Anna Kern, musa del poeta, ricordò come la mamma di Pushkin lo attirasse a pranzo con le patate arrosto, che rimasero sempre il suo piatto preferito, mentre il suo amico, il poeta Petr Vjazemskij, ricordò come l’autore dell’Eugenio Onegin andasse ghiotto di pesche, tanto da mangiarne fino a venti in una volta sola. Pushkin adorava anche la marmellata di uva spina e molto altro ancora. Ecco l’elenco di quello che gli piaceva di più.
Baranki di Valdaj
Pushkin dava consigli scherzosi al suo amico Sergej Sobolevskij, un altro tipo dalla lingua affilata, e scrisse epigrammi su come trarre il maggior vantaggio da un viaggio da Mosca a Novgorod. Tra le altre cose, il poeta suggeriva di aggiungere all’ukhà, la zuppa di pesce russa, un bicchiere di vino francese Chablis, e, a Valdaj (città 400 chilometri a nordovest di Mosca) di comprare dagli “arrendevoli contadini” dei baranki, una sorta di taralli russi, e di andare oltre il più velocemente possibile.
I baranki a forma di anello arrivarono a Valdaj dalla Bielorussia e più tardi si diffusero su tutto il territorio della Russia. Anche oggi potete trovarli ovunque. Ma non confondeteli con bubliki e sushki.
Polpette fritte alla Pozharskij
Pushkin consigliò a Sobolevskij anche di provare, nella piccola città si Torzhok, famosa per i ricami in oro, le polpette di carne fritte della trattoria Pozharskij (qui la ricetta), oggi preparate nei migliori ristoranti di Russia. Se fate un viaggio in macchina da Mosca a San Pietroburgo, questa resta una sosta fortemente consigliata (ecco le altre). Queste polpette si differenziano dalle altre polpette russe perché sono di carne di pollo macinato e vengono cosparse di pan grattato.
Pasticcio di Strasburgo
Ai tempi di Pushkin, tanto i ricchi nobili quanto i contadini poveri (secondo le loro rispettive possibilità) erano appassionati di cucina francese. Nel romanzo in versi “Eugenio Onegin”, il protagonista va al ristorante francese alla moda di Pierre Talon sulla Prospettiva Nevskij a San Pietroburgo, dove mangia il Pasticcio di Strasburgo, tartufo, formaggio belga Limburger e beve champagne francese dell’annata 1811.
Il Pasticcio di Strasburgo è uno squisito pâté di foie gras con aggiunta di tartufo, e carne di francolino e di maiale tritate. Per fargli mantenere la forma, lo cuocevano dentro la pasta. E sebbene i cuochi russi avessero imparato a fare il foie gras, questo pasticcio veniva importato dalla Francia in casse con il ghiaccio, mettendo tra il ghiaccio e il pâté uno strato protettivo di strutto o di grasso d’oca.
Blanmanzhe (Biancomangiare)
Il Blanmanzhe è un dessert freddo, arrivato un Russia dalla Francia (dove si chiama Blanc Manger) ma con origini italiane, in particolare siciliane (dove fu importato presumibilmente dagli arabi) e dove si chiama Biancomangiare. I russi se ne innamorarono e fu il dolce preferito da Pushkin.
Nel racconto “La signorina-contadina”, la cameriera Nastja racconta alla sua padrona del pranzo dalla moglie del cuoco e ricorda con particolare ammirazione il Blanmanzhe.
Torta di mele
Dal 1824 e il 1826 per ordine dello zar Alessandro I, per delle frasi giudicate atee, Pushkin fu costretto al confino nel villaggio di Mikhajlovskij. Non troppo lontano sorgeva la tenuta di Trigorskoe, dove il poeta, oltre che dalla affascinante nipote, padrona di casa, era attratto dalla torta di mele. Il segreto di questa bontà stava nel fatto che diversi strati di impasto si alternavano a strati di mele.
I contemporanei hanno poi ricordato che Pushkin poteva “mangiare una gran quantità di mele fermentate”.
Le preparavano così: alcune varietà tardive di mela, per esempio la Antonovka, venivano messe in botti con foglie di ribes e di amareno. Si aggiungeva quindi la salamoia, di acqua fatta bollire con sale, basilico e dragoncello. Ai tempi di Pushkin la botte veniva messa nel ghiaccio per una settimana e poi posta in una cantina asciutta. Al giorno d’oggi, le bottiglie di vetro con le mele fermentate sono lasciate per una settimana in un posto fresco (tra i 15 e i 18 gradi) e poi conservate in frigorifero. Ecco come prepararle.
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