mitja”, la raccolta di racconti  “Viali oscuri”

Ivan Bunin divenne famoso all’inizio del XX secolo come poeta e autore di racconti. Era anche conosciuto come traduttore della poesia inglese. Negli anni Dieci, Bunin viaggiò molto, visitando l’Europa, il Medio Oriente e l’Egitto. Si oppose fermamente alla Rivoluzione bolscevica e trasformò i suoi diari che ne descrivevano le conseguenze in un libro di memorie intitolato “Giornate maledette”, che pubblicò durante l’emigrazione.

Nel 1920 Bunin lasciò il Paese e andò a Parigi. Era in stretto contatto con altri emigranti russi e criticava apertamente le autorità sovietiche. In Francia, scrisse il suo primo grande romanzo, “La vita di Arsenev”, e nel 1933, ricevette il premio Nobel per la letteratura.

Più tardi, le autorità sovietiche invitarono Bunin a riprendere la cittadinanza, ma lui rifiutò. Come molti emigrati russi che vissero a Parigi, è sepolto nel cimitero di Sainte-Geneviève-des-Bois.

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3 / Gaitò Gazdànov (1903-1971), emigrato nel 1920

Opere da leggere: “Una serata da Claire”, “Strade di notte”, “Il ritorno di Budda”

Gaito Gazdanov lasciò la sua terra natale in giovane età, facendo però in tempo a combattere contro i bolscevichi dalla parte dell’Armata Bianca. Iniziò a scrivere in esilio, in Francia.

Gazdanov ha trascorso gran parte della sua vita a Parigi. All’inizio viveva in miseria, facendo vari lavoretti per campare e talvolta dormendo persino per strada. Allo stesso tempo, riuscì però a studiare alla Sorbona. Anche dopo aver pubblicato il suo primo libro di grande successo, “Una serata da Claire”, la sua situazione finanziaria rimase precaria e lavorò come tassista notturno, usando questa esperienza come base per il suo nuovo libro, Strade di notte”.

Gazdanov chiese al principale scrittore proletario russo, Maksim Gorkij, assistenza per assicurarsi il ritorno a casa. Tuttavia, Gorkij morì e il piano di un rientro in patria non si concretizzò.

4 / Joseph Brodsky (1940-1996), emigrato nel 1972

Opere da leggere: poesie; i saggi “Fondamenta degli incurabili” e “Fuga da Bisanzio”

Nella letteratura sovietica clandestina degli anni Sessanta, era un poeta di spicco, pur non avendo nemmeno finito le superiori. Questo perché Joseph Brodsky (useremo qui la grafia inglese del suo nome, che lui preferiva) aveva lasciato la scuola per andare a lavorare prima in spedizioni geologiche e poi in un obitorio. Tuttavia, per la maggior parte del tempo non aveva alcun impiego (e nella Russia sovietica la disoccupazione era un reato penale), e trascorreva il suo tempo a scrivere poesie. Di conseguenza, fu condannato e scontò due anni di prigione per “parassitismo”, e, nel 1972, con l’aiuto degli editori Carl ed Ellendea Proffer, emigrò negli Stati Uniti.

Brodsky insegnò letteratura all’Università del Michigan e cercò di scrivere poesie in inglese, senza grossi successi. Quindi si dedicò al genere del saggio, diventando famoso in America come saggista.

Nel 1987, ricevette il premio Nobel per la letteratura. Sebbene si rifiutasse di tornare in Russia anche per una breve visita, fu nella sua terra natale che divenne una vera star e un simbolo come poeta esiliato che combatte contro il regime. È sepolto a Venezia.

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5 / Sergej Dovlàtov (1941-1990), emigrato nel 1978

Opere da leggere: “Regime speciale. Appunti di un sorvegliante”, “Il Parco di Pushkin”, “Compromesso”, “La valigia”

Sergej Dovlatov fu uno dei principali umoristi sovietici del suo tempo. Le sue storie sono senza satira feroce, ma piene di ricordi toccanti della vita a volte assurda in Unione Sovietica. Tutte le sue opere sono autobiografiche: ha descritto la sua esperienza di lavoro come guardiano di una prigione e come guida al parco di Pushkin, o le forti bevute durante i viaggi giornalistici.

Le opere di Dovlatov non furono pubblicate in Urss a causa del suo umorismo “ideologicamente dannoso”. Nel 1978, per aver diffuso dei samizdat, gli fu chiesto di lasciare il Paese. Emigrò negli Stati Uniti e si stabilì a New York, dove insieme ad altri giornalisti sovietici pubblicò un giornale, varie riviste e e gestì una radio in russo (il suo libro “La filiale” contiene un resoconto giocoso dei circoli degli emigrati).

Dovlatov morì giovane, a 48 anni, e fu sepolto a New York. Sua figlia Ekaterina è riuscita ad avere una strada cittadina intitolata a suo padre: la Sergej Dovlatov Way a New York. Lei è anche la traduttrice delle opere di Dovlatov in inglese.

6 / Vasìlij Aksjònov (1932-2009), emigrato nel 1980

Opere da leggere: “L’isola di Crimea”, “I piani alti di Mosca”, racconti vari

Vasilij Aksjonov divenne presto vittima del regime sovietico: i suoi genitori furono condannati a 10 anni di reclusione nei campi di lavoro e lui finì in un orfanotrofio per i figli dei prigionieri. Sua madre, Evgenija Ginzburg (1904-1977), è l’autrice di “Viaggio nella vertigine”, un libro di memorie sulle epurazioni di Stalin, pubblicato a sua insaputa per la prima volta al mondo in Italia nel 1967 da Mondadori, che è stato anche trasformato in film nel 2009 dalla regista olandese Marleen Gorris, con la due volte premio Oscar Emily Watson nel ruolo della protagonista. Successivamente, a Vasilij fu permesso di andare a Magadan e di vivere con sua madre. Aksjonov descrisse quegli anni nel suo libro “L’ustione”.

Negli anni Sessanta, Aksjonov fu accusato di opinioni antisovietiche e i suoi romanzi furono banditi. Nel 1980, fu espulso dall’Urss e si trasferì negli Stati Uniti, perdendo la cittadinanza sovietica. Negli Usa, tenne lezioni di letteratura russa e continuò a scrivere.

Durante l’emigrazione, Aksjonov scrisse un grande romanzo su diverse generazioni della stessa famiglia sullo sfondo dei primi trent’anni successivi alla rivoluzione bolscevica. Il romanzo, intitolato “Generazione d’inverno” ebbe un grande successo e in seguito fu trasformato ne 2004 in una serie tv russa in 24 puntate. È spesso paragonato al “Dottor Zhivago” di Pasternak.

Aksjonov è stato uno dei pochi emigrati a tornare in Russia dopo la Perestrojka, nel 1990. In seguito si divise tra la Russia e la Francia (Biarritz). Morì e fu sepolto a Mosca.

7 / Sasha Sokolòv (nato nel 1943), emigrato nel 1976

Opere da leggere: “La scuola degli sciocchi”, “Un po’ lupo, un po’ cane”, “Palissandreide”

La storia della vita di Sasha (Aleksandr) Sokolov sembra un thriller di spionaggio, anche se ora vive una vita da recluso in Canada. Sokolov è nato a Ottawa, dove suo padre lavorava come addetto militare o presso la Camera di commercio dell’Urss. Molto probabilmente era una spia sovietica, motivo per cui fu espulso dal Canada con la sua famiglia.

Sokolov cercò di fuggire dall’Urss a 19 anni, ma venne catturato al confine con l’Iran. Le conoscenze in alto di suo padre lo aiutarono a evitare la prigione. Più tardi, lavorò come giornalista e, nel 1975, sposò una donna austriaca, il che gli permise di lasciare l’Urss.

Un anno dopo, si trasferì negli Stati Uniti, dove Carl ed Ellendea Proffer avevano appena pubblicato il suo romanzo, “La scuola degli sciocchi”, di cui Vladimir Nabokov, il № 1 della nostra lista, era estremamente entusiasta (mentre in generale, era avaro di complimenti).

Sokolov ha vissuto negli Stati Uniti, in Canada e in Grecia. Ha lavorato come maestro di sci e ha tenuto lezioni di letteratura. Ha visitato la Russia diverse volte. Nel 2017, è stato realizzato un documentario su di lui, intitolato “The Last Russian Writer”.


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