La moda dei cuochi stranieri in Russia risale all’inizio del XVIII secolo e alle peregrinazioni dello zar Pietro il Grande in giro per l'Europa occidentale, da dove rientrò portando con sé diverse novità, come le nuove mode e il calendario moderno. Ne abbiamo parlato in maniera approfondita qui. Al suo ritorno, le famiglie aristocratiche inziarono ad assumere cuochi stranieri provenienti soprattutto dalla Francia: una tendenza che si sviluppò ulteriormente con la figlia di Pietro, l’imperatrice Elisabetta, e si consolidò con la nuova moda di parlare francese tra i membri dell’aristocrazia russa, come vi abbiamo raccontato qui. E fu così che nelle cucine dei nobili russi si imposero piatti e usanze di Versailles: le portate venivano servite tutte insieme e le tavole erano decorate con piume stravaganti, fontane in miniatura e mazzi di fiori, sia freschi che artificiali. Come dessert venivano serviti limoni e cocomeri salati, mele in salamoia, dolci e marmellate di origine francese e italiana. Scoprite qui la classifica dei venti dolci russi e sovietici più buoni di sempre.
Il regno di Caterina la Grande, che corrisponde al periodo in cui vissero Voltaire e altri importanti filosofi francesi, coincise con la Rivoluzione francese del 1789, quando una parte della nobiltà d’oltralpe emigrò in Russia insieme ai propri servi. Alcuni di questi cuochi e domestici portarono avanti la professione nel nuovo paese, spesso trovando lavoro nel settore gastronomico. I metodi utilizzati dai cuochi francesi contaminarono poco a poco la cucina locale, attraverso la combinazione degli ingredienti, la precisa formulazione dei piatti e l'uso di prodotti macinati. Prima di allora, ad esempio, il pesce e la carne per le torte erano tagliati a strati, non macinati. Vennero introdotti anche i nomi francesi originali per diversi piatti: mousse, omelette, insalate (queste parole di origine francese suonano quasi identiche in russo). Inoltre, i piatti russi e quelli stranieri iniziarono ad alternarsi in un unico pasto russo.
Durante la guerra del 1812 tra Russia e Francia, i nobili russi si trovarono di fronte a un grosso dilemma: per ragioni patriottiche si sentirono obbligati a parlare meno in francese e più in russo, un cambio di usanze che non risultò facile per tutti (se anche voi avete letto “Guerra e pace” di Tolstoj ricorderete come il principe Kuragin non fosse in grado di raccontare una barzelletta in russo!).
E ancor peggio: con ogni probabilità si sentivano anche in dovere di abbandonare il cibo francese. Ma almeno ciò non influì significativamente sull’apporto calorico: carne, sottaceti e kvas erano ancora ampiamente serviti. La gente comune, però, soprattutto nelle province, non conosceva le delizie della cucina francese.
Soldati e ufficiali ricevevano tutto il necessario, pasti compresi, dal Ministero russo della Guerra, ma niente di più. Durante le campagne e i turni di guardia, i soldati potevano restare senza cibo anche per un giorno intero, motivo per cui portavano con sé del pane come precauzione contro la fame. La dieta giornaliera standard comprendeva schi (zuppa di cavolo), con pesce e olio vegetale nei giorni di digiuno, salo (lardo) o carne di manzo in altri momenti. La farina e i cereali (il più delle volte grano saraceno) erano forniti dallo Stato.
Durante gli spostamenti dell’esercito, i soldati compravano verdure, latticini e uova dai contadini locali. In infermeria, invece, venivano nutriti con farina d'avena o porridge di grano saraceno con burro, pane bianco, brodo, uova leggermente bollite e kissel (una bevanda di gelatina sottile). Venivano serviti anche pollame, pesce e zuppa schi a base di ortiche.
Durante la guerra, i soldati russi hanno “preso in prestito” un’insolita ricetta francese: cetrioli con miele. Ma poiché la stagione dei cetrioli freschi stava volgendo al termine, si imposero quelli salati. La fiducia nei confronti delle proprietà medicinali dei sottaceti (per la digestione e la gotta) non si concluse con la fine della guerra e si è tramandata fino a oggi.
A quei tempi, l'umile patata non aveva ancora messo radici - per così dire - nella società, soprattutto tra i contadini. Ma la carenza di cibo costringeva la gente a rivalutare il rapporto con questo strano prodotto. I cuochi francesi tuttavia “presero possesso” delle patate coltivate dalla popolazione locale e iniziarono a cuocerle al forno a legna. Nacque così una prima versione del purè. In Russia, però, il purè viene ancora oggi fatto con lo schiacciapatate, e non con la grattugia, alla francese.
Infine, nel marzo del 1814, le truppe russe guidate da Alessandro I entrarono a Parigi. Come dessert, la chef francese Marie-Antoine Carême preparò una "charlotte parigina", cambiando l'epiteto in "russa". Per lusingare lo zar, ad Alessandro fu detto che il suo nome derivava da Carlotta di Prussia, moglie di suo fratello, il futuro Nicola I. Sua altezza reale rimase talmente impressionato dal dolce che invitò Carême a San Pietroburgo, dove lavorò per diversi mesi. La "charlotte russa" da allora si è fatta strada in molte cucine del mondo, per non parlare di quelle russe!
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