Negli ultimi cinque anni il numero degli studenti che scelgono la lingua russa è in costante aumento. Si tratta di cifre molto alte, una volta assolutamente impensabili: all'Università Ca' Foscari di Venezia, per esempio, fra triennio e biennio la lingua russa conta circa 800 studenti.
Credo che la relazione tra l'instabile situazione politica attuale e l'afflusso di studenti potrà avere, eventualmente, riflessi in futuro: solamente nei prossimi anni potremo renderci conto se ci sarà effettivamente una diminuzione dell'interesse nei confronti di questa lingua per l'onda lunga della crisi. Il russo è una lingua che sicuramente non si può definire "facile", che presenta momenti complessi quali ad esempio l'aspetto verbale. Si tratta di una forma di "interpretare" e di esprimere il tempo e i risultati del suo trascorrere totalmente diversa dalla nostra. Penso, però, che superare questi scogli sia ripagato, in primo luogo dalla possibilità di contatto con una grande cultura come quella russa. Suggerisco ai ragazzi di non scoraggiarsi davanti alle prime difficoltà che si possono incontrare. Di non scoraggiarsi davanti alle prime difficoltà e di usufruire delle possibilità che oggi hanno di studiare in loco. Ciò è utile perché una lingua e una cultura, apprese in via teorica lontano dal loro reale contesto, rischiano di rimanere un'astrazione. Studiare nel Paese di riferimento significa anche dare concretezza a quanto già appreso.
L'autore è professore all'Università Ca' Foscari di Venezia
Michaela Bohmig
Il russo all'università piace. Attira sempre più studenti, ma poi procura pochi posti di lavoro, in Italia e nella Federazione Russa. Quest'anno gli iscritti al corso di lingua russa all’Università L’Orientale di Napoli sono stati 350. Quando ho iniziato a insegnare dodici anni fa erano appena 50.
C'è stata una crescita esponenziale dovuta al fascino esercitato sui ragazzi dagli scrittori russi moderni e classici e alla presenza continua - in tv, sui quotidiani e sul web - della Russia come protagonista di primo piano sullo scenario internazionale. Il boom degli iscritti è stato inatteso e siamo stati messi in difficoltà per i paletti finanziari imposti dal Miur che impediscono all'ateneo di assumere altri docenti per formare più classi di studenti. Che però spesso sono demotivati: alla fine del percorso di laurea credono di essere pronti per lavorare come traduttori ma non basta, serve un periodo in Russia per imparare la lingua parlata.
Poi c'è la questione del placement, basso per chi completa lo studio della lingua russa, come emerge dalle cifre dell'agenzia creata da L'Orientale per trovare opportunità d'impiego ai laureati. Un dato in controtendenza con i dati relativi ai rapporti di business tra i due Paesi, che restano su livelli importanti. Credo che pesino la complessità e le lungaggini della burocrazia - sia russa che italiana - e anche le sanzioni economiche nell'ultimo periodo. Quindi gli imprenditori russi che investono in Italia assumono impiegati e traduttori russi o ucraini già in Italia, piuttosto che puntare sugli italiani che hanno imparato il russo. Di recente solo due miei ex studenti hanno trovato lavoro nella Federazione.
L'autore è ordinario di Letteratura russa all'Università degli Studi di Napoli L'Orientale
Fonte di foto: archivi perconali
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