Foto: Itar Tass
In passato si pensava che coloro che partecipavano alle solenni cerimonie di incoronazione o ai ricevimenti serali dell’epoca comunista, consumassero "ciglia di zanzara in panna acida". Si stratta, ovviamente, di un’esagerazione. L'élite russa, infatti, si è sempre nutrita squisitamente, nonostante ci sia da dire che, nel complesso, la cucina del Cremlino non fosse poi così diversa da quella di un comune cittadino.
Un menu patriottico e cosmopolita
Leggendo la storia degli imperatori cinesi si scopre che i regnanti più terribili spingevano alla morte decine di uomini e cavalli per poter avere sulla loro tavola litchi freschi raccolti nelle province più remote o ghiaccio dell'Himalaya in piena estate. Gli zar russi erano, da questo punto di vista, molto più modesti e si accontentavano di arance e ananas che, dal XVII secolo, venivano coltivati nelle serre reali. Purtroppo, molti dei segreti dei giardinieri di corte sono andati persi e nessuno oggi coltiva più angurie all’aria aperta a Izmailovo, come si faceva ad esempio un tempo durante il regno del padre di Pietro I, Alexei Mikhailovich.
Gogol e Tolstoj in cucina |
Nella loro vita pubblica e privata, gli imperatori si accontentavano della cucina francese di buona qualità con ritocchi russi, la cui misura dipendeva dall’orientamento politico del regnante. Così, nel menu delle celebrazioni ufficiali dello zar progressista Alessandro I era completamente assente lo schi, la tradizionale zuppa russa che invece si poteva facilmente trovare alla tavola del nipote Alessandro III, di stampo più conservatore e nazionalista. Qualsiasi cuoco moderno, che volesse preparare al giorno d’oggi un pranzo degno di uno zar, può trovare tutti gli ingredienti necessari in un qualsiasi supermercato europeo. Solo pochi ingredienti non risultano più disponibili a causa del deterioramento ecologico. Con l’estinzione di diverse specie di tartarughe, ad esempio, è scomparsa la zuppa di tartaruga; per la stessa regione, poi, gli europei hanno iniziato a consumare meno piatti a base di selvaggina, e anche alcune specie di pesci sono praticamente scomparse. Ma questo è tutto. Inoltre, la zuppa di tartaruga non veniva servita proprio così spesso ai monarchi russi.
Birra per i comunisti
Lenin, il comunista più famoso del mondo, come molti altri fanatici, era totalmente indifferente ai piaceri del cibo. Nelle memorie della moglie e compagna Nadezhda Krupskaya si legge che per descrivere i pasti, in famiglia, raramente si utilizzavano parole come "cibo" o "cena". Più ricorrenti erano "alimentazione" o “nutrizione”, termini legati generalmente alle razioni dei malati, alle diete o utilizzati in riferimento agli animali domestici.
L'unica passione culinaria di Lenin, segnalata anche dai suoi contemporanei, era un boccale (non di più: la moderazione prima di tutto!) di buona birra. Questo grande bolscevico era nato e cresciuto sul Volga, dove tutt’oggi si produce la Zhigulevskoe, una birra conosciuta in tutta la Russia. Come se non bastasse, aveva trascorso molti anni in esilio in Germania, quindi era un gran esperto di questa bevanda.
Il pesce “politico”
Stalin, salito al potere per sostituire il capo del proletariato mondiale, era una persona completamente diversa. Nemmeno di lui, però, si può dire che fosse un buongustaio. Tuttavia, era georgiano e in Georgia, come in qualsiasi altro Paese subtropicale e per di più orientale, esiste un vero e proprio culto del cibo: gli chef locali erano ossessionati con la freschezza e la qualità del cibo ancor prima che in Occidente si diffondesse la moda della cucina sana.
Come se non bastasse, durante i suoi anni come rivoluzionario, Stalin venne inviato più volte in esilio in Siberia, dove ebbe non solo l'opportunità di provare la cucina russa classica, ma anche vari tipi squisiti di pesce: nei fiumi e nei laghi siberiani si pescano decine di specie di salmone sconosciute agli europei, come il nelma (il salmone di Siberia), il favorito dagli zar. Si tratta di una specie che ancora oggi è difficile trovare nella parte europea della Russia, dove viene venduto a prezzi molto alti.
I membri dell'élite comunista che pasteggiavano al tavolo del dittatore, in un primo momento, si rifiutarono di mangiare la stroganina a base di nelma (la versione siberiana del piatto tartaro: pesce bianco o carne congelati, tagliati in strisce sottili, conditi con aceto e serviti come accompagnamento alla vodka), ma finirono col provarla. Fu così che il nelma iniziò ad essere servito anche durante i voli privati speciali dei membri del governo. Stalin amava, inoltre, anche altre specie poco conosciute di pesci che venivano pescate soprattutto nei fiumi della Russia meridionale e in Georgia, e che oggi sono quasi estinti.
Metti una sera a cena a casa di Tolstoj |
In generale, la tavola di Stalin si differenziava da quella di un russo comune che viveva nel Caucaso o di un georgiano che viveva a Mosca per la qualità: era un misto di cucina russa e caucasica, ma sempre di qualità. Il leader adorava gli shashliki (spiedini) a base di agnello da latte (alimentato con erbe, che danno alla carne un sapore più pronunciato) accompagnati da formaggi ed erbe piccanti in salamoia, tipici della cucina caucasica.
I vini georgiani, che secondo Pushkin erano paragonabili o superiori a quelli della Borgogna, erano di eccellente qualità. Grazie all'aviazione, Stalin trovava sempre sulla propria tavola frutta fresca e bacche anche non di stagione. Quando, invece, in epoca zarista, erano una rarità. Nella memoria dei contemporanei di quel tempo rimase per molto tempo impresso il ricordo di un ricevimento che venne dato alla fine del 1870 in onore del matrimonio di una principessa: nel mese di aprile, vennero servite grandi quantità di fragole, lamponi e ciliege.
Le cene segrete senza camerieri
Le cene di Stalin avevano due particolarità. La prima era che i camerieri non servivano le portate agli ospiti, si limitavano semplicemente a lasciarle sul tavolo per poi andarsene. Durante questi raduni, venivano discussi importanti affari di Stato e pertanto nella sala non era consentita la presenza di nessun “orecchio indiscreto”. Ciascun politico o capo militare doveva quindi alzarsi per servirsi da solo la zuppa, versandosi, da una zuppiera, una scodella di schi o di qualche minestra caucasica piccante a base di agnello, riso e pomodori (le zuppe sono obbligatorie sulle tavole dei russi, non come antipasto bensì come piatto principale) e sedersi di nuovo a tavola. La seconda particolarità era la gran varietà di vodka e cognac che veniva servita in questi eventi, compreso il noto cognac di Kizlyar che veniva inviato a Churchill. Il leader sovietico beveva poco, preferendo sempre vini georgiani come lo Tsinandali o il Teliani , due vini, uno bianco e uno rosso rispettivamente, originari della regione della Cachezia e prodotti secondo procedimenti diversi rispetto a quelli diffusi in Europa. Stalin aveva però l’abitudine di affogare nell’alcol i suoi ospiti-subalterni. Ciò era legato in parte alla nota ospitalità orientale e in parte al desiderio di farli parlare.
L’unica leccornia del Cremlino, che un cittadino sovietico, non appartenente alla nomenclatura, non fu in grado di provare per diversi anni, nemmeno teoricamente, furono le banane. Non si sa dove Stalin avesse provato il loro sapore, ma le banane erano il frutto preferito del leader e non mancavano mai sul suo tavolo, trasportate a bordo di voli speciali. Dopo la guerra, il dittatore decise che anche il popolo sovietico si meritava di provare le banane e fu così che nelle grandi città come Mosca, Leningrado e Kiev ebbe inizio la fornitura di questo frutto.
Le forniture continuano ancora oggi, ma l'accento caucasico della cucina del Cremlino ha ceduto nuovamente il passo a quello francese. Ciononostante, quello di svelare i dettagli dei piaceri culinari delle autorità di adesso sarà un compito degli storici del futuro, visto che il Cremlino rimane ad oggi un'istituzione piuttosto ermetica.
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