Il cinema di Sokurov tra arte e potere

Il regista Aleksandr Sokurov all'interno del museo Louvre di Parigi durante le riprese del suo ultimo film (Foto per gentile concessione di Asac - la Biennale di Venezia)

Il regista Aleksandr Sokurov all'interno del museo Louvre di Parigi durante le riprese del suo ultimo film (Foto per gentile concessione di Asac - la Biennale di Venezia)

Il regista russo, Leone d’Oro nel 2011, con il film “Francofonia” torna in gara al Festival del Cinema di Venezia che si apre oggi: un omaggio alla grandezza del Louvre, sullo sfondo di uno dei conflitti più devastanti a cui il mondo abbia mai assistito

Si alza il sipario sul grande cinema a Venezia. Al Lido è tutto pronto per dare ufficialmente il via alla 72esima edizione della Mostra del Cinema, che si apre oggi, 2 settembre 2015. Dopo il successo del 2011, quando vinse il Leone d’Oro con “Faust”, il regista russo Aleksandr Sokurov torna in gara al Lido con il suo “Francofonia. Il Louvre sotto l'occupazione tedesca”, una produzione congiunta fra Germania, Francia e Olanda.

Sokurov: "Risvegliamo
la cultura"

Qual era l'intento iniziale del film?

Mi interessava capire com’è sopravvissuto il Louvre sotto l'occupazione fascista. Del tema della guerra mi sono occupato ben più di una volta, ho visto moltissimi documenti e filmati. E ho pensato a quei giorni, quando l'armata nazista irruppe sul territorio della capitale culturale del mondo. Che cosa accadde a Parigi, quando i francesi si lasciarono invadere dal nemico e il governo fuggì a ripararsi nel sud del paese? Come si è potuto permettere che accadesse una simile cosa? Io ho guardato a tutto ciò con un sentimento di gelosia, di invidia nel petto, perché conosco l'esperienza della mia patria. So che cosa ha rappresentato per noi questa guerra. Mio padre vi ha combattuto, tutti quanti siamo intrisi di queste memorie.

Una scena tratta dal film "Francofonia" (Foto per gentile concessione di Asac - la Biennale di Venezia)

In Francia reagiscono sempre con timore e sospetto a qualsiasi tentativo di ritornare con la mente a questo conflitto, quando cioè un grande paese si trovò ad ammettere il nemico nel proprio territorio. Si tratta tutt'ora di un tema molto difficile. Quando ho detto di voler pensare a come tutto ciò fosse avvenuto, i miei colleghi francesi hanno intuito che il film avrebbe toccato questioni storiche, politiche, morali. E queste questioni non sono affatto semplici.

Quindi nei suoi film “L'arca russa” e “Francofonia” lei considera l'Ermitage e il Louvre come fonti di lezioni di storia?

Senza dubbio è così. Fra le istituzioni civili i musei sono l'unica zona dove, in modo materiale, senza demagogia, viene mostrato quale sia il ruolo dell'arte nella formazione dell'ordinata coscienza umana, nella formazione della civiltà.

Quel Leone di Sokurov

In che modo è comparso Napoleone in un film incentrato sull'occupazione tedesca del Louvre?

Questa storia riguarda la nascita stessa del Louvre, nonché il percorso compiuto da questo museo da impresa privata a missione statale. I francesi sono stati i primi a formulare la grandiosa idea di concepire il museo come missione dello stato: una cosa a cui i nostri politici si stanno appena appena avvicinando, e con ciò mi riferisco al documento, recentemente approvato, che getta le basi per una politica culturale dello stato. Si tratta di una tesi importante, di per sé stessa contraria sia alla pratica sovietica che a quella russa e che ora è stata proclamata. Fu Napoleone a formularla per primo, comprendendo che attraverso i musei era possibile realizzare azioni di grande impatto politico, educativo... Con essi era possibile gratificare l'egoismo nazionale.

Una scena tratta dal film "Francofonia" (Foto per gentile concessione di Asac - la Biennale di Venezia)

Il suo film era pronto da tempo. Per quale motivo non è rientrato nel programma del Festival di Cannes?

Io non volevo una presentazione pomposa a Cannes, tanto più all'interno del concorso. Così ci siamo accordati su una prima europea nella cornice del festival. Poco prima della rassegna però, mi hanno comunicato che il Ministero degli Affari Esteri francese era contrario alla proiezione del film. Un regista russo promuoverà senz'altro un'ideologia russa e nelle attuali condizioni ciò è assolutamente inammissibile. Così il film è stato tolto dal programma. Hanno scelto di toglierlo e l'hanno tolto. Non è stata poi una grande perdita. Lo hanno preso a Venezia.

Ma questo non ha impedito l'uscita del film in Francia?

A novembre il film verrà proiettato anche in Francia. La decisione così politica di accantonare il film è stata presa probabilmente a seguito delle attuali difficoltà nei rapporti fra i due paesi. Dopotutto, il festival di Cannes è statale e molto politicizzato, come lo è sempre stato.

Perché la Russia si è ritrovata esterna alla realizzazione del film?

Io non lavoro con le nostre major che hanno la possibilità di ottenere sussidi statali. Come regista io non sono interessante per loro e non penso che il Ministero della Cultura sarebbe pronto a finanziare il mio soggetto. In un contesto di politicizzazione della cultura e di intolleranza verso i vari punti di vista, un film come il mio sarebbe stato difficile da realizzare in Russia. Personalmente, m'infastidisce molto che tutta la sfera artistica e creativa sia coinvolta dal tramestio politico. Mi irrita molto che il ministro della Cultura sia una figura partitica così politicizzata. Tutto ciò disturba tanto il regista, quanto il cittadino in me. Io possiedo leggi di cui ho il controllo, la costituzione della Federazione Russa e i comandamenti. Quando gente sospetta per bagaglio culturale mi impone una serie di provvedimenti immaturi, io smetto di capire dove mi trovo. Non ho fiducia verso questi tempi, mi capisce?

Il film 

Un altro secolo è passato nel Vecchio Continente... Enormi eserciti calpestano il cuore della civiltà e il fuoco dei cannoni sta nuovamente imperversando. Tra i massacri e le rovine, tutto quanto era maestoso, magnifico e sacro, tutto quanto aveva richiesto milioni di minuti e ore di ostinato lavoro per essere costruito, viene raso al suolo. Jacques Jaujard e il conte Franz Wolff-Metternich lavorarono insieme per proteggere e salvaguardare il tesoro del Museo del Louvre. Aleksander Sokurov racconta la loro storia, esplorando il rapporto fra arte e potere e chiedendo che cosa l’arte ci dica su noi stessi, al culmine di uno dei conflitti più devastanti cui il mondo abbia mai assistito.

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