Il premio Nobel per la letteratura (nel 1987), poeta e saggista russo Joseph Brodsky (lui preferiva questa versione anglicizzata del suo nome), nato a Leningrado (oggi San Pietroburgo) il 24 maggio 1940 e morto a New York il 28 gennaio 1996, fu espulso dal Paese dalle autorità sovietiche per le sue opere nel 1972. Non è più tornato in Russia, anche se dopo il crollo dell’Urss è stato più volte invitato a San Pietroburgo, che gli conferì persino il titolo di “cittadino onorario”.
In ogni caso la città è stata la vera protagonista delle sue poesie, perché fu qui che Brodsky cominciò a formarsi come persona e come poeta. E questi sono i luoghi che legarono indissolubilmente il poeta alla “Venezia del Nord”.
Indirizzo: Litejnyj prospekt (corso) 24
Al secondo piano di questo edificio risalente al 1874-1877, che al Joseph ragazzino ricordava una torta, c’era la kommunalka dove vivevano i Brodskij; “la nostra stanza e mezzo” come l’avrebbe poi definita il poeta. In questo spazio ristretto trovavano spazio la camera dei genitori, il laboratorio fotografico del padre e un angolo con i libri e le cose di Joseph. Il poeta scrisse anche un saggio autobiografico sulla sua vita in questa casa, mentre era a New York.
Oggi sulla facciata di Palazzo Muruzi c’è una targa commemorativa in memoria di Brodsky, e si può entrare nella “stanza e mezzo” durante le mostre e le conferenze, che a volte si tengono qui. In futuro diventerà forse una casa museo.
In otto anni di istruzione, Brodsky cambiò cinque istituti scolastici. Non era un bravo studente e alla 181ª scuola non riuscì a ottenere la sufficienza in varie materie, tra cui anche in inglese. A 15 anni decise di lasciare definitivamente la scuola. Nonostante non avesse neppure finito la scuola, avrebbe poi tenuto lezioni in sei università americane e britanniche, dove insegnò Storia della letteratura russa, Poesia russa e mondiale e Tecnica poetica.
La reputazione di cattivo studente fu presto spazzata via da quella una delle persone più istruite del XX secolo. Quando era in esilio, Brodsky si mise alla macchina da scrivere e abbozzò una lista di libri che tutti dovrebbero leggere: con testi che vanno dagli antichi pensatori ai poeti contemporanei. Guardando questa lista, è difficile supporre che sia stata compilata da una persona che non ha completato nemmeno 8 classi di scuola.
Indirizzo: Ulitsa (via) Komsomola 1-3
Dopo aver lasciato la scuola, Brodsky si trovò un lavoro come fresatore nella fabbrica “Arsenal”. Questa decisione era legata anche al desiderio del giovane di aiutare la famiglia dal punto di vista economico. Qui lavorò in totale solo un anno, ma i paesaggi industriali di Leningrado accompagnarono a lungo il poeta nella sua produzione artistica.
Indirizzo: Ploshchad (piazza) Stachek 4
Nel 1960 ebbe luogo la prima grande apparizione pubblica di Brodsky, al “torneo dei poeti” al Palazzo della Cultura “Gorkij”. La performance divenne una sorta di protesta del poeta ebreo contro i sentimenti antisemiti. Brodsky lesse la poesia “Il cimitero ebraico…”, i cui versi audaci fecero scandalo:
“[…] Dietro lo steccato sbilenco riposano insieme
giuristi, mercanti, musicisti, rivoluzionari
Per sé hanno cantato
Per sé hanno risparmiato
Per gli altri sono morti
Ma prima avevano pagato le tasse,
rispettato le autorità,
e in questo mondo, disperatamente materiale,
commentato il Talmud, restando idealisti […]
Una poesia con un simile contenuto non poteva certo essere molto apprezzata dai membri del partito presenti in sala. Il gesto di ribellione del poeta autodidatta sembrò loro fuori luogo e oltraggioso.
Indirizzo: Ulitsa (via) Glinki 15
L’amore russo di Joseph Brodsky, quella M. B. a cui il poeta ha dedicato molte poesie, vive ancora oggi a Villa Benoit, in via Glinka. La pittrice Marina Basmanova (nata nel 1938) non lo seguì in America, ma, nonostante la separazione, continuarono sempre a tenere una corrispondenza. La prima donna amata da Brodsky, oggi anziana, ama la riservatezza, e il figlio del poeta e della pittrice, Andrej Basmanov, non gradisce essere messo a confronto con il famoso padre. Aveva 5 anni quando Brodsky lasciò l’Unione Sovietica.
Indirizzo: Ulitsa (via) Vosstanija 38
Fu proprio qui che, nel 1964, si tenne il processo contro il “parassita sociale Iosif Brodskij”. Suscitò grande scalpore quando la scrittrice e giornalista Frida Vigdorova pubblicò le trascrizioni di due udienze. L’intellighenzia di Leningrado iniziò a diffondere le argute risposte dell’accusato in samizdat:
“Giudice: Qual è la sua professione?
Brodskij: Poeta, poeta e traduttore.
Giudice: E chi ha riconosciuto che siete poeta? Chi vi annovera tra i poeti?
Brodskij: Nessuno. (senza sfida) E chi mi annovera nel genere umano?
Giudice: Avete studiato per questo?
Brodskij: Per cosa?
Giudice: Per essere un poeta! Non avete cercato di completare l’università dove preparano… dove insegnano…
Brodskij: Non pensavo… Io non pensavo che ci si arrivasse con l’istruzione.
Giudice: E come?
Brodskij: Io penso che… (confuso) venga da Dio…
Giudice: Аvete richieste?
Brodskij: Vorrei sapere perché mi hanno arrestato.
Giudice: Questa è una domanda non una richiesta
Brodskij: Allora non ho richieste.”
Indirizzo: Naberezhnaja (lungofiume) della Mojka 126
Nello stesso anno, il tribunale ordinò a Brodsky di sottoporsi a un esame psichiatrico obbligatorio. Trascorse tre settimane in un ospedale psichiatrico e successivamente avrebbe detto che questo era stato “il periodo peggiore della sua vita”.
Il poeta scrisse che poteva essere svegliato nel cuore della notte, immerso in un bagno ghiacciato, poi avvolto in un lenzuolo bagnato e messo accanto al termosifone bollente.
Ma, dopo l’osservazione medica, il “parassita sociale” fu riconosciuto “abile al lavoro”.
Il padre di Joseph Brodsky, Aleksandr Ivanovich Brodskij, era un fotoreporter militare e dopo la guerra entrò nel laboratorio fotografico del Museo Navale. Durante i suoi anni di lavoro, il museo si trovava nell’edificio dell’ex Borsa sulla punta (la “strelka”) dell’Isola Vasilevskij. Joseph andava spesso in visita da suo padre e quando era impegnato amava girare per il museo e nei suoi dintorni. Nel 1962, all’inizio del suo percorso poetico, si riferì a questo luogo in una poesia che è diventata una delle più note nel patrimonio creativo del poeta:
“Né il Paese né il cimitero voglio scegliere
Ma all’Isola Vasilevskij verrò a morire.”
Questi versi furono scritti da Joseph Brodsky dieci anni prima dell’emigrazione. Sarebbe invece morto nel suo studio di New York nel gennaio del 1996 e, dal 21 giugno 1997, riposa nel cimitero dell’Isola di San Michele, a Venezia.
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